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Autore: Samvise    07/09/2006    3 recensioni
Michael Fodder. Un uomo, un mistero. Quando ha solo diciotto anni si sveglia, ricordandosi solo il suo nome. Sedici anni dopo, diventa un uomo d'affari, un uomo fatto da solo, ma questo non durerà a molto. Un ragazzo irrompe nella sua vita, e lo catapulterà in un mondo nascosto e in guerra, che gli cambierà la vita...
Genere: Azione, Avventura, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La chiave dell’ultima guerra

La chiave finale

 

Una giornata no

 

 

“Fabio Grosso…è ancora una volta in mano sua il destino di questa coppa del mondo…Fabio Grosso parte…”.

Questo diceva la telecronaca, prima che tutto il bar esplodesse in un urlo gioioso: “GOOOOL!!! CAMPIONI DEL MONDO!!!”.

Evvai! Campioni del mondo!” gridò Michael Fodder, saltando all’impazzata, mentre subito ordinava tre birre, tutte per lui.

Si fecero le due. Uscì di corsa dal bar, e si ritrovò davanti a Buckingham Palace, nella più completa desolazione.

“Ecco il brutto di vivere a Londra, quando l’Italia vince la Coppa del Mondo…che entusiasmo” mormorò ironico Michael. Dentro gioiva come non mai, ma a quanto pare non poteva sfogarsi.

Era euforico, doveva fare qualcosa.

Sighsigh…”.

Dei singhiozzi provenivano da un vicolo lì accanto. Michael, curioso, raggiunse una ragazza piangente. Doveva avere più o meno diciotto anni, come lui, aveva lunghi capelli rossi. Il viso non poteva vederlo, perché era nascosto da graziosissime mani.

“Scusi…” la chiamò, destandola dai singhiozzi.

La ragazza scoprì il volto. Il volto più carino che Michael avesse mai ricordato di aver visto, forse non ricordava per colpa dell’alcool, ma era sicuro che era carinissima.

Perché piangete?” gli domandò, tenero, cercando di non traballare e di non cadergli addosso.

“Beh…niente…la vita…” mormorò la ragazza, tra un singhiozzo e l’altro.

“La vita…già, gran brutta cosa. Io ne so qualcosa, sa? Non ricordo un fico secco della mia vita, se ne rendo conto? Niente di niente! Mi ricordo solo di voler tifare Italia, e sono inglese…non le sembra una cosa strana? Sono solo, qui, ubriaco, in balia del destino”.

“Il destino? No…ormai non ci credo più”.

“Non c’è bisogno di credere al destino, signorina. Il destino fa avvenire le cose e basta. Per esempio…ora ha fatto incontrare noi due. E non lo dico solo perché sono ubriaco”.

La ragazza sorrise.

“Visto? Il destino ha fatto in modo che la incontrassi, così lei smettesse di essere infelice”.

“Infelice…lo sono stato per troppo tempo. Ha ragione, Michael, devo smettere di odiare la vita”.

“La vita…già, gran brutta cosa. Io ne so…”.

La ragazza si alzò, e gli si avvicinò.

“Forse è meglio andare a casa mia, a farvi passare la sbronza, non credete?”.

 

 

Quella mattina Michael si alzò di buon umore. Era il suo compleanno. Trentaquattro anni. Ed era felice, come non mai. Quando si era svegliato, quella notte di sedici anni prima, ricordandosi solo il suo nome, pensava che la sua vita fosse finita. Invece aveva deciso di non restare con le mani in mano, e di mettersi a lavoro. Così era arrivato dove nessuno poteva immaginare. Ora era presidente di una compagnia vinicola, famosa in tutto il mondo. “The Magic Wine” così diceva l’etichetta delle bottiglie dei suoi vini. Quando andò in bagno a lavarsi, rimase allo specchio per quasi cinque minuti, a fissarsi. Era diventato un uomo di successo. In quegli ultimi sedici anni aveva imparato parecchio. E poi non era stato per niente facile riuscire a lavorare; quasi due volte al giorno, nel mondo, avveniva una catastrofe. Ed era stato così per dodici anni ininterrotti. Qualcosa di strano accadeva nel mondo, ma sembrava che gli esseri umani non potessero scoprire cosa, non potessero sapere. Gli scienziati più conosciuti e famosi non erano riusciti a venirne a capo.

Così la popolazione viveva in pieno terrore ogni giorno, e allietava il malessere con qualche bicchiere di vino, preferibilmente “The Magic Wine”.

 

 

Si prospettava una giornata felice e lunga.

Trent’anni non si compiono tutti i giorni” pensò Michael, mentre scendeva le scale della sua immensa villa.

Una villa che era il simbolo della sua impresa, della sua vita. Niente e nessuno avrebbe mai potuto portargliela via. Uscì di casa, e oltre il cancello lo aspettava la sua limousine.

“Buongiorno, Pierre” disse Michael, salutando il suo autista.

“Buongiorno signor Fodder” rispose lui, aprendogli lo sportello della macchina. “A proposito…buon compleanno signore”.

“Grazie, Pierre” disse Michael con un sorriso, entrando in macchina.

 

Ma la giornata non sembrava voler continuare su quell’andamento. Appena Pierre arrivò davanti alla sede dell’azienda, un operaio in uniforme bianca, abbastanza corposo, li raggiunse correndo in fretta e furia, con la faccia del colore della sua uniforme.

“Signore, signore, è successo un disastro! Presto, correte!” esclamò l’operaio.

Cosa è successo, Vincent?” domandò Michael, uscendo di corsa dalla macchina.

“Venite con me, signore, venite con me!” disse l’operaio, frenetico.

 

Vincent lo condusse in sala-macchine dove veniva lavorata l’uva. Appena entrato il volto di Michael si sbiancò, di botto.

“Signore…avete visto? Cosa succede?”.

“Oh…no…uscite tutti da qua!” urlò Michael a tutti gli operai presenti, anche loro preoccupati fino al midollo.

L’intera macchina traballava, era sul punto di esplodere.

“Tutti fuori, veloce!” gridò ancora Michael.

Appena uscirono tutti, anche lui iniziò a percorrere l’ampia scalinata, che conduceva al piano di sopra.

 

Dov’è il ca…?” domandò Vincent ai suoi colleghi, ma un improvviso botto lo interruppe.

“Signor Fodder!” strillò un altro operaio.

“Tutto ok! Sto bene!” esclamò Michael, mentre apriva la porta.

Lui stava bene, ma il suo vestito, probabilmente, non era più utilizzabile.

 

Corse subito nel bagno del suo ufficio, all’ultimo piano, dove posò gli abiti zuppi di vino sul gabinetto, e si buttò sotto la doccia. Ma la sfortuna, quel giorno, non voleva lasciarlo. Appena girò il pomello della doccia un getto di acqua gelata si scaraventò su di lui.

“AAAAH!!!!” urlò Michael, scaraventandosi fuori dalla doccia.

 

“Mi sembra che la caldaia si sia rotta, signor Fodder” disse l’idraulico, un’oretta dopo.

“Grazie…può…ripar…la?” domandò Michael, tremante, sotto l’accappatoio.

“Sì, ma ci vorrà un bel po’, le consiglio di tornare a casa” disse l’idraulico, in tono cordiale.

“D’accordo…grazie” disse Michael.

 

Una volta chiamato Pierre, tramite il cellulare, si precipitò subito alla sua villa, tremante, sotto l’accapatoio. Non vedeva l’ora di farsi una doccia, come si deve.

“Brutta giornata, signor Fodder?” gli domandò l’autista.

“Già…come ha fatto ad indovinare?” disse Michael, ironico.

 

Solo quando arrivò davanti al cancello della sua dimora si ricordò di aver dimenticato le chiavi in ufficio.

“Vuole che le vado a prendere, signore?” domandò Pierre, cordiale.

“No, Pierre, grazie. Puoi andare…me la caverò” disse Michael, piuttosto irritato, sull’orlo di una crisi di nervi.

Appena la limousine sfrecciò via, Michael si guardò intorno, e decise di scavalcare. Sembrava che ce l’avesse fatta, quando, proprio mentre scendeva, dall’altra parte, l’accappatoio restò impigliato agli spuntoni del cancello. Cadde a terra, nudo come mamma l’aveva fatto.

“AAAH!” urlò una donna, che aveva appena girato l’angolo della strada, e l’aveva visto.

Rosso come un peperone, Michael lasciò perdere l’accappatoio e corse subito in casa, entrando da una finestra.

 

Che schifo di giornata!” esclamò Michael, mettendo la vasca a riempirsi d’acqua. Aspettò una decina di minuti, e poi, si tuffò.

“AAAH!!!!” uscì immediatamente dall’acqua, quasi ustionato. L’acqua era bollente.

 

DLIN! DLON!

 

E ora chi diavolo è!” pensò Michael, mettendosi un asciugamano intorno alla vita, e correndo alla porta, scivolante più di una volta.

Ma quando prese la cornetta, gli sorse un dubbio.

“Ehi, ma chi sei? Hai scavalcato il cancello?” domandò Michael, diffidente.

“Sono venuto a portarle l’accappatoio, signore” disse la voce di un bambino.

Rincuorato, Michael aprì la porta, e un ragazzo, di sedici anni circa, gli sorrideva, con l’accappatoio in mano.

Ma tu non sei un bambino! Ma che diavolo credi di fare?” domandò Michael, furioso.

“Volevo solo incontrare mio padre”.

Pa…padre?!”.

 

 

 

 

 

Ecco finito il primo capitolo della mia seconda Fan-Fiction…spero non sia noioso, e che vi abbia interessato, perché presto ne vedrete delle belle…scusate per l’inizio ma l’ho voluto dedicare ai grandi azzurri campioni del mondo! Non succederà più…alla prossima!

 

  
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