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Autore: effewrites    09/03/2012    6 recensioni
«Oh, potente Zeus, divino marpione, abbiamo scoperto la verità! Rivelaci la nostra parentela e conducici al Campo Mezzosangue!» proclamai con tono teatrale.
Come c’era da aspettarsi, non successe nulla.
«Mh. Forse non è Zeus. Forse è Poseidone o Ade» riflettei.
«O forse si è solo offeso perché lo hai chiamato marpione» propose Eric.
Sorrisi voltandomi verso di lui. «Sarebbe bello se fosse vero»

Shawna e Eric January hanno sedici anni, sono gemelli e sono due ragazzi normali — con una famiglia di schifo, ma normali.
Ma quando vengono catapultati improvvisamente in un mondo che ritenevano fosse solo frutto della fantasia, cosa rimane di normale nella loro vita?
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Seconda legge di Chisholm: Quando tutto va bene, qualcosa andrà male.

 
«…e questa, come stavo dicendo, è l’arena. Se ti piace combattere, diventerà presto il tuo posto preferito! Personalmente, io preferisco… Shawna? Mi stai ascoltando o sto parlando al vento?»
Mi voltai verso Silena, e per un attimo feci fatica a ricordare dove fossi e cosa stessi facendo. La figlia di Afrodite mi guardava con insistenza, e nonostante fosse stata di qualche spanna più bassa di me mi sentii messa in soggezione. Arrossii.
«Scusa, Silena. Ero distratta»
«Me ne sono accorta! A cosa stai pensando, se posso chiederlo?» sorrise lei, prendendomi la mano e portandomi verso gli spalti più in basso della grande arena, dove in quel momento si stavano allenando con le spade cinque o sei semidei.
«Lascia perdere, sono solo sciocchezze» dissi stringendomi nelle spalle, sedendomi accanto a lei. «Sono solo ancora un po’ sotto shock da tutta la storia dell’ “Ehi, tu e tuo fratello siete semidei. Sorpresa!”»
Silena rise. Aveva una bella risata ed era contagiosa, proprio come l’avevo sempre immaginata.
Sarei potuta rimanere ore intere a guardare lei, Chirone, Talia, l’intero Campo Mezzosangue e tutti i campeggiatori.
Era come trovarsi in uno dei sogni più belli che avessi mai fatto, con l’unica eccezione che stavolta ero convinta di non trovarmi in un sogno qualsiasi. Ero fermamente convinta che tutto quello che stavo vivendo fosse stato reale. Il Campo Mezzosangue era reale. Ed Eric e io eravamo figli di un dio.
Stavo decisamente andando in iperventilazione.
«Ehi, rilassati!» ridacchiò Silena, scuotendomi per una spalla. «Lo so che è strano. Ci siamo passati tutti, catapultati dalla realtà mortale in un mondo sconosciuto. Prima o poi ci si fa l’abitudine!»
Mi strinsi nelle spalle. L’unica differenza tra me e gli altri semidei del campo era che per me quel mondo sconosciuto di cui parlava Silena aveva rappresentato per anni interi una realtà ben concreta — per quanto possa essere concreta una realtà presente solo ed esclusivamente nella mia testa.
Cavolaccio, quando ero bambina il Campo Mezzosangue era diventato il rifugio nel quale rintanarmi quando le cose si mettevano male! E ora ero lì per davvero!
Bel colpo, Nana.
«E poi, tu e tuo fratello avete scelto davvero un bel momento per arrivare. Stasera ci sarà un falò, ve l’hanno già detto?» domandò Silena.
Annuii. «Sì, Chirone ci aveva accennato qualcosa»
«Visto? È perfetto! Così potrai conoscere tutti gli altri semidei! Devo assolutamente presentarti agli altri ragazzi della cabina di Afrodite, sono adorabili. Quelli di Apollo sono fissati con l’arte, e sono anche davvero davvero carini» ammiccò lei, lanciandomi un’occhiata maliziosa.
«…lo terrò a mente» mormorai, usando la scusa dello scostarmi i capelli dalla spalla per nascondere a Silena una smorfia preoccupata. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era che una figlia di Afrodite decidesse che avevo bisogno di un fare la smorfiosa con qualche ragazzo, o di robaccia del genere. Ew!
«Poi dovrò presentarti a Clarisse! È una figlia di Ares, ed è la mia migliore amica. Lo so, a prima vista può sembrare un po’ scorbutica, ma tutto sta nel conoscerla! Oh, e devi assolutissimamente conoscere anche Charlie!»
Mi voltai di scatto, sgranando gli occhi e sforzandomi di trattenere un sorrisone. «Charlie? Intendi dire Beckendorf? Vuoi dire che è qui al campo?»
Silena si fece tutto ad un tratto guardinga, tirando appena indietro le spalle e socchiudendo per un istante gli occhi.
«Sì. Lo conosci?» domandò, indagatrice.
«Pensavo fosse mor—!»
Mi morsi con violenza la lingua prima che potessi continuare a parlare. Ah, per gli dei! Andare a sbandierare ai quattro venti il fatto che Charles Beckendorf fosse in realtà morto non sarebbe stato un gesto molto gradito.
Ma poi, davvero Beckendorf era morto? Era il mondo intero a sbagliarsi o forse ero io? Poi, d’un tratto, le rotelle nel mio cervello si trovarono a correre come delle forsennate mentre mi rendevo conto che né io né mio fratello avevamo considerato un fattore davvero importante: una volta appurato di trovarci al Campo Mezzosangue, adesso restava da capire in quale momento della narrazione ci trovassimo.
In quale dei libri di Rick Riordan eravamo capitati? Il fatto che avessimo incontrato Talia era già un inizio. Ciò significava che dovevamo trovarci di sicuro alla fine del secondo libro. Possibile?
«Shawna?»
Di nuovo, la voce di Silena mi fece sobbalzare e mi strappò via ai miei ragionamenti. Sospirai, e deglutii sentendomi la gola secca e la bocca impastata.
«Mi dispiace. Mi capita spesso di perdermi nei miei pensieri. Non è colpa mia» mormorai, lamentandomi in maniera alquanto infantile. Di solito la gente si irritava di fronte al mio esserci “solo fisicamente” durante certi momenti, ma Silena era tutt’altro che stizzita; mi stava studiando con fare divertito, come fossi stato chissà quale quadro astratto da dover interpretare.
Ah, quello sguardo…
Una marea di brutti ricordi tentò di infiltrarsi tra i miei pensieri, ma fui veloce a innalzare una sorta di muro mentale per proteggermi. Fu facile. Oramai ero diventata brava.
«Ascolta, ho un’idea» proruppe Silena battendo le mani. «Seguimi»
Non avevo fatto altro per tutta la mattinata.
Scendemmo quei pochi gradini ch separavano gli spalti dal campo vero e proprio, e ci facemmo largo tra quei pochi semidei che si stavano allenando. Quasi tutti avevano in mano una spada e si stavano esercitando in scontri singoli, uno contro uno.
Un paio di ragazzi si distrassero al passaggio di Silena, e sorrisero come degli idioti seguendola con lo sguardo prima che i loro rispettivi avversari li riportassero alla realtà con un bel paio di colpi ben piazzati.
Uno degli ammiratori di Silena accusò il colpo e cadde a terra sollevando una nube di polvere. Risi.
«Ragazzi! Venite qui, devo presentarvi una persona!» esclamò la figlia di Afrodite, rivolta a due ragazzi poco lontano da noi che ci stavano dando davvero dentro con quelle spade.
Portavano in testa l’elmo, quindi non riuscii a vederli in viso, ma di certo uno dei due era una ragazza. Lo intuii dalla massa di riccioli biondi che fuoriusciva da sotto l’elmo.
I due continuarono a far cozzare le armi ancora per qualche minuto, prima che la ragazza fosse disarmata dal suo avversario. Era accaduto velocemente e avevo come la sensazione di essermi persa qualche passaggio, ma mi era sembrato di capire che l’altro, il compagno della bionda, avesse fatto forza sulla spada di lei in modo da farle torcere il polso.
Aggrottai le sopracciglia. Non avevo mai combattuto con la spada, escluse le battaglie tra me ed Eric con i mestoli della cucina, ma quella tattica mi sembrava comunque stranamente familiare.
Stavo rimuginando proprio su questo quando la ragazza bionda si tolse l’elmo e lo buttò per terra con fare irritato. Riuscii a vederla in volto e, nonostante questo fosse stato sudato e arrossato, la riconobbi.
Oh. Miei. Dei.
«Non ci credo, l’hai fatto di nuovo!» esclamò con rabbia Annabeth Chase, figlia di Atena.
La semidea che più detestavo in tutto il Campo Mezzosangue.
Okay, forse è il caso di spiegare un po’ la cosa. Non è che odiassi Annabeth nel senso vero e proprio della parola. D’altronde, odiare un personaggio di un romanzo sarebbe stato un inutile spreco di energie, non vi pare?
Il punto è che Annabeth mi irritava. Mi irritava da morire. Il suo sentirsi superiore. Il suo amare Percy e Luke. La sua gelosia per Rachel. Ogni. Singola. Cosa.
«Continuerò a farlo finché non riuscirai a non cedere così facilmente, Annabeth» ridacchiò il suo compagno, liberando a sua volta il viso dall’elmo e passandosi una mano tra i capelli biondo sabbia appiattiti per via del peso del copricapo.
Oh. Luke Castellan.
Ogni minuto che trascorrevo al Campo Mezzosangue era un minuto che mi rendeva sempre più vicina a un mastodontico infarto.
Silena dovette essersi accorta della mia espressione da pesce lesso innamorato, perché mi lanciò un sorrisino malizioso prima di rivolgersi ad Annabeth e Luke.
«Credo abbiate sconvolto la mia nuova amica»
Al che mi ripresi, e non riuscii a non arrossire.
Luke e Annabeth parvero accorgersi solo in quel momento della mia presenza. Mi salutarono vivacemente e mi lanciarono degli sguardi curiosi. Soprattutto Annabeth.
«Ragazzi, lei è Shawna. Lei e suo fratello Eric sono i due che sono arrivati ieri sera. E sono anche indeterminati, per il momento» spiegò Silena, affabile come di suo solito, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Annabeth fu la prima a stringermi la mano, mostrandosi così carina e cortese che per un attimo mi sentii in colpa per quell’antipatia che provavo nei suoi confronti. Quando poi fu Luke a prendermi la mano, giuro che le mie ginocchia iniziarono a tremolare come fossero fatte di gelatina alla frutta.
Luke era… non c’è modo di descriverlo. Era come l’avevo sempre immaginato. Non vorrei risultare banale nel definirlo “bello da togliere il fiato”, ma era questo ciò che era. Bello, sorridente, sicuro di sé.
Era tutto perfetto. Il suo sguardo, il suo portamento, persino la cicatrice biancastra che gli attraversava la guancia destra. Nel nome del cielo, stavo andando in iperventilazione soltanto perché mi stringeva la mano! Ma se Luke Castellan avesse stretto anche la vostra, di mano, avreste compreso il mio stato d’animo in quel momento. La pelle calda, appena appena un po’ ruvida, le dita indurite dai calli dovuti alle ore di allenamento con la spada…
«Shawna, lui è Luke, capo cabina dei ragazzi di Ermes, e lei invece è Annabeth, sua fidanzata e figlia di Atena»
No. Fermi.
Riavvolgete il nastro e fate partire il replay, non credo di aver afferrato bene il concetto della frase.
«Che cosa?!» esclamai con voce stridula, mollando la mano di Luke come se fosse stata ricoperta d’acido. Di certo avevo sentito male. Dovevo aver sentito male. Annabeth stava con Percy. Annabeth era innamorata di Percy, no? Non vi era alcuna ragione perché Annabeth dovesse essere la fidanzata di Luke!
Mi accorsi che i tre semidei mi stavano guardando con un’aria stranita.
«I-Io… cioè, volevo dire…è che pensavo, tecnicamente non siete tutti imparentati per via dei vostri genitori, o una cosa del genere?» balbettai, sperando che una domanda del genere bastasse a giustificare il mio “scoppio” di poco prima.
Fortunatamente, tutti quanti scoppiarono a ridere e mi guardarono come se fossi stata una bambina che aveva appena posto una domanda talmente ovvia da risultare ridicola.
«La parentela da parte del genitore divino non conta, Shanna» sorrise Annabeth, mentre Luke le poggiava con disinvoltura un braccio sulle spalle, ancora col sorriso sulle labbra.
«È Shawna»
«Come?»
«Non Shanna. Shawna. Non è difficile»
Il sorrisino idiota di Annabeth vacillò per qualche istante, prima di scomparire. Oh, si era forse sentita offesa per via del mio tono acido? Ma che peccato. Grondavo disperazione da tutti i pori.
«Umh, Luke?» si intromise Silena, prima che la situazione degenerasse. «So che di norma tutti gli indeterminati soggiornano nella cabina di Ermes, siccome è il dio protettore dei viaggiatori e cose del genere. Ma pensavo, Shawna non potrebbe sistemarsi nella cabina di Afrodite per un po’? Per favore?»
La proposta di Silena mi distrasse dal mio lanciare sguardi in cagnesco ad Annabeth. Voleva che mi sistemassero nella cabina di Afrodite? Eh?
«Io… non so, Silena. Non credo. Da che mondo è mondo i ragazzi nuovi sono stati ospitati nella cabina di Ermes» le rispose Luke.
Silena assunse un’aria triste e sconsolata. «Non potresti neanche provare a chiedere a Chirone?»
Il ragazzo scosse la testa, ma gli bastò una seconda occhiata al visino corrucciato di Silena per ammorbidirsi un po’. «Be’… vedrò cosa riesco a fare. Ma non ti prometto nulla»
La figlia di Afrodite si innamorò come d’incanto, sorridendo entusiasta. Si profuse in ringraziamenti e paroline dolci, che fecero ridere Luke e corrucciare Annabeth, che evidentemente non gradiva tutte quelle attenzioni rivolte verso il suo fidanzato.
Ah, cielo. Il suo fidanzato.
Mentre i tre semidei si salutavano e io e Silena ci allontanavamo dall’arena, rimuginai su quanto avevo appena scoperto.
Il fatto che Annabeth e Luke stessero insieme, cosa significava? Nei libri non c’era nulla del genere. Nei libri, Annabeth e Percy sarebbero diventati una coppia.
Cominciai a mordermi le pellicine delle dita delle mani, pensierosa. Avevo bisogno di vedere Eric. Dove diamine si cacciava quello sconsiderato quando avevo più bisogno di lui?
 
Non rividi mio fratello fino a quella stessa sera.
A dire il vero, avrei rischiato di non vederlo fino a molto più in seguito se non mi fossi imposta su Silena e sul suo assurdo desiderio di farmi conoscere tutto il Campo Mezzosangue in così poco tempo.
Credete forse che una giornata intera basti a far la conoscenza di circa una settantina di semidei? Ah, poveri stolti!
Silena mi aveva trascinata incessantemente in giro, presentandomi a ogni singola persona fosse capitata sulla nostra strada. E così avevo conosciuto parecchi figli di Apollo, alcuni figli di Efesto compreso Beckendorf, e infine perfino Clarisse La Rue e Chris Rodriguez — era stato tutto un susseguirsi di colpi al cuore dovuti alla consapevolezza di trovarmi dinanzi ai personaggi di cui avevo letto così tante volte.
Eric? Di Eric avevo perso ogni traccia. Quando avevo provato a chiedere in giro se lo avessero visto, nessuno seppe rispondermi. La cosa mi irritava: da quando Talia l’aveva portato via quella mattina, i due sembravano essere spariti dalla circolazione.
Ero seduta davanti a un grande falò allestito nella zona centrale del campo ad arrostire marshmallow e ad ascoltare i pettegolezzi delle ragazze di Afrodite quando scorsi la chioma bionda di mio fratello poco lontano da dove mi trovavo io.
Accanto a me era seduta una semidea di nome Lacy, bella come ogni discendente di Afrodite degno di quel nome, con i boccoli biondo ramato che le incorniciavano il viso da bambina con una spruzzata di lentiggini sulle guance. Silena ci aveva presentate poco prima e lei si era dimostrata carina e cortese nei miei confronti, cercando in ogni modo di mettermi a mio agio parlandomi del più e del meno come se fossimo state amiche di vecchia data.
Era un bel gesto, ma aveva una parlantina assurda! Un sottofondo continuo, incessante, che mi stava facendo scoppiare un mal di testa epico.
«Ehi!» riuscii a fermarla, sfruttando uno dei rari momenti in cui rallentava il ritmo per prendere fiato. «Io… umh, credo di aver visto mio fratello laggiù. Ti dispiace se vado a cercarlo?»
Lacy mi guardò con i suoi grandi occhioni color nocciola intenso, e sorrise amabilmente. «Ma certo! Ti stavo monopolizzando, perdonami!»
Le sorrisi di rimando, allontanandomi poi verso un gruppo di cespugli dietro ai quali trovai sia Eric che Talia.
«Ehi!» li salutai.
Quando si voltarono per guardarmi, mi resi conto che entrambi avevano in viso un’espressione abbastanza accigliata. Talia, poi, aveva le braccia incrociate al petto e fissava mio fratello con l’aria di chi avrebbe voluto abbrustolirlo per bene con una bella scarica elettrica.
La fronte aggrottata di Eric si spianò di colpo quando mi vide.
«Shawna!» esclamò, squadrandomi come per accertarsi che avessi ancora tutte le dita o che non mi fossi mutilata in qualsiasi altro modo in sua assenza. Oh, era questa la fiducia che aveva in me? Grazie, fratellino.
«Dove eravate andati a finire? Vi ho cercati per ore! Mi aspettavo che vi sareste fatti vivi per mangiare qualcosa ma nulla» esclamai, rivolta più a Talia che ad Eric.
La figlia di Zeus si strinse nelle spalle esili e se possibile la sua espressione si fece ancora più irritata.
«Tuo fratello mi ha fatto perdere un bel po’ di tempo, a quanto pare»
Eric alzò gli occhi al cielo. «Sei tu che mi hai costretto a seguirti, schizzata! Fosse stato per me, avrei fatto volentieri a meno della tua presenza costante»
Inarcai un sopracciglio, guardando i due ragazzi. Non avevo idea di cosa fosse accaduto tra loro, ma l’aria era talmente satura di veleno che avrei dovuto indossare una mascherina se avevo intenzione di non rimanere intossicata.
«Ho conosciuto un sacco di persone, oggi!» esclamai per cambiare discorso, sperando che la situazione si distendesse. «Merito di Silena. Ah! Non hai idea di cosa devo dirti!» squittii, ricordandomi dell’incontro con Luke e Annabeth.
Eric assottigliò lo sguardo, osservandomi con un misto di curiosità e preoccupazione. Addosso, però, non mi sentivo solo il suo sguardo.
Mi voltai quel tanto che bastò per notare che Talia mi stava fissando con uno sguardo… strano. Strano, ma familiare. Era… be’, era come se fosse sapesse qualcosa sul mio conto che però non avrebbe dovuto sapere.
Un brivido mi corse lungo la schiena, ma feci di tutto per dissimularlo.
No. Di certo Eric non poteva averle detto… no. Era assurdo pensarlo. Sapeva che non doveva dirlo a nessuno.
«Ragazzi. Posso richiedere per qualche minuto la vostra attenzione?»
La voce profonda e rassicurante di Chirone mi strappo alle mie elucubrazioni mentali.
«Avviciniamoci» fece Talia, ed Eric e io la seguimmo ubbidienti. Mi affiancai a mio fratello mentre ci avvicinavamo al centro del falò, dove Chirone stava radunando tutti i semidei.
Anche Silena di raggiunse.
«Pronta ad essere al centro dell’attenzione?» mi sussurrò all’orecchio, rivolgendo poi un cenno di saluto anche ad Eric e a Talia.
Al centro dell’attenzione? Non bastava quello che mi aveva fatto passare tutto il pomeriggio? D’un tratto si fece largo in me l’allettante voglia di squagliarmela e rintanarmi nella cabina di Ermes.
«Come la maggior parte di voi avrà potuto notare, stamani abbiamo ricevuto la gradita visita di due nuovi semidei. Eric e Shawna, venite qui, per favore»
Ecco. Perfetto. Una degna fine per quell’assurda giornata.
Istintivamente mossi un passo indietro, ma Silena mi spinse in avanti. Non ebbi altra scelta se non avvicinarmi a Chirone insieme a mio fratello.
Mentre percorrevo quei pochi metri che ci dividevano, intravidi il viso di Percy e del suo amico Grover. Sorridevano, e Percy alzò il pollice come gesto d’incoraggiamento.
«Shawna ed Eric sono fratelli» disse Chirone, mentre gli sguardi di tutti i semidei presenti erano rivolti verso di noi. «E non sono stati ancora riconosciuti dal loro genitore divino, per cui saranno i benvenuti nella cabina di Ermes»
Udii un lieve lamentio da parte dei ragazzi di Ermes, già fin troppo stretti in quella vecchia catapecchia — senza offesa al dio, ma era esattamente così che sembrava se vista da fuori. Una vecchia e sgangherata catapecchia.
Quando però Luke Castellan si fece avanti con un sorriso sghembo in viso per assicurare che saremmo stati accolti più che bene tra i suoi fratelli, nessuno osò fiatare.
Chirone sorrise compiaciuto.
«Ma insomma, queste lagne!» disse con fare burbero. «Lo sapete che questa è la regola. I ragazzi non riconosciuti hanno tutto il diritto di stabilirsi nella cabina del dio dei viandanti, finché il loro genitore divino non si fa vivo»
Pronunciò quest’ultima frase con una particolare enfasi, e per un attimo il mio cuore prese a battere più velocemente. Voleva forse dire che lui sapeva quando nostro padre ci avrebbe rivelato la sua identità? O forse Chirone già la conosceva?
Non dovevo essere stata l’unica a notare il particolare tono della sua voce, perché scese nuovamente il silenzio. L’unico rumore era il fuoco che scoppiettava, e il cuore che mi martellava nel petto.
Dopo una manciata di minuti, però, ancora non era accaduto nulla.
Chirone sospirò, e le mie speranze andarono in fumo. Probabilmente anche lui aveva sperato in un nostro riconoscimento pubblico.
«Fa nulla, Chirone» disse Eric, avendo intuito la provocazione del centauro a chiunque fosse stato nostro padre per far sì che ci riconoscesse. «Almeno ci ha provato»
Annuii anche io, ma non riuscivo a mascherare la delusione troppo bene. Stavo quasi per girare i tacchi e tornarmene dai ragazzi di Afrodite per essere nuovamente sommersa dalla parlantina di Lacy, quando accadde qualcosa.
Il fuoco. il fuoco stava facendo più rumore del dovuto.
Sulle prime nessuno se ne accorse, e iniziai a credere che fosse soltanto una mia impressione, quando finalmente uno dei ragazzini più piccoli della cabina di Demetra lanciò un grido di stupore e con un dito indicò davanti a sé.
In un primo momento pensai che stesse richiamando l’attenzione generale sul fuoco, ma ci volle poco meno di una frazione di secondo per rendermi conto che in realtà stava indicando me.
Me.
«Ma cosa…» bofonchiai voltandomi verso Eric, ma emisi un gridolino strozzato quando lo vidi in faccia.
La sua fronte! La sua fronte! C’era qualcosa che stava bruciando sulla sua fronte! E da dome mio fratello mi stava fissando ad occhi sgranati, avrei giurato che quel qualcosa stesse bruciano anche sulla mia, di fronte.
Durò un paio di secondi, dopodiché la fiammella che vedevo su Eric iniziò a spegnersi, lasciando un alone rosso scuro dietro di sé. Mi ci volle un po’ per capire che quell’alone aveva una forma ben definita. Era… una chiave?
«Te l’avevo detto che sarebbe successo! Me lo sentivo!» esclamò Silena, con la voce che traboccava di gioia sincera.
Cercai Chirone con lo sguardo, confidando che lui sapesse ciò che stava accadendo, e quando finalmente lo trovai il centauro si limitò a sorridere in maniera incerta.
«Be’… questo sì che è inusuale» disse.
«Inusuale?» ripetè Eric, scettico. «Che cosa è inusuale?»
«Il vostro riconoscimento è inusuale, razza d’idiota» borbottò qualcuno a pochi passi da noi. Mi voltai, notando per la prima volta un uomo decisamente in sovrappeso, con una camicia tigrata che gli fasciava la pancia. Aveva ricci capelli scuri, e i suoi occhi dalla sfumatura violetta stavano lanciando lampi pericolosi.
lo riconobbi in meno di un istante.
Dioniso. Il dio del vino, e direttore del Campo Mezzosangue.
«Voi due, sento che voi due porterete un mucchio di guai» bofonchiò.
«Benvenuti al Campo Mezzosangue, Eric e Shawna January» lo interruppe Chirone. «Figli del dio delle porte, degli inizi e delle fini, delle decisioni, delle transizioni, del passato e del futuro. Benvenuti, figli di Giano»















Quindi. Sono passati circa tre mesi dall'ultima volta che ho aggiornato e boh, dovrei sotterrarmi sotto un sasso e non farmi rivedere mai più. Sono più lenta di una lumaca con le mestruazioni e me ne dispiaccio da non crederci! Spero che qualcuno di coloro che hanno letto i primi due capitoli sia ancora interessato a questa fanfiction :) di certo appena avrò terminato "La vendetta di Ate", per la quale mancano sì e no 5 o 6 capitoli, mi dedicherò maggiormente anche ai fratelli January.
Luke e Annabeth fidanzati? NON SPARATEMI. VI PREGO. C'E' UNA SPIEGAZIONE!
Credo abbiate intuito che Eric e Shawna nascondono qualcosa.
E che qualcosa è invece  successo tra Talia ed Eric.
Non vi anticipo nulla, ma sappiate che con questi due figli di Giano nulla è come sembra ;) 
Eff.

  
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