Recensioni per
Solanum XXIV
di _ivan

Questa storia ha ottenuto 110 recensioni.
Positive : 109
Neutre o critiche: 1 (guarda)


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Recensore Master
14/10/12, ore 21:48

In un solo capitolo hai toccato diverse tematiche a me care, prime fra tutte la maternità e l'introspezione dopo un abbandono.
Nella prima parte hai mostrato due atteggiamenti completamente diversi di vivere il dilagare del contagio, due mentalità diversissime, accomunate dal vivere un momento tanto meraviglioso e problematico come l'attesa di un figlio. Paradossalmente, ho trovato entrambi plausibili e realistici. Che fare, quando il mondo ti si rivolta contro, diventando un pericolo, quando sai di non essere sola ma di dover rivolgere i tuoi pensieri alla vita che porti dentro? Ti nascondi, sperando di sopravvivere abbastanza in attesa di qualcosa che cambi la situazione (ma cosa?) o combatti, diventando tu quel punto di cambiamento, anche a costo di fallire? Cosa si deve scegliere? Nonostante le domande le accomunino, le situazioni offrono due risposte diverse, non solo nei contenuti, ma soprattutto nel modo in cui Shaniqua e Shivani vi giungono. La prima sembra quasi non percepire la maternità, è un dettaglio quasi secondario che emerge solo in virtù dei brevi ragionamenti con cui cera di convincersi a non agire. La seconda invece, è spronata a combattere dall'essere madre, dal bisogno di proteggere il figlio non ancora nato. E quando ogni cosa sta crollando, i pensieri di ciascuna sottolineano la diversità delle scelte: Shaniqua si concentra su di se, Shivani sulla speranza di rincontrare quel bambino. E questo secondo pensiero mi ha commossa, perché lo ritengo veramente il più bel gesto che una donna disperata possa fare per il proprio figlio.
Il capitolo su Andrea è stato altrettanto importante, perché parla di un percorso interiore di rinascita. A prescindere dal motivo originario, Andrea rappresenta per me una figura degna di tutta l'attenzione possibile. Anche se non viene raccontato per intero, si percepisce chiaramente quanta fatica sia costato il lavoro che il protagonista ha operato su di se, per arrivare ad una nuova consapevolezza del dolore. Dalle sue parole traspare la difficoltà dell'elaborazione degli eventi, l'orientarsi ad un modo diverso di vivere la propria esistenza, concentrandosi più sulla sostanza dei sentimenti che sulla strada su cui essi si formano e maturano. E' meraviglioso come sia giunto a non provare rancore o disperazione di fronte all'orda che lo insegue, ponendo maggiormente l'accento sulla bellezza della natura. A volte la vita ci porta a riconsiderare la nostra esistenza per scoprire strade nuove, ci spinge a recidere rami vecchi ed infruttuosi per permettere al nostro io di rifiorire. Può rivelarsi problematico, doloroso, esasperante, tuttavia il tempo e la pratica arrivano a dare i loro frutti.
Alla prossima!

Nuovo recensore
14/10/12, ore 11:17

Non ho parole. Non ho ancora letto tutta la raccolta (ti ho "scoperto" solo ieri), ma già mi sono innamorato del tuo stile, anche se in alcuni capitoli l'ho trovato un po'...ampolloso. Questa è forse l'unica critica che ti posso fare, perché per tutto il resto queste storie sono delle perle sotto tutti i punti di vista. La tua sensibilità narrativa è fuori dal comune, pur essendo ancora molto giovane (hai solo un anno in più di me). Alcune immagini che crei sarebbero da incorniciare. Credo che, su questo sito, la tua sia una delle storie più belle (forse "la più"?) che abbia mai letto. E credo anche di odiarti perché scrivi così bene e sono molto invidioso. Tuttavia ho anche deciso che ci dobbiamo sposare e mi sono già permesso di organizzare il matrimonio. Ti farò sapere presto i dettagli. Au revoir.

ps: "...il primo giorno del resto della mia vita". American Beauty?

Recensore Junior
13/10/12, ore 19:28

Ivan, complimenti. Lo sai che sono sempre stato sincero (forse anche troppo), e in questo caso devo dire che li considero i capitoli riusciti meglio.
Innanzitutto l'idea delle coordinate crea una certa atmosfera, come a teatro: si prende un pezzo di vita vera e gli si aggiunge la nostra personale dose di finzione, che è anche quella degli attori - e degli attanti.
ll primo pezzo è spassoso, scorrevole e contiene una serie di considerazioni profonde sciorinate con una leggerezza talmente blanda da suonare oltremisura convincente.
Secondo pezzo, un appunto: "Questo le bastava in parte a consolarla" (senza "le" forse è meglio). La corrispondenza nello stato interessante delle due protagoniste, caratterialmente così diverse, funziona per portare avanti un discorso che sostanzialmente avviene nella mente del lettore, ma sulla carta è muto, non c'è. Magico.
E la dimensione "spirituale" funziona.
Il terzo è il tuo racconto meno zombesco in assoluto (o forse il più zombesco... parafrasando ciò che hai scritto, siamo felici nella misura in cui conosciamo la felicità, non le disgrazie - e di contro, possiamo dare un peso reale alle disgrazie solo contrapponendovi i momenti di felicità), e ciononostante rimane legato al contesto. Le immagini sono compiute, riuscite (tra parentesi, un po' mi ci ritrovo).
L'espediente del tempo che si riavvolge, che si sottrae man mano, aggiunge quel tocco di sapore che non guasta.
In conclusione, un ottimo lavoro. Se ho frainteso qualcosa non volermene, eh!

Nuovo recensore
13/10/12, ore 15:23

Che dire, ho trovato geniale l’idea degli zombie che non attaccano i malati terminali!
È una cosa a cui non avevo mai pensato prima, e non l’ho mai letto o visto in nessun prodotto a tema zombie, ma non sono un esperto a riguardo (l’esperto è Ivan) quindi è possibile che sia già stato usato, chissà. Su di me, comunque, ha avuto un buon effetto. Mi ha sorpreso un po’ e all’inizio non capivo perché fossero tutti così tranquilli, poi hai spiegato e devo dire che è stata una bella trovata!
Certo, come qualcuno ha già scritto, poteva essere introdotto meglio e con più suspense, ma non mi sento di criticare la cosa perché ognuno reagisce in modo diverso e su di me ha funzionato.
 
Descrivi delle scene di bizzarre interazioni, mi è piaciuta molto quella in cui lo zombie lo annusa e lo risparmia strisciando altrove, ironica al punto giusto senza tralasciare un certo disgusto, perché si parla comunque di un faccia a faccia con uno zombie. Anche il modo in cui alcuni di loro considerano Rafael quasi come la persona di un tempo mi ha fatto sorridere, in particolare la scena in cui lo difendono dicendo di non parlar male di lui!
Mario poi, con quel suo carattere pungente, è ben delineato e rendi come si deve l’idea di qualcuno che cova dentro di sé un certo rancore (come quando dice di tifare per gli zombie, durante l’attacco, descrivendo la gente sana come qualcuno che li trattava a pesci in faccia) ma anche l’amarezza, quando pensa alla propria condizione, il pensiero ironico di una società futura dove zombie e malati convivono in pace.
Una buona dose di introspezione, ecco, forse a discapito dell’azione, ma si adatta bene ad una raccolta dove i protagonisti non sono tanto gli zombie quanto le persone.

In conclusione mi è piaciuta molto, hai anche buttato un occhio alla situazione al di fuori del centro in cui vivono i protagonisti, ed è una cosa che ho apprezzato e mi ha incuriosito, ma perché sono proprio io che in racconti post-apocalittici amo leggere di come l’intera nazione si ritrova dopo un cambiamento, invece di concentrarmi solo sul luogo dove si muove il protagonista, non so se mi spiego ahahaha
Un piccolo appunto finale, un refuso che ho trovato:
-“Sarà andato avanti almeno un quarto d’ora, sembrava che non lo vedeva.” Credo che il verbo sia sbagliato, “sembrava che non lo vedesse” secondo me suona meglio.

Ancora complimenti, spero ti cimenterai in altre storie con lo stesso tema, perché te la cavi!

Recensore Junior
13/10/12, ore 11:19

Lo so che l'aggettivo potrebbe suonare stonato in un simile contesto, ma l'ho trovata suggestiva.
Suggestiva nel senso che mi sono immedesimato nei protagonisti, nella loro condizione, in una situazione senza dubbio plausibile malgrado (o forse sarebbe più corretto dire "grazie al")l'elemento orrorifico, inserito strategicamente - e silenziosamente - tra le pieghe del racconto.
L'idea è originale, affiora pure una sorta di partecipato (solo a un primo sguardo disincantato) senso dell'umorismo, e le scene descritte, per quanto disgustose, non scadono mai nell'autocompiacimento.
In conclusione, l'ho letto senza sforzo, e questo è indicativo della sua qualità. Mi permetto di fare un appunto su un paio di omissioni di secondaria importanza ("cellophane", non cellophan, e un'altra cosa che non ricordo, ma conta poco).
L'unica cosa che ho gradito un po' meno è stata il finale. Insomma, non è che manchi di grazia, ma mi ha trasmesso la sensazione spiacevole di qualcosa che si interrompe in modo quasi casuale.
Un plauso, invece, per aver scritto un racconto che tratta di una - come ho scritto all'inizio, o almeno io l'ho letto così - condizione, più che una successione di eventi, senza annoiare e facendo riflettere. Brava.

Recensore Veterano
11/10/12, ore 11:47
Cap. 2:

Strano e originale questo modo di impostare il racconto, devo dire che mi hai sorpresa. Io me li sono immaginati così: due ragazzi, quello che scrive normale ha 17/18 anni, quello che scrive in corsivo sulla ventina. Il più piccolo insicuro, pauroso, insomma, piccolo. L'altro duro come una roccia, coraggioso, ben piazzato, i due opposti. Forse sono fratelli, forse sono amici o forse sono amanti, o forse sono amici attratti l'un l'altro che stanno per diventare amanti, oppure non lo diventeranno mai perché hanno paura di ammetterlo all'altro (e a se stessi). Si trovano in una casupola abbandonata, al piano di sopra, e dormono vicino a una finestra sfondata dalla quale entra un po' di chiarore proveniente dalla luna e dalle stelle. Quando il grande dice che sono entrati è perché li ha sentiti al piano di sotto. Poi credo siano scappati dalla finestra. Non lo so, ma mi è piaciuto un sacco leggere questa storia, è stato divertente perché in effetti sì, è stato come se metà della storia l'avessi scritta io ^^ bellissima idea, magari fanne altre così! Ciao!

Recensore Veterano
11/10/12, ore 11:39
Cap. 1:

Bel porta fortuna! XD No ma... ommioddio. Per tutto il racconto non avrei mai pensato che Chris sarebbe morto, non so perché. Non me l'aspettavo proprio. Una frase che mi è piaciuta, ma non tanto per il contenuto, quanto per la sensazione che mi ha lasciato, è stata questa: "La notizia non rassicurò nessuno." Non so, mi ha fatto accapponare la pelle! Mi sono dovuta prendere un attimo di pausa, giuro XD La descrizione finale della scena splatterosa che causa la morte di Chris è divina, usando la similitudine con il felcro hai reso perfettamente l'idea. Agghiacciante, terribilmente agghiacciante. Poi continuo a dirmi che il fatto del virus potrebbe anche non essere una cosa sicura, insomma, continuo a dirmi che magari quelle persone erano veramente delle creature sovrannaturali e che nessuno riusciva a crederci perciò hanno supposto la cosa del virus. Oppure, potrebbe essere davvero un virus. Mi piace anche il fatto che alla fine del racconto non mi trovo sicura di nessuna idea ^^ complimenti, seriamente. Al prossimo racconto!

Nuovo recensore
10/10/12, ore 23:14

eccomi finalmente alla fine di questa maratona di recensioni di racconti che avevo già letto e che ero troppo pigro per commentare. spero tu sarai felice quando ti renderai conto dello sforzo immane che ho fatto, pur di farti tacere quando ci vediamo il venerdì sera ahahahaha
comunque questo racconto è scritto molto bene, forse fin troppo: rischia di oscurare le tue capacità. insomma ely79 ti dà le piste, parliamoci chiaramente. non che usi frasi troppo complicate, filosofeggianti o altro, solo che....non so, è come se ci fosse più certezza tra le sue righe, come quella di qualcuno che sa chiaramente quello che sta facendo, e non che ci sta provando giusto per fare il figo. comunque il tema della malattia è molto toccante e piacevole da leggere, coinvolgente perfino per una persona che come me non ha (fortunatamente) nel proprio cv la conoscenza di qualcuno che ha dovuto passare chemio e cure del genere.
c'è da dire una cosa: non si tratta degli zombie standard, e per questo non so come tu dall'alto del tuo scranno d'oro di amante di nonmorti solo nella loro salsa originale, abbia potuto affrontare un simile 'affronto'. scherzi a parte....è scritto con un linguaggio e una forma impeccabili, non so davvero che dire. oro per gli occhi!

Nuovo recensore
10/10/12, ore 23:05
Cap. 8:

mi sembrava strano che l'intermezzo strampalato fosse durato anche troppo. con questa storia torniamo ufficialmente alla tua narrativa, che per carità, è sempre piacevole ed emozionante, ma è anche piuttosto 'pesante' da leggere. non nella concezione negativa del termine, eh, ma non si può certo dire che sia una storia frivola! insomma, è una tematica impegnata!
concordo con chi ha detto, prima di me, che ricorda le deportazioni ai campi di lavoro durante il periodo della seconda guerra mondiale. mi piace molto come hai incastonato i particolari dettagliati che hanno reso più immaginabile il tutto: le scarpette che si illuminano, l'odore forte del sudore e di tutto il resto, i colori degli alberi, il fatto che la corsa del treno si destabilizzi per via del cambio di peso, eccetera.
è un racconto che mi è piaciuto moltissimo, e devo farti i miei complimenti perchè sei riuscito ad emozionarmi, o quanto meno a farmi sentire competamente avvolto e trascinato dalla vicenda. forse avrei fatto a meno dell'espediente finale alla papà castoro, che ha reso il tutto un po' meno lineare. non so, non mi ha convinto.

Nuovo recensore

quando mi hai passato su msn il racconto in anteprima ho creduto che l'avessi scritto tu e sono rimasto di sasso. insomma, questa è vera narrativa per psicopatici. ma come ***** vengono fuori certe frasi? ahahahahahah vorrei saper scrivere anche io così, ma la verità è che è molto più complicato di quanto non sembri di primo acchito (provare per credere).
lawrence sei praticamente un genio. alcune cose sono un po' rivoltanti, eh, però per il resto fa davvero pisciare sotto dalle risate. come davvero: come ti vengono certe cose? tipo i boscaioli che cantano, o le risposte della nonna. a proposito: non c'era tipo una parodia di qualcuno in giro, con lo stesso tema? forse dei gemboy, o di elio. insomma, di qualcuno.
comunque non importa, complimenti lo stesso. direi che lo scopo (finalmente un po' diverso dal solito 'far piangere' di ivan) è stato raggiunto egregiamente. complimenti!

Nuovo recensore
10/10/12, ore 22:39
Cap. 7:

so che ormai comincio tutte le recensioni con 'non credevo fossi in grado di', e che la cosa sembri molto che ti reputavo un perfetto sgrammaticato sfigato, ma è vero: non credevo fossi in grado di scrivere qualcosa di così romantico e strappalacrime. secondo me sono i rimasugli del tuo passato da liceale emo. magari riesci anche a sottrarre il posto alla meyer ahahahah
comunque è molto bello, e per la prima volta mi hai fatto anche apprezzare il fatto che non sia narrato tutto in terza persona (incredibile!): qui era proprio necessario il presente e la prima persona. sono belle le immagini evocate, molto chiare e pittoresche, mentre ci stanno bene anche i diversi punti di contatto all'interno della vicenda, che fanno capire quanto sia sfigato lui, che si impanica ogni volta per nulla.
l'unica cosa che mi chiedo è: non sarà un po' una situazione troppo stereotipata? un po' vista e rivista.

Nuovo recensore
10/10/12, ore 22:32

ahahahahahahahahahahahahahahahahaahha oscar è fantastico, sembro io! non mi aspettavo che avessi anche tu questa visione distorta del matrimonio, che sia riuscito a contagiarti in questo tempo passato assieme? è un genio, e non m'aspettavo nemmeno fossi in grado di creare qualcosa di decente condensandolo in una sola riga. insomma, sei famoso per essere un logorroico perso (il tuo tema di maturità ne è la prova). complimenti!
margareth non l'ho trovato nulla di particolarmente eclatante, sarà che non sono nè madre nè donna, quindi non riesco ad immedesimarmi bene nel ruolo. comunque sì, è un linguaggio curato....anche se secondo me sarebbe funzionato meglio se scritto in terza persona, e non in prima, ma sai come la penso a riguardo, non è certamente una novità.
passo a recensire il racconto dopo, così sei contento e mi dici grazie. ahahahahaha in fondo mi sento il padrino di questa raccolta, non posso starmene zitto.

Recensore Veterano
10/10/12, ore 16:24

La mia impressione su questa storia è abbastanza altalenante, diciamo. La prima metà non mi ha preso più di tanto, anche se era scritta in modo simpatico ed essenzialmente corretto. Tuttavia il fatto che lo zombie stia tranquillamente a contatto coi vivi non riesce, almeno nel mio caso, a suscitare quel misto di apprensione e sorpresa che penso sarebbe logico aspettarsi. Forse io avrei introdotto lo zombie in modo un po' diverso, con un po' più di suspance, per creare una tensione da dissipare immediatamente dopo.
Ora, per me è facile dire queste cose, visto che non le devo veramente scrivere, e spero di non suonare troppo saccente: vorrei solo esprimere come avrei voluto che gli eventi fossero presentati.
Inoltre la storia ha un approccio quasi verista per certi aspetti: il personaggio non è presentato direttamente ed il contesto lo si capisce solo dopo diversi minuti di lettura.
Non è una cosa malvagia di per sè, ma qui mi ha fatto proprio faticare ad immergermi nel racconto.
La seconda metà, invece, è stata di mio gusto, soprattutto perchè è diventato chiaro il messaggio che la storia voleva sviluppare, che ho trovato originale ed interessante.
Anche lì, però, lo avrei espresso in modo diverso. Tu dici che gli zombie li hanno "presi per loro simili" (anzi, "PERSI per loro simili"!) e questa è una cosa interessante su cui pensare, però secondo me sarebbe stato meglio dire che i malati non sapevano perchè non venivano attaccati, probabilmente per qualcosa che aveva a che fare con il cancro. A questo punto il protagonista poteva fare una sua riflessione su come non fosse affatto strano: in fondo erano solo tipi diversi di non-morti.
Così il messaggio sarebbe emerso comunque, ma si sarebbe avuta meno l'impressione di una presa di coscienza razionale degli zombie, che invece io ho avuto.
Forse sono stato troppo pignolo XD Può non sembrare, ma la storia mi è piaciuta: ha uno stile pungente, veloce e tratta l'argomento zombie con un'originalità non da poco. Offre ottimi spunti di riflessione anche per la realtà di tutti i giorni. Per cui non ho rimpianti nell'assegnarle una bandierina verde, solo che ci sono aspetti che io, personalmente, modificherei.
Spero di essere stato d'aiuto e non troppo pedante...

Recensore Veterano
08/10/12, ore 22:54

Rieccomi!

Dunque, Oscar; che dire? Semplice, diretto, incisivo, visivo, non amo molto la parola "puttana" ma credo che sia coerente con i pensieri di un uomo la cui ex moglie sta banchettando con i suoi intestini. Direi esilarante.

Margareth: molto profondo, mi sono calata nei panni di questa Margareth anche troppo velocemente, deve essere terribile scegliere chi vive e chi muore, tutto per preservare la propria vita e quella degli altri. Tremendo, tanto da arrivare a desiderare di morire per essere liberi da quella responsabilità troppo forte, troppo pesante credo per chiunque che abbia una coscienza. E recitare il ruolo della martire, di quella che è odiata, di quella che comunque deve fare quelle scelte, a dispetto della sua salute mentale. Devo dire che al momento è la mia preferita questa. Ti ringrazio, è stata emozionante.

Alla prossima.
Selene.

Nuovo recensore
06/10/12, ore 19:55
Cap. 8:

È un racconto molto riuscito e mi è subito piaciuto, già dalla prima bozza che mi avevi mostrato!
Nonostante i protagonisti indiscussi siano dei bambini sei riuscito a dare una giusta atmosfera di inquietudine e paura, senza però tralasciare le parti più “leggere” come il dialogo botta e risposta, che ho trovato assolutamente brillate!
L’ambientazione all’interno di questo treno, assieme al senso di fuga, la confusione, la meta sconosciuta… questi sembrano tutti richiami alla deportazione degli ebrei e, secondo me, è anche un buon modo per inserire il lettore in un ambiente già noto, così può richiamare immagini e sensazioni già viste e vissute nei documentari e nei film, e questo aumenta l’immedesimazione e anche il turbamento, che credo sia sempre lo scopo latente di ogni racconto con tema “zombie”.
 
Jerome sembra molto ben dettagliato, e soprattutto sembra un bambino realistico; quel modo in cui continua a pensare all’abbandono e cerca di aggrapparsi al primo conforto che trova, come se il fatto di essere stato gettato via dal padre fosse l’unica cosa che davvero lo facesse soffrire, nonostante là fuori ci siano i mostri e l’ignoto lo attende, che sembrano problemi altrettanto gravi… anche gli altri bambini sono ben caratterizzati, soprattutto Pauline (unica piccola nota pignola che puoi anche ignorare, non credo che una bambina di 6 anni possa provare imbarazzo dopo aver strillato, si sa che i bimbi se ne fregano di certe cose ahahaha)
Per il resto ho amato i piccoli dettagli, la definizione usata per descrivere l’ambiente visto da un piccolo squarcio, le scarpe del bambino che si illuminano, le scintille sulle rotaie quando il treno di inclina leggermente, la descrizione dello sguardo degli zombie.
 
Ma forse quello che mi è piaciuto di più è stato il senso di… speranza che ho percepito nel racconto. È una storia raccontata probabilmente da un nonno ai nipotini, che ne parla come se fosse qualcosa di lontano, che ha lasciato delle ferite ma che ormai non è più un reale pericolo… questo significa che forse l’epidemia e gli zombie, nella linea temporale delle tue storie, potranno essere viste come qualcosa di terribile ma ormai passato, così come noi –riprendendo lo stesso paragone- vediamo la deportazione degli ebrei.
Se la mia interpretazione è giusta forse è il più ottimista dei racconti, e voglio credere che sia così, non perché sia un fan del “lieto fine per forza”, ma mi piacciono queste pillole di speranza.
 
(ah, bella anche la citazione de “La fame di camilla”!)