Ciao, eccomi per l’ABC!
Se c’è una cosa che adoro delle tue storie è il fatto che la situazione dipinta all’inizio non coincide mai con quella che ritroviamo nella conclusione. C’è sempre un colpo di scena inatteso, anticipato di solito da un dettaglio quasi insignificante, un qualcosa che viene fatto passare in maniera sottile sotto lo sguardo del lettore, ma che in realtà racchiude la chiave per comprendere la storia. Il ribaltamento dei ruoli, soprattutto quello tra vittima e carnefice, è un altro gioco che apprezzo moltissimo, sarà pur largamente usato, ma secondo me riesci a gestirlo in maniera sempre efficace.
Ma procediamo con ordine.
Le battute iniziali ci lasciano già intendere che l’individuo che le pronuncia sia una persona superficiale e meschina. Ha comprato uno schiavo e perciò si sente in pieno diritto di farne quello che vuole. E quando scopriamo che lo schiavo in questione è una donna, risulta purtroppo facile realizzare che tipo di intenzioni abbia l’aguzzino.
Ancora una volta torniamo a parlare di drow, una razza che sto pian piano scoprendo grazie alle tue storie e che è caratterizzata da una gran brutalità, ben espressa anche nei riti e nelle convenzioni che ne regolano la società. Una società matriarcale, ma non per questo meno sanguinaria. In questo racconto emerge anche un altro aspetto di questa società, in cui gli uomini sono considerati inferiori e costretti a subire la tirannia del sesso femminile, che li schiaccia e ne annulla qualsiasi potere. Per questo, il protagonista maschile di questa vicenda abusa del potere che esercita su un’altra creatura estranea alla sua società, perché può farlo. Sembrerà un concetto scontato, ma per me non lo è affatto.
L’essere umano e anche non umano, come in questo caso, ha un innato e sfrenato desiderio di prevaricazione sul prossimo, soprattutto quando questo si presenta debole, innocuo o semplicemente impossibilitato a difendersi. Chi ha il coltello (o la frusta) dalla parte del manico esercita il diritto di giocare con le proprie vittime e così il drow punisce e umilia la schiava elfa, prendendosi gioco anche dello stereotipo che vede gli elfi creature potentissime e intoccabili. Ma in questo caso può infliggere dolore e prova un piacere barbaro nel farlo.
Poi abbiamo la “vittima”, l’innocua piccola elfa. L’arroganza del drow gli ha fatto trascurare un dettaglio non da poco, quegli occhi rossi che si tengono bassi non certo per paura o pudore, come lui crede. L’elfa in realtà ha architettato un bel tranello e con l’aiuto di un misterioso individuo (che immagino comparirà in altre tue storie, anche se forse non in questa raccolta) si è fatta di proposito catturare e seviziare senza svelare la sua vera natura.
Quando tutti i tasselli sono andati al proprio posto e Surelin ha messo in atto la sua trappola, ho subito capito che il drow sarebbe stato spacciato. E infatti, travolto dai suoi istinti più bestiali non ha neanche trovato la lucidità per sottrarsi, anche quando ne ha avuto l’occasione. Il potere della fata mi ha ricordato quello dei Dissennatori, che privano le proprie prede di ogni sentimento fino a lasciarne un guscio vuoto. Il vuoto che attende il drow non è solo privazione di sentimenti positivi, però, come in Harry Potter. Il vuoto è assenza totale di qualsiasi cosa lo renda un essere vivente, paura, dolore, rabbia. Infatti, la sua fine è forse anche fin troppo “dolce” per un essere così spregevole, ma in fondo a Surelin non importa: il suo obiettivo è solo di nutrirsi e prendere tutto ciò che può, visto che le torture inflittele a quanto pare non le hanno fatto niente. Eppure, anche lei cede a quel senso di potere così inebriante, non resistendo alla tentazione di sbeffeggiare la sua preda anche in un momento in cui ormai non può sentire niente. Un perfetto ribaltamento, in ogni suo aspetto. Alla fine, resta il dubbio, o almeno per me, se la debolezza vera, “weak” che dà il titolo alla storia, non sia in fondo di entrambi: il drow è debole perché vittima della sua stessa natura che lo ha portato a prevaricare su un indifeso, ma che gli ha fatto sottovalutare l’avversario; l’elfa invece alla fine è caduta nella stessa debolezza, quella di infierire su qualcuno del tutto inerme. Boh, non so se la cosa era voluta o meno, io l’ho interpretata così! XD
Lo stile si adegua perfettamente ad una scena così cruda: è descrittivo quanto basta, lascia col fiato sospeso fino alla risoluzione della vicenda. Non ci sono ampollosità, o sbavature e tutto fila liscio dall’inizio alla fine come se la scena stesse prendendo vita sotto gli occhi di chi legge.
Ottimo lavoro, alla prossima!
Zob. (Recensione modificata il 19/01/2021 - 12:54 pm) |