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Autore: Lady Moonlight    04/11/2011    4 recensioni
La giovane Freya Gadamath non conosce quasi nulla di faccende che riguardano Vampiri, Fate, Unicorni ed altri esseri sovrannaturali. Trascorre la sua vita praticando la professione di Guaritrice, cercando di aiutare la gente bisognosa.
Tutto cambia quando il vescovo di Shang la dichiara una strega, condannandola al rogo. Prima che la cerimonia della sua morte abbia inizio, però, un avvenimento improvviso cambia le sorti del suo destino.
Freya avrà salva la vita solo se adempirà al compito che il vescovo le ha assegnato.
Ma lei non ha idea di quanto quell'incarico sia complesso, soprattutto se la questione riguarda un Angelo precipitato dall'Eden.
[Le tenebre dei suoi occhi si fecero più confuse e più minacciose. Respirò, sapendo che ogni boccata d'aria poteva rivelarsi l'ultima, per lei.
Poi la voce assunse sfumature più incerte, quasi avesse intuito la paura che, ora, animava la sua vittima. Sembrava che si stesse gustando il momento, meditando su quale fosse l'istante più ideale per sopprimere definitivamente la preda.
Quando, infine, le tenebre giunsero fino a lei e per lei, la ragazza comprese che il suo destino era sempre stato quello... fin da quando quel gioco aveva avuto inizio.]

Seguito di: Contratto di Sangue-L'ombra del principio
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Contratto di Sangue'
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01

 Infernal Night

 

L'angelo spalancò le sue ali
e le stelle furono inghiottite dalla notte.

 

 

Non esistevano modi semplici per dire ad una persona che sarebbe morta da lì a qualche settimana. Era difficile, doloroso, ma a qualcuno doveva pur spettare quel compito.
Mentre riponeva con cura gli strumenti del lavoro in alcune fasce di stoffa bianca, Freya, si voltò per incrociare lo sguardo sconvolto della moglie del vecchio Fred.
Lei e il marito vivevano in una piccola abitazione di legno e paglia poco distante dalle mura del villaggio-fortezza di Shang. Non avevano avuto figli e l'unica cosa che possedevano era la casa ed un piccolo pezzo di terra che coltivavano per poter ottenere quel minimo che gli permettesse di continuare a sopravvivere.
Freya scosse la testa per la decima volta da quando era entrata nell'abitazione e fece qualche passo verso la donna.
Valha aveva il volto arrossato per il pianto, i corti capelli bianchi nascosti sotto una fascia di stoffa e le rughe sembravano aver lasciato grossi solchi sulla sua fragile pelle.
"Tornerò a visitarlo domani." promise Freya stringendo con forza le mani della donna che da bambina era solita regalarle qualche biscotto. L'anziana annuì tristemente e s'affrettò ad aprire la porta alla giovane.
Freya saltò in sella al suo cavallo e avvolgendosi meglio nel cappotto lo spronò al galoppo.

 


La pianura desolata che si estendeva davanti a lei era diventato un paesaggio familiare. Ogni tanto, guardandosi intorno si poteva notare qualche raro sprazzo di vegetazione, alberi talmente vecchi e deformi che nessuno aveva avuto la voglia ed il tempo di trasformare in legna da ardere. I rami si protendevano verso il cielo in un gesto che sembrava di supplica.
Malgrado Freya non avesse mai amato quel posto era, però, l'unico che lei avesse mai potuto chiamare casa. Le regioni del nord dell'Impero Thogal erano caratterizzate da paesaggi brulli e poco abitabili. Erano famose per le grandi e ricche miniere di oro e diamanti che avevano reso la capitale, Shalit, la più ricca e maestosa del continente. Tuttavia gli abitanti vivevano nella miseria e solo pochi fortunati riuscivano a vivere una vita priva di stenti.
L'autunno, con il suo primo gelo, aveva già mietuto le prime vittime nei sobborghi della città-fortezza di Shang. Il vescovo Ufrhin aveva annunciato l'intenzione di mandare i suoi Officianti a sostenere i più bisognosi, ma le sue promesse erano venute meno.
Freya si ritrovò a scuotere il capo. Aveva imparato sulla sua pelle che i Religiosi erano gente inaffidabile. La vecchia religione stava scomparendo ed i Vescovi avevano preso l'abitudine di rinchiudersi ognuno nelle proprie città-fortezze seminando il dubbio e la paura tra la gente. Erano già scoppiate alcune rivolte in altre zone, ma a Shang la gente era ancora troppo soggiogata dalle promesse e dai sogni di ricchezza di Ufrhin per tentare una ribellione.
In questo modo i giorni si susseguivano l'uno uguale all'altro: un minatore moriva, Ufrhin s'affacciava dal suo balcone per dire una predica e un ladro veniva giustiziato o portato in processo.
Freya rabbrividì mentre con un sospiro di sollievo si rese conto di essere quasi giunta alla piccola abitazione in cui viveva.
Quella crudele verità era la realtà e nulla avrebbe potuto cambiare le cose. L'Imperatore aveva da tempo perse ogni interesse per le regioni del nord, troppo preso, come si diceva, dalla sua nuova regina. Una donna che si raccntava fosse l'incarnazione di ogni cosa piacevole esistente sulla terra, ma così avida che perfino il Signore degli Inferi sarebbe stato geloso delle sue ricchezze e potere. La sua esistenza era avvolta nel più fitto mistero, ma si vociferava che fosse stata lei stessa ad uccidere la precedente moglie del re per poter salire al trono.
La sera giungeva presto in quelle lande, ma quel giorno c'era qualcosa di diverso che spaventò Freya, facendola allentare la presa sull'animale.
La ragazza volse lo sguardo al cielo e notò una stella, mai vista in precedenza, poco distante dalla luna. Emanava una flebile luce verde.
"Uno smeraldo." sussurrò affascinata da quello strano fenomeno. Il suo braccio si mosse inconsapevole verso il cielo, quasi a voler afferrare quella stella e nello stesso istante un forte boato scosse l'intera valle.
Qualcosa era precipitato dal cielo e si era schiantato poco distante da Shang. Un chiarore arancione le fece intuire che da quella cosa doveva essersi generato un incendio.
Il cavallo nitrì spaventato e anche Freya deglutì nervosa. Il vento soffiò verso est, in direzione dell'accaduto e le fiamme parvero perdere un po' della loro forza distruttrice. La ragazza osservò incuriosita le porte della città-fortezza venire spalancate ed alcuni cavalieri a cavallo dirigersi verso il luogo dell'impatto.
Sapendo che non era sicuro indugiare ulteriormente all'aperto, finendo con il poter rimaner invischiata nelle vicende della Chiesa, Freya s'affrettò a dirigersi alla sua abitazione.

 

 

Una piccola casa di mattoni e paglia. Era questa l'unica eredità che le avevano lasciato i suoi genitori, insieme a qualche soldo e gli insegnamenti da Guaritrice. Aveva appreso i rudimenti del mestiere fin da bambina, eppure la sua conoscenza in materia, a differenza di sua madre e suo padre, era molto limitata.
Tuttavia praticare quella antica professione era l'unico modo in cui le era concesso sopravvivere.
Nelle stagioni più favorevoli riusciva a coltivare qualche erba medica che poteva servirle con i malati e qualche tubero che metteva da parte per l'inverno. La sua condizione economica non era messa né meglio, né peggio di tante altre persone di Shang. Sopravviveva, e quello le bastava.
Esausta si trascinò in cucina, dove gettò qualche pezzo di legna nel camino e smosse le braci nascoste sotto la cenere, affinché i rami potessero prendere fuoco. Si sedette sullo sgabello di fronte al focolare ed allungò le mani per riscaldarsi.
I suoi occhi si specchiarono in quel mare di fiamme e il verde delle foglie primaverili si mischiò al cremisi del sangue. Freya osservò rapita le lingue di fuoco avvolgersi lungo i secchi rami d'albero e la sua mente rammentò l'ultimo periodo che aveva vissuto in compagnia dei suoi genitori. Il tempo era passato velocemente, all'insegna dei troppi litigi e fraintendimenti. Al momento della loro morte, Freya non era riuscita a versare neanche una lacrima.
La ragazza scosse la testa e lanciò un'occhiata alla sua cena. Un pezzo di pane raffermo e gli avanzi della zuppa di alcuni giorni precedenti.
S'alzò malvolentieri e cominciò a masticare alcuni pezzetti di pane. Era dello stesso tipo di quello che si potevano permettere i minatori della zona e, dunque, erano gli avanzi del vescovo e delle sue guardie personali.
Stanca ed assonnata fece per andare nella sua camera da letto, quando un insistente bussare alla porta, accompagnato da ordini secchi urlati da alcuni uomini, la costrinse a cambiare direzione.
Inciampando nei suoi stessi piedi, Freya spalancò l'entrata della sua dimora per comprendere a cosa fosse dovuta tutta quella confusione. Non che la cosa la sorprendesse, era abbastanza comune che la gente andasse da lei per chiedere l'aiuto di una Guaritrice, ma trovarsi di fronte una ventina di cavalieri armati e pronti a combattere era qualcosa di abbastanza inusuale anche per lei.
L'uomo in testa al gruppo era più alto di lei di almeno una trentina di centimetri e la osservava nello stesso modo in cui un gatto avrebbe fissato un topo.
La stava studiando e Freya trovò il fatto curioso quanto sospettoso. Automaticamente fece un passo all'indietro e vide l'uomo alzare innervosito il sopracciglio. Qualunque cosa volesse aveva fretta di ottenerla, nel minor tempo possibile.
Lo sconosciuto si tolse l'elmo, rivelando degli accenni di barba e due scintillanti occhi celesti. Una cicatrice sotto il mento era evidenziata dalla pelle più chiara in quel punto, mentre il naso aveva una forma aquilina.
Studiando l'elsa elaborata della spada ed impreziosita di gemme, Freya non faticò molto a comprendere che quell'uomo robusto ed in salute fosse in realtà uno dei comandanti del vescovo.
"È lei la signorina Freya Gadamath?" domandò con una strana urgenza nella voce.
"Sì, sono la Guaritrice." rispose la ragazza.
"La vostra presenza è richiesta alla fortezza." proseguì, facendo cenno ad uno degli uomini dietro di lui di portargli il suo cavallo. "Andate a prendere i vostri strumenti." ordinò brusco, infilandosi nuovamente l'elmo.
Sulla casacca celeste, su cui era ricamato un sole contenente una croce, erano visibili traccie di sangue e di un combattimento da poco conclusosi.
Mentre si chiedeva cosa poteva essere accaduto, Freya si recò nella cucina della sua piccola abitazione e raccolse la borsa contenente gli attrezzi che avrebbero potuto esserle d'aiuto.
"Sher, occupati tu di lei." ordinò brusco il comandante quando lei fece ritorno.
Ad attenderla trovò un ragazzo che aveva il lato sinistro del volto sfregiato e grondante sangue. Il cavaliere del vescovo s'affrettò a distogliere il volto non appena si rese conto che lei lo stava osservando.
Freya non commentò, consapevole che una parola sbagliata avrebbe potuto significare la sua morte. Rimase in silenzio anche quando il giovane soldato le offrì una mano per farla salire sul cavallo e quando lo sentì sussultare per il dolore della ferita.
Gli abitanti si Shang raramente mostravano compassione per le persone del suo ceto sociale, dunque neanche lei avrebbe provato quel tipo di sentimento per loro.
Girando brevemente la testa notò che tutti i cavalieri riportavano ferite più o meno gravi e si chiese cosa fosse accaduto quella sera.
L'odore del sangue era facilmente riconoscibile, mischiato a quello della terra e Freya ringraziò, per la prima volta in vita sua, la Chiesa che negli anni precedenti si era adoperata affinché i vampiri presenti nell'Impero Thogal venissero uccisi.
Quella notte era estremamente freddo e la ragazza si augurò di poter arrivare alla fortezza di Shang prima di congelarsi sulla groppa di quel destriero.

 

 

Le mura della città-fortezza si presentarono davanti a Freya come un agglomerato di diversi materiali, combinati in modo tale da resistere agli attacchi nemici ed anche alle avverse condizioni atmosferiche di quel territorio. Tuttavia erano state costruite in un passato così remoto che dubitava avrebbero potuto resistere ad un qualunque tipo di assalto.
Blocchi di granito, pietre, fango e paglia erano questi i principali componenti che costituivano la protezione di Shang. Le due torri di vedetta, poste rispettivamente ad est ed ovest dell'entrata, negli anni erano diventate esclusivamente degli elementi decorativi.
Una decina di soldati percorrevano giorno e notte le mura della città, ma mentre attraversava l'imponente ingresso ad arco Freya non riuscì a scorgerne neanche uno. Quando si guardò alle sue spalle, la grata di ferro, che impediva ai vagabondi di varcare la soglia del borgo, fu gettata a terra.
La strada che conduceva al castello ed alla dimora del vescovo era leggermente in salita, poiché la costruzione era stata costruita su un piccolo colle, rialzata rispetto agli altri edifici.
La struttura era la più grande della città di Shang e sapeva incutere timore, quanto rispetto, in chiunque l'osservasse. Di fronte all'enorme fortezza, stava la piazza del mercato, dove Ufrhin metteva al rogo presunte streghe e improbabili demoni.
Le persone meno colte erano sempre quelle pronte a credere alle parole del vescovo, ma i più istruiti sapevano che il vero scopo di Ufrhin era quello di mantenere il potere sulla città istigando il terrore tra i suoi abitanti.
Il rumore degli zoccoli sulle lastre di pietra, parvero a Freya il ticchettio di un pendolo che scandiva i minuti che la separavano dall'ineluttabilità del suo destino.
Si fermarono nell'ampio cortile interno del castello e il comandante ordinò alla Guaritrice di scendere e di seguirlo.
Freya annuì e s'affrettò a raccogliere la borsa dei suoi strumenti e ad eseguire ciò che le era stato detto.
"Più tardi ti occuperai anche dei miei uomini." annunciò il comandante, indicando le ferite, che lui compreso, aveva riportato.
Freya si ritrovò a sospirare. Era stanca, infreddolita e per niente soddisfatta della piega che stava assumendo la serata. Aveva l'impressione che quella si sarebbe rivelata una lunga nottata.

 

 

Davanti a lei il corridoio principale della fortezza si snodava in una miriade di passaggi secondari e se fosse stata da sola Freya era certa che avrebbe potuto perdersi in quel luogo austero e spoglio. A differenza dell'esterno, l'interno del castello era stato concepito all'insegna della semplicità. Nessun quadro o arazzo addobbava le pareti di fredda pietra nera, né antiche armature i corridoi, né piante gli angoli più bui.
Tuttavia Freya sapeva bene che le stanze del vescovo e dei suoi collaboratori in verità traboccavano di calici d'oro e d'argento, tende ricamate a mano e pareti di legno intarsiato.
"Da questa parte." commentò il comandante.
In quel momento Freya si rese conto di non avere la minima idea di quale fosse il nome dell'uomo, ma dal suo aspetto e dalle voci che giravano a Shang dedusse che doveva trattarsi del comandante Lynus.
Per qualche motivo che non le era dato sapere, da quando erano entrati nella fortezza Lynus appariva estremamente agitato. La sua mano non si era mossa dall'impugnatura della spada e persino il suo respiro sembrava essere diventato più pesante, quasi mancasse l'aria.
La luce proveniente da una delle finestre rivelò una stanza che in precedenza la ragazza non era riuscita a notare.
Lynus si fece da parte e le indicò la porta socchiusa che lasciava filtrare una luce.
"Immagino di dover entrare." mormorò Freya a se stessa. Poggiò la mano sulla superficie lignea e ad un leggero tocco della sua mano la porta si spalancò.
Sdraiato su un letto, circondato da tre servitori stava un ragazzo agonizzante. La fronte era imperlata di sudore ed il petto si alzava ed abbassava molto lentamente.
Una ferita sul fianco che aveva cominciato a dare i primi segnali d'infezione, gli squarciava la coscia e parte del petto.
Freya distolse per un attimo lo sguardo e prese un bel respiro. Gli era bastata un'occhiata per comprendere che il ragazzo non sarebbe riuscito a sopravvivere. A giudicare dalla ferita, ipotizzava che sarebbe sopravvissuto fino all'alba o poco più.
Mentre avanzava verso il suo paziente, in un angolo riuscì a vedere il vescovo Ufrhin che seduto su una sedia sembrava intento a pregare per l'anima del ragazzo.
Arazzi scarlatti con il simbolo della Chiesa, un sole contenete una croce, erano disposti in ogni angolo della stanza. Tappeti provenienti dal lontano Regno di Ziltar ricoprivano il pavimento e tende di pregiate stoffe colorate impedivano di vedere il panorama oltre la finestra.
Era la stanza di un re, si ritrovò a pensare Freya mentre poggiava su di un tavolo i suoi strumenti.
"Freya Gadamath. È passato molto tempo dall'ultima volta che sei stata invitata qui." esordì il vescovo alzandosi dalla sedia.
"Vostra eccellenza mi onora. Ricordate ancora la mia ultima visita." mormorò studiando con attenzione quell'uomo di mezza età che era l'incubo di molte persone.
Il vescovo era invecchiato dall'ultima volta che aveva potuto vederlo. La barba aveva qualche ciuffo bianco, la postura del corpo si era fatta più gobba e l'andatura incerta. Le mani ed il volto mostravano i primi segni della vecchiaia e alcune rughe intorno agli occhi erano piuttosto marcate. I capelli castani erano per la maggior parte nascosti sotto la cuffietta da vescovo, mentre gli occhi, di un grigio tanto particolare da sembrare inumani, osservavano attenti ogni suo movimento.
Freya distolse il proprio sguardo da quello di Ufrhin ed estrasse con un cucchiaio un polverina gialla da una piccola scatoletta di legno e la fece sciogliere in un bicchiere d'acqua.
"Allieva il dolore ed abbassa la febbre." spiegò, prima che il vescovo potesse interromperla per sapere cosa stava facendo.
In seguito si piegò sul ragazzo e gli sollevò delicatamente le palpebre per osservare la reazione dell'occhio alla luce. Quando si rese conto di osservare delle iridi identiche a quelle di Ufrhin, non ci mise molto a comprendere che le voci su un presunto figlio del vescovo fossero vere.
"Come si è procurato la ferita?" domandò, cercando di ignorare ciò che aveva appena scoperto.
Uno dei servitori fece per parlare, ma fu zittito da un'occhiata di Ufrhin.
"Qualche ora fa, mentre era caccia. È stato un cinghiale." spiegò con voce profonda.
Freya sospirò, scuotendo la testa. Il vescovo voleva nascondere la verità. Era evidente dato che un cinghiale non poteva provocare i segni di una ferita inferta con una lama. Ed era stata una lama piuttosto affilata da quanto poteva valutare.
Non commentò per il semplice fatto che non avrebbe né ottenuto una risposta differente, né ottenuto le simpatie di quell'uomo.
"Voi due." disse chiamando i servitori. "Portatemi delle garze pulite e poi ripulite la ferita con dell'acqua calda."
"Avreste dovuto chiamarmi prima." fece notare al vescovo, che s'era sistemato accanto all'estremità opposta del letto.
"È un ragazzo forte, si riprenderà." ribatté Ufrhin, riprendendo a pregare.
"Non ne sarei così sicura se fossi in voi." concluse la ragazza.

 

 

I servitori avevano fatto un buona lavoro con le bende, ma Freya sapeva che qualunque cosa fosse stata fatta le sorti di quel ragazzo erano segnate. Aveva un bel viso pur essendo il figlio di Ufrhin. Aveva dei lineamenti delicati, quasi fanciulleschi e Freya ipotizzò che avesse preso molto più dalla madre che dal padre.
Scoprire che il vescovo aveva avuto un figlio non l'aveva sconvolta tanto quanto aveva immaginato all'inizio. In verità era abbastanza comune che tra gli ecclesiastici esistessero figli nati da relazioni con prostitute. Il Cardinale era il primo ad avere eredi sparsi in ogni angolo dell'Impero Thogal.
"Si sta agitando troppo" mormorò, temendo che potesse avere delle convulsioni.
"Aiutatemi a tenerlo fermo!" ordinò ad alcuni servitori, che si apprestarono immediatamente a portare il loro aiuto.
Per l'ennesima volta in quel giorno, Freya si chinò sul paziente e gli tenne ferma la testa.
"Shh. Resta calmo. Tranquillo." gli bisbigliò all'orecchio. "Immobilizzatelo." gridò ai servitori.
Il vescovo Ufrhin si alzò agitato e zoppicando si avviò al capezzale del figlio. Freya si domandò se quell'uomo, tanto insensibile, provasse davvero qualche tipo di sentimento per il figlio morente.
All'improvviso il ragazzo spalancò gli occhi ed artigliò i vestiti di Freya, obbligandola ad avvicinarsi ulteriormente al suo viso. Ansimando e gorgogliando frasi incomprensibili riuscì, infine, a sussurrarle poche parole: "U-un angelo." riuscì a dire prima che il suo corpo crollasse privo di vita nel letto.
Freya rimase stordita per alcuni secondi, ma una volta ripresasi cercò la presenza del vescovo alle sue spalle.
L'uomo si avvicinò a lei furente di rabbia e le puntò un dito al petto. "L'hai ucciso! Strega! Che tu possa bruciare tra le fiamme nere dell'inferno!" sibilò a denti stretti.
Freya fece un passo indietro, incapace di ribattere.
"Non avete prove per accusarmi di stregoneria." rispose Freya agitata. Sentiva che le mani avevano cominciato a sudare e la testa cominciava a risentire della mancanza di sonno.
"Io sono il vescovo!" esclamò, malgrado quel punto della questione fosse fin troppo ovvio.
Freya si allontanò ulteriormente, finendo con lo sbattere la schiena contro un armadio. "Tutti voi avete visto che la Guaritrice ha sussurrato qualcosa all'orecchio del ragazzo." continuò rivolgendosi ai servitori che annuirono tremanti di paura.
"Non vorrete..." Freya si guardò intorno in cerca d'aiuto. "Avete perso completamente la ragione!" osservò impaurita.
"Guardie!" chiamò Ufrhin, zoppicando fino alla porta.
"Non potete farlo!" gridò disperata. "È una pazzia!" ansimò.
Fu quando s'accorse del ghigno divertito dipinto sul suo volto e del colore nero che avevano assunto i suoi occhi che comprese che qualcosa di spaventoso era accaduto quella notte.
Qualcosa che, ne era certa, aveva a che fare con la comparsa della stelle verde nel cielo e la caduta dell'oggetto misterioso sulla terra.
"Non finirà così Ufrhin!" ma proprio mentre lo diceva, fu certa di avvertire su di sé lo sguardo di un demone, non quello di un essere umano.

 

Mappa di come immagino il continente in cui si svolge la storia. Verrà aggiornata con le varie città più avanti. Nel Regno di Ziltar si sono svolte le vicende di Clare Rainsworth… 
         

 

Buon compleanno Nihal^.^

Vorrei sottolineare che i  riferimenti che faccio alla "Chiesa" non centrano assolutamente nulla con quelli della Chiesa reale. u_u  Le cose sono simili quanto differenti. Lo scoprirete^^
Grazie a tutte le persone che hanno letto la storia e l'hanno aggiunta tra seguiti-preferiti-ricordate! Al prossimo capitolo!

By Cleo^.^ 

Potete trovarmi: qui



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Vampiri

Sovrannaturale

   
 
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