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Autore: Griph    02/05/2012    3 recensioni
Questa piccola long non è altro che il sequel della one-shot "E' così sbagliato desiderarti ancora?".
- Dillo. Dillo, Granger. Per me -.
- Già lo sai, Malfoy -.
- Voglio sentirtelo dire -.
Lo fece aspettare qualche secondo, poi cedette. - Fai l'amore con me -.
La guardò dritto negli occhi, si fece guardare dritto negli occhi. - Devi dirlo come quella volta, Mezzosangue -.
Lei parlò, senza esitare. Tutto pur di riaverlo con sé. - Fallo, Malfoy. Fai di nuovo l'amore con me -.
La baciò.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Sequel
M i   s a r à   s u f f i c i e n t e   c h e   i n   u n   a n g o l o   d e l   m i o   m o n d o   c i   s i a   t u

Capitolo I


- Gin, sai per caso che succede di sopra? -.
Ginevra Weasley si voltò verso Harry Potter con un'espressione più che chiara: non aveva idea di cosa stesse succedendo al piano superiore. Si limitò a guardarlo, senza dargli alcuna risposta.
- Perché non sali e controlli? -.
- Rischierei di beccarmi in faccia il pezzo di una sedia -.
- Magari ha qualche problema. Vai a vedere -. Sbuffando e con una certa esitazione, Ginny si diresse verso le scale, salendo piano piano quel tot di gradini che l'avrebbero portata dinanzi la porta della stanza della sua migliore amica.
Una volta arrivata a destinazione potè sentire il baccano che si sentiva di sotto doppiamente amplificato.
Bussò, sicura che non avrebbe ricevuto alcuna risposta.
Bussò una seconda volta, più forte rispetto a prima.
- Chi è? -. Le arrivò una voce ovattata dall'interno, alla quale si affrettò a rispondere.
- Herm, sono io. Ginny. Posso entrare? -.
Tre, due, uno... la porta davanti a lei si spalancò e, da quella che non sembrava più affatto una stanza, uscì Hermione Granger, studentessa modello, la strega più brillante della sua età e Caposcuola di Grifondoro, socchiudendosi la porta alle spalle.
- Che stai combinando là dentro, Hermione? Sembra che ci sia la Seconda Guerra magica, in camera tua! -.
- Pulizie -.
Ginny la guardò tra l'incredula e il divertita. - Pulizie? -.
- Esatto -. Hermione aveva i capelli arruffati, le guance arrossate, i primi bottoni della camicia sbottonati, la cravatta allentata ed era a piedi scalzi.
Si portò le mani ai fianchi e spostò il peso su un piede, guardandola incuriosita. - E pulisci con la divisa addosso? -.
- Sì, perché? C'è qualche problema? -.
Ginny la guardò dall'alto verso il basso. -No, mi sembra strano che tu faccia pulizie il due di marzo, alle cinque e mezzo del pomeriggio, invece che studiare -.
- Oh, domani non vado a lezione. Per questo non studio -. Lo disse con una tale tranquillità che sembrava non ci fosse nulla di strano in quella frase.
- E non vai nemmeno a lezione! Herm, che ti succede? - le poggiò una mano sulla fronte - hai, per caso, l'influenza? -.
Hermione si scrollò dalla testa la mano della sua migliore amica e la guardò come se tutto andasse splendidamente, come se non ci fosse alcun problema. - No, Gin. Sto benissimo, puoi stare tranquilla -. Le sorrise.
- Allora perché ti comporti in modo così strano? -.
- Come mi sto comportando? -.
- Dici di stare facendo pulizie, ma ci credo poco, non studi e domani ti salti volontariamente le lezioni! Dimmi tu sei non è un comportamento strano! -.
- No, non è un comportamento strano -.
- Lo è per Hermione Granger -.
- Ho una cosa da fare, domani. E' di massima urgenza, non può aspettare -.
Sii convincente,
pensò.
Ginny la guardò di sottecchi. - Farò finta di crederti solo se mi dici cosa stai facendo lì dentro -.
- Te l'ho detto. Pulizie -.
Sii convincente.

***

"Non sai mentire, mia piccola Mezzosangue".
"Questo lo dici tu, Furetto".
"Oh, no. Lo dicono in molti, invece".
"Ah, sì? E chi lo dice?"
"Io, ed è quanto dire".

***

- Facciamo così, quando vorrai dirmelo me lo dirai -. Vedendo che non dermodeva, e sapendo che non l'avrebbe fatto, quella era l'unica cosa che le restava da dire.
- Okay -. Restarono qualche secondo a fissarsi, senza dire niente. Poi Ginny si girò e scese le scale, mentre lei tornò in camera per smontarla una terza volta.
- Cosa ti ha detto? -.
Si sedette a terra, appoggiando la schiena alle gambe di Harry. - Dice che sta facendo pulizie -.
- Ma ci sono gli elfi per quello! -.
Infatti.
- Faglielo capire -.

Non riusciva a trovarla.
Non riusciva a trovarla da nessuna parte.
Non poteva essere sparita nel nulla.
Non poteva averla persa...
Aveva cercato ovunque senza nessun risultato ed era decisamente disperata.
... La sua foto.
Si fermò un secondo a pensare, stremata da tutto quello spostare, alzare, risistemare e spostare di nuovo.
Non si capacitava del fatto di averla persa, anche perché non era uscita da lì dentro, da quella stanza. Era sempre stata appesa a quel muro, non l'aveva mai staccata da quella parete, nemmeno per stringersela al petto, per guardarla più da vicino, per sfiorare quel viso che le sorrideva.
Non aveva mai fatto una cosa del genere, anche se più volte ci aveva pensato, e adesso era sparita.
L'incantesimo di Appello era servito a ben poco, all'interno di quelle quattro mura. Era ovvio che lì non c'era, altrimenti sarebbe stata tra le sue mani già da un bel pezzo, ormai.

***

"Sei sempre così disordinata, Granger!". La guardava divertito dal suo letto sul quale sedeva a gambe incrociate e con il suo immancabile ghigno stampato in volto.
"Io non sono disordinata, Malfoy. Concepisco sempliemente l'ordine in una maniera diversa da come la concepisci tu".
"Sì, ma io non perdo mai niente".
"Perché?", tirò la testa fuori dall'armadio, "ti sembra che abbia perso qualcosa?".
"Direi di sì. Una maglietta che stai cercando disperatamente da più di mezz'ora".
"Hai detto bene, la sto
cercando, ma questo non vuol dire che io l'abbia persa".
"Oh, quindi tu la staresti
cercando da più di mezz'ora in questo ammasso di indumenti che hai garbatamente steso per terra?". Vederla, adesso, buttata sul pavimento che rovistava tra maglie e pantaloni, volati fuori dal mobile che stava ispezionando qualche secondo prima, era molto più divertente che vederla praticamente dentro l'armadio.
"Sorvolo sull'ironia della frase, comunque sì. E' proprio quello che sto facendo".
"Essere ordinati richiede..."
"Guai a te se lo dici, altrimenti giuro che ti crucio seduta stante, Malfoy".
"Perché? Cosa stavo per dire?".
"Che, cito,
«essere ordinati richiede ordine mentale»".
"Hai fatto, a mia insaputa, pratica con la Legilimanzia?". Era decisamente stupito.
"No, Malfoy. Conosco soltanto a memoria le tue illuminanti citazioni filosofiche".
"Hai una penna prendi-appunti, ammettilo".
Fece un suono con la bocca in segno di diniego. "Ritenta".
"Ripeto: hai preso lezioni di Legilimanzia".
Sbuffò, esasperata. "Ho soltanto una buona memoria, Malfoy. Cosa che tu, evidentemente, non hai".
Stettero qualche minuto in silenzio. Lui continuava ad osservarla, lei a rovistare tra le sue cose.
"Diciamo che siamo pari".
"Nel senso?".
Ridacchiò. "Io non sono ordinata e tu non hai memoria", poi alzò gli occhi verso di lui e rispose a quel sorriso meraviglioso che lui le rivolgeva.

***

Adesso avrebbe volontariamente ucciso qualcuno pur di vedere di nuovo quel sorriso... tutto per lei, come una volta.
Le mancava averlo vicino a sé, sentire il suo respiro sul suo viso, la sua bocca sulla sua, le sue mani su di lei. Le mancava la protezione che provava quando l'abbracciava, i brividi che le scorrevano lungo la schiena quando le sussurrava qualcosa all'orecchio.
Anche le sue battute le mancavano, quell'intimità che avevano raggiunto. Le mancava tutto di lui. Poterlo osservare senza preoccuparsi di apparire inopportuna nel caso in cui l'avesse scoperta, poter scherzare con lui, sfiorargli la mano quando si trovavano in una stanza piena di gente sicura che nessuno, in quella confusione, si sarebbe accorto di un gesto così semplice ma estremamente insolito, in quanto si trattava di Hermione Granger e Draco Malfoy.
E adesso era tutto finito. Era svanita quell'intimità, adesso doveva stare attenta a non farsi scoprire quando lo guardava più del necessario, non poteva più sfiorarlo tra la gente, non poteva abbracciarlo e si sentiva persa senza le sue braccia che l'avvolgevano.
Si sentiva vuota.
E in quel momento si sentiva una povera pazza che girovagava per i corridoi in cerca di qualcosa che era sicura non potesse essere lì dove la stava cercando, su quei pavimenti calpestati ogni giorno da centinaia di studenti, ma che, per stupidità forse, o per semplice ingenuità magari, si ritrovava a percorrere sull'orlo della disperazione, setacciando ogni angolo, ogni fessura di quelle pareti.
E ogni angolo svoltato era una nuova delusione.
Ti giuro che questa volta sono stata ordinata, pensò.
- Accio foto -. Niente.
Prevedibile.
Quello che trovò fu solamente tanta polvere e boccette varie che non destavano il suo interesse, al momento.
Dove sei? Dove sei? Dove sei?
Aprì decine di porte, dentro alcune trovò anche qualche professore e dovette scusarsi inventando qualcosa al momento.
Scese di qualche piano ed entrò dentro altre aule.
Poi ne aprì una, una che non era utilizzata da tempo, e raggelò sul posto quando vide chi vi era all'interno.
Era per terra, seduto a gambe incrociate, su un tappeto vecchio e impolverato posto al centro della grande stanza. Il camino alle sue spalle era acceso e le tende, leggermente strappate in basso, erano completamente tirate non facendo penetrare nessun raggio del bel sole che splendeva al di là di quelle finestre. Quei pochi banchi che si trovavano ancora lì dentro erano addossati disordinatamente alle pareti e su uno di quelli era poggiata la sua borsa, affiancata dalla sua bacchetta. Davanti a lui solo un semplice libro, grande, dalla copertina in cuoio, con le pagine gialle e consunte.
Il suo preferito, l'unico che sarebbe riuscito a leggere in una notte soltanto.
Malfoy.
Il calore della stanza la travolse completamente nell'istante in cui spalancò violentemente quella porta e il naso, freddo e rosso per il freddo dei corridoi, provò immediatamente sollievo per quel magnifico calore.
Non aveva sussultato quando era entrata nella stanza sbattendo la porta contro la parete e adesso la guardava impassibile, con il volto sollevato verso di lei, qualche ciuffo che gli ricadeva sugli occhi, una mano ancora poggiata sulla pagina dalla quale aveva alzato lo sguardo per posarlo sul suo viso.
La bocca le divenne secca, la vista le si appannò, sentiva il suo cuore battere all'impazzata, le mani le divennero più fredde di quanto già non fossero, cominciò a sudare e le gambe iniziaro a tremarle.  
Che devo fare?
- Granger -. Un sussurro, la sua voce.
Non aveva la forza di rispondere, ma non aveva nemmeno la forza di schiodarsi da lì e andarsene.
Nel frattempo
lui si alzò e cominciò lentamente ad avvicinarsi.
Lei entrò nel panico.
La sua mano si trovava ancora attorno alla maniglia della porta e aveva cominciato a stringerla talmente tanto forte che le nocche le divennero bianche.
Era l'unica cosa alla quale poteva aggrapparsi in quel momento e ne aveva bisogno, perché senza quel misero appoggio sarebbe caduta per terra, in ginocchio, davanti a lui, e non le sembrava per niente il caso.
- Ti serviva qualcosa? -. Era a qualche passo di distanza da lei. Le sembrava fatto più alto. O forse era solo un'impressione?
- Granger - fece altri due passi verso di lei - ti senti bene? -. Era... preoccupato?
-
No... cioè, sì... non... -
- Sei pallida, dovresti andare in Infermeria -. No, non era un'impressione. Era fatto più alto, e sì, si stava preoccupando per lei.
- No, sto bene. Ora... Adesso devo andare -. Riuscì a uscire da quello stato d'immobilità e a mollare quella maniglia sulla quale era rimasta la sua impronta e che Malfoy si ritrovò ad osservare finché non svanì del tutto.
Come i ricordi fantasma di qualcosa che adesso non c'era più.
Gli diede le spalle e prese a camminare velocemente per sfuggire al suo sguardo, che aveva agognato di avere di nuovo su di lei per tanto, troppo tempo. E adesso fuggiva. Fuggiva da lui, da quegli occhi di ghiaccio, scrutatori.
Poteva cogliere l'occasione, chiedergli come stava e come aveva passato quell'ultimo mese. Avrebbe potuto intavolare una conversazione innocente, senza secondi fini. Così, solo per parlargli, per sentirlo di nuovo parlare, parlare con lei. E invece era scappata.
Qualcuno avrebbe potuto definirla stupidità.
Lei preferiva chiamarlo istinto di autoconservazione, ma era servito a ben poco scappare.
Così come svoltò l'angolo le lacrime che attendevano di uscire dai suoi occhi erano ormai libere e le laceravano il viso, perforandolo, sfigurandolo così come avrebbe fatto dell'acido a contatto con la sua pelle.
Tirò un pugno alla parete dietro di lei e non poteva fare cosa più sbagliata. Quella non era il suo letto, che picchiava ogni qualvolta sentiva il bisogno di sfogarsi contro qualcosa, ma della dura pietra che adesso le aveva distrutto le nocche.
Si lasciò cadere lungo quello stesso muro, con la mano che pulsava e qualche graffio insanguinato, e appoggiò la testa alle ginocchia che aveva tirato su.
Adesso doveva realmente andare in Infermeria.
Doveva fare più attenzione a dove andava, a quali porte apriva.
Non aveva pensato che quello era il loro piano, che quella era la stanza, la loro stanza. E non aveva fatto caso che lui era proprio lì dentro, quando sarebbe potuto andare in qualsiasi altra aula, sino a quel momento.

***

- Fai l'amore con me -. Tra un gemito e l'altro riuscì a dire quelle poche parole.
Tra un bacio e l'altro riuscì a pronunciare quel piccolo pensiero.
Tra le tante scosse di piacere riuscì ad articolare una frase di senso compiuto, senza tentennamenti, con voce sicura.
Quattro parole, un significato, una preghiera nascosta.

Il ragazzo riemerse dal collo di Hermione, gli occhi annebbiati dalla lussuria, dal desiderio.
I capelli gli ricadevano sugli occhi e questi tardarono a fissarsi in quelli della Grifonforo.
Nelle iridi della ragazza si celava una richiesta che sperava venisse accettata, ci sperava davvero tanto.
Piccoli, leggeri baci le posò sulle guance. Una scia di fuoco le tracciò fino all'orecchio. - Tu... vuoi? -. Con voce rauca, incredula, le chiese se veramente lo volesse. - Sei sicura? -. Hermione si ritrovò ad annuire.
- Qui? -.
Annuì un'altra volta.
Bastò uno sguardo e, dopo quella concessione, iniziarono una danza dettata solo dal piacere, dal bisogno di completarsi a vicenda, che andava a ritmo dei loro baci e dei loro ansiti, per poi concludersi con un amplesso che non lasciò spazio alle parole.
Solo a un profondo scrutarsi e a delle frasi silenziose.

***

- Fai di nuovo l'amore con me -.

E lui la sentì.










  
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