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Autore: Love_in_idleness    30/12/2006    2 recensioni
C'è una sola cosa che accomuna tutti gli uomini in tutto il mondo - il Tempo. Probabilmente, in un angolo del pianeta, nello stesso istante, un’amicizia nasce ed un’altra si spezza; qualcuno porta il lutto, qualcuno ricomincia a vivere; qualcuno muore, qualcuno nasce; qualcuno si innamora, qualcuno si dimentica la passione; qualcuno vive incubi abissali, qualcuno contempla un paesaggio nell’assoluta solitudine. *AVVERTENZA* - la storia è formata da one-shot slegate tra loro. Solo il capitolo II è drammatico e il capitolo X shonen-ai.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Quarto capitolo

Quarto capitolo! Questo non mi entusiasma particolarmente, vi avverto, ma è sulla linea di tutti gli altri...

Spero vi piaccia. Rinnovo i ringraziamenti a Fuuma per i suoi commenti & buona lettura & buon Capodanno

 

IV.

[Dublino; Ventuno Novembre 2006, 15.58]

 

Il tempo è sempre lo stesso in ogni luogo. A volte cambia l’ora, a volte il giorno, a volte la luce. In ognuna di queste sue trasmigrazioni permane la stessa essenza, lo stesso movimento proteso in avanti. È fondamentalmente un attimo cristallizzato nell’infinito, un unico istante vissuto da milioni di anime – quel tempo era un triste pomeriggio di Novembre, freddo, ventoso, desolato. Il giorno sembrava fatto apposta per riflettere: una strana, lancinante consapevolezza si era fatta strada nella sua mente con la stessa progressiva, invisibile velocità del buio che conquista le strade del mondo.

Mary Anne alzò gli occhi verso la pendola della sala che oscillava costantemente nella vita e nei suoi sogni sopra la sua testa affaticata, come una ghigliottina. Erano le tre e cinquantotto.

Non sapeva nemmeno perché fosse a casa, a quell’ora in cui solitamente si trovava in ufficio a lavorare. Probabilmente avrebbe passato dei guai per la sua fuga improvvisata nella città, via dal suo spazio e dalla sua contingenza, ma, davvero, per un istante, chiusa tra le mura grigie dell’agenzia ed imprigionata da pile di fogli e mucchi di doveri, si era sentita soffocare da un’ansia inspiegabile. Sentiva nell’aria un vago presentimento. Questo fremito misterioso la colpiva da tempo come una puntura leggera ma fastidiosa, e la angustiava nella sua continuità. Si svegliava la mattina con la sensazione che la sua vita intera si stesse trasformando in un prolungamento del suo ufficio grigio e squallido. Il suo malessere la tormentava il giorno intero deconcentrandola, non si acuiva nemmeno quando alle sei e mezza tornava a casa, stanca e provata, e cominciava a cucinare per la cena. Cucinare la rilassava, specialmente quando creava dolci deliziosi e speziati. Ultimamente anche quella piccola passione le sembrava vuota, vanificata di ogni significato. Il profumo della cannella non le piaceva più perché non le arrivava in quel punto del petto che la rendeva felice in una maniera tanto semplice ed infantile; il gusto soffice della marmellata non scioglieva dentro di lei alcuna emozione ingenua, solo una pacata, grigia indifferenza. Grigia come le pareti dell’ufficio.

La pendola di sua nonna continuava ad oscillare. Mary Anne pensò che fuori della sua piccola casetta molta gente stava scorrendo nelle strade affollate e fredde di vento, molti uomini, molti bambini, molte persone contente e soddisfatte. Pensò anche che la felicità era davvero un fatto semplice, come tutti i sentimenti – solo qualcosa di interiore, come una bolla che si espande e riempie il corpo di una certa frenesia. La noia, invece, era uno stato di completa vacuità. Era distante dall’odio come dall’amore, dalla passione come dalla sofferenza. Si trovava nel mezzo di un deserto di ghiaccio. Era grigia dello stesso grigio di un ufficio di periferia scarsamente illuminato, come le mura di casa sua sulle quali la carta da parati si stava lentamente logorando, consumata dalla macchia sordida in espansione. Il grigio le stava corrodendo tutto.

Eppure Mary Anne credeva di avere una vita normale, per certi versi invidiabile. Aveva un marito premuroso e gentile che tornava a casa alle otto e mezza di sera, due bambini dolcissimi dai capelli biondi, una casetta piccola e graziosa, un lavoro part-time, molte amiche e molte confidenti con le quali uscire di tanto in tanto per un tè o una cena tra donne. Nonostante ciò, continuava a sentire questa insoddisfazione. Le sembrava ingiusto e decisamente stupido, quasi egoista. – Sono davvero scema, – si diceva, – Se  comincio a lamentarmi. C’è gente che soffre per motivi gravi. Io mi sento solo un po’ stanca e un po’ delusa. –

La verità la conosceva. Osservando il lento e costante ondeggiare della pendola, le sembrava di essere ancorata allo stesso movimento perpetuo e ripetitivo, alla stessa esasperante oscillazione. Aveva quarant’anni e molte rughe, le sue scarpe ed i suoi vestiti erano vecchi, logori, fuori moda, i suoi capelli erano aridi e disordinati. Il cassetto della cucina era pieno di bollette e saldi non ancora pagati per i quali bastavano appena i soldi guadagnati col suo lavoro modesto ed insoddisfacente.

L’insofferenza che provava si annidava tutta lì, in quella graffiante sensazione di assoluta mediocrità.

In quel momento lo ammise. Allora le pareti della sua vita divennero definitivamente grigie e monotone.

Le finestre della sala erano chiuse. Mary Anne era seduta al tavolo, le mani raccolte in grembo, sotto la pallida luce del lampadario, e si chiedeva cosa valesse la pena di essere faticosamente trascinato avanti.

C’era un’idea che la sconvolgeva ancora di più. Quel pomeriggio aveva finalmente trovato la prova che cercava – suo marito, il suo adorato, affettuoso marito, usciva di fabbrica alle sette di sera, e durante l’ora trascorsa prima del ritorno a casa si intratteneva con la sua bella amante. Non era disperata. Non era nemmeno arrabbiata. Era semplicemente indifferente. La cosa che la logorò più del tradimento in sé fu la subitanea consapevolezza che ormai anche quel legame così importante era diventato un contenitore completamente vuoto. Di suo marito non le importava più nulla. Pure la sua figura un tempo cara era immersa nel grigio dominante, non si poteva più distinguerne il contorno. Il suo amore era sfiorito, deperito, morto.

Era questa la vera tragedia di Mary Anne. Si consumò nel silenzio e nella desolata frustrazione di una casa anonima della periferia di Dublino, in un’ora qualsiasi di un giorno qualsiasi di Novembre, scavando nella sua anima sola un’amarezza ed un vuoto incolmabile.

 

[Bitterness]

 

Da ieri sono maggiorenne è____é. In realtà non è cambiato nulla della mia vita, tranne che d'ora in avanti sarà solo colpa mia. Come regalo di compleanno vado a teatro XP. Per poco stasera manco Roberto Bolle, peccato...

Spero vi sia piaciuto il capitolo! Commentate ^_^

Love-in-Idleness

              

 

 

   
 
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