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Autore: telesette    12/06/2012    0 recensioni
Volendo dedicare queste pagine alla memoria di Francesco B. e a tutto ciò che da lui ho imparato.
Nato a Firenze, il 16 agosto del 1915, Francesco B. è stato uno dei più autorevoli studiosi italiani del teatro shakespeariano. Negli ultimi anni della sua vita, dal 1980 al 1997, dopo aver concesso l'uso della sua casa colonica in provincia di Figline Valdarno alle Suore Calasanziane, si dedica alle attività ricreative e all'assistenza dei bambini ( in particolare quelli affetti da forme di handicap ). Fondatore della oggi scomparsa Compagnia Teatrale "Piccoli Diavoli", fino all'ultimo si preoccupò di trasmettere tutto ciò che sapeva alle nuove generazioni. Esempio di umiltà, benevolenza e generosità ineguagliabile, Francesco B. si spegne il 22 ottobre del 1997.
Purtroppo gli eredi, una volta preso possesso dei suoi beni, hanno cancellato ogni traccia del suo operato in ambito sociale. Molti oggi a Firenze non ricordano nemmeno la sua esistenza, altri invece ricordano soprattutto i suoi meriti in materia di studi e competenze sulle origini del Teatro e dello Spettacolo...
Io invece preferisco ricordarlo come era, come l'ho conosciuto, e come desiderava essere chiamato:
Un Vero Amico!
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Francesco aveva settantasette anni allora, eppure riusciva a muovere le braccia e a colpire un sacco di sabbia con la stessa velocità ed energia che impiego io oggi nel fare la stessa cosa...
Non male per un vecchietto!
Da lui ho appreso tutti i segreti e i dettagli di questo sport, imparando anzitutto a difendermi, e ciò mi sarebbe stato utile circa sei anni più tardi ( all'epoca del mio inserimento nella categoria dilettanti dei Pesi Gallo ) e fino al mio ritiro. Se non lo avessi visto con i miei occhi, non ci avrei mai creduto: malgrado la gamba destra non gli consentisse di muoversi agilmente, equilibrando tutto il suo peso su quella sinistra, Francesco riusciva ad imprimere una forza più che sufficiente per contrastare una media di ottanta chili di peso.

- Osserva bene, Dado - diceva, facendo oscillare il sacco e colpendolo nuovamente nello stesso punto mentre era ancora in movimento. - Il primo colpo esercita una battuta d'arresto, atta a bloccare l'avversario quando questo è in movimento, dopodiché la velocità e la precisione giocano sull'atterramento definitivo... E' tutto chiaro?

Per essere chiaro era chiaro ma, tra il dire e il fare, sarei stato in grado di mettere in pratica gli insegnamenti solo con la passione e l'esercizio. All'epoca ero ancora un bambinetto di dieci anni, con dei guantoni che da soli pesavano più di me, e ciononostante mi allenavo per imparare i concetti di base: come muovermi, come pensare, come portare i colpi anche se affaticato... Allora non avevo molta forza nelle braccia ma, con pazienza ed impegno, il mio corpo imparò ad agire e reagire per istinto. Verso i dodici anni, sapevo già come effettuare uno scambio veloce sulla ravvicinata; anche se, come promesso a Francesco, facevo uso di certe tecniche solo in allenamento e mai per azzuffarmi.
Di tanto in tanto i miei compagni continuavano con la loro abitudine di mettermi sotto ma, con mio grande stupore, mi resi conto che adesso il mio corpo era in grado di assorbire i colpi assai meglio di quando ero più piccolo. A forza di flessioni, addominali ed esercizi vari, la mia struttura ossea e muscolare si era sviluppata ( in modo poco evidente forse ma era comunque molto più tonica ); un pugno di un mio coetaneo, per quanto potesse fare male sul momento, era sopportabile e così spesso non sentivo neppure il bisogno reale di vendicarmi... Se avessi voluto rispondere, sapendo di essere palesemente in vantaggio, non sarei stato molto diverso da tutti quei piccoli stronzetti che si divertivano a spese dei più deboli.
Era questa la differenza di cui parlava Francesco.

- Impara a valutare le situazioni in modo corretto - mi ripeteva sempre il mio amico, nonché istruttore. - Avere la forza sufficiente non basta, se viene a mancare il buon senso... Certo può capitare di trovarsi in situazioni estreme, dei casi-limite dove non si ha altra scelta, ma se puoi evita sempre di comprometterti con qualche gesto sconsiderato!
- E se mi aggrediscono?
- Te l'ho detto, valuta da situazione a situazione: se ti fanno uno sgambetto e si mettono a ridere, non è come quando ti stringono in cinque per sfondarti la pancia di cazzotti... Puoi alzarti e tirare dritto per i fatti tuoi nel primo caso, come puoi e devi difenderti nel secondo; devi essere in grado di riflettere, prima di commettere qualcosa della quale poi ti potresti pentire! Non penso che ti farebbe sentire fiero di te stesso, prendere a pugni qualcuno solo perché ti fa le linguacce, giusto?

Puro Vangelo!
Oddio intendiamoci, non che io fossi uno stincodisanto ( a detta dei miei insegnanti, ero un elemento indisciplinato e ribelle come pochi ), però non andavo certo in giro a picchiare la gente per gusto. A volte mi capitava di subire restando in silenzio e altre volte invece rendevo pan per focaccia, comunque rimanendo entro i limiti della correttezza... e così sempre, anche ora che gli anni sono passati e con loro la mia infanzia e la mia adolescenza, la morale è sempre la stessa.

***

Da quando ero bambinetto e in fasce, non c'era film Disney che mia madre non mi portava a vedere al cinema. Crescendo poi, nel frattempo la tecnologia aveva inventato i videoregistratori e le VHS che negli anni '90 andavano per la maggiore...
Anche a casa di Francesco, nel bel mezzo di quel salotto enorme con tanto di TV Color e impianto SONY, vi era una collezione completa di Classici Disney Home Video ( "Il Libro della Giungla", "Robin Hood", "Alice nel Paese delle Meraviglie", "Cenerentola", "La Bella Addormentata nel Bosco", "Pinocchio", "Peter Pan", e tanti altri ancora ).
Quel giorno io e Francesco ci stavamo guardando Taron e La Pentola Magica, uno dei miei preferiti, e ci divertivamo come al solito a fare le voci di Rospus e Re Cornelius. Avevo visto quel film almeno venti volte ( centoventinove negli anni a seguire ), eppure mi emozionavo sempre nel vedere come Taron e il piccolo Gurghi si affannavano per trovare la Pentola Magica prima dei cattivi.

- Ma come fanno a fare storie così belle? - mi domandavo ad alta voce, con gli occhi incollati allo schermo.
- Semplicemente perché gli autori leggono molti libri di qualità - rispondeva Francesco. - Questo film per esempio, è stato ricavato dalla lettura di almeno cinque libri...
- Sul serio ?!?

Da non crederci.
Cinque libri per ricavare ottanta minuti di animazione.
Il libro illustrato del film che mi aveva regalato mia madre, che a malapena leggevo in quindici minuti scarsi, mi sembrava impossibile che avesse a che fare con ciò di cui parlava Francesco.

- Dado, dimmi la verità - fece lui, guardandomi con una smorfia. - Hai mai letto qualcosa, a parte Topolino?
- Beh, veramente...

A dire la verità, la mia maestra aveva provato a farmi leggere quelle cose piccolo/medio/rettangolari chiamate "libri"... Ma era una tale rottura di scatole!
Ogni volta dava da leggere delle cose che nessuno di noi a scuola conosceva, e ogni volta mi addormentavo puntualmente sulle prime pagine. Erano talmente noiosi... Molto meglio i fumetti, con tante immagini e personaggi, che pagine intere di parole appiccicate senza nessuna vivacità.

- Ho capito, non aggiungere altro - tagliò corto Francesco. - Purtroppo spesso si pretende che i ragazzi d'oggi leggano senza saper leggere... E' il tipico errore di molte scuole!
- Come?
- Ah, Dado Dado - sospirò Francesco. - Se scorri le righe di una pagina, senza vivere la storia nella tua mente, come puoi pretendere di capire fino in fondo cosa c'è scritto?

In quel momento era come se stessi cadendo letteralmente dalle nuvole.
Era vero che, quando leggevo all'ora di antologia, spesso tiravo via senza prestare granché attenzione ma... Al diavolo, lo facevano tutti. Nessun libro poteva essere interessante e divertente quanto un fumetto.
Tuttavia Francesco mi disse una cosa che mi lasciò ancora più perplesso.

- Quando avevo la tua età - cominciò. - la televisione non esisteva ancora e i fumetti poi... Ma in compenso avevamo il modo giusto di leggere, e ti assicuro che nessun libro è noioso se sei capace di leggerlo nel modo corretto!
- E quale sarebbe il modo corretto?
- Quello con cui leggi i fumetti e guardi la televisione - rispose lui pronto. - Solo che devi ricorrere ancora una volta a quella cosa che si chiama: Fantasia!
- Ma i libri sono noiosi - protestai. - Come si fa a leggerli senza mettersi a dormire?

Francesco si alzò in piedi, sospirando rassegnato, e mi fece cenno di seguirlo nella stanza accanto.

- Vediamo se mi riesce di svegliarti con una semplice dimostrazione pratica - esclamò.

Così dicendo mi introdusse in quella che, a tutti gli effetti, poteva essere benissimo scambiata come un'ala della Biblioteca Nazionale di Firenze... e invece era lo studio del mio amico: pieno zeppo di scaffali e di libri come non mi era mai capitato di vederne; paragonato a quello spettacolo, la libreria scolastica degli Scolopi pareva l'espositore dell'edicolante dove andavo a comprare le figurine. Dall'ingresso dove eravamo entrati, correva una prima fila di scaffali che si interrompeva in corrispondenza di un ampio finestrone rettangolare. Il resto della stanza poi comprendeva altre tre file ricolme di scaffali e un'ampia scrivania con una lampada da tavolo orientabile.
Entrando lì dentro, mi sentivo smarrito e confuso come nella mia prima gita scolastica ( ovvero panico totale! ). Mi guardavo intorno e non vedevo altro che libri; non riuscivo neanche a capire quanto fossero alti quegli scaffali e, mentre cercavo invano di orientarmi, Francesco andò a prendere qualcosa da uno dei ripiani più bassi.

- Allora, vediamo: Albert, Aldrecht, Alemann... Eccolo qua, Alexander!

Così dicendo, tirò fuori un libro piuttosto voluminoso e me lo porse con un sorriso.

- Dagli pure un'occhiata - disse. - L'edizione è un po' vecchia ma il testo è scritto piuttosto largo, non dovresti avere problemi!
- Ma che cos'è questo? - domandai.
- Questo è la storia "completa" di quel film di Taron che ti piace tanto - spiegò. - Ovviamente è un po' diversa, e c'è qualche personaggio in più rispetto al cartone animato, ma ti assicuro che i protagonisti ci sono tutti e sono esattamente come li vedi sullo schermo!
- Ma come...
- Usa la fantasia, Dado - disse ancora lui. - Prova a leggere le azioni e i discorsi di questo libro, come se li stessi vivendo tu stesso assieme ai protagonisti... Dammi retta, non è difficile!

All'inizio ero un po' scettico, poi però mi convinsi a fare almeno un tentativo. Il libro che Francesco mi aveva dato da leggere non era nemmeno un unico libro, bensì una trilogìa ( ovvero tre libri insieme ), e visto così sembrava ancora più grande e noioso dei miei libri di scuola. Ad ogni modo presi un respiro profondo e, dopo che Francesco imbottì la sedia della scrivania di cuscini, mi sedetti lì tranquillo e cominciai a leggere...
Fu così che il 29 di ottobre dell'anno 1994, all'età di dodici anni, cominciai a leggere Le Cronache di Prydain opera di Lloyd Alexander.
Certo fu una sorpresa per me scoprire che Taron in realtà si chiamava Taran, che Ailin si chiamava Eilonwy, che il Menestrello Sospirello era in realtà un re girovago e che si chiamava Fflewddur Fflam... A parte questo, come aveva detto Francesco, mi sorpresi di come non riuscivo a staccare gli occhi dalla lettura. La maggior parte dei fatti ivi narrati non erano presenti nella versione cinematografica della Disney, e tuttavia riuscivo perfettamente ad immedesimarmi nella storia come se mi trovassi al suo interno. Man mano che leggevo, divoravo le pagine senza neanche rendermene conto, i miei occhi e la mia mente erano concentrati solo sugli spostamenti di Taran e dei suoi compagni, e le frasi che dicevano i personaggi avevano la stessa potenza e vivacità delle voci alla televisione... per il semplice fatto che era la mia mente che gli conferiva tale effetto, per la suggestione credo, ed era come se tutto intorno a me continuasse a cambiare ( dalla fattoria di Caer Dallben, alla scura e fitta foresta impenetrabile, agli oscuri antri del maniero del perfido Arawn, fino anche alle magiche terre sotterranee in compagnia dell'irascibile Doli ). A volte mi mettevo a gridare per l'eccitazione, senza neanche rendermene conto, e in capo a una decina di giorni avevo già letto la trilogìa ed ero già alle prese con gli ultimi due libri che chiudevano la saga.
Alexander aveva scritto diverse opere e anche in quegli anni, benché sconosciuto ai più, continuava a scrivere e a pubblicare racconti fantasy adatti al pubblico più giovane. Francesco era un grande appassionato delle sue storie, e difatti ne aveva collezionato un bel numero, ma non era certo l'unico autore che conosceva.
Con pazienza e dedizione, mi insegnò ad avvicinarmi a molti altri classici della letteratura mondiale, e sempre usando lo stesso metodo di lettura: "Il Signore degli Anelli", "Robinson Crusoe", "I Tre Moschettieri", "Ventimila Leghe sotto i Mari", "Moby Dick", "Viaggio al Centro della Terra", "Dalla Terra alla Luna", "Le avventure di Sherlock Holmes", "Robin Hood", "Miti e Leggende dei Cavalieri della Tavola Rotonda", "Il Piccolo Lord", "Il Giardino Segreto", "Le Avventure di Huckleberry Finn", "Il Giornalino di Gian Burrasca", "Senza Famiglia", "Ommini e Bestie", "Il Gigante Egoista", "La Fabbrica di Cioccolato", "Vampiretto", e molti altri ancora...
Trascorrevo pomeriggi interi nel suo studio, divorando libri uno dopo l'altro, e mi emozionavo sempre tantissimo nell'immedesimarmi in ciascuno dei personaggi e provare ad immaginare come si sarebbero comportati se avessero vissuto realmente determinate vicende e situazioni. Ma il vero motivo per cui mi appassionai tanto alla lettura, ancora una volta venne fuori dal genio bizzarro di Francesco.
Avevo quasi finito di leggere L'Isola del Tesoro, quando Francesco sbucò fuori all'improvviso dalla porta della biblioteca con un grosso cappello nero in testa e una sciabola di plastica in mano. Io sollevai appena la testa e, prima che me ne rendessi conto, Francesco si era messo ad urlare come e peggio di un pirata al cospetto del suo equipaggio.

- Maledetto Capitano Flint - gridò. - Lurido e schifoso pendaglio da forca, che io sia dannato se non riuscirò a mettere le mani sul tuo tesoro... Parola di Long John Silver!

Nel sollevare la sciabola verso l'alto, Francesco mi fece l'occhiolino e io capii al volo. Subito afferrai la mappa dell'isola, quella che era possibile staccare dalla copertina del volume, e con quella balzai sulla scrivania come un pazzo scatenato.

- E' inutile che fai tanto la voce grossa, vecchio farabutto zoppo che non sei altro - urlai. - La mappa ce l'ho io, e senza di questa non arriverai mai a mettere le mani sul tesoro!
- Come osi, piccolo mozzo intrigante? Se non mi consegni subito quella mappa, userò le tue budella come legaccio e getterò il resto ai pescecani...
- Prima però dovrai prendermi, Silver!
- E sia, moccioso, l'hai voluto tu... ALL'ARREMBAGGIO !!!

Con la sciabola luccicante levata sopra la testa, Francesco si avvicinò zoppicando alla scrivania ( battendo a terra il bastone, in modo da simulare la stampella e la gamba di legno del pirata ). Io invece scesi con un balzo e, afferrato l'ombrello dal portaombrelli, mi portai al centro della stanza e sfidai "coraggiosamente" il pirata a soffiarmi la mappa di Capitan Flint dalle mani.
Francesco, alias Long John Silver, non se lo fece ripetere due volte.
In breve cominciammo una specie di "duello"... Ma sarebbe più corretto dire che facevamo semplicemente una sceneggiata ridicola, in preda a un impeto di follia reciproca. Nei panni di Jim Hawkins, dovevo difendere ad ogni costo la mappa dalle grinfie di quel vecchio pirata scellerato; tuttavia Long John non aveva certo intenzione di arrendersi così facilmente.

- Tieni alta la lama - mi suggerì Francesco sottovoce, invitandomi a ripetere i suoi movimenti. - Finta, parata, finta... Mi raccomando, tieni il polso morbido e il braccio rigido!
- D'accordo, ho capito!

In fin dei conti, tirare di spada non era poi molto difficile dal tirare di boxe. Il concetto di base era più o meno lo stesso: i corpi si muovevano seguendo il ritmo veloce dello scambio di colpi, solo che invece del pugno entrambi facevamo uso di un prolungamento del braccio; logicamente non facevamo sul serio ma, per rendere il tutto più credibile, ci divertivamo ad improvvisare su uno stile già provato in precedenza.
Solo un gioco, nient'altro che un gioco, ma faceva parte di quell'immenso tesoro che era la fantasia.
Non ricordo un solo giorno in cui le mie letture risultavano pesanti e noiose, neppure quando si trattava dei compiti, perché grazie a Francesco ogni cosa finiva per trasformarsi in qualcosa di allegro e irresistibilmente buffo.
Ricordo ancora quando, per insegnarmi a leggere la Divina Commedia, si mise addosso la tunica di Virgilio e mi fece fare il giro della sua villa con indosso un mantello rosso e una papalina con foglie di alloro in testa. Così conciati, passammo attraverso i gironi infernali, declamando a gran voce i versi dell'opera ( anche se dopo un po' i vicini telefonarono per sapere cosa stava succedendo )... e potrei citare decine di esempi addirittura più folli di questo.
La verità era che Francesco non aveva limiti, non conosceva freni, e proprio per questo era così speciale!

( continua )

 

Angolo dell'Autore:

Dicevano che era matto...
Proprio così, "matto da legare" - questa era l'opinione di chi aveva a che fare con lui, senza ovviamente conoscerlo - ma io dico che, se fossimo tutti un po' matti come lui, il mondo non sarebbe certo quello schifo che è. Mi rendo conto che, per la maggior parte di coloro che leggeranno queste righe, sto solo sprecando tempo e tuttavia scrivo ugualmente nella speranza che il senso buono di questa storia giunga a chi deve giungere.
Per quello che mi riguarda, io non sono che un povero demente che ha avuto la fortuna di conoscere un uomo buono e meraviglioso ( e non mi stancherò mai di ripeterlo ). Francesco ha arricchito la mia vita come nessun altro, è stato il mio maestro di vita e confidente ( soprattutto nei momenti di sconforto ) e, anche se non c'è più, il ricordo di tutto quello che abbiamo fatto insieme vive ancora oggi...
Il punto è che, indipendentemente da ciò che pensano gli altri, io non rinnego nulla di ciò che sono.
Io posso essere tranquillamente l'individuo più odiato e disprezzato di questo mondo, quello che non fa altro che commettere errori nella sua vita, e mi sta bene così.
Ho fatto tante cose, giuste o sbagliate che siano, ma è anche vero che io NON sono Francesco... Lui era una persona eccezionale: un eterno bambino e un genio della letteratura allo stesso tempo; io invece un "pazzo scatenato" che scrive a tempo perso solo perché gli gira di farlo.
Ma come al solito sto divagando, e probabilmente ciò è dovuto alla tristezza con cui rivivo nostalgicamente il contenuto di questa pagina e tutto ciò che è successo da allora.
Il ragazzo di questa storia è cresciuto da tanto tempo ormai, forse è per questo che fa così tanta fatica ad accettare che il tempo va avanti e che le cose belle non ritornano mai più indietro.
Mah ?!?
Provo a guardarmi allo specchio a volte e rivedo come ero allora e come sono oggi... Un uomo a metà, tra il passato e il presente, e questo fa di me un essere incompleto. Forse un giorno, quando mi ritroverò con una lunga barba bianca e qualche rotella fuori posto, allora potrò finalmente dire addio ad una realtà che non mi appartiene e non mi è mai appartenuta.
Così vanno le cose, non ci si può fare niente, è il destino!
L'unica cosa che ho ancora adesso sono gli occhi per leggere, le mani per scrivere, e il cuore... il cuore per ricordare ciò che non deve essere dimenticato.

   
 
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