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Autore: Finnick_    11/07/2012    12 recensioni
Panem: i Giochi non esistono più. Capitol City è stata sconfitta.
E' la verità? Oppure l'attuale governo mantiene ancora fredde apparenze che facilitano la rinascita di una nuova generazione?
Mellark-Everdeen, Odair-Cresta. I ragazzi di una generazione che sfiderà la nuova Capitol 13.
Che gli Hunger Games risorgano, tributi.
Ambientazione: dopo "Il canto della rivolta".
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Mi chiamo Rue Mellark, ho 16 anni e vivo nel distretto 12. So tirare con l’arco, l’unica cosa che riesco a ricordarmi di saper fare.
Tendo l’arco davanti a me e placo il respiro. Miro alla lepre immobile con le orecchie ritte. Mi ha sentita, ma se mi sbrigo posso ancora abbatterla.
Mio fratello si chiama Chays Mellark, ha 14 anni e vive nel distretto 12. Sa disegnare, come mio padre.
Socchiudo gli occhi e mi accorgo che la mia mente non riesce a seguire il veloce momento in cui la freccia scoccata si lancia dal mio arco e colpisce la lepre proprio sotto l’orecchio sinistro, facendola collassare a terra tra flebili gemiti che si spengono quasi subito.
Ah dimenticavo, Chays sa tirare di spada. Non ricordo come abbia imparato.
Abbasso l’arco che vibra ancora per la tensione ricevuta e ricomincio a respirare. Me lo ricordo. Bene, sto migliorando. Riesco a pensare a chi sono e contemporaneamente cacciare con l’arco. Mi libero il viso dai capelli neri che non avevo osato spostare qualche secondo prima e vado a raccogliere il mio bottino. Il vento si alza proprio in questo momento. Mi guardo attorno e noto che solo l’area di bosco in cui sono io si muove vorticosamente. Un rumore fiacco e snaturato viene da sopra la mia testa e quando alzo gli occhi mi vedo passare sopra un Overcraft nero, il cui ex sigillo di Capitol City è stato sostituito da quello del Distretto Madre: il Distretto 0. Non mi nascondo, non mi muovo, come avrei fatto in altre circostanze o come mia madre mi ha sempre detto di fare. E’ vero, Capitol City è stata distrutta insieme al suo governo proprio grazie a lei, ma la paura che a volte ancora la sveglia in preda agli incubi rimane costante. Non vuole che io stia a contatto con quello che è rimasto dell’antico regime di Panem, compresi gli Overcraft che ci volano perennemente sulla testa.
Aspetto a naso all’insù che l’Overcraft sia passato e solo quando è quasi sparito mi accorgo che il rumore che produceva è cessato con un tonfo sordo. Viene dalla parte di Prato che ancora è recintata. Mi carico in spalla l’arco e infilo la lepre nel sacco che porto attaccato alla faretra. Mentre cammino verso casa cerco di ripetermi le parole di qualche minuto prima. Soffro di vuoti di memoria. Non fino ai miei 6 anni, però. Fino a quell’età ero una bambina felice, gioconda e immersa nelle bellezze della natura. Adoravo, adoro ancora, ridere e scherzare con mio padre tra i fiori che circondano la parte di prato che scollina oltre l’Ovest del Distretto 12. Da lì si possono intravedere le colline che segnano i confini naturali con il Distretto 11.
Mi chiamo Rue Mellark.. Penso al mio nome, poi al Distretto 11. E l’associazione di idee mi viene immediata: Rue, la ragazzina di 12 anni che fu l’unica con cui mia madre strinse alleanza nei settantaquattresimi Hunger Games. Lei morì, non so come. O forse lo so, ma non lo ricordo.
Ho iniziato a soffrire di vuoti di memoria proprio dall’età di 6 anni. Era il giorno della Memoria e la Presidente Paylor aveva fatto mandare in onda sulle tv di tutti i Distretti  i video che riportavano le scene più commoventi, affascinanti, emozionanti, orrende che mia madre e mio padre avevano vissuto dentro e fuori l’Arena. Quando le vidi su quello schermo il mio cuore smise di battere per qualche secondo. Letteralmente. Devo avere dentro di me tanto sangue di mio padre Peeta, perché né io né lui abbiamo retto l’impatto di certe immagini a distanza di anni. Io, teoricamente, non avrei motivo di farmi venire un infarto, lui sì. Il mio cervello fu sottoposto ad una pressione troppo grande per una bambina della mia età e non so esattamente come, ma persi la memoria di quello che era successo solo pochi giorni prima. Così la mia vita è continuata tra un ricordo sporadico, che Peeta e Katniss mi aiutano a ricollegare per ricostruire i fatti, e il vuoto totale che mi manda in una profonda depressione. Adesso succede meno, sto migliorando.
Per esempio, adesso ricordo ancora che mi sto incamminando verso casa per capire il perché quell’Overcraft è atterrato proprio nel Prato.
Ho 16 anni e vivo..
-Rue Mellark!- sento chiamare. Sono io. Alzo lo sguardo, spaesata. Una donna vestita di bianco mi viene in contro a grandi passi. Tendo la mano verso l’arco, gesto protettivo, ma inutile. La abbasso non appena la riconosco.
-Presidente- dico mentre anch’io faccio qualche passo verso di lei. La conosco ormai dal primo istante in cui sono venuta al mondo e anche se è stata lei con i suoi programmi televisivi a provocare la mia sofferenza mentale, non la odio particolarmente. Ma ora la domanda è un’altra. Che ci fa qui? Faccio per aprire bocca e chiedere, che lei prende il mano il fucile e me lo punta spudoratamente contro.
Bene. Penso. Fessa e morta tra due secondi per un motivo che non mi è dato sapere. Ma non ho paura, ho la strana convinzione che se la Paylor facesse un gesto del genere si ritroverebbe 13 Distretti contro insieme ad una Katniss Everdeen implacabilmente accecata dalla sete di vendetta. Insomma non le converrebbe. A questo punto la mano che si era allungata verso l’arco, lo afferra e incocca una freccia e più velocemente di quanto la Paylor possa replicare si trova la punta a qualche millimetro dalla faccia.
Non si muove  –Tale e quale a tua madre, Mellark- dice, e abbassa il fucile. Ci metto qualche secondo a capire che anch’io devo ritirare l’arma, ma lo faccio con tutta calma.
Mi mette una mano sulla spalla e velocissima mi spinge davanti a lei. E’ strana. E’ la persona più strana che abbia mai conosciuto. In apparenza così battagliera e in realtà così.. mi ricorda dannatamente Snow, per quanto lo abbia visto sullo schermo della tv, nelle repliche di quando ancora era all’epoca del suo massimo potere. Camminiamo verso casa, l’Overcraft ancora parcheggiato nel Prato. Prima che possa parlare dice –Noto con piacere che ricordi chi sono-
Il suo tono è sarcastico e non mi piace per niente  –Credo che sia l’unica cosa che non dimenticherò mai- se è una battaglia di frecciatine che vuole..
Lei continua come se io non avessi parlato –Ma non riesci a ricordare il motivo per cui sono qui, giusto?-
È vero. Non voglio ammetterlo nemmeno a me stessa, perché mi fa troppo male pensare che i miei possono avermi avvertito in tutte le salse che la Paylor sarebbe venuta nel 12 e rimanere stupita come una bambina del suo arrivo. Proprio adesso ricordo. Forse, qualcosa.
-La parata della Memoria- dico quasi in automatico, come se qualcuno mi avesse ficcato a forza quelle parole nella mente.
-si migliora, cara Rue-
Il tempo di voltarmi a guardarla negli occhi e siamo davanti al portone di casa mia.
-Paylor- è la voce di mia madre. Ancora giovane, ancora lei, Katniss Everdeen. Quando mi volto verso di lei mi sembra di conoscerla da molto tempo prima che nascessi. La ragazza di fuoco. La Ghiandaia Imitatrice. Il volto della Ribellione. Ed è esattamente quello che deve vedere anche la Presidente, perché il suo volto si fa più composto, meno sarcastico e saluta mia madre con rispetto. Ancora meglio, penso. Fessa, senza memoria e oggetto degli scherni della donna che mi ha fatto impazzire.
Mia madre è seria. Qualcosa mi dice che non è così felice di vederla qui, anche se se l’aspettava.
Mi lancia una veloce occhiata e non si scompone di un muscolo mentre spalanca la porta per farla entrare.
Non appena siamo dentro vedo mio padre che scende le scale insieme a Chays e gli mando un potente sguardo interrogativo. Odio la sensazione che mi prende quando tutti sanno che cosa sta succedendo tranne me. Le mani cominciano a sudare e la gola mi si stringe nello sforzo di ricordare. Lui spedisce Chays a sedere sul divano insieme alla Paylor. Tecnicamente anche mia madre dovrebbe sedersi, ma sta dritta davanti ai due, come a sottolineare il fatto che questa è casa sua e che qui comanda lei.
Peeta mi cinge le spalle con un braccio e guardando ancora gli altri mi sussurra –andiamo, ripulisciti e ti spiego tutto- Sospiro, non sono sicura se lo faccio per il nervoso che mi sta montando o per il sollievo di sentire le braccia di mio padre così sicure. Come sempre.
Saliamo al piano di sopra e in un’ultima occhiata alla sala scorgo mia madre che comincia a parlare in tono concitato con la Presidente. Stringo le mani in due pugni serrati e mi immobilizzo nel mezzo del pianerottolo.
-mi avevate avvertito, o sbaglio?- dico, controllandomi.
Peeta si volta e mi guarda con compassione –sì, Rue. Vieni in camera, cambiati, intanto ti spiego-
Non riesco a dire di no a mio padre, proprio non ce la faccio. Getto i miei vestiti sporchi di terra in un angolo sul pavimento e consegno il sacco con la lepre a Peeta. Mi faccio una doccia veloce e mi lego i capelli ancora bagnati. Mentre mi vesto, mio padre si siede sul letto della mia camera e comincia:
-la Paylor è qui per la preparazione alla Parata della Memoria-
-lo sospettavo- dico, senza alzare lo sguardo, mentre mi infilo i pantaloni.
-Tua madre ed io abbiamo protestato molto per quanto è stato possibile contro questa parata, ma alla fine abbiamo dovuto acconsentire. Avevamo fatto un patto, quando la Paylor ci vide sposi: appena il nostro primogenito avesse avuto 16 anni sarebbe stato il portabandiera della Parata della Memoria-
-un ennesimo modo per ricordare gli orrori che avete vissuto- Mi abbottono la camicia e mi metto a sedere sconfitta sul letto.
-perché proprio 16 anni?- chiedo.
-perché quella era la nostra età quando entrammo per la prima volta nell’Arena- replica Peeta, cercando di non abbassare lo sguardo, ma deglutendo a fatica. Bella trovata, quella della Paylor. Con le immagini delle sofferenze dei miei genitori mi ha causato un trauma celebrale e adesso pretende che io ne sia la portabandiera? Se lo può scordare.
-non lo farò- mi esce dalla bocca.
-ne abbiamo già parlato- risponde lui.
Già, io dimentico anche che ne abbiamo già parlato.
Scuoto la testa.
-mia madre si può opporre a tutto e non a questa ridicola parata?-
-ci abbiamo provato, Rue. Ma saremo con te, durante la preparazione e durante la parata.-
Ottimo! Mi sento già soffrire all’idea di ritrovarmi su un carro come uno di quelli che trasportavano i tributi all’inizio degli Hunger Games, da sola e con una bandiera in mano; pensare che Katniss e Peeta rivivranno quei momenti orrendi mi provoca più orrore che sollievo.
-papà- dico alzando lo sguardo –come può la Paylor ricordare tali scempi? Facendovi rivivere le stesse cose?-
Peeta si alza.
-andiamo- dice, come se non avessi parlato. Mi prende la mano e scivoliamo giù per le scale.
Al piano di sotto Katniss, Chays e la Paylor siedono su i due grandi divani della sala e Chays scuote la testa.
Devono avergli chiarito come si svolgerà la parata, cioè il fatto raccapricciante che anche i miei familiari dovranno accompagnarmi in quella pagliacciata.
Mi siedo prima che qualcuno possa aprire bocca e mia madre dice:
-Ora che siamo al completo, veniamo al dunque.-
La Paylor si fa avanti decisa –la Parata si terrà tra cinque giorni. Avrà inizio nel Distretto Madre e vi vedrà protagonisti di un viaggio attraverso i Distretti-
-come il Tour della Vittoria- dice Chays.
-siete molto informati- risponde la Paylor.
E come potremmo non esserlo con tutti i documentari che passano in tv sotto il sigillo del Distretto 0 (un cerchio attraversato da una freccia sormontata a sua volta da una M che sta per Ghiandaia Imitatrice)?
-Avete deciso di riempire la nostra testa con continui approfondimenti sul passato di Panem – dico, non curante dell’effetto che le mie parole hanno sulla Paylor. Sa di essere colpevole di ciò che mi è successo, ma evidentemente non se ne pente.
Mia madre mi lancia un’occhiata e dice –l’ultimo Tour della Vittoria a cui ho partecipato mi ha gettato nell’Arena. Fortuna che adesso ..le arene non esistono sono più-
Il modo in cui si sofferma sull’ultima parte della frase mi fa insospettire. Il tono è accusatorio, nei confronti della Paylor. Vorrei domandare, ma decido di aspettare il termine di questa quasi inutile conversazione.
La Paylor coglie la sottile accusa e sposta lo sguardo su mio padre –partirete domani-
Cosa? La nostra preparazione non avverrà qui?
-Avevamo deciso di far venire uno staff di preparatori qui nel 12- dice mia madre, che è evidentemente sempre più seccata.
-non è possibile, verrete voi-
-perché?- chiede Chays. Nessuno risponde. La Paylor va da sola verso la porta e prima di sparire dice:
-Domani. Fatevi trovare pronti-
Mi alzo in piedi ed espongo l’intento che mi ero tenuta dentro durante la conversazione:
-no, verrò solo io-
La Paylor ride:
-verremo con Gale a prendervi. Credo proprio che vi farete trovare tutti pronti-
 
  
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