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Autore: JulesBerry    06/10/2012    3 recensioni
[Seconda revisione ultimata]
Margaret Stevens è una strega diciassettenne che, nell'agosto del 1995, ritorna in Inghilterra, suo Paese natale, dopo nove lunghi anni.
Qui potrà rincontrare le persone a lei sempre state care: quelle persone che non ha mai dimenticato, che hanno sempre avuto un posto nel suo cuore, e che, nonostante tutto, hanno fatto sentire la loro presenza anche negli anni della lontananza.
Perché, questo lei lo sapeva, i Weasley sono sempre stati la sua seconda famiglia. E dalla famiglia, prima o poi, si ritorna.
-Dall'undicesimo capitolo-
«Fred, cosa dovrei fare? Fa’ sparire ogni pensiero strano, quel sorriso malizioso lo conosco fin troppo bene. E poi, per le mutande di Merlino, hai solo un asciugamano addosso: per me non è facile concentrarmi, il tuo corpo mi distrae!» esclamò Meg che, senza volerlo, si lasciò scappare quell’ultima frase. Si morse il labbro, maledicendosi mentalmente e pensando che buttarsi dalla finestra non doveva essere poi un’idea tanto cattiva.
«Ti distraggo? Be’, in effetti, sono stupendo, magnifico, incantevole! Come biasimarti? Sono la quintessenza della bellezza!» commentò Fred, vanesio, mentre il suo ego gonfiava a dismisura.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George e Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Che l'amore è tutto, è tutto ciò che sappiamo dell'amore'
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Capitolo 18
 


 
Amore è cieco e gli amanti non vedono
le dolci follie che commettono


 
Cause I want it now 
I want it now 
Give me your heart and your soul 
And I'm breaking out 
I'm breaking out 
Last chance to lose control


 
Un altro mese era passato e si era portato via ciò che restava della festante atmosfera natalizia. Era passata la mezzanotte, e nella Sala Comune di Grifondoro rimanevano solo due persone, accoccolate in un’unica poltrona, davanti al fuoco. La testa di Fred penzolava al lato dello schienale, gli occhi socchiusi, le braccia racchiuse attorno alla vita di Margaret, acciambellata sulle sue ginocchia, con la schiena poggiata contro il suo petto e le mani concentrate a sfogliare avidamente le pagine dell’ultimo di cinque libri letti in meno di due mesi. Ogni tanto corrucciava la fronte o si mordeva le labbra, mentre il suo compagno mugugnava nel sonno parole sconnesse. Margaret fu colta dall’improvviso bisogno di ridere a causa delle frasi senza senso che il suo ragazzo le bisbigliava vicino l’orecchio, necessità che aumentò ancor di più quando questi sobbalzò, le prese il libro dalle mani e lo scagliò di lato. Poi, ancora con lo sguardo perso per via del sonno, si girò a guardarla, tentando di ricordare ciò che aveva da dire. Dopo qualche istante, ributtò il capo all’indietro, riprendendo a mugugnare qualcosa che stavolta doveva riguardare lei.
«Domani. 14 Febbraio. San Valentino.»
«Oh, Fred! Non vorrai dirmi che...» iniziò lei, ma fu subito interrotta da un cenno della mano sbrigativo da parte del suo ragazzo.
«C’è l’uscita a Hogsmeade. Devo... comprare regalo... per te» continuò lui, stavolta cercando di apparire il più sveglio possibile. Margaret sbuffò sonoramente, al che egli sollevò la testa e la guardò, confuso.
«Fred, non voglio nessun regalo, lo sai bene.»
«Ma è San Valentino!» disse Fred, sconvolto: era convinto che tutte le donne amassero, o pretendessero, ricevere regali quel giorno.
«San Valentino è solo una stupida festa, non ho intenzione di festeggiarlo» esclamò Margaret, guardando scandalizzata il suo ragazzo. Poi, però, si addolcì notevolmente quando notò che Fred ci era rimasto davvero male per quel suo rifiuto. Gli accarezzò delicatamente i capelli e si strinse più forte a lui, e poté giurare di aver intravisto un grande sorriso compiaciuto comparire sul suo volto. In fondo, probabilmente quello di non dover comprare chissà cosa alla sua ragazza doveva essere stato un gran sollievo. Margaret alzò gli occhi e incrociò i suoi, poi alzò lievemente il volto per baciarlo e assaporare quel momento di beata intimità. Non appena quel lungo bacio fu terminato, Fred tornò a guardarla con la sua solita aria maliziosa ed eloquente.
«Dobbiamo proprio andarci, a Hogsmeade?» le chiese, facendole l’occhiolino.
«Non ti va per via del raffreddore?» domandò Margaret, le cui guance erano diventate di un pallido rosso ciliegia. Fred fece finta di rifletterci su.
«Hmm... anche! Però, credo che potremmo sfruttare l’occasione per fare qualcosa di più... costruttivo» le sussurrò all’orecchio, scatenandole i soliti interminabili brividi lungo la schiena. Dopo un breve ma intenso bacio, Margaret gli diede la buonanotte e si diresse al suo dormitorio. Fred, invece, rimase un altro po’ su quella poltrona, mentre la sua mente camminava a una velocità impressionante. Si lasciò sprofondare contro lo schienale, facendosi investire da quello splendido tepore che le fiamme emanavano, e rilassò le meningi con la convinzione che l’indomani sarebbe stato un giorno perfetto.


***
 
Il sole splendeva alto attraverso la finestra del dormitorio femminile e si posava sulle ciocche di capelli di Margaret, dando loro degli splendidi riflessi rosso fiamma. Le undici dovevano già essere passate da un pezzo, ma lei ancora non si decideva ad alzarsi. Si girava e rigirava, avvolta in un sonno tormentato, in cerca di qualcosa cui aggrapparsi. Era come incatenata in quell’incubo, come se niente e nessuno potesse aiutarla. Improvvisamente, però, si alzò di soprassalto, sudata, il respiro affannoso, mentre un piccolo gufo le picchiettava allegramente la mano. Impaziente, gli strappò dalle zampe il bigliettino che questi portava con sé, e iniziò a leggere a voce alta nel tentativo di svegliarsi completamente.


Piccola vipera, dormi ancora? È quasi mezzogiorno, ti sei persa la colazione. Ma provvederemo dopo, sta’ tranquilla! Ti aspetto tra mezz’ora in Sala Comune, non tardare. Tutti gli altri sono già andati via, siamo soli.
A dopo, dolcezza.



Margaret, accortasi soli in quel momento del tardo orario, balzò in piedi e si precipitò in bagno per una doccia veloce, poi tornò in camera e si fiondò sul suo baule, perfettamente in ordine.
«Intimo sexy. Sì, ma quale? Nero? No, l’ha già visto. Rosso? No, troppo natalizio. Blu? Hmm... No. Ehi, ma da quando ne ho uno marrone? A me il marrone fa schifo! Okay, questo bisogna farlo sparire. Merlino, ma dov’è quello rosa? Oh, eccolo!» disse tra sé e sé, poi s’infilò la biancheria molto velocemente e si buttò addosso un paio di jeans aderenti e una maglia con un gilet abbinato. Aveva ancora una ventina di minuti. Ne perse una decina per rendere maggiormente definiti e morbidi i suoi capelli, altri cinque per truccarsi lievemente e spruzzarsi un po’ di profumo di orchidea.
Come un fulmine, si fiondò giù per le scale, fino ad arrivare in Sala Comune, vuota, tranne che per un bel ragazzo dai capelli rossi che fissava attentamente il fuoco, le mani intrecciate dietro la schiena. Silenziosamente, senza farsi notare, Margaret avanzò lentamente ma in modo deciso verso di lui, poi poggiò delicatamente le mani sulle sue spalle, al che egli si girò di soprassalto. Non appena la vide, il suo volto si allargò in uno splendido sorriso. Le racchiuse la vita tra le braccia e prese a baciarla il più dolcemente che poté, sfiorando con la lingua le sue labbra per chieder loro quell’accesso che non gli era mai stato negato. Quando finalmente ebbe abbandonato la sua bocca, tornò a concentrarsi sui suoi occhi verdi e sulla luce che essi emanavano.
«Sai di orchidea. È quello che mi piace di più, sai?»
«Allora vuol dire che dovrò comprarne qualche altro flacone.»
«È quasi l’ora di pranzo, scendiamo?» le domandò, sorridendo ancora. Lei annuì, poi lo prese per mano e, insieme, s’incamminarono per la Sala Grande. Il pranzo era ottimo, come sempre, ma era reso ancora migliore dal fatto che fossero completamente soli, ad esclusione ovviamente dei ragazzini del primo e secondo anno. Finirono in molto meno di un’ora il pranzo, poi si diressero nuovamente in Sala Comune, dove il fuoco del camino scoppiettava allegramente.
«Sali su al mio dormitorio, tra cinque minuti ti raggiungo» le sussurrò Fred, prima di darle un tenero bacio sul naso e di allontanarsi velocemente.

Margaret, che improvvisamente si era ritrovata a sentire nuovamente un certo sfarfallio nello stomaco, fece ciò che il suo ragazzo le aveva appena detto e, dopo aver chiuso la porta, si portò alla finestra. Sentiva molto caldo, anche se l’ambiente esterno era tutt’altro che mite. Sapeva che lui sarebbe tornato presto, e allora sarebbero rimasti loro due, soli in quella stanza. Era capitato anche in altre occasioni, ma stavolta era diverso: nessuno sarebbe rientrato da Hogsmeade prima del calar del sole. Mentre il suo cervello lavorava freneticamente, due mani ben conosciute le strinsero con decisione i fianchi, e una bocca tanto adorata si posò nell’incavo del suo collo, lasciando baci che le facevano ardere la pelle.
Trattenne il respiro mentre lui faceva aderire il suo corpo a quello di lei, schiacciandola contro il muro. La fece girare, poi, e le strinse i polsi, portandoli ai lati della sua testa; si baciarono con quanta più passione avevano, una passione ad alcuni tratti violenta, piena di desiderio. Fred fece scivolare le sue mani su tutto il corpo di lei, mentre Margaret faceva la stessa identica cosa. Interruppero il contatto tra le loro labbra e si persero l’uno negli occhi dell’altra, così belli e pieni di sentimenti profondi.
«Se... Se non vuoi... possiamo anche... evitare» sussurrò lui, serio e un po’ imbarazzato.
«L’unico modo per liberarsi da una tentazione è concedersi ad essa1» ribatté dolcemente lei, che riprese a baciarlo. Lui rise sottovoce e le sbottonò il gilet, poi portò le mani sotto la maglietta di lei e incominciò ad accarezzarla delicatamente.
«Dovremo concederci fino alla morte, allora» commentò Fred, mentre le tirava via la maglia.
«La cosa non mi dispiace affatto» sospirò lei, stringendo insistentemente tra le mani i capelli di lui, il quale adesso era impegnato a sfilarle via i pantaloni. Lei, poi, lo fece risollevare e gli tolse i vestiti che aveva addosso.
«Pizzo rosa, eh? Stevens, ci sai fare!» disse Fred, sorridendo, prima che le loro labbra fossero nuovamente impegnate in un turbinio di morsi e baci pieni di desiderio. Margaret quasi non scoppiò a ridere.
«Ne ho anche uno marrone.»
«Marrone? Merlino vendicatore, mi fa schifo» commentò lui, divertito, prima di riprendere a baciarla, per poi farla indietreggiare fino a toccare il bordo del letto, sul quale cadde, portando il suo ragazzo sopra di lei. Questi le portò via la biancheria e lasciò che le delicate mani di lei facessero lo stesso con la sua, cosa che gli procurò un’immensa sensazione di sollievo. Posò lo sguardo sulla donna che stava sotto di lui, e non poté fare a meno di pensare quanto fosse bello il suo corpo nudo e quanto meraviglioso fosse il contatto tra la loro pelle. Posò le mani e il suo volto su quello di lei e cominciò per l’ennesima volta a baciarla con intensità, poi iniziò a muoversi dolcemente.
«Sei bellissima» le sussurrò tra un bacio e l’altro, e lei sorrise. Era stupenda in ogni singolo suo gesto, anche il più naturale, il più spontaneo. La voglia di spingersi oltre, però, sembrò impadronirsi totalmente di lui, e lei parve capirlo.
«Fred, mi raccomando» bisbigliò Margaret sulle labbra di lui, con un tono che sembrava quasi al limite del minaccioso. Questi, con molta attenzione, approfondì lentamente il contatto, e subito sentì le unghie di lei insistere maggiormente contro la sua schiena. Pian piano iniziò a muoversi con sempre maggiore velocità, i suoi sospiri si mischiavano ai gemiti di lei. La mente di entrambi era totalmente vuota, i loro corpi così intrecciati da confondersi l’uno con l’altro, da sembrare una cosa sola. Andarono avanti per diversi minuti, fino a quando non furono travolti quasi contemporaneamente da un piacere immenso, imparagonabile a qualsiasi altra cosa. Rimasero avvinghiati per ancora un po’ di tempo, gustando il sapore della loro pelle; poi Fred ricadde accanto a lei e la strinse a sé, coprendo entrambi con il lenzuolo e sprofondando con il viso tra i suoi capelli.
«Ti amo» le sussurrò all’orecchio, prima di posarvi un bacio.
«Ti amo anch’io» disse piano lei, poggiando la testa sul suo petto, mentre un sorriso le si allargò sul volto. Stettero lì a fissarsi per quelli che parvero secoli, fieri di quella speciale complicità che li univa. Poi, si accoccolarono sotto le coperte, stretti come non mai, e si lasciarono cullare dal tepore emanato dai loro stessi corpi.
 

***
 
La neve era ancora alta e aveva preso pieno possesso delle strade e vie del villaggio di Hogsmeade, rendendo più difficile il passaggio, e due figure camminavano abbracciate in cerca di un posto dove rifugiarsi. George, che aveva ceduto il suo cappotto a Hermione, avanzava a passo svelto, trascinandosi dietro la sua ragazza. Arrivarono rapidamente di fronte ad una locanda e vi entrarono, decisi a ripararsi da quel freddo pungente. Il giovane si diresse a uno dei tavoli, prendendovi posto, ed Hermione lo imitò, evidentemente disgustata.
«Che c’è?» le chiese lui, sorpreso, che doveva essersi accorto che qualcosa doveva non andarle bene. Lei inarcò il sopracciglio, leggermente irritata. Incrociò le braccia contro il petto, pronta a mostrargli tutto il suo disappunto.
«George, mi hai portata alla... alla Testa di Porco?»
«E allora? Cos’ha che non va?» le domandò George, sgranando gli occhi. Lei spalancò la bocca, interdetta, e fece volare lo sguardo sull’ambiente attorno a lei.
«Fa orrido!»
«Ha il suo fascino!»
«Avrà anche il suo fascino, ma è da brivido!»
«Preferisci stare lì fuori, al gelo?» disse lui, scettico. Hermione fece per ribattere, ma non trovò nulla da dire, quindi si morse il labbro, come se avesse voluto trattenersi dall’impulso di tirargli una scarpa in testa. George sorrise, compiaciuto, e ordinò da bere, pensando a quanto fosse bello e soddisfacente stuzzicarla in ogni singola occasione e assistere alle sue reazioni irate. In quel momento, entrò nel pub un altro piccolo gruppo di persone, che occupò subito posto a un tavolo. George si voltò in quella direzione, scorgendo Angelina e Alicia, in procinto di prendere da bere. Queste lo salutarono con dei sorrisi radiosi, poi si guardarono intorno.
«Maggie e Fred non ci sono?» gli chiese Angelina.
«No, ehm... Fred ha un po’ di raffreddore, è rimasto al castello. Meg gli sta facendo compagnia, sai...»
«Immagino proprio che tipo di compagnia!» commentò Alicia, che subito dopo cominciò a parlare fitto con l’amica. George, sorridente, si voltò a guardare la sua ragazza, che lo fissava con sguardo corrucciato. Rimase spiazzato per qualche istante, poi le prese la mano che teneva sul tavolo.
«Dai, parlami. Che hai?» le chiese lui, dolcemente. Lei diede in una noncurante alzata di spalle.
«Assolutamente nulla» disse, quindi, in tono distaccato.
«Non me la bevo, lo sai» la ammonì George, indispettito. Hermione sbuffò sonoramente.
«Vorrei tanto sapere cos’hanno da guardare!» sbottò, infine, la ragazza, lanciando occhiate di fuoco ad Angelina e Alicia, totalmente immerse in una conversazione con gli altri ragazzi. George spalancò occhi e bocca.
«No, Herm, voglio dire: non stanno proprio guardando nessuno!»
«Sì, invece! Adesso non lo fanno perché sanno che le sto tenendo d’occhio, ma sono sicura che stiano aspettando con ansia che io mi distragga!»
«Herm, tesoro: hai forse mangiato pane e follia? Stai delirando, deve essere la puzza di chiuso che ti sconquassa il cervello.»
«George, non prendermi in giro!»
«Musona, non sarai mica gelosa!»
«Io? Ma cosa... George, insomma! Io non... Io non sono gelosa! Io...» tentò di giustificarsi lei, che divenne subito viola e si ammutolì. Prese a guardarsi le scarpe, cercando in esse qualcosa di estremamente interessante, quando sentì una mano posarsi delicatamente sul suo viso per sollevarlo. Incontrò le luminose iridi azzurre di George, che le sorrideva caldamente, e questo la fece sciogliere come neve al sole. Il ragazzo la prese per mano, poi la condusse fuori dal locale e la strinse forte a sé, respirando a pieni polmoni il suo profumo. Gli piaceva quella sensazione, quel calore che sentiva dentro il petto, che lo riscaldava anche quando fuori si gelava. Le prese il volto tra le mani e la guardò negli occhi, come se con un solo gesto avesse voluto trasmetterle tutte le emozioni che quel momento gli stava procurando. Posò le labbra sulle sue, nel tentativo di suggellare quell’attimo di pace, e si chiese chi fosse così pazzo da voler spontaneamente rinunciare a qualcosa di talmente bello, che riesce a completare così bene e con pienezza ogni singola parte di te. Una volta che quel lungo bacio fu giunto al termine, George tornò a far incrociare i loro occhi, e da quelli di lei poté capire che era felice.
«Buon San Valentino, musona» le sussurrò all’orecchio.
«Buon San Valentino, insopportabile di un Weasley» gli disse Hermione, stringendosi ancor di più a lui.
George le mise una mano tra i capelli e le fece poggiare la testa sul suo petto, sperando che potesse sentire il suo cuore battere all’impazzata. Poi, sorrise: si stava bene sotto la neve.

1: Oscar Wilde.


- Angolo dell’autrice

Hi, lovely readers! Cosa ve ne pare di questo nuovo capitolo? L’ho modificato fino a ieri sera, spero che tutto sommato sia risultato quantomeno decente!
Il titolo è un aforisma del carissimo William Shakespeare, mentre la canzone in apertura è, indovinate un po’, la mia canzone preferita, Hysteria, dei Muse.
Bene! Faccio i soliti ringraziamenti a chi recensisce e a chi segue la storia, e vi invito a farmi sapere cosa vi pare di questo nuovo capitolo! ;)
Lo spoiler del prossimo lo metto, però state attenti: potrebbero cambiare anche qui un bel po’ di cose. Quindi, se magari c’è qualcosa di diverso, sappiate che vi avevo avveriti! ;)
Adesso chiudo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi ringrazio nuovamente!
Un bacione, 
Jules


- Dal prossimo capitolo:

Margaret alzò lo sguardo dalla pergamena e lo posò sui due, e ciò che vide la fece inevitabilmente sorridere. Apparivano entrambi estremamente concentrati, e sfoggiavano delle espressioni corrucciate che raramente si addicevano loro; Fred si mordeva le labbra e si grattava il mento con la piuma, George, invece, fissava il cielo, pensieroso. Margaret diede una leggera gomitata ad Hermione, che spostò gli occhi prima su di lei, poi sui due gemelli. Istintivamente, scosse la testa, sorridendo.

Ultima revisione: 09.02.2015

 
   
 
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