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Autore: controcorrente    02/11/2012    3 recensioni
Questo fu il mio primo vero incontro con coloro che avevano provocato la miseria in cui vivevo, malgrado i miei sforzi. Avevano portato via quel poco che avevo con un semplice battito di ciglia.
I nobili mi avevano fatto conoscere la loro indifferenza verso chi lottava ogni giorno per un tozzo di pane, considerando la loro vita come un qualcosa di accidentale e privo di ogni importanza. E fu proprio in quel momento che conobbi la luce e le tenebre di quel mondo fatto di agi e benessere.
Questa fic è dedicata a Rosalie e alla contessa di Polignac. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rosalie Lamorlière
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sono piuttosto lanciata nella stesura degli ultimi capitoli di questa fic. Vorrei almeno terminarla. Il precedente capitolo è stato anche questo piuttosto difficile da fare. Ora vi lascio a questa nuova lettura. Una scena è liberamente ispirata ad una long fic presente nella sezione. Non ricordo il titolo ma se qualcuno me lo ricorda le sarò grata, così da poter ringraziare a dovere l'autrice.

 

UN PREZZO TROPPO ALTO

 

UN LEGAME TROPPO PESANTE

 

Il giorno del funerale della piccola Adeline, il cielo era grigio ed una lieve pioggerella cadeva, rendendo tutto freddo e viscido.

La bara venne condotta in una chiesa poco distante dalla dimora in cui era avvenuto il trapasso della giovane sposa; terminata la messa, sarebbe stata trasportata nella tomba di famiglia del marito, disposta accanto a quella delle due mogli che l'avevano preceduta. Indossai l'abito che avevo acquistato e, senza l'aiuto di nessuno, acconciai la mia chioma con una crocchia spartana.

Quando scesi, la contessa  mi guardò con aria di rimprovero, Non sembrava apprezzare la mia semplicità, a suo avviso eccessiva, ma non disse niente perché le esequie avevano la priorità quel giorno.

Andò a confortare la cugina ed il vedovo novello mentre io venni lasciata al duca.

Non mi piaceva essere in sua compagnia.

Era vecchio ed aveva lo sguardo malevolo.

-Povero marchese- sentenziò questi, con tono sardonico- era appena riuscito ad avere una figlia e già è rimasto vedovo.-

Mi voltai di scatto.

-Mi hanno detto che la moglie ha sofferto molto.- risposi, guardandolo seria -Come potete dire una cosa del genere?-

De Guiche sorrise.

-Dico solo che la marchesina non ha fatto quello che doveva. Lui le ha dato tutto e non è stata capace di dargli nemmeno un maschietto...a quel punto, tanto valeva che crepassero tutte e due. Lei ha avuto ciò che voleva...che beffa per il marchese.- continuò, con un sorriso cattivo in volto.

Tuttora, ripensando all'accaduto, mi vengono i brividi. L'espressione di quel tipo mi ricordava il nobile che aveva ammazzato senza pietà quel bambino. Il disgusto che provai fu tale che, per tutto il periodo che rimasi in chiesa non proferii parola.

La contessa, qualche volta, si voltava verso di noi, sorridendo con soddisfazione ma io, presa dal dolore che quella condizione mi imponeva, non ebbi il coraggio di rispondere.

Sapere di dover rimanere lì, sia pure per un tempo limitato, era sempre più difficile da sopportate.

Poco dopo, quando il funerale ebbe la sua conclusione, ci recammo in corteo al cimitero, un fiume umano di una certa lunghezza che, una volta giunto al camposanto, si addensò all'ingresso. Nessuno conosceva la defunta ma il lignaggio del marchese e la necessità di apparire come gente timorata di Dio, aveva reso la chiesa più affollata del solito, rendendo l'uscita molto confusionaria e convulsa.

A causa della ressa, rimasi indietro e, per farla breve, mi persi.

 

Passeggiare per quelle tombe mi dava una strana sensazione di deja-vu.

Mi ricordava il fazzoletto di terra dove era sepolta Nicole.

Guardai da ogni parte, come se potesse esserci la tomba della mia madre adottiva. Non c'era nessuno intorno a me e, volendo, avrei potuto andarmene. Dubitavo però di riuscire nel mio intento perché essendoci una sola entrata, non sarei certamente passata inosservata.

Fu allora che l'attenzione cadde su una donna vestita di marrone che gironzolava, apparentemente a casaccio, tra le lapidi. Impossibile non notarla, dal momento che, non era molto comune vedere una persona del suo sesso, così ben vestita, girare da sola all'aperto.

La riconobbi in un attimo.

Era mia zia.

-Rosalie- mormorò affettuosamente, non appena si avvide della mia presenza- cosa ci fate qui?-

Mi avvicinai.

-Oggi è il giorno di Adeline- dissi solamente.

Isabelle sospirò.

-Povera fanciulla- commentò, prima di guardarmi- ho saputo che ha avuto una gravidanza molto difficile...ma credo che non sia questo il motivo per cui siete così triste, non è vero?-

Chiusi gli occhi.

-E così- confessai- la contessa vuole darmi in sposa al duca De Guiche, lo stesso uomo a cui era destinata sua figlia Charlotte.-

La donna si morse il labbro.

Il viso si increspò in una smorfia disgustata. -Quella femmina non ha alcuna dignità- fece- io l'ho sempre detto. Comunque, è cresciuta in questo modo e non si può fare niente per questo. -

-Avete ragione- risposi, abbattuta.

Isabelle scosse il capo.

-Voi però- disse, fissandomi attenta- perché siete ancora qui? Avete saputo tutto quello che c'era da sapere...cosa aspettate ad andare via?-

A quelle parole, non seppi cosa dire.

Il ricatto a cui ero sottoposta non sussisteva più...eppure, qualcosa mi tratteneva ancora a quella donna che non potevo amare. Istintivamente mi coprii il viso, presa da un moto di vergogna che non comprendevo.

- N- non lo so...-balbettai, preda di uno stato d'animo che non riuscivo a definire.

Isabelle mi mise una mano sulla spalla.

- A prescindere dai fatti, ovvero che ella vi ha dato al mondo, le scelte sulla vostra vita, su ciò che siete e che sarete, non dipendono più da lei. Jolande ha imparato a fare la moglie e ha condotto la sua vita seguendo dei valori che hanno innalzato i Polignac, cose in cui lei crede, alla luce del rendimento finale...quello che ha ricevuto è diretta conseguenza di una parte delle scelte che ha desiderato. - disse - Come ogni genitore nobile, ritiene che, avendovi dato la vita, sia nella condizione di usarvi a suo piacimento, decretando il vostro destino...con esiti alternanti, come avete visto dalla sorte di Charlotte e Adeline. Quello che dovete chiedervi è: fino a che punto siete disposta ad accettare di pagare il pegno di sangue che quella donna esige da voi?-

 

 

 

 

Quelle parole rimasero nella mia mente per molto tempo, anche quando tornammo nella dimora del marchese. Le carrozze per ripartire erano già sulla soglia: non era infatti previsto che soggiornassimo ancora in quella casa. La contessa rimase insieme alla cugina per darle un qualche sostegno morale, mentre il duca tentava di consolare il marchese, più seccato che dolente, per aver avuto almeno una figlia.

Io li fissai in disparte, palesemente a disagio in quel contesto che mi straziava ed era estraneo al tempo stesso.

Il mio turbamento non passò inosservato alla Polignac.

-Mia cara- disse dolcemente.

Stavo per salire nella carrozza, insieme al duca.

Lei si avvicinò e, dopo essersi scambiata qualche battuta con quella persona, mi invitò a salire sul suo mezzo per parlarmi in privato. Rimasi molto stupita da quel gesto, assolutamente non da lei.

-Vedo che siete molto triste per la povera Adeline- disse dispiaciuta.

Chinai il capo e, per una volta, mi concessi di essere parzialmente sincera.

-Era così giovane- mormorai mesta- si può morire in questo modo, per dare la vita?-

La contessa distolse lo sguardo.

-Questo è il rischio che una donna può correre. Non per un colpo di pistola o spada ma...in fondo, che differenza fa?- disse laconica.

Mi voltai di scatto.

Quell'aria vissuta, piena di cinismo e disincanto, mi era quasi nuova...forse a causa della mancanza di cattiveria che di solito mi rivolgeva. Ne rimasi disorientata...per la seconda volta in quel giorno tanto strano. -Un matrimonio porta benessere alla propria stirpe e alla persona stessa, dandole privilegi che prima magari non poteva permettersi. La mia povera Charlotte aveva la mente troppo leggera e non ha mai compreso i sacrifici che io facevo per lei, prima di giungere a Versailles. Non ha mai compreso il dolore di essere trattata come la parente povera, di dover elemosinare ogni cosa per sembrare ricca e potente, sapendo di poter essere pugnalata alle spalle in qualsiasi momento. L'avere un titolo non ha mai garantito un benessere corrispondente...ed io ho commesso con lei lo stesso errore che mia madre fece con me.- disse, malinconica.

Inarcai la fronte.

-Cosa vi prende?- domandai.

L'alone di nostalgia si inquietò leggermente. -Nulla. Volevo solo porvi la mia benedizione e consigliarvi di smettere di credere che ci sia da qualche parte qualcuno di bello, con mille virtù...gli uomini non possono amare. Non è una cosa necessaria. Possono però venerarvi e questa è la massima felicità per una donna.- disse, prima di congedarmi sbrigativamente.

Non le dissi nulla né, tantomeno, mi inchinai come prevedeva l'etichetta.

Lasciai quella casa, senza voltarmi indietro...sulla carrozza del marchese.

 

 

Il palazzo dei De Guiche era piuttosto antico e risaliva ai tempi della Fronda. Il duca aveva progettato di fare una festa per darmi il benvenuto. La Polignac non vi partecipò e, con la scusa di un mal di testa, mi lasciò da sola in quella dimora, completamente in balia del duca.

Prima di congedarsi completamente da me, mi aveva fatto dono di un abito, comprato, a detta sua, dal marchese in persona.

Si trattava di un vestito con una scollatura generosa, scuro e a tratti volgare.

Non mi piaceva...ma non era la sola cosa che non apprezzavo di quel posto. Tutti gli invitati non facevano altro che soppesare le mie forme, congratulandosi con il duca per aver convinto la contessa a cedermi a lui e per la mia bellezza.

Battute volgari e chiacchiere di velata sufficienza che io ascoltavo in silenzio, forzandomi a mangiare e a mantenere il massimo autocontrollo. Dovevo essere forte, dovevo mantenere i nervi saldi. La Polignac, con quella mossa improvvisa, mi aveva impedito di fuggire come invece desideravo fare...ed ora dovevo pensare al modo per uscire da quella situazione tanto detestabile.

Non ricordo molto delle loro chiacchiere.

L'unica cosa che so è che, al termine della serata ero molto stanca... stanca e arrabbiata.

Camminavo lungo i corridoi, diretta alla mia camera.

Non vedevo l'ora di tornare dentro e mettermi al caldo.

Gli amici del duca erano assolutamente disgustosi...e più ripensavo ai loro velati riferimenti al mio corpo, più la rabbia cresceva. Come era possibile sostenere un simile livello di maleducazione? Con violenza, spalancai la porta della mia camera e, senza curarmi di chiuderla, fissai rabbiosamente il vestito che ancora indossavo.

Non mi piaceva per nulla.

Mi faceva sentire una donna di malaffare...e così, malgrado la preziosità della stoffa, cominciai a strapparlo a brandelli. Non riuscivo a tollerare più quella stoffa, così sporca a mio parere, a diretto contatto con il mio corpo. Ero talmente presa dalla mia occupazione da non badare a nulla...e fu per questo che non potei che sussultare, quando sentii lo scatto della serratura.

Mi voltai.

Il duca De Guiche era entrato nella stanza e, non visto, aveva chiuso la porta a chiave.

-Che cosa ci fate voi qui?- domandai, tentando di frenare l'ansia.

Lo vidi avanzare, con un sorriso che ricordava vagamente quello del nobile che mi aveva scambiato per una prostituta nel vicolo, poco distante dalla mia casa...e, come allora, non mi piaceva per nulla.

Istintivamente arretrai.

-Mademoiselle- fece, fissandomi in modo quasi ferino- sono davvero stupito dai vostri modi. Davvero...non riesco a capire il motivo di una simile agitazione. Siete, a conti fatti, la mia fidanzata e diventerete mia moglie...non avete motivo di aver paura di me.-

Indietreggiai di nuovo.

-State lontano da me!-esclamai.

Per tutta risposta questi rise.

-Davvero, non posso che apprezzare la strenua difesa della vostra virtù...-lasciò cadere, facendo segno di tornare sui suoi passi.

-Ciò nonostante, questa premura è del tutto inutile con me- concluse...e me lo ritrovai addosso, con una mossa così fulminea che non ebbi nemmeno il tempo di razionalizzare. Nemmeno ora mi riesce farlo, forse perché quel momento è così doloroso da spingermi a dimenticarlo, con mezzi più o meno consapevoli.

Posso comunque affermare che ero estremamente lucida in quel momento. Abituata ad avere sotto gli occhi scene del genere, mi dibattei con tutta la forza che avevo, serrando le gambe e facendo il possibile per spingere via quell'individuo.

Questa resistenza da parte mia, comunque, sembrò piacere al duca.

-Me lo aveva detto...la contessa...che voi siete una gatta selvatica...-ansimò, nel tentativo di avere maggior accesso al mio corpo- ma sarà ancora più divertente...mettervi sotto!-

Con una mossa improvvisa, per allentare la mia resistenza presumo, mi afferrò per le spalle, mandandomi a sbattere contro la parete. Il colpo fu piuttosto forte, tanto che non potei non emettere un lamento.

-Lo senti?- mi alitò nell'orecchio De Guiche-Se tu avessi maggiore giudizio, non soffriresti così...anzi potrebbe essere molto piacevole.-

Per tutta risposta, morsi con forza il suo grasso collo, per scacciarlo.

-Stupida donna!- strillò questi e, con la mano, mi diede un violento manrovescio che mi fece perdere l'equilibrio e cadere nei pressi del focolare. -Ti faccio vedere io come ci si deve comportare con un nobile del mio rango, piccola strega!- ringhiò.

Il duca era furibondo e, senza pensarci due volte, mi afferrò per le gambe, per impedirmi di strisciare via.

Ne seguì quindi una nuova colluttazione...e mi domando ancora adesso come accadde ciò che avvenne dopo. Nella caduta, ero riuscita a prendere dal camino poco distante, un ferro che serviva ad attizzare il fuoco. De Guiche, però, non vi prestò attenzione, troppo concentrato a mettere a nudo il mio corpo e ostacolato dalla gonna per vedere le mie mani.

Avevo un'immensa paura...e fu proprio allora che mi venne in mente il viso di Nicole, di Jeanne e di Charlotte. Il pensiero di quest'ultima mi diede la forza necessaria per reagire. Con rabbia e disperazione, colpii alla testa il duca con l'attizzatoio.

Questi mi cadde addosso, tramortito.

 

 

Impiegai alcuni istanti prima di rendermi conto dell'accaduto.

Non avevo mai attaccato una persona in quella maniera e, sebbene non avessi mai avuto pensieri del genere, non provo tuttora nessun rimorso nell'aver compiuto una simile azione. Nessuno, in fondo, aveva mai garantito per la mia virtù e, in quanto donna, nemmeno Nicole avrebbe mai potuto molto per difendere la mia reputazione.

Con uno sforzo non da poco, mi allontanai da quel peso molesto e, una volta in piedi, mi presi qualche momento per riflettere. Avevo avuto una considerevole fortuna, lo ammetto tuttora: il duca, durante il banchetto, aveva bevuto molto vino e questo lo aveva indubbiamente alleggerito di molte remore e fiaccato i riflessi...come spesso vedevo fare dagli sfaccendati che uscivano dalla locanda del quartiere dove avevo vissuto, una volta alzato il gomito.

La situazione in cui mi trovavo in quel momento, tuttavia, non aveva precedenti.

Avevo quasi ucciso quel nobile vizioso...il cuore mi batteva fortissimo in petto e, per un attimo, venni presa dal panico.

E se fosse morto?

E se io fossi stata scoperta?

Non sapevo davvero cosa fare...e potrete ben comprendere il mio sollievo, quando sentii il respiro, gonfio di vino, di quel vecchio.

La mia tranquillità, comunque, durò poco.

Era ormai chiaro che non potevo rimanere lì e dovevo approfittare dello stato di quell'uomo per scappare. Con una freddezza che credevo di non possedere, afferrai i canapé della tenda e legai saldamente le braccia e le gambe di De Guiche. In seguito mi premurai di imbavagliarlo, in modo da guadagnare il tempo per fuggire.

Lui non si mosse mai, non so se stordito dall'alcol o dalla botta in testa.

Una volta fatto, mi allontanai, per guardarlo un momento...e ancora una volta, la rabbia tornò a lambire la ragione. Cosa sarebbe successo se, al suo posto, ci fosse stata una bambina come Charlotte? Cosa avevano provato le cameriere che, malauguratamente, avevano acceso il suo interesse?

Scossi il capo, nel tentativo di ragionare.

Devi scappare, Rosalie! continuavo a ripetermi Non ti è bastato aver provato ad ammazzarlo?

La risposta, però, era sempre la stessa: no.

Non era sufficiente.

Con passo deciso, raggiunsi la secretaire e, dopo aver preso un coltello, usato per aprire le lettere, mi avvicinai di nuovo a lui. Lo guardai a lungo, prima di cominciare a tagliare...ed il coltello affondò, come se fosse burro.

De Guiche non si accorse di niente.

 

Allora, premetto una cosa.

Questo è il terzultimo o il penultimo capitolo della storia. Avrei voluto finire ora ma veniva troppo lunga la cosa ed io non volevo mettere troppa carne al fuoco. Mi avete chiesto perché Rosalie non scappa subito...ed ora avete metà della risposta. Il resto verrà fuori nel prossimo capitolo. Vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno letto. Qui, la protagonista prende congedo dal duca...nel prossimo, ci sarà invece quello con la contessa. Vorrei dire tante cose, soprattutto nel finale ma, francamente, rovinerei la sorpresa. La forma non è che mi soddisfi molto ma non sono molto ferrata nelle scene d'azione per cui...

Vi consiglio, comunque di non smettere di leggere...almeno fino al prossimo capitolo, dove forse metterò la parola FINE.

Vorrei comunque ringraziare le magnifiche 4 che hanno messo la storia nelle preferite e le 7 che hanno messo la fic nelle seguite. Ringrazio inoltre tutte le coraggiose lettrici che hanno avuto il fegato di commentare la mia fatica. Siete davvero molto gentili.

A presto!

cicina

   
 
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