Sono piuttosto
lanciata nella stesura degli ultimi capitoli di
questa fic. Vorrei almeno terminarla. Il precedente capitolo
è stato anche
questo piuttosto difficile da fare. Ora vi lascio a questa nuova
lettura. Una scena è liberamente ispirata ad una long fic presente nella sezione. Non ricordo il titolo ma se qualcuno me lo ricorda le sarò grata, così da poter ringraziare a dovere l'autrice.
UN PREZZO TROPPO ALTO
UN LEGAME TROPPO
PESANTE
Il giorno del
funerale della piccola
Adeline, il cielo era grigio ed una lieve pioggerella cadeva, rendendo
tutto
freddo e viscido.
La bara venne
condotta in una chiesa
poco distante dalla dimora in cui era avvenuto il trapasso della
giovane sposa;
terminata la messa, sarebbe stata trasportata nella tomba di famiglia
del
marito, disposta accanto a quella delle due mogli che l'avevano
preceduta.
Indossai l'abito che avevo acquistato e, senza l'aiuto di nessuno,
acconciai la
mia chioma con una crocchia spartana.
Quando scesi, la
contessa mi
guardò con aria di rimprovero, Non sembrava
apprezzare la mia semplicità, a suo avviso eccessiva, ma non
disse niente
perché le esequie avevano la priorità quel
giorno.
Andò a
confortare la cugina ed il vedovo
novello mentre io venni lasciata al duca.
Non mi piaceva essere
in sua compagnia.
Era vecchio ed aveva
lo sguardo malevolo.
-Povero marchese-
sentenziò questi, con
tono sardonico- era appena riuscito ad avere una figlia e
già è rimasto
vedovo.-
Mi voltai di scatto.
-Mi hanno detto che
la moglie ha
sofferto molto.- risposi, guardandolo seria -Come potete dire una cosa
del
genere?-
De Guiche sorrise.
-Dico solo che la
marchesina non ha
fatto quello che doveva. Lui le ha dato tutto e non è stata
capace di dargli
nemmeno un maschietto...a quel punto, tanto valeva che crepassero tutte
e due.
Lei ha avuto ciò che voleva...che beffa per il marchese.-
continuò, con un
sorriso cattivo in volto.
Tuttora, ripensando
all'accaduto, mi
vengono i brividi. L'espressione di quel tipo mi ricordava il nobile
che aveva
ammazzato senza pietà quel bambino. Il disgusto che provai
fu tale che, per
tutto il periodo che rimasi in chiesa non proferii parola.
La contessa, qualche
volta, si voltava
verso di noi, sorridendo con soddisfazione ma io, presa dal dolore che
quella
condizione mi imponeva, non ebbi il coraggio di rispondere.
Sapere di dover
rimanere lì, sia pure
per un tempo limitato, era sempre più difficile da
sopportate.
Poco dopo, quando il
funerale ebbe la
sua conclusione, ci recammo in corteo al cimitero, un fiume umano di
una certa
lunghezza che, una volta giunto al camposanto, si addensò
all'ingresso. Nessuno
conosceva la defunta ma il lignaggio del marchese e la
necessità di apparire
come gente timorata di Dio, aveva reso la chiesa più
affollata del solito,
rendendo l'uscita molto confusionaria e convulsa.
A causa della ressa,
rimasi indietro e,
per farla breve, mi persi.
Passeggiare per
quelle tombe mi dava una
strana sensazione di deja-vu.
Mi ricordava il
fazzoletto di terra dove
era sepolta Nicole.
Guardai da ogni
parte, come se potesse
esserci la tomba della mia madre adottiva. Non c'era nessuno intorno a
me e,
volendo, avrei potuto andarmene. Dubitavo però di riuscire
nel mio intento
perché essendoci una sola entrata, non sarei certamente
passata inosservata.
Fu allora che
l'attenzione cadde su una
donna vestita di marrone che gironzolava, apparentemente a casaccio,
tra le
lapidi. Impossibile non notarla, dal momento che, non era molto comune
vedere
una persona del suo sesso, così ben vestita, girare da sola
all'aperto.
La riconobbi in un
attimo.
Era mia zia.
-Rosalie-
mormorò affettuosamente, non
appena si avvide della mia presenza- cosa ci fate qui?-
Mi avvicinai.
-Oggi è il
giorno di Adeline- dissi
solamente.
Isabelle
sospirò.
-Povera fanciulla-
commentò, prima di
guardarmi- ho saputo che ha avuto una gravidanza molto difficile...ma
credo che
non sia questo il motivo per cui siete così triste, non
è vero?-
Chiusi gli occhi.
-E così-
confessai- la contessa vuole
darmi in sposa al duca De Guiche, lo stesso uomo a cui era destinata
sua figlia
Charlotte.-
La donna si morse il
labbro.
Il viso si
increspò in una smorfia
disgustata. -Quella femmina non ha alcuna dignità- fece- io
l'ho sempre detto.
Comunque, è cresciuta in questo modo e non si può
fare niente per questo. -
-Avete ragione-
risposi, abbattuta.
Isabelle scosse il
capo.
-Voi però-
disse, fissandomi attenta-
perché siete ancora qui? Avete saputo tutto quello che c'era
da sapere...cosa
aspettate ad andare via?-
A quelle parole, non
seppi cosa dire.
Il ricatto a cui ero
sottoposta non
sussisteva più...eppure, qualcosa mi tratteneva ancora a
quella donna che non
potevo amare. Istintivamente mi coprii il viso, presa da un moto di
vergogna
che non comprendevo.
- N- non lo
so...-balbettai, preda di
uno stato d'animo che non riuscivo a definire.
Isabelle mi mise una
mano sulla spalla.
- A prescindere dai
fatti, ovvero che
ella vi ha dato al mondo, le scelte sulla vostra vita, su
ciò che siete e che
sarete, non dipendono più da lei. Jolande ha imparato a fare
la moglie e ha
condotto la sua vita seguendo dei valori che hanno innalzato i
Polignac, cose
in cui lei crede, alla luce del rendimento finale...quello che ha
ricevuto è
diretta conseguenza di una parte delle scelte che ha desiderato. -
disse - Come
ogni genitore nobile, ritiene che, avendovi dato la vita, sia nella
condizione
di usarvi a suo piacimento, decretando il vostro destino...con esiti
alternanti, come avete visto dalla sorte di Charlotte e Adeline. Quello
che
dovete chiedervi è: fino a che punto siete disposta ad
accettare di pagare il
pegno di sangue che quella donna esige da voi?-
Quelle parole
rimasero nella mia mente
per molto tempo, anche quando tornammo nella dimora del marchese. Le
carrozze
per ripartire erano già sulla soglia: non era infatti
previsto che
soggiornassimo ancora in quella casa. La contessa rimase insieme alla
cugina per
darle un qualche sostegno morale, mentre il duca tentava di consolare
il
marchese, più seccato che dolente, per aver avuto almeno una
figlia.
Io li fissai in
disparte, palesemente a
disagio in quel contesto che mi straziava ed era estraneo al tempo
stesso.
Il mio turbamento non
passò inosservato
alla Polignac.
-Mia cara- disse
dolcemente.
Stavo per salire
nella carrozza, insieme
al duca.
Lei si
avvicinò e, dopo essersi
scambiata qualche battuta con quella persona, mi invitò a
salire sul suo mezzo
per parlarmi in privato. Rimasi molto stupita da quel gesto,
assolutamente non
da lei.
-Vedo che siete molto
triste per la
povera Adeline- disse dispiaciuta.
Chinai il capo e, per
una volta, mi
concessi di essere parzialmente sincera.
-Era così
giovane- mormorai mesta- si
può morire in questo modo, per dare la vita?-
La contessa distolse
lo sguardo.
-Questo è
il rischio che una donna può
correre. Non per un colpo di pistola o spada ma...in fondo, che
differenza fa?-
disse laconica.
Mi voltai di scatto.
Quell'aria vissuta,
piena di cinismo e
disincanto, mi era quasi nuova...forse a causa della mancanza di
cattiveria che
di solito mi rivolgeva. Ne rimasi disorientata...per la seconda volta
in quel
giorno tanto strano. -Un matrimonio porta benessere alla propria stirpe
e alla
persona stessa, dandole privilegi che prima magari non poteva
permettersi. La
mia povera Charlotte aveva la mente troppo leggera e non ha mai
compreso i
sacrifici che io facevo per lei, prima di giungere a Versailles. Non ha
mai
compreso il dolore di essere trattata come la parente povera, di dover
elemosinare ogni cosa per sembrare ricca e potente, sapendo di poter
essere
pugnalata alle spalle in qualsiasi momento. L'avere un titolo non ha
mai
garantito un benessere corrispondente...ed io ho commesso con lei lo
stesso
errore che mia madre fece con me.- disse, malinconica.
Inarcai la fronte.
-Cosa vi prende?-
domandai.
L'alone di nostalgia
si inquietò
leggermente. -Nulla. Volevo solo porvi la mia benedizione e
consigliarvi di
smettere di credere che ci sia da qualche parte qualcuno di bello, con
mille
virtù...gli uomini non possono amare. Non è una
cosa necessaria. Possono però
venerarvi e questa è la massima felicità per una
donna.- disse, prima di
congedarmi sbrigativamente.
Non le dissi nulla
né, tantomeno, mi
inchinai come prevedeva l'etichetta.
Lasciai quella casa,
senza voltarmi
indietro...sulla carrozza del marchese.
Il palazzo dei De
Guiche era piuttosto
antico e risaliva ai tempi della Fronda. Il duca aveva progettato di
fare una
festa per darmi il benvenuto. La Polignac non vi partecipò
e, con la scusa di
un mal di testa, mi lasciò da sola in quella dimora,
completamente in balia del
duca.
Prima di congedarsi
completamente da me,
mi aveva fatto dono di un abito, comprato, a detta sua, dal marchese in
persona.
Si trattava di un
vestito con una
scollatura generosa, scuro e a tratti volgare.
Non mi piaceva...ma
non era la sola cosa
che non apprezzavo di quel posto. Tutti gli invitati non facevano altro
che
soppesare le mie forme, congratulandosi con il duca per aver convinto
la
contessa a cedermi a lui e per la mia bellezza.
Battute volgari e
chiacchiere di velata
sufficienza che io ascoltavo in silenzio, forzandomi a mangiare e a
mantenere
il massimo autocontrollo. Dovevo essere forte, dovevo mantenere i nervi
saldi.
La Polignac, con quella mossa improvvisa, mi aveva impedito di fuggire
come
invece desideravo fare...ed ora dovevo pensare al modo per uscire da
quella
situazione tanto detestabile.
Non ricordo molto
delle loro chiacchiere.
L'unica cosa che so
è che, al termine
della serata ero molto stanca... stanca e arrabbiata.
Camminavo lungo i
corridoi, diretta alla
mia camera.
Non vedevo l'ora di
tornare dentro e
mettermi al caldo.
Gli amici del duca
erano assolutamente
disgustosi...e più ripensavo ai loro velati riferimenti al
mio corpo, più la
rabbia cresceva. Come era possibile sostenere un simile livello di
maleducazione? Con violenza, spalancai la porta della mia camera e,
senza
curarmi di chiuderla, fissai rabbiosamente il vestito che ancora
indossavo.
Non mi piaceva per
nulla.
Mi faceva sentire una
donna di
malaffare...e così, malgrado la preziosità della
stoffa, cominciai a strapparlo
a brandelli. Non riuscivo a tollerare più quella stoffa,
così sporca a mio
parere, a diretto contatto con il mio corpo. Ero talmente presa dalla
mia occupazione
da non badare a nulla...e fu per questo che non potei che sussultare,
quando
sentii lo scatto della serratura.
Mi voltai.
Il duca De Guiche era
entrato nella
stanza e, non visto, aveva chiuso la porta a chiave.
-Che cosa ci fate voi
qui?- domandai,
tentando di frenare l'ansia.
Lo vidi avanzare, con
un sorriso che
ricordava vagamente quello del nobile che mi aveva scambiato per una
prostituta
nel vicolo, poco distante dalla mia casa...e, come allora, non mi
piaceva per nulla.
Istintivamente
arretrai.
-Mademoiselle- fece,
fissandomi in modo
quasi ferino- sono davvero stupito dai vostri modi. Davvero...non
riesco a
capire il motivo di una simile agitazione. Siete, a conti fatti, la mia
fidanzata e diventerete mia moglie...non avete motivo di aver paura di
me.-
Indietreggiai di
nuovo.
-State lontano da
me!-esclamai.
Per tutta risposta
questi rise.
-Davvero, non posso
che apprezzare la
strenua difesa della vostra virtù...-lasciò
cadere, facendo segno di tornare
sui suoi passi.
-Ciò
nonostante, questa premura è del
tutto inutile con me- concluse...e me lo ritrovai addosso, con una
mossa così
fulminea che non ebbi nemmeno il tempo di razionalizzare. Nemmeno ora
mi riesce
farlo, forse perché quel momento è
così doloroso da spingermi a dimenticarlo,
con mezzi più o meno consapevoli.
Posso comunque
affermare che ero
estremamente lucida in quel momento. Abituata ad avere sotto gli occhi
scene
del genere, mi dibattei con tutta la forza che avevo, serrando le gambe
e
facendo il possibile per spingere via quell'individuo.
Questa resistenza da
parte mia,
comunque, sembrò piacere al duca.
-Me lo aveva
detto...la contessa...che
voi siete una gatta selvatica...-ansimò, nel tentativo di
avere maggior accesso
al mio corpo- ma sarà ancora più
divertente...mettervi sotto!-
Con una mossa
improvvisa, per allentare
la mia resistenza presumo, mi afferrò per le spalle,
mandandomi a sbattere
contro la parete. Il colpo fu piuttosto forte, tanto che non potei non
emettere
un lamento.
-Lo senti?- mi
alitò nell'orecchio De
Guiche-Se tu avessi maggiore giudizio, non soffriresti
così...anzi potrebbe
essere molto piacevole.-
Per tutta risposta,
morsi con forza il
suo grasso collo, per scacciarlo.
-Stupida donna!-
strillò questi e, con
la mano, mi diede un violento manrovescio che mi fece perdere
l'equilibrio e
cadere nei pressi del focolare. -Ti faccio vedere io come ci si deve
comportare
con un nobile del mio rango, piccola strega!- ringhiò.
Il duca era furibondo
e, senza pensarci
due volte, mi afferrò per le gambe, per impedirmi di
strisciare via.
Ne seguì
quindi una nuova colluttazione...e
mi domando ancora adesso come accadde ciò che avvenne dopo.
Nella caduta, ero
riuscita a prendere dal camino poco distante, un ferro che serviva ad
attizzare
il fuoco. De Guiche, però, non vi prestò
attenzione, troppo concentrato a
mettere a nudo il mio corpo e ostacolato dalla gonna per vedere le mie
mani.
Avevo un'immensa
paura...e fu proprio
allora che mi venne in mente il viso di Nicole, di Jeanne e di
Charlotte. Il
pensiero di quest'ultima mi diede la forza necessaria per reagire. Con
rabbia e
disperazione, colpii alla testa il duca con l'attizzatoio.
Questi mi cadde
addosso, tramortito.
Impiegai alcuni
istanti prima di
rendermi conto dell'accaduto.
Non avevo mai
attaccato una persona in
quella maniera e, sebbene non avessi mai avuto pensieri del genere, non
provo
tuttora nessun rimorso nell'aver compiuto una simile azione. Nessuno,
in fondo,
aveva mai garantito per la mia virtù e, in quanto donna,
nemmeno Nicole avrebbe
mai potuto molto per difendere la mia reputazione.
Con uno sforzo non da
poco, mi
allontanai da quel peso molesto e, una volta in piedi, mi presi qualche
momento
per riflettere. Avevo avuto una considerevole fortuna, lo ammetto
tuttora: il
duca, durante il banchetto, aveva bevuto molto vino e questo lo aveva
indubbiamente alleggerito di molte remore e fiaccato i riflessi...come
spesso
vedevo fare dagli sfaccendati che uscivano dalla locanda del quartiere
dove
avevo vissuto, una volta alzato il gomito.
La situazione in cui
mi trovavo in quel
momento, tuttavia, non aveva precedenti.
Avevo quasi ucciso
quel nobile
vizioso...il cuore mi batteva fortissimo in petto e, per un attimo,
venni presa
dal panico.
E se fosse morto?
E se io fossi stata
scoperta?
Non sapevo davvero
cosa fare...e potrete
ben comprendere il mio sollievo, quando sentii il respiro, gonfio di
vino, di
quel vecchio.
La mia
tranquillità, comunque, durò
poco.
Era ormai chiaro che
non potevo rimanere
lì e dovevo approfittare dello stato di quell'uomo per
scappare. Con una
freddezza che credevo di non possedere, afferrai i canapé
della tenda e legai
saldamente le braccia e le gambe di De Guiche. In seguito mi premurai
di
imbavagliarlo, in modo da guadagnare il tempo per fuggire.
Lui non si mosse mai,
non so se stordito
dall'alcol o dalla botta in testa.
Una volta fatto, mi
allontanai, per
guardarlo un momento...e ancora una volta, la rabbia tornò a
lambire la
ragione. Cosa sarebbe successo se, al suo posto, ci fosse stata una
bambina
come Charlotte? Cosa avevano provato le cameriere che,
malauguratamente,
avevano acceso il suo interesse?
Scossi il capo, nel
tentativo di
ragionare.
Devi
scappare, Rosalie! continuavo a
ripetermi Non ti è bastato aver
provato ad ammazzarlo?
La risposta,
però, era sempre la stessa:
no.
Non era sufficiente.
Con passo deciso,
raggiunsi la
secretaire e, dopo aver preso un coltello, usato per aprire le lettere,
mi
avvicinai di nuovo a lui. Lo guardai a lungo, prima di cominciare a
tagliare...ed il coltello affondò, come se fosse burro.
De Guiche non si
accorse di niente.
Allora, premetto una
cosa.
Questo è
il terzultimo o il penultimo capitolo della storia. Avrei
voluto finire ora ma veniva troppo lunga la cosa ed io non volevo
mettere
troppa carne al fuoco. Mi avete chiesto perché Rosalie non
scappa subito...ed
ora avete metà della risposta. Il resto verrà
fuori nel prossimo capitolo.
Vorrei ringraziare tutti coloro che mi hanno letto. Qui, la
protagonista prende
congedo dal duca...nel prossimo, ci sarà invece quello con
la contessa. Vorrei
dire tante cose, soprattutto nel finale ma, francamente, rovinerei la
sorpresa.
La forma non è che mi soddisfi molto ma non sono molto
ferrata nelle scene
d'azione per cui...
Vi consiglio,
comunque di non smettere di leggere...almeno fino al
prossimo capitolo, dove forse metterò la parola FINE.
Vorrei comunque
ringraziare le magnifiche 4 che hanno messo la
storia nelle preferite e le 7 che hanno messo la fic nelle seguite.
Ringrazio
inoltre tutte le coraggiose lettrici che hanno avuto il fegato di
commentare la
mia fatica. Siete davvero molto gentili.
A presto!
cicina