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Autore: Will Turner    27/11/2012    1 recensioni
Cosa succede quando una ragazza scopre la verità che rischia di distruggere la storia d'amore attesa da una vita? Da quando ha incontrato Max, Faith ha imparato a sognare: il suo tormentato passato sembra ormai superato per sempre, ma un tremendo segreto incombe su di lei senza lasciarle alcuna possibilità di fuga e mettendole davanti la scelta più difficile. Un racconto d'amore fatto di romanticismo, passioni, tormenti e lacrime che riuscirà a strappare anche qualche risata.
Aggiornamento periodico mensile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                 Le Ragioni Del Cuore
51. U  N ANNO DOPO

   Dopo un tranquillo volo di quasi cinque ore, l'aereo di Faith atterrò a New York City nel bel mezzo di una tempesta di neve. Le previsioni meteorologiche, una volta tanto, ci avevano azzeccato, ma fortunatamente la bufera si era scatenata soltanto negli ultimi dieci minuti, proprio durante la fase finale delle manovre d'atterraggio.
  Una volta scesa dall'aereo, la ragazza afferrò il suo bagaglio, uscì dall'aeroporto e si fece accompagnare da un taxi all'hotel in cui aveva prenotato, il Casablanca, situato proprio nei pressi di Times Square. Non era affatto stanca, ma non poteva uscire anche solo per fare una passeggiata e godersi l'atmosfera natalizia, poiché l'abbondante nevicata sembrava non dare tregua alla città.
    Si accontentò di socchiudere la finestra per alcuni istanti e osservare incantata quel cumulo di ferro, acciaio e vetro che si ergeva davanti a lei in migliaia di abitazioni, palazzi societari e grattacieli infiniti, ricoprirsi in modo uniforme di un candido velo bianco. Era sempre una magia sorprendersi davanti a New York sotto la neve di dicembre. I fiocchi si materializzavano dal grigiore del cielo per poi posarsi disordinatamente su qualsiasi superficie piatta, mentre lunghe catene di luci colorate ammiccavano riflettendosi nelle vetrine e nelle pozzanghere lungo la strada. Ogni rumore risultava ovattato, e ci si sentiva al caldo e al sicuro nell'ammirare quello spettacolo stando dietro una finestra.
    “Ecco un buon motivo per tornare a New York”, realizzò Faith.
   Dopo aver telefonato a Jason per dirgli che tutto era filato liscio, accese la televisione e si sdraiò sul letto. L'ora di punta si stava avvicinando, e il brontolio allo stomaco le ricordò che non aveva mangiato nulla prima di partire, quindi decise di farsi portare qualcosa in camera.
Il menù del giorno, accuratamente scritto su un foglio adagiato sul comodino, prevedeva pollo in insalata, patate al forno e macedonia di frutta tropicale con mandorle. Al solo pensiero, l'appetito di Faith aumentò considerevolmente.
    Afferrò la cornetta e ordinò il pranzo con l'aggiunta di una bottiglia di succo di mirtillo e un po' di the caldo. Il cameriere le garantì la consegna entro un quarto d'ora, e Faith sentì salirle l'acquolina in bocca.
   Per distrarsi durante l'attesa, provò a concentrarsi sul dibattito politico trasmesso dalla NBC Channel, incentrato per l'ennesima volta sullo scandalo del sexgate che aveva coinvolto Bill Clinton.
   Da quando nell'estate precedente la rivelazione di una sua relazione con la stagista aveva provocato un vero e proprio scandalo, il Presidente si era rifiutato costantemente di ammettere la verità, e il suo comportamento era stato utilizzato dai suoi avversari politici per ottenere la procedura di impeachment, con le accuse di falsa dichiarazione giurata e di intralcio alla giustizia.
Riuscito ad evitare le dimissioni grazie al giudizio del Senato, Clinton aveva proseguito nella sua amministrazione, e le maggiori testate giornalistiche del momento avevano annunciato che gli Stati Uniti erano pronti per un nuovo e massiccio intervento militare in Iraq.
Non che Faith fosse molto interessata alla politica, ma aveva idee ben precise su argomenti come la guerra in Iraq, appunto, l'imminente riforma sanitaria proposta dalla first lady, o la promozione di leggi concernenti l'adozione e l'immigrazione.
   Fortunatamente, le Nazioni Unite si stavano impegnando a far desistere il Presidente dall'inviare ulteriori truppe in quella che pareva essere una guerra non solo senza fine, ma priva ormai di ogni senso logico, che aveva come scopo un continuo ed inutile spargimento di sangue. Il mondo non poteva e non doveva più accettare la perdita di ragazzi così giovani che andavano incontro alla morte soltanto per tenere alto l'onore dell'America.
    La diretta televisiva mandò uno stacco pubblicitario e la ragazza passò in rassegna diversi canali prima di capitare su una replica di FRIENDS, dove si soffermò distrattamente per qualche minuto.
    Senza alcun collegamento, il pensiero corse a qualche sera prima, quando Jason le aveva regalato l'anello di fidanzamento.
  Il ragazzo l'aveva invitata fuori a cena con l'espediente dell'imminente promozione professionale di Faith, e aveva organizzato una serata davvero speciale e carica di romanticismo.     Al momento del dolce, le aveva fatto la proposta, e per poco lei non era svenuta per lo stupore. Non aveva raccontato nulla di quella serata nemmeno a Holly per timore di una sua reazione esageratamente negativa, e si era tenuta dentro tutte le sue emozioni. Nell'arco di pochi mesi quella era la seconda volta che un uomo la chiedeva in sposa.
    Inevitabilmente il pensiero si spostò su Max. Si volse verso l'orologio appeso alle sue spalle e constatò che ormai mancavano poche ore al suo arrivo da Londra. Un'inaspettata frenesia e il senso di vuoto allo stomaco che ormai conosceva bene la misero in agitazione, e rimase seduta sul letto per qualche minuto chiedendosi che cosa stesse facendo in una stanza d'albergo, a New York pochi giorni prima di Natale, e completamente sola. Sola e con tutti i pensieri concentrati sull'unica persona al mondo a cui non avrebbe dovuto pensare.
    Perchè non riusciva a toglierselo dalla testa? Perchè Holly e i suoi discorsi continuavano a tormentarla? Più si sforzava di non pensarci, e più i suoi mostri si facevano sentire urlando e sbattendo contro le porte del suo inconscio, disposti a tutto pur di uscire. Ci aveva riflettuto con maggiore frequenza man mano che il giorno del ballo si era avvicinato, ma senza riuscire a darsi pace. Questo conflitto interiore la demoralizzava, aumentando il senso di inadeguatezza nelle relazioni interpersonali, e lei aveva osservato i suoi problemi come se non fossero affatto stati di sua competenza. Ciò aveva funzionato nei primi tempi in cui, completamente presa dagli impegni di lavoro, continuava a rimandare il momento del confronto con la questione. Le perplessità intanto ristagnavano, bollendo in un calderone che pareva non avere fondo e pronto ad esplodere non appena lei avesse abbassato la guardia. I mostri stavano lì, e lei non solo non sapeva come farli uscire, ma non ci rifletteva nemmeno.
    L'aiuto di Holly poteva servire, ma fino ad un certo punto: il parere dell'amica era troppo soggettivo e di parte. Le occorreva qualcuno di imparziale che l'aiutasse a risolvere i suoi dubbi e le esplicasse tutto quel tormento interiore che persisteva a procrastinare.
    O forse sapeva già da cosa aveva origine e cosa avrebbe dovuto fare, ma ancora non se ne rendeva conto. L'unica cosa certa era che Max le aveva sconvolto la vita più di quanto avesse mai  immaginato.

    Approfittando di qualche fievole raggio di sole, dopo pranzo uscì per fare due passi. Faceva freddo, ma l'atmosfera della metropoli rapiva, affascinava, atterriva al punto da dimenticarsi delle temperature.
    Provò ad immaginare a come poteva essere la città in primavera, con i prati verdi di Central Park e i suoi alberi frondosi carichi di uccellini e di farfalle. Era chiaro e risaputo che New York cambiasse continuamente aspetto. Questo suo periodico rinnovarsi la rendeva un luogo unico ed inimitabile. La sua gente, i suoi palazzi, i suoi odori appartenevano esclusivamente a lei, in un'inspiegabile e bizzarra coesione di colori e tradizioni.
    Anche se c'era stata soltanto due volte, Faith notò immediatamente le differenze di stile, e si scoprì nuovamente più piccola.
    Los Angeles era una città molto meno caotica sotto certi aspetti, e non mostrava né possedeva quella vistosa sorta di incombenza e prepotenza che vestiva New York di orgoglio e di fascino.
    Le bandiere adorne di stelle esposte in ogni angolo riempivano l'aria di un insuperabile senso di patriottismo e di appartenenza ad una grande famiglia, sottolineando un punto saldo e intramontabile della politica americana.  
   Lungo la strada decine di uomini abbigliati da Babbo Natale suonavano i campanacci per attirare  le persone all'interno di negozi, grandi magazzini o semplicemente per chiedere un'offerta in favore dei bambini bisognosi.
    La città semi-paralizzata dalla neve era un groviglio disordinato di persone che si affrettavano senza guardarsi in faccia, ognuna persa nei propri pensieri, nei propri progetti. Ognuna ansiosa di arrivare il più presto possibile alla meta predestinata.
   Faith si sentiva sollevata: non aveva alcuna fretta, i regali di Natale erano già incartati, i biglietti di auguri già spediti. Stava entrando in un locale pregustando con la mente una bella tazza di cioccolata fumante quando udì il suono che l'avvisava dell'arrivo di un SMS sul suo cellulare: Max la informava che era atterrato da poco e la aggiornava circa l'orario in cui avrebbero dovuto incontrarsi all'Astor Palace.
   Faith avvertì di nuovo montare l'agitazione e si obbligò a rimanere calma. Le restavano più o meno cinque ore prima della cena, così, dopo aver ordinato la cioccolata, programmò velocemente i suoi prossimi movimenti. Non che avesse avuto tanto da fare, ma teneva particolarmente ad organizzare ogni cosa nel minimo dettaglio. Le infondeva una sensazione di ordine e di sicurezza, oltre che farla sentire a proprio agio e non completamente in preda agli eventi.

    Snow Patrol “New York”
    http://www.youtube.com/watch?v=Ytlz0rWantI
  
    Uscendo dal Kennedy, Max fu investito da una valanga interminabile di ricordi che si stampò con violenza davanti ai suoi occhi e che non riuscì a togliersi di dosso in alcun modo. C'era qualcosa di arcano in quella città coperta di bianco che gli riaprì all'improvviso una porta spazio-temporale sul passato senza dargli modo di fuggire lontano da un flusso di memorie che avrebbe tanto preferito evitare. Camminando perplesso lungo il marciapiede, si fermò davanti ad una vetrata resa umida dal freddo, e impiegò parecchi istanti a riconoscersi nell'uomo riflesso.
    Era passato un anno dall'ultima volta che era stato a New York, e si ritrovò inconsciamente a fare un bilancio degli ultimi dodici mesi. Il tempo pareva gli fosse scivolato di mano, talmente tanti e strani erano stati gli avvenimenti che avevano stravolto la sua intera esistenza. Ciò che credeva vero si era rivelato non esserlo, e faticava tuttora a comprendere gli eventi incredibili che avevano caratterizzato quell'anno. Desiderò tornare indietro nel tempo, rifare ogni cosa, forse meglio, rimediare ai suoi errori, recuperare i giorni persi con quella che avrebbe dovuto essere la sua anima gemella. Era buffo pensare a come occorresse il Natale per far riflettere le persone su ciò che avevano perduto, o su ciò che si erano obbligati a lasciarsi alle spalle, convinti ciecamente che sarebbe stato tutto uno sbaglio seguire i propri sentimenti. Perchè sono i sentimenti l'unica forza in grado di cambiare il mondo, ma in pochi ci credono, o peggio ancora, in pochi lo sanno.
    Ogni fine anno, quasi per ripulire il mondo dalla cattiveria, dall'egoismo e dalla sfiducia, l'idea dell'arrivo di un periodo di quiete rendeva tutti più propensi a fare un esame di coscienza, a ripensare a ciò che si era sbagliato nei mesi precedenti, a tentare di porvi rimedio, in un modo o nell'altro. A chiedere scusa per i torti e i dolori causati, e a possedere la forza di perdonare. Chi riusciva nell'indulgenza, nonostante le ferite del cuore, ne usciva vincitore e poteva affermare di sentirsi più sollevato e in pace con la propria anima. Era però necessario che fosse un dovere bilaterale, o non avrebbe avuto alcun senso.
    Nessuno doveva essere infelice a Natale, eppure Max aveva un profondo buco nel cuore che desiderava soltanto essere riempito di affetto dalla persona che amava, e che lui aveva scioccamente lasciato andare, accecato dalla rabbia e dall'orgoglio. Soltanto alcuni mesi dopo era riuscito a realizzare quanto aveva perso. Erano rare le volte in cui, durante la vita, capitava la fortuna di incontrare persone davvero straordinarie, autentiche e in grado di valorizzare i difetti trasformandoli in virtù. Persone capaci di riempire le giornate degli altri con un semplice gesto, una parola gentile, un'emozione vera, in sorriso o una lacrima di affetto, e che entravano nel cuore in punta di piedi. E lui se l'era lasciata scappare.
    Quante probabilità aveva di trovare un'altra ragazza come lei con i tempi che correvano?
   L'uomo che stava osservando riflesso non era altro che una versione afflitta di se, quasi un affronto alle allegre luci che decoravano l'ambiente circostante. Dagli occhi che perforavano quel vetro traspariva la tristezza per gli errori commessi, lasciati troppo a lungo in un angolo e senza rimedio; il viso aveva perso la sua naturale freschezza; la fronte corrugata e l'impronta di un sorriso che ora faticava a ricomparire gli conferivano un aspetto malinconico.
    Quasi per caso, si accorse di due giovani innamorati che si stavano abbracciando forte sotto la neve, vicino all'entrata dell'aeroporto. Lei in punta di piedi, lui con il viso affondato nella sua sciarpa di lana, sembravano le uniche persone in tutta la città. Rimasero così per un tempo che agli occhi dell'altra gente doveva sembrare infinito. C'era una magica sintonia in quell'abbraccio e, quando si separarono, Max vide che il ragazzo piangeva in silenzio, segno che la lontananza dalla sua fidanzata non sarebbe stata a breve termine, e una burrasca di emozioni gli si riversò nel petto.
    Una folata di aria gelida lo riattivò bruscamente provocandogli un brivido, e con rammarico realizzò di aver dimenticato la sciarpa sull'aereo. Il male minore.
    La ragazza aveva preso il suo aereo, il ragazzo, diventato una sagoma indistinta tra la folla, stava scomparendo, ma l'immagine dell'uomo nel vetro era mutata. Un debole, dolce sorriso iniziava a fare capolino sul suo viso.
    Era la consapevolezza che non tutto era perduto e che chiunque è autore del proprio destino.

  Attraverso la grande finestra decorata con il vischio e alcune palline in vetro soffiato, Faith guardava la gente passare con i regali sottobraccio. La cioccolata e le musiche di Natale in sottofondo erano riuscita a metterla di buon umore e calmarla, così si rivestì e si ributtò tra la gente con lo spirito rinnovato.
    Passando a Times Square notò che gli operai si stavano dando da fare per rendere memorabile ancora una volta il Capodanno newyorchese, con la discesa della grande sfera luminosa dalla Times Tower, a mezzanotte del 31 dicembre, e l'esplosione di centinaia di fuochi artificiali.
  Migliaia di bigliettini con scritti i desideri e le preghiere dei cittadini americani sarebbero fluttuate nell'aria della notte come una pioggia di coriandoli colorati.
  Quelle di Bruce Springsteen, Celine Dion e Brian Adams erano solo alcune delle voci in programma per la serata più magica dell'anno, che avrebbe celebrato l'amore, la speranza, il perdono, e spalancato le porte al 1999.
  
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