Si dice che il fiore più bello dello Yorkshire sia il girasole.
Campi
interi, disseminati su alte colline verdi...ricoperte di un manto color
dell’oro.
Fiori che seguono il sole. Eretti, anche nel richiedere la loro
propria linfa vitale.
La luce.
E in fondo cos’erano gli esseri umani, se
non bambini che richiedono ad alta voce ciò di cui più hanno bisogno?
Era
giunto il 20 luglio.
Pochi giorni, dopo una notte che era parsa lunga una
vita intera.
Hermione Jane Hargrave si trovava nella casa materna. Ad
Hargrave Hall. La Magnifica.
I girasoli di suo nonno avevano continuato a
crescere...ed erano cresciuti alti, belli, pieni, rigogliosi.
Tutto aveva
continuato a crescere, sotto la cenere.
La nuova generazione stava mettendo
su ottime radici. Forti e robuste.
Quel giorno c’era un sole splendido.
Un cielo come la liscia superficie di un lapislazzulo.
Appena chiazzato
da soffici nuvole color panna. Grossi nembi che mettevano allegria, invece che
preannunciare pioggia.
Il vento le carezzò i capelli, sollevandosi a
ventaglio...lei si girò in quel momento verso il maniero, il bel maniero dai
tetti rossi e le pareti di intensi colori, vivi e brillanti. L’oro degli
Hargrave.
Superò con lo sguardo la galleria di giardini botanici, fontane e
statue che abbracciavano la tenuta a sinistra.
La serra in vetro e ferro
battuto. La mezzaluna, a pinnacolo, che sormontava la struttura, catturando i
raggi di sole di quel mattino iridescente.
Poi il parco, la fedele
ricostruzione edoardiana, che ne coglieva lo spirito, trasmettendone la fedele
espressione dello stile tramite il fiorire dei bucaneve, intrecciati fra di
loro.
E lì, in quell’isola solitaria e verdeggiante, le tombe degli
Hargrave.
Lì, vide Damon Michael Howthorne...in piedi. Accanto a due
tombe.
Una vecchia di otto anni. Quella di suo nonno.
E una appena eretta.
Alla memoria di qualcuno che non era mai nato.
Ma sarebbe rimasto nel suo
cuore per molto, molto tempo.
Sorrise, senza accorgersene, vedendo la regale
figura di suo marito, discordarsi dalla vegetazione come la statua di un dio del
nord. Alto, di nero vestito, i capelli incredibilmente biondi...e occhiali dalle
lenti rosse, che permettevano a Draco Lucius Malfoy di dare l’estremo saluto a
l’unico suo rimpianto.
Draco stava appoggiato a una stampella. Ovviamente un
bastone costoso e antico, a cui subito si era aggrappato con le unghie e coi
denti, non appena era riuscito a fuggire dal San Mungo, la notte prima.
Un
Malfoy non usava stampelle di plastica.
E un Malfoy, Draco Malfoy, non stava
a letto, quando avrebbe potuto dire addio a suo figlio ancora una volta.
E
questa volta per sempre.
Dei passi alle spalle della strega, la convinsero
che era arrivato qualcuno a porgerle una spalla.
Una carezza sulla schiena ed
Hermione poggiò la testa contro Ron Weasley, che le cinse il capo col braccio
bendato.
- Che fai qua?- le chiese, frizionandole gentilmente i ricci
soffici.
- Due passi.- mormorò, prendendogli la mano – Ti unici a me?-
Il
rossino annuì, sorridendole.
S’incamminarono per i viali alberati di
Hargrave Hall, godendo del tempo tiepido e mite.
Dapprima in silenzio,
Hermione non riusciva a staccare lo sguardo da nessuno di quei luoghi.
La
fontana circolare, situata nel punto d’incrocio degli assi principali dei
quattro giardini della villa. Il giardino a est, quello su cui camminavano loro,
studiato all’italiana, voluto dalla moglie di suo nonno, coperto di rampicanti,
lasciato come lei loro aveva abbandonato, morendo. Ma coperto di glicine.
Ed
Hermione amava il glicine. Tutto in quel fiore profumato le ricordava profondi
ricordi.
Torbidi sentimenti. Primi baci d’amore.
La terra nera delle
aiuole, in cui crescevano camelie bianche e rosa, magnolie stellate, digitali
purpuree, ogni razza di tulipano. Gigli, regali gigli. Rose. Che non mancavano
mai. Lillà. A ogni momento dell’anno.
Sua figlia amava quel
luogo.
Hermione aveva sempre ringraziato per questo.
Glory amava i fiori.
Questo la avvicinava a Liam Hargrave.
Aveva bisogno di unire i tasselli della
sua vita. Seppur con pretenziosa insistenza.
Tutto nella sua esistenza era
cambiato in fretta, con strappi violenti, a volte.
Battaglie, vittorie,
sconfitte miserabili, dolori, amori, gioie...perdite, lutti.
Tutto era in
mutamento.
Ma quel giardino non sarebbe mai cambiato.
- Il processo è alle
undici.- le disse Ron, all’improvviso.
Hermione annuì.
- Ci vieni?-
-
Certo. Harry?-
Weasley scosse il capo – Ha detto che stavolta resta a casa.
Crede di portare male. O così gli ha fatto credere tuo marito.- sollevò lo
sguardo chiaro al cielo, pieno di pazienza – Mi stupisco sempre dei ragionamenti
che riescono a mettersi su quei due. E il bello è che si convincono anche a
vicenda.-
- Privilegi degli invasati.- commentò la bella strega –
Efren?-
- Già al Ministero. E’ andato a litigare col Capo per un aumento di
paga.-
Sogghignarono insieme, poi stupendo la Grifoncina, Ron smise di colpo
di ridere.
Dalla sua espressione, sembrava non trovarci più nulla di
buffo.
Arcuando un sopracciglio, fece per chiedergli cos’avesse, ma lui la
precedette, levandosi una lettera dalla tasca interna della giacca che teneva
appoggiata alla spalla sana.
Lei gli prese la busta fra le mani.
Il
sigillo rosso portava il marchio ufficiale del Ministero, quello affidato a
Duncan Gillespie.
Scrutò Ron, preoccupata. Lui, a buon ragione, tacque.
Lo
strappo della carta, poi Hermione ne accolse un altro nella sua vita.
Le
iridi dorate di sgranarono.
Il cuore iniziò a batterle forte.
- Edward ha
dato le dimissioni ieri notte.- sussurrò Ron – Non sono più riuscito a parlarci.
So solo che quella è da parte sua, per te. E Duncan ha proibito a me e a Harry
di saperne di più. Quelle sono le loro spiegazioni per te.-
Leggeva rapida,
veloce.
Afferrò il braccio a Weasley, per sostenersi a lui.
- Ora dov’è?-
chiese, con voce strozzata.
- A Glasgow.- rispose il rossino, senza la minima
inflessione nella voce – Suo padre l’ha buttato fuori da Dalton Hardfort Manor.
Deve aver fatto qualcosa di tremendo perché George Dalton reagisse in questo
modo.-
La stava supplicando di dargli un motivo.
Una ragione valida.
-
Sono tenuta al silenzio.- Hermione accartocciò la lettera. Poi se la strinse al
petto.
La calligrafia regolare di Edward le stava dicendo
qualcosa.
Qualcosa che non poteva essere ignorato.
- Herm,- la voce di Ron
diventò quasi supplichevole – ieri notte ha chiesto il divorzio ad
Ophelia.-
No.
Lui non l’avrebbe mai fatto.
Sarebbe morto, piuttosto che
lasciare andare l’unica donna che avesse mai amato.
Questo le stava urlando
Ron. Eppure non capiva.
Il perché di quelle dimissioni.
Il perché del
divorzio.
Il perché...Edward Deverall Dalton avesse deciso di punto in bianco
di sfasciare la sua famiglia.
- Al San Mungo si sono sentite le urla di
Ophelia per tutta la notte.-
Troppo stremati per riprendere a camminare,
rimasero fermi. Immobili.
Le statue angeliche, che avevano sempre vegliato
con volto sereno sulla casa, ora a Hermione sembravano tristi.
O forse era
solo la sua immaginazione.
Serrò le palpebre, bruciò la lettera che aveva in
mano, per non lasciarne più traccia.
Nessuno deve sapere.
Avrebbe
accettato la volontà di Edward.
Si, l’avrebbe fatto. Perché lo capiva.
Fin
troppo bene.
Ma quel nuovo dolore le spezzò il fiato in gola.
La
schiena.
Il cuore.
Draco e Harry sarebbero stati furibondi.
Mai
l’avrebbero perdonato, una volta che lui...si fosse mostrato di nuovo.
Nella
sua nuova missione.
Col pensiero, volò ai fatti accaduti negli ultimi
giorni.
Una serie infinita di processi, mandati d’arresto. Accuse, false
testimonianze.
Il Wizengamot aveva lavorato giorno e notte. Non erano mai
stati spiccati tanti mandati d’arresto da più di sedici anni.
Metà dell’alta
società dei maghi era finita ad Azkaban.
Paul Brockway aveva terminato il suo
mandato, per finire dall’altra parte delle gabbie nel nero castello sull’acqua
dove tutti i Mangiamorte catturati sulla defunta Riddle House erano stati
rinchiusi.
Badomen era stato sottoposto al Bacio. Due giorni prima.
Una
sentenza sola. Unanime.
Stessa sorte, goduta anche da chi aveva pensato di
essere riuscito a sfuggire ai vigili occhi dei tre Fondatori dell’Ordine della
Fenice, che l’avevano catturato nei cunicoli di Casa Riddle, era stato in
compianto Segretario Donovan.
Catturato da Silente, nei tunnel, era stato
portato fuori dal trio come il peggiore dei reietti.
Come il primo fra i
traditori.
Peggior sorte, in termini di fama, non era toccata neanche a Craig
Badomen.
Il Ministro Dibble aveva presenziato a tutte le udienze.
E
sorpresa fra le sorprese, una decina di Consiglieri dell’Alta Corte dei Maghi
erano stati destituiti.
Con onori alla carriera...però con l’infamia di
essere stati messi a riposo.
Fra questi, Dolores Umbridge purtroppo l’aveva
scampata.
Restando ancorata a quella sedia, che forse non avrebbe mai
ceduto...se non morendo.
Altri, con gran sorpresa e con gran rabbia di Harry
Potter, erano riusciti a sfuggire alla prigione.
Fra questi pochi graziati,
con un che di incredibile, Zeus Levy.
E la moglie del defunto Cletus
Hurt.
Secondo i Legimaghi del Ministero, Zeus Levy erano stato messo sotto
Imperius da suo fratello minore, Eos Levy.
E quindi costretto a diventare
Mangiamorte.
Sorte identica alla moglie di Hurt. Entrambi i redenti,
avrebbero trascorso un periodo relativamente breve sotto il controllo del San
Mungo e dei Legimaghi. Ma entro un anno, sarebbero tornati in libertà.
La
reazione di tutti gli Auror che erano stati presenti alla battaglia era stata di
rabbia, sconcerto.
Frustrazione.
Altre energie perse per niente.
Perché
ancora una volta qualcuno l’aveva fatta franca.
Lucilla, venuta a saperlo,
non aveva accolto la notizia con lo sdegno degli altri compagni.
Per
esperienza, sapeva che tutti i nodi venivano al pettino. E, col suo raro ma
gelido ghigno sulle labbra, aveva commentato che nessuno smette di essere
Mangiamorte.
E prima o poi, ognuno di quelli che si erano salvati avrebbe
commesso un passo falso.
Magra consolazione, forse. Ma la saggezza accumulata
negli anni le aveva fatto vedere tutto in una diversa prospettiva.
La
felicità della Lancaster non era stata offuscata da nessuno dei recenti
accadimenti.
Per un semplice motivo.
Cedar House era diventata la casa di
Jess.
Lei e Tristan si erano trasferiti al centro di Mayfair. In una villetta
minuscola, in confronto alla loro vecchia casa. Però, quando suo marito le aveva
proposto di andare a “vivere insieme”, lei non ci aveva pensato su due
volte.
Mai avrebbe rifiutato.
E così, vivendo ora insieme come due
ragazzini, la povera Degona era rimasta senza alloggio.
A Mayfair, le era
stato gentilmente detto, per lei ci sarebbe stato poco posto.
Basita, ma
talmente grata al cielo che i suoi avessero almeno tentato di appianare le loro
divergenze, aveva fatto fagotto ed era diventata la felice proprietaria di un
appartamentino di fronte all’Associazione Hayes.
E non era l’unica parte in
causa a pagare l’affitto.
Aveva un coinquilino.
L’unico cruccio di
Degona, che in quei giorni toccava alti picchi di gioia da cui niente e nessuno
sarebbe riuscito a smuoverla, era il totale distacco creatasi fra sua madre...e
Caesar.
Zero assoluto. Contatti interrotti. Pacifico e noncurante
disinteresse.
E tanti saluti.
Se non altro Cameron in quel periodo aveva
un chiodo fisso e una missione da portare a termine per preoccuparsi del
dispiacere di aver perso la sua migliore amica. La missione di far innamorare di
sé sua moglie oltre ogni limite concepibile, come se Denise Loderdail avesse
bisogno d’incoraggiamenti in quel senso.
E poi, d’altra parte, Caesar aveva
anche un altro compito da portare a termine.
Presenziare al processo che si
sarebbe tenuto da lì a poche ore, al Ministero della Magia.
L’imputato?
Thomas Maximilian Riddle.
- Chi li paga i venti avvocati che ci sono
entrati in casa ieri?- bofonchiò Ron, inspirando forte per dimenticare ciò di
cui avevano parlato.
- Chi vuoi che li paghi.- Hermione fece una smorfia di
disgusto, ma cercò di trattenere la repulsione verso i coniugi Black. Erano pur
sempre i nonni di Draco. E i bisnonni di Glorya.
Ok, Jocelyn Black aveva
cercato di farla secca ma...ma c’era di peggio nella vita.
Perdere una guerra.
Perdere un amico.
Perdere
un figlio.
- Non credevo che l’avreste mai detto a Malfoy Senior.-
commentò il rossino, quando si voltarono di nuovo per tornare indietro.
Trovandosi così di fronte a uno spettacolo insolito. Per non
dire...inimmaginabile.
Jane Hargrave, Scott Granger, Lucius e Narcissa
Malfoy.
Tutti insieme, davanti alla tomba.
Sargas Liam
Malfoy.
Tutti a salutarlo.
E cosa ancora più toccante, una mano di
Lucius Malfoy stava poggiata sulla spalla del figlio.
Appena
percettibilmente. Forse Draco neanche sentiva il contatto del palmo contro di
sé...però...
Era un inizio.
Un bacio sulla tempia e Ron lasciò
l’amica.
- Ci vediamo in tribunale fra due ore.-
- Si, Ron.- gli sorrise,
passandosi velocemente le dita sotto gli occhi – A dopo.-
Si soffermò un
secondo a scrutarla, poi oltre le sue spalle – Muoviti, prima che a tuo marito
venga una crisi isterica quando suo padre proverà la nuova esaltante esperienza
di abbracciare il suo primogenito per la prima volta dopo quasi
trent’anni.-
Che acidità, pensò Hermione fra sé, riprendendo la sua
via.
Però aveva ragione Ron per una volta. A Draco sarebbe venuto un enfisema
senza neanche fumare quaranta sigarette al giorno, se Lucius avesse anche solo
alzato un dito in quella direzione.
Fortunatamente, arrivata a una decina di
metri, se ne andarono tutti.
Narcissa Malfoy le sorrise perfino.
Wow, il
mondo stava davvero per crollare come un castello di carte.
Restarono solo
Damon e Draco. Ma il biondo aveva i suoi occhiali rossi sul naso...e sebbene
facesse fatica, una fatica micidiale a tenersi in piedi senza tenere il palmo
della mano destra sul bastone, stava fabbricando l’ennesimo di una lunga serie
di uccellini di carta.
Origami.
Una marea di origami. Tanti uccellini
bianchi...che qualcuno faceva svolazzare sopra la tomba.
Una bella tomba di
marmo bianco, piatta, più piccola di quella di Liam Hargrave...su cui
troneggiava un angioletto sorridente, con espressione dolce, paffuta,
tenera.
Forse troppo, per uno come Sargas.
Il bimbo cacciò un gridolino di
gioia, quando sua madre li raggiunse.
Damon restava un po’ indietro, mani
nelle tasche dei jeans, il viso piacevolmente colorito.
- Come andiamo?-
chiese Hermione, dandosi poi della sciocca per aver posto una domanda tanto
idiota.
Ma cosa poteva dire?
Lei non ci aveva mai saputo fare...in quelle
situazioni...
- Abbiamo qualche minuto, ancora.- le disse Damon, trattandola
con dolcezza.
Il suo tono amichevole, comprensivo, riuscì a metterla a suo
agio. Capì finalmente che avrebbe dovuto rivolgersi a lui già da molto tempo. E
guardando Draco, che rideva per come Sargas faceva volare in una spirale tutti
gli origami, si chiese come avrebbe fatto a staccarli.
Come si sarebbero
separati?
- Deve...- si morse il labbro, fissando Howthorne piena di
apprensione -...cioè...il bambino...andrà da solo?-
Era così piccolo! Come
avrebbe affrontato un viaggio simile senza spaventarsi?
Per cinque anni era
sempre stato insieme a loro, senza mai staccarsi da lei e Draco...e ora...
-
Stai tranquilla.- Damon posò gli occhi da lei a Sargas, a qualcun altro, dietro
a Malfoy – Ho chiesto a qualcuno di accompagnarlo. Ci penserà Nora.-
Nora
Moore era pronta. Il giorno prima Damon l’aveva accompagnata dalla sua
famiglia.
Dalla sua amica Maggie.
Oh, era stato più difficile di quanto
avesse pensato.
Perché erano i morti che non sapevano dire addio.
I
vivi...soffrivano, pativano come cani.
Ma poi il dolore scemava, svaniva.
Veniva accantonato, per sopravvivere.
Nora annuì verso il suo amato
protettore, scompigliando i riccioli biondi a Sargas.
- E’ ora di salutare.-
sussurrò allora Damon – Dorothy verrà a prendervi fra poco.-
Lentamente,
Draco si rizzò in piedi. A fatica, ma riuscì a rimettersi eretto.
Hermione
gli fu subito accanto. Gli strinse la mano.
Gli fece male, eppure suo marito
non si lamentò.
Doveva essere lì.
Ecco cosa significava amarsi.
Essere
presenti.
Era già stato detto tutto...ancora e ancora.
Restava il
silenzio. Più assordante di mille parole.
- Sargas...- Damon piegò la bocca
in un sogghigno – Non devi dire qualcosa?-
Draco, attraverso le lenti, vide
il piccolo sbuffare. Abbassò la testina ricciuta, picchiò il piede a terra un
paio di volte.
Mosse le labbra.
E Howthorne ridacchiò – Che scuse
penose.-
- Cos’ha detto?- sussurrò la strega.
- Ha detto che non aveva
intenzione di fare paura a Glory e...- Damon si zittì, inferocito.
“Non
volevo spingerla giù dalle scale...” concluse, sfidando il Legimors “Va bene
così?”
- Eh, una meraviglia. Ha detto anche che gli dispiace di averla
spaventata.-
“Dici alla mamma e al papà di salutarmi Lucas?” cinguettò.
-
...Vuole che salutiate Lucas...si è divertito molto...-
Se perfino Draco
riuscì a trovare demenziale quella situazione, tanto da ridacchiare brevemente,
allora ce l’avrebbero fatta, pensò Hermione. Lo adorava.
Lo rendeva
felice.
E non avrebbe permesso che il riflesso dello Specchio delle Brame,
per lui, si fosse modificato.
Lucente, brillante, un fuoco fatuo si
sovrappose al sole, oltre la croce di marmo che sovrastava la tomba.
E venne
Dorothy. Il suo orologio a cipolla, smise di ticchettare.
Era ora.
Ora di andare.
Sparirono per
mano, Sargas, Nora e Dorothy.
La luce venne sopraffatta dai loro
sorrisi.
La gioiosa risata di un bambino fu l’ultima cosa che si udì...poi i
passi di Damon, che li lasciava soli.
Silenzio. Gli uccellini e gli origami,
che volavano alti.
Il frullio delle loro ali...bianche e pulite.
- Perché
qui la tomba?-
Hermione si nascose fra le braccia di Draco. Il viso,
affondato nel suo torace.
- Credevo lo volessi nella cappella dei
Malfoy.-
- No.-
Lui, con gli occhi di argento colato posato su quel marmo
immemore.
- Con tuo nonno starà meglio. Quella non è brava gente...io
sopporterò...ma non Sargas...e nemmeno Glory.-
Nessuno di loro.
La sua
famiglia avrebbe riposato lontano, d’ora in avanti.
In fondo la casa è dove
riposa il cuore.
E il loro cuore, sarebbe stato lì.
Fra quei salici, quei
fiori...in quell’erba smeralda, che odorava di gelsomino.
Il cuore, lì per
sempre.
Sempre...
Ministero della Magia Britannica.
Un
martelletto di ciliegio picchiò una decina di volte sul suo poggio.
Colpi
duri, secchi. Ma non servirono per placare il brusio della Sala del
Giudizio.
Tanti presenti, tanti volti amici...
Una schiera di Consiglieri
abbigliati in rosso velluto...
Dita puntate, urla, recriminazioni.
Un
unico Imputato, seduto sulla poltrona dell’accusa, in mezzo all’aula maestosa
che nel tempo non sarebbe mai cambiata. Lo stesso odore di legno, lo stesso
profumo di cera per il lucido pavimento di porfido color bronzo.
Candelabri,
candelieri.
Un’ora intera di discussioni.
Auror e Mangiamorte chiamati a
testimoniare.
Il Ministro Dibble che aveva sopportato pazientemente il
tonante cicaleccio dell’ala, purtroppo sopravvissuta per metà, dei conservatori
più estremi.
Azkaban, avevano ordinato.
Di un Riddle...non ci si può
fidare.
Neanche alla parola di Harry James Potter si può credere.
Fra gli
spalti di parenti, amici, avvocati, il Capo degli Auror, il Preside
Silente...Lucilla dei Lancaster e addirittura Caesar Cameron, in
disparte.
Damon, quel giorno, arrivò in ritardo di qualche minuto, a seguito
di Draco ed Hermione.
Mentre la coppia andò subito avanti, per non perdersi
Susan Bones che tirava la cuffietta della Umbridge per staccarle più capelli
possibili, il Legimors rimase impalato in fondo, nonostante Cloe e Trix lo
richiamassero in prima fila.
Era stata una buffa presenza ad attirare il Lord
verso l’ultima panca.
Isolato da tutti, per i suoi abiti logori e il suo
aspetto macilento, il Menestrello fece un largo sogghigno al più giovane.
Gli
fece posto, continuando a sfumacchiare la sua pipa puzzolente di elleboro.
-
Salve ragazzo.-
- Salve, signor Hayes.-
- Desmond.- lo corresse
bonariamente il Menestrello – Come mai quella faccia afflitta?-
Damon notò
che la canaglia era al settimo cielo. Sapeva dei suoi poteri, gliel’aveva
raccontato Harry.
- Se è qui vuol dire che...-
- Esatto.- sogghignò Hayes
– Dibble mi ha sbattuto qui in fondo perché lo faccio sfigurare. Edgar è un po’
maniacale su queste cose...- senza fare una piega, si aprì anche il Cavillo di
fronte al naso – Ma tu piuttosto, ragazzo mio...sei pronto a diventare
papà?-
- Vede proprio tutto in rosa, eh?-
- Sempre.- Hayes spostò gli
occhi celesti in quelli mistici del Legimors – Però, sai...a volte bisogna dare
voce anche a chi non può più parlare. E per questo, ringraziamo Merlino, ci sono
anche Veggenti come te. Che danno aiuto anche a chi non può chiedere. Ti meriti
la grande famiglia allargata che avrai.-
- Cosa?- Damon emise un gemito
divertito – Non scherzi, la prego. Mi fermerò al primo. Per Neely non è...- si
bloccò, stranito – Mi sta dicendo che...-
- Che è meglio che fra qualche anno
ci riprovi. Non so se mi spiego.- concluse il Menestrello, strizzandogli la
palpebra – Non essere mai troppo sicuro, ragazzo. Le visioni non sono tutto, ma
le mie sono collaudate da anni e anni. Perciò...- gli batté il pugno chiuso sul
ginocchio – Provaci ancora. Potresti avere un’altra sorpresa. Come del resto
l’avrà anche il tuo amico Riddle...-
Spiarono in avanti. E se tanto dava
tanto, a momenti Dibble sarebbe saltato giù dal suo pulpito che azzannare la
Umbridge e l’avvocato dell’accusa alle orecchie.
Stava letteralmente
scoppiando. Assomigliava molto a Duncan quando perdeva le staffe.
Solo che
accendersi una canna nel bel mezzo del dibattimento sarebbe parso poco
deontologico.
Un ordine impartito col Sonorus fu l’unico mezzo per zittire il
brusio rimbombante in quell’aula.
Consiglieri e civili si misero le mani a
coppa sulle orecchie, incassando la testa fra le spalle per impedire a Dibble di
renderli sordi. Il risultato fu un grato silenzio sepolcrale.
Tornato a
sedersi, il Ministro arricciò le labbra disgustato, levandosi la bacchetta dal
collo.
- Bene.- sentenziò, intrecciando le dita con aria pacifica – Visto che
finalmente siamo TUTTI d’accordo sul fatto che qui permetto io a voi altri di
parlare, torno a dare la parola all’avvocato del signor Riddle. Stava dicendo,
Miss Sparks, che vuole la cancellazione di ogni nota sulla fedina penale del suo
cliente.-
Nettunia Sparks, oltre a farsi notoriamente Sirius alla faccia di
Deirdre Warfield, era amata da mezzo Ordine della Fenice per altri motivi. Primo
fra tutti, perché a parte l’aspetto da confettino da cresima, in aula era una
specie di pesce cane. Sistemandosi i finti occhiali da vista sul nasino alla
francese, fece un cenno affermativo.
- Esatto.- rispose, con aria battagliera
– O faremo causa al Ministero della Magia...- proseguì, ignorando i gemiti di
sdegno del Wizengamot – Visto che se non ricordo male, Ministro Dibble, lei
stesso alla scorsa udienza era rimasto allibito di fronte alla mancanza di
professionalità dei Consiglieri.-
- Adesso basta! Ma come osa?!- Dolores
Umbridge non sapeva mai tacere, questo era un suo difetto – Stia attenta al
tono, avvocato Sparks! L’unico interesse di questo Consiglio è sempre stato e
sempre sarà il benessere della comunità magica!-
- S’è visto da quella pagina
bianca, Consigliere.- commentò l’altra, caustica.
- Non possiamo certo
ignorare che il signor Riddle ha sempre avuto a che fare con gli scontri degli
ultimi tempi!- sindacò la vecchia rospa, strizzando gli occhietti tondi e lucidi
– Ministro, io continuo a insistere perché vengano fatte ulteriori indagini!
Abbiamo sentito tutti quanti le parole di Paul Brockway...il signor Riddle,
nelle fondamenta di casa SUA si è comportato in maniera molto equivoca, per uno
che richiede l’amnistia!-
- Neanche dovrebbe chiederla.- bofonchiò la Sparks
con tono sufficientemente alto per farsi sentire – Aveste fatto meglio il vostro
lavoro otto anni fa, il mio cliente non avrebbe scontato un solo giorno di
Sigillazione...-
- Che cos’ha insinuato?!- gracchiò la Umbridge – Questo è
troppo!-
- Calma, calma!- impose Dibble – Non voglio stare a sentire una
parola di più. Ho le testimonianze di una ventina di Auror e di Duncan Gillespie
riguardo agli accaduti del 15 luglio, perciò...-
- Con tutto il rispetto,
l’Auror Malfoy è cugino di primo grado del signor Riddle!- berciò la vecchia – E
il signor Potter è sempre stato di parte in questa causa! Consiglierei a
entrambi una bella seduta di psicoterapia. La sindrome di Stoccolma non è
impossibile da curare, sa Edgar?-
Era troppo.
Dibble le lanciò un’occhiata
al vetriolo che la rimise al suo posto in un istante.
Inferocito, si fece
passare altre pratiche, poi sollevò lo sguardo su Silente.
- Grazie per la
disposizione, Albus. Mi dica...- che attore pure lui!, -...lei che era
presente...ha notato un reale interesse del signor Riddle alla causa
Mangiamorte?-
- Come un diabetico per una caramella.- fu l’arguta replica del
vecchio Preside.
- Molto bene. Dolores, immagino che la parola di un’autorità
come il professor Silente ti sia di prova.-
- Io dico solo che ci sono
troppi punti oscuri su questa faccenda!- sbottò la Umbridge, pronta a fare i
capricci come l’ultima delle marmocchie viziate. Col dito, e poco elegantemente,
indicò Tom che si girava i pollici sulla sua scomodissima poltrona di legno –
Quando ci sono dei guai, il signore c’è sempre di mezzo!-
- A dire il vero
siete stati voi a cacciarvelo, otto anni fa!- sentenziò Susan Bones – Io ero
contraria a farlo Sigillare, Lady Lancaster non era stata neanche avvisata! Se
verrà sporta denuncia, non saremo certo noi del Reparto Amministrativo delle
Leggi a farne le spese, Dolores, spero tu te ne renda conto!-
- Io poi non
vedo il problema.- il vecchio consigliere Burton, ancora una volta si era
presentato in aula in vestaglia. Forse non se ne rendeva conto, ma pareva del
tutto a suo agio.
- Miei signori, abbiamo fatto un errore.- si sistemò i
baffetti, sorridendo vacuamente a Tom e a Dibble – Quindi propongo di annullare
l’intera sentenza a sfavore del signor Potter...-
- Del signor Riddle.- lo
corresse la Bones all’orecchio.
- Certo, certo...il signor Riddle...annullare
la Sigillazione e ripulirgli la fedina che impunemente qualcuno ha provveduto a
macchiare anni fa. Che accuse poi, vorrei saperlo...-
- E’ il figlio di Lord
Voldemort!- gracchiò la Umbridge.
- E tua madre faceva un lavoro alquanto
discutibile, ma mica nessuno qua ti ha mai dato della cioccolataia, Dolores.-
replicò Burton. Quella frase detta con tanta innocenza fece arrossire mezzo
Consiglio, per non parlare del Ministro che per un istante sparì sotto il
pulpito.
Ricomparve perfettamente controllato un minuto più tardi,
tossicchiando.
- Bene, ho abbastanza elementi per chiudere questa ridicola
diatriba una volta per sempre.- e sottolineò l’ultima parola con espressione
omicida – Dopo aver ascoltato le testimonianze del Capo degli Auror e di Harry
Potter, per non parlare di quella di molti Mangiamorte attaccati alle sbarre
delle loro celle perché il loro presunto nuovo padrone li aveva presi in
giro...- e vide la bocca di Tom piegarsi in un ghigno di scuse -...credo che ci
sia solo da annullare il contratto di Sigillazione che fu firmato otto anni
fa.-
In quell’esatto momento nella Sala del Giudizio esplose un urlo
collettivo di gioia.
Vennero lanciati cappelli, grida, vere e proprie
ovazioni. C’era chi pianse.
Chi non perse più il sorriso.
In prima fila,
Claire King strinse un pugno, sul banco. Vittoriosa.
E il cuore di Thomas
Maximilian Riddle...si permise di nuovo di prendere un respiro.
Dopo otto
lunghi anni.
Otto anni e venti giorni di Sigillazione.
Finiti per
sempre.
Vide il contratto finire in pezzi...semplici pezzi di pergamena, che
si sollevavano in aria...ricadendo in fiocchi.
Tutto finito così...
La sua
firma cancellata. Anche quella di Caesar...
I sorrisi di gioia, chi era corso
ad abbracciarlo, fregandosene del processo ancora in atto.
Dibble gettò in
aria le ultime parte del Contratto Vincolante, evidentemente soddisfatto.
-
E...se mi permette, un’altra cosa signor Riddle...- gli disse fra quelle
ovazioni pubbliche, in modo che fosse solo Tom a sentirlo -...la prossima volta
che le verrà voglia di divertirsi a spese del nemico...faccia sì che ai suoi
amici non prenda un attacco epilettico. Ne risparmierà in credibilità in
futuro.-
- Ne stia certo, Ministro.- gli concesse, alzandosi in piedi come un
graziato quale era.
E adesso? Adesso cos’avrebbe fatto?
Dopo tanti anni in
gabbia...il mondo era così vasto ai suoi occhi.
Cosa poteva fare?
- Venga,
i nostri Artimagi le toglieranno il Collare di Sigillo.- lo bloccò la Bones ma
Tom, stupendo lei, tutti i Consiglieri e anche i civili presenti, si portò una
mano alla gola, sul nero rubino incastonato nel platino.
- No, grazie.-
sussurrò, in quel vortice di colori e voci, pensando a Harry, a Draco...e a
Claire.
- Questo vorrei tenerlo.-
Per ricordare.
E mai
dimenticare.
Una casa tutta bianca sarebbe stata
l’ideale.
Bianca e vuota.
In campagna. Dove il cielo aperto non si vedeva
mai sparire dietro a palazzi o a strade di cemento.
Il Devon sarebbe stato
perfetto.
Forse era troppo grande per loro due...bhè, tre, contando il loro
piccolino, ma per i prossimi sette mesi e poco più sarebbero stati comunque solo
lei e Tom.
Per lui però il meglio erano gli spazi ampi. Sarebbe stato bene
sicuramente.
Girandosi verso l’ingresso della villa coloniale attorniata da
alti abeti e sempreverdi, la King schioccò la lingua.
Certi facchini non
erano proprio in grado di essere delicati.
- Quella cassettiera è veneziana,
lo sai?- sibilò seccata – Ha quasi cent’anni!-
- Io ne ho più di duecento,
vinco io.- le soffiò dietro Vladimir Alexander Stokeford, sballottando una marea
di mobili senza alcuna grazia – E tanto per la cronaca, lo faccio solamente per
togliere da Cameron Manor tutto questo dannato casino di mobili che nessuno
usa.-
- Potresti anche farlo per dei lecca-lecca, non me ne frega
niente!-
- Di un po’, ma si ricorda di averti chiesto di sposarlo o era
troppo drogato per ragionare?-
La bocca allargata per lo sdegno della King
venne bloccata prima del lancio di un Incanto Orcovolante. Fortuna che Trix era
rapida a e chiudere le fauci altrui. Ma non la sua, visto come si succhiava il
pranzo dal solito bicchiere di polistirolo.
- Dai, megafessa, lascialo stare.
Ti sta solo prendendo in giro.-
- Sta riuscendo a farmi perdere le staffe.
Alla prossima gli lancio dietro un vaso!-
- Dubito che servirebbe a
qualcosa.- cinguettò Winyfred, apparendo dal nulla con, fra le braccia, una
grossa pianta dalle grosse foglie verde brillante e alcune color lampone – Ecco
qua, vi ho portato la mia Fifì! Porta fortuna, sapete?-
- Ah si?- Cloe studiò
i boccioli di quella strana cosa – E cosa mangia? Carne di bue?-
- Oh, non
preoccuparti! Lanciale qualche biscotto ogni tanto...da lontano!- tubò la rossa,
scappando in casa e urlando a Brandon si correre ad aiutarla, visto che la cara
Fifì le stava masticando il corpetto di pelle sintetica.
Sospirando, Cloe
dimenticò tutto per un istante.
Si staccò dalla Diurna, facendo qualche passo
indietro.
Ad ammirare...la sua nuova casa.
Sua e di
Tom.
Comprandola, con un colpo di testa micidiale due giorni prima, aveva
pensato a lui.
Dopo l’acquisto si era preoccupata di aver fatto il passo più
lungo della gamba, ma quando gli aveva riferito di avergli comprato “una cuccia”
lontano da Londra, a Riddle erano brillati gli occhi.
Ancora prima di vederla
l’aveva sollevata fra le braccia, facendola roteare in aria.
Era stato allora
che aveva capito di avergli fatto il regalo migliore di tutti.
Ancora più
della libertà.
Una casa. Una casa vera.
Percorse con sguardo tenero
le vigne che abbracciavano il retro della villa. Il ristoro dell’ombra che gli
abeti e i sempreverdi avrebbero donato loro, sotto il patio bianco e lungo il
viale dell’ingresso, oltre i leggeri cancelli che davano sul lago
Ducasse.
Inoltrando l’attenzione nella casa, vide il leone in terracotta che
imperava sullo scalone dell’ingresso.
Il resto era ancora spoglio.
Aveva
deciso di portarsi un numero esiguo cose da King’s Manor. Solo foto e
soprammobili.
E Tom, altrettanto, aveva chiesto ai suoi amici solo pochi
mobili, pochi ricordi...
Mentre aveva voluto con sé un numero spropositato di
libri.
Claire ci aveva pensato subito, dopo aver visto una grande ala
biblioteca adibita a lettura in fondo alla villa.
A qualsiasi ora del giorno
e della notte, filtrando attraverso i pini, la luce non cadeva mai dall’alto,
creando un effetto tenda quasi da sogno.
Il loro sogno.
Alzò il viso. Vide
Tom appostato alla finestra della loro futura camera, se mai avessero deciso
come arredarla.
L’unica cosa su cui si erano trovati subito d’accordo era il
letto. Grande e immenso, soffice ma non troppo opulento.
La sola frivolezza
era stata la testata adorna di volute in stile toscano.
Anche così vuota,
quella casa privilegiava l’armonia e l’equilibrio di tanti spazi generosi.
-
Di questo passo non finiremo mai.- brontolò Trix, sistemandosi gli occhiali da
sole – Ma se non altro qua non fa terribilmente caldo come a Londra. Mi serve
della protezione solare, accidenti.-
- Sai cosa servirebbero?- replicò la
King – Delle tende di taffetà.-
- Non stai arredando la casa delle bambole,
sai?- urlò una voce dall’alto.
- Sta zitto, Stokeford.- Cloe agitò la mano,
scacciando una mosca noiosa – Ma si può sapere dove sono gli altri?-
- Asher
sta uccidendo Dorotea nei boschi, presumo.- elencò la Vaughn – Damon è andato a
rubare una televisione da Martin, Stanford invece arriva più tardi. Ha ancora i
postumi dell’addio al celibato.-
- E’ stato furbo a farlo a tre giorni dalle
nozze.-
- Già, altri maschi non ci arrivano.- Trix mandò giù l’ultimo sorso,
rifocillata – William e Dena invece devono essere andati a sviluppare le foto
della festa di martedì. Traducendo, arriveranno fra qualche ora.-
- Il
nanetto s’è svegliato, eh?-
- Quello si sveglia solo con due sberle.- ruggì
Asher Greyback, tirandosi dietro la Medimaga del San Mungo, tutta piena di
foglie nei capelli, contando tutte le volte che era inciampata – Come procede il
trasloco?-
- Hanno quasi finito.- Trix studiò quella poveretta – Ma è caduta
o sei stato tu?-
Viola di vergogna Dorotea e occhi da Psyco per Asher, il
principe dei mannari pensò bene di spalancare le fauci.
- Il Leoninus dov’è?
A salutare i suoi parenti?- fece acido.
- E io che ne so. Avrà trovato una
casa alla sua zietta.- frecciò l’altra, piena di sarcasmo – Come se quella
avesse bisogno di protezione.-
- Quella chi?- bofonchiò Vlad, scendendo con
una sigaretta fra le labbra.
- Viola.- gli spiegò Trix, mentre lui non
riusciva ad accendersela, imprecando – La bionda che ti ha morso.-
- E’ la
zia del tuo ragazzo? Ma quanti anni ha?-
- Per i miei gusti anche troppi. Ti
serve un accendino?-
Vlad non rispose. Si era messo a guardare
insistentemente qualcosa oltre la testa di Cloe...e poi spalancò un ghigno
diabolico che presagiva guai e tanto divertimento.
- Mi sa che hai compagnia,
micina.-
Senza capire, la King lo vide Smaterializzarsi via.
Voltandosi
col capo sopra la spalla poi, capì a che cosa si era riferito quell’essere
perverso di un demone.
Accidenti.
Oliver Trust, in Lust We Trust o
anche...il Sospensorio Troppo Stretto.
Stava arrivando.
A passo di
carica.
- Qualcuno ha una telecamera?- ridacchiò Trix sotto i baffi – Questa
non posso farla perdere a Damon...-
- Ci lasciate da soli un attimo?- si
rabbui la King, combattiva come un panzer in missione.
- Oh, tranquilla.-
Asher afferrò sia Dorotea che la Vaughn per i lembi delle loro gonne, visto che
sembravano non volersi scollare dalle loro postazioni – Muoversi, tanto di sopra
si vede meglio!-
- Dacci dentro!- fu l’ultimo augurio della Diurna, prima che
il mannaro le trascinasse via di peso.
Dal secondo piano, intanto, Tom Riddle
stava in mezzo alla sua stanza da letto.
Ok, era praticamente spoglia, come
il resto della villa, ma...era sua.
Gliel’aveva comprata Claire, quella
casa.
Aveva una casa, adesso!
Sua e di Claire!
Quando qualche giorno
prima gliel’aveva detto, tutta titubante, non ci aveva voluto credere.
E
adesso se ne stava lì...libero. Il venti luglio.
Una data da non scordare.
L’anniversario della sua libertà.
Si buttò a sedere sul parquet lucidissimo,
inspirando forte il profumo di vernice appena stesa. Della cera, delle mensole
in mogano. E di tutti i libri che Val e Vlad avevano appena scaraventato poco
gentilmente al primo piano.
Era troppo felice che per sgridarli.
-
Allora...- si girò e vide Brand sulla soglia, poggiato con la spalla allo
stipite – Come ti senti?-
Sorrise.
E trovò solo una risposta.
- A
casa.-
Feversham, felice per lui, gli strizzò l’occhio.
- Qualche
richiesta per un regalo di apertura?-
- Dici che riesci a impedire a Vlad e
Val di rovinarmi tutti i libri?-
- Adesso mi sa che chiedi troppo.-
Un
fischio improvviso, proveniente dal corridoio coperto di moquette vecchia di cui
Cloe si sarebbe presto disfatta, attirò l’attenzione dei due. In una frazione di
secondo, Hingstom, Stokeford, Greyback, Trix e Dorotea, più Winyfred che rideva
come una matta, si chiusero dentro alla stanza, spingendo il povero Brand in
avanti come un sacco di patate.
- Ma che succede?- si lamentò il demone –
Date i numeri?-
- Guarda un po’ fuori...- rise Val, battendo le mani – Tom,
complimenti. La tua consorte è la mia eroina! E lo dico in senso figurato...non
intendo la droga eh?-
- Grazie, Val.- Riddle, sbuffando, si alzò in piedi e
andò alla finestra – Si può sapere che...- e si fermò.
Gli morirono le parole
in gola.
- Ma tu guarda chi viene a cena, eh?- ironizzò Asher, facendo
sfavillare i canini.
Poggiato alla mensola, stranamente, Tom non era parso
per nulla sorpreso.
A dire il vero, sarà brutto da dire, ma nessuno di loro
dopo la battaglia aveva più pensato al Sospensorio Troppo Stretto.
Cloe di
certo no. Vista la faccia allibita con cui aveva accolto l’arrivo dello sgradito
ospite.
- Come si fa a scordarsi di un fidanzato?- bofonchiò Brand.
-
Trovandotene un altro?- rispose Winyfred, innocentemente – Tom è molto più bello
di quello lì! Cioè, anche quell’umano è carino, ma Tom ha un sedere molto
più...-
- Grazie Fred!- la interruppe Riddle, prima che ne uscissero le
solite porcate – Grazie a tutti dell’appoggio!-
- Ah, devo fare un video per
Damon!- Trix intanto trafficava col cellulare – Arrivasse in orario una
volta!-
- Magari è con Neely a parlare delle peonie del loro soggiorno.- le
disse Asher – Piantala con quel cellulare, tanto si vedrà da schifo, siamo
troppo in alto.-
- Non per giocare al tiro al bersaglio.-
La proposta di
Tom zittì tutti.
Vlad si staccò dalla cicca, Winyfred dalla sua pianta e la
Diurna dal cellulare.
- Cento falci a chi becca il bersaglio grosso.- propose
Riddle, con le iridi bluastre sfavillanti di divertimento – Il premio è una cena
gratis.-
- Io non mangio.- fece Vlad, tornando a sfumacchiare.
- Ti
comprerò un golf.- ironizzò Tom, sollevando un vaso di porcellano utilizzando la
telecinesi – Chi lo prende in pieno più di una volta, avrà il diritto al colpo
finale.-
- Se la metti così allora...- sibilò Asher con aria
melensa.
Demoni e mannari erano stati convinti.
Ora non restava che
prendere bene la mira...
Lucky House.
Il sole stava per
tramontare.
E nel giardino di casa Potter e casa Malfoy, un nugolo di
ragazzini in costume giocava nella fontana, usando impunemente la magia per
schizzarsi a vicenda o per infradiciare i genitori che assistevano alla loro
lotta di bombe d’acqua.
- Se non la pianti con quest’acqua ti brucio i
capelli, Caleb!-
Lucas Potter, non c’era nulla da fare, detestava fare il
bagno.
Certo, lo faceva. Ma odiava lavarsi. Odiava anche fare la doccia,
specialmente l’acqua negli occhi, tanto che si infilava nella cabina, sotto il
getto, con una maschera da sub.
E i giochi in piscina, o in quel caso nella
fontana, gli facevano solo rischiare un tracollo di nervi.
O a suo cugino
Caleb di finire al Reparto Ustionati del San Mungo.
A parte i maschietti che
si tiravano dietro bolle magiche d’acqua e gavettoni colorati della premiata
ditta Fratelli Weasley, che non esplodevano una sola volta, ma ben tre!, le
bambine sguazzavano con più grazia dei compagni.
E poi aveva un guardiano
d’onore quel giorno.
Sulla coppa più alta della fontana di pietra, sotto uno
zampillo fresco e allegro, il piccolo Cosmo osservava la sua padroncina e i
bambini con occhio vigile.
Ma...si, ma era diverso.
Era cresciuto. Poco,
certo, ma ora era diventato un grasso e grosso pulcino tutto bianco.
Non
aveva più il suo andamento goffo, poche piume spiumate e l’aria
intontita.
Bianco, tondo e col profilo regale, le due piume azzurre ai lati
del capo divenute lunghe e lisce.
Più simile a un rapace che a un’oca, al
momento era diventato la mascotte dei bambini.
Ma non di Lucas, che
continuava a pensare al giorno in cui gli avrebbe finalmente fatto la
festa.
Il Phyro uscì dalla fontana prima di trasformarla in una pentola in
ebollizione.
Secondo Draco, solo un perfetto idiota avrebbe messo quel
ragazzino in una piscina con altri mocciosi. Avrebbe rischiato di lessarli
tutti!
- Non dire niente!- sbottò Lucas, scuotendo il capo di fronte a
Malfoy, godendo nello schizzargli tutti i pantaloni – E con te non vengo da
nessuna parte, sia chiaro! Conciato così saresti capace di lasciarmi
affogare!-
Il biondo sogghignò.
Oh, non ne aveva una pallida idea.
-
Forse ti lascerei andare a fondo anche senza bastone!-
Lucas lo fissò
trucemente – Quante costole ti sei rotto?-
- Due. Come qualcos’altro che mi
stai rompendo tu.-
- Ah, per cortesia.- Pansy passò alle loro spalle, andando
a recuperare Steve e Step prima che con la loro irruenza ne combinassero
qualcuna delle loro – Non potreste cercare di parlare con più decenza? Draco,
anche tu. E’ un bambino!-
- E’ il Demonio.- replicò l’Auror – La notte in cui
è stato concepito, Satana ha preso le sembianze di Elettra.-
- Ehi, io sono
qui.- gli rinfacciò il Phyro – E non voglio imparare a nuotare!-
- Spiacente,
tuo padre mi ha firmato un foglio in cui mi lascia la tua custodia almeno sei
ore a settimana.-
- Prima devi riuscire a prendermi!-
- Perché non la
piantate?-
Glory, asciugandosi sdegnosamente i capelli biondi, saltò sulla
sdraia accanto al padre. Era la seconda che sospirava sentendo certi
discorsi.
- Tutti prima o poi devono imparare a nuotare.- continuò la
bambina.
- A me fa schifo l’acqua! È bagnata.-
Lo sguardo schifato della
Veggente fece sentire entrambi due sfigati.
- Se non impari dovranno sempre
venire gli altri a salvarti.- continuò, chiudendosi il piccolo accappatoio
bianco alla vita – La prossima volta potrebbe non arrivare nessuno però,
sai?-
A sorpresa il Phyro alzò le spalle.
Per lui era stata
un’esperienza...strana, ma una come un’altra in fin dei conti.
Non se n’era
neanche accorto.
Si, quando l’acqua aveva sommerso i suoi polmoni era stato
brutto. Eppure ne aveva un ricordo sfuocato.
Per nulla traumatico.
Glory
colse al volo il momento in cui suo padre si alzò per raccattare Blaise dal
fondo della fontana, visto che sua figlia Madison ce l’aveva spinto dentro. Si
avvicinò di più a Lucas, scrutandolo attentamente.
Lui, che si stava
preparando ad azzannare un ghiacciolo, arcuò le sopracciglia.
- Lo vuoi
tu?-
Lei lo ignorò.
- Lucas...- cercò le parole adatte, forse per cercare
una qualche traccia di sensibilità. Gli occhi celesti del piccolo Potter però
non erano il genere di fari teneri e spauriti da sortire in una donna, anche
quella in fasce, sentimenti di protezione.
Così buttò fuori tutto il
fiato.
- Com’è morire?-
Sapeva che prima o poi gliel’avrebbe
chiesto. Lui addentò il ghiacciolo, staccandone un pezzetto che masticò
lentamente. Sul visetto, apparve un’espressione stranamente intensa.
- Non lo
so. C’era una luce.-
- Fa paura?-
Lo studiava con intensità. Come per
carpirne l’anima.
- Perché t’interessa?-
- Fa paura o no?-
- No, a me
no.-
- Cos’hai visto?-
- Una signora con un orologio. E tante mani. Se mi
avvicinavo a lei, vedevo una luce. Verso le mani, c’era del buio. Fortuna che
Casper...no, si chiama Sargas...fortuna che mi ha tirato via.- il suo sorriso
s’intristì un po’ – Peccato che se ne sia andato. Mi sono divertito con
lui.-
Si era girata. Ora puntava lo sguardo a terra, sulle mattonelle della
piazzola.
- Potevi anche andare a salutarlo.-
- Perché?- sibilò lei,
stringendo i pugni – Mi odiava.-
Masticò un altro pezzetto di
ghiacciolo.
Poi, con gentilezza, glielo porse.
- Credo che in paradiso non
ci sia tanto fuoco sai?- borbottò – Secondo te fa freddo là sopra?-
Per
quella domanda così assurda, Glory riuscì perfino a ridacchiare.
- Mah, non
so. Se vuoi ti porterò una coperta.-
Quel serio discorso teologico, fatto a
livello elementare ma, cavolo, con che perspicacia, venne interrotto dal
cinguettante saluto che Madison, la piccola Sam e Faith riservarono all’arrivo
di Tom, Cloe, Trix, Damon e Neely.
Ah, i giorni di pace.
Arrivano
senza preavviso.
E se ne vanno allo stesso modo.
Ma quando arrivano...è
pace. E’ vita.
Ed è il sole, per tutti i giorni avvenire.
- Bella congrega
di mentecatti.- commentò Neely, vedendo i bambini lanciare gavettoni a destra e
a manca – Ragazzi non avete paura che si cavino un occhio?-
- L’unica cosa di
cui ho paura è che il mentecatto Potter Junior metta a bollire l’acqua.- fu
l’acido soffiare di Draco – Sfregiato, quand’è che me lo lasci per qualche ora,
eh? Vedi come lo raddrizzo...-
- Non ti darei neanche un criceto da mettere a
far girare sulla rotellina.- sentenziò Harry, lasciando che le ragazze
raggiungessero Hermione, Elettra, Pansy e Paris – Se vuoi, però, ti lascio
raddrizzare le ossa a tuo cugino. Così impara a fare il coglione.-
- Io non
so che gusto ci provate a insultarvi così giorno dopo giorno.- sbuffò Howthorne
– Vado a farmi un drink.-
- C’è della vodka ghiacciata in frigo. Versamene in
un bicchiere da birra!- lo avvisò Malfoy, passando rigidamente il braccio al
collo di Riddle, pronto a strozzarlo – E tu, mostriciattolo...hai sete?-
- Mi
stai facendo male.- si lagnò quel poveretto di Tom, sorridendo istericamente –
Harry, fa qualcosa.-
- Vado a prendere il cappio.-
- Dai ragazzi...-
alitò, cercando di placare quei due sguardi da belve assatanate – Vi ho già
chiesto scusa mille volte! Sirius e Claire mi hanno picchiato col giornale
l’altra mattina. Non è stato divertente, specialmente quando m’è arrivato il
Cavillo sul naso!-
- Delicato per uno che s’è dato alla pazza gioia per tre
ore filate.- frecciò Harry Potter, con le braccia incrociate al petto, tipo
soldato delle SS – Saresti la gioia della compagnia teatrale dell’East
Side.-
- Com’è che riesci sempre a salvarti in estremis, eh?- continuò Draco,
massaggiandosi le costole dolenti.
- Ho avuto buoni insegnanti.-
- In
compenso Malferret, sa fare il ruffiano bene come te.-
- Sta zitto
Sfregiato.-
Un trio.
Una specie di carretto a tre ruote, si sarebbe detto
in futuro ridacchiando.
E poi arrivò la quarta ruota.
Lucas si sporse
dalle gambe del padre, luminoso come quel sole che stava calando
dolcemente.
- Ciao! Allora, hai fatto i compiti?-
Tom ghignò,
inginocchiandosi per arrivare alla sua altezza.
- Che compiti?- fece Draco,
diffidente.
- Hai trovato una casa?- incalzò il Phyro, ignorando i due
Auror.
E con sommo piacere, Riddle esibì un sorriso meraviglioso.
- Si,
l’ho trovata.-
- Grande!-
Lucas sembrava quasi più felice di lui. Esultò e
gli strizzò una palpebra, aggrappandosi alla cinta del padre.
- Perfetto,
così non rientreremo in un manicomio dopo che te ne andrai.-
- Deve
sposarsi.- sbuffò Malfoy – Chiunque lo faccia ha qualche deviazione.-
- E
questa la dice lunga su di te, che hai quasi minacciato Hermione perché ti
accontentasse.-
Si sarebbe uccisi, Tom ne era sicuro. E prima che, per
fermare la cagnara, Lucas rubasse il bastone a suo cugino, Tom decise che era
ora per lui e Claire di andarsene a casa.
Ora ne aveva una. Ora poteva
andare.
- Ci vediamo a cena, domenica.- sussurrò, con la pace nell’anima – E’
meglio che vada adesso.-
Giunsero indietro Cloe, Damon, Neely e
Beatrix.
Alle loro spalle, i bambini continuarono a ridere, sguazzando
nell’acqua.
Nell’aria il riecheggiare lento ma mai indistinto scivolare via
del giorno.
Tramontava.
Il vento si levò profumato d’estate. Di sale e
gerbere.
Un’ultima volta, Harry James Potter fermò Cloe, prima che se ne
andassero.
La strinse forte e lei lo scrutò attentamente.
- Prenditi cura
di lui.-
Lucidi smeraldi.
Portatori di speranza.
Fu la futura King ad
abbracciarlo forte questa volta.
L’avrebbe giurato col sangue. Per proteggere
ciò che aveva finalmente conquistato, avrebbe dato qualsiasi cosa.
La lasciò
andare, la mano con più difficoltà...e rialzò il viso verso i cancelli della
Lucky House.
Thomas Maximilian Riddle era attorniato da amici.
Un cielo
striato di mille colori sopra il capo...
E un collare che non si sarebbe mai
tolto.
TMR.
Era come aver lasciato andare un figlio, dopo averlo
cresciuto. Eppure lui e Draco erano stati più dei fratelli per Tom.
E
adesso...finalmente s’incamminava da solo. Era sciocco pensarlo, visto che Tom
non era mai stato un bambino immaturo neanche a dieci anni.
- Sono
preoccupato, sai?- sospirò, volgendo lo sguardo a Malfoy.
Il biondo emise un
gemito perfido, accendendosi una sigaretta con pigrizia – Chi no? Ma sta per
diventare padre. Forse così la smetterà di comportarsi da martire, anche se ha
messo per iscritto che suo figlio prenderanno il cognome King e non il suo.
Questo sta a indicare che non guarirà mai.-
- A differenza vostra,
vero?-
Lucas mica se n’era andato. Stava al livello della loro cinta, a
giudicarli con espressione eloquente.
- Tu non hai nient’altro da fare,
vero?- ringhiò Draco – Basta, mi avete rotto. Vado a farmi un altro
bicchiere.-
Quello non sarebbe cambiato neanche in punto di morte.
E
questo era confortante da un certo punto di vista.
Le prime stelle iniziarono
a trapuntare il cielo a nord, piccole e appena palpabili.
I due Potter
restarono a guardare Tom che camminava lungo il viale...
- Papà...-
-
Si?-
- Quand’è che facciamo un’altra guerra?-
Il bambino sopravvissuto
inspirò, abbassando il viso sul suo primogenito.
- Tu ti sei divertito,
vero?-
- Allora, quando ne facciamo un’altra?-
- Lucas, le guerre sono
terribili faccende.-
Il Phyro piegò la bocca, molto poco convinto – Tanto ci
sei tu, no?-
- Io non ho fatto granché questa volta.-
- Si, ma quando ci
sei tu...va bene comunque. Perché tutti sanno che ci sei. E se ci sei tu...va
bene. Hai capito cosa voglio dire?-
Strana frase, bizzarro ragionamento...ma
stringente logica fanciullesca, che non ammetteva preconcetti.
- Gli abbiamo
presi a calci, pa’, dai.- rise Lucas – Ammettilo.-
- Lucas, della gente è
morta...-
- Ma abbiamo preso i cattivi a calci nel sedere. Dai pa’...ho
ragione io.-
Un braccio attorno al collo e Harry iniziò a frizionare la testa
a suo figlio.
- Tu sei pericoloso, capito? Sei pericoloso!-
Il Phyro si
sbellicò dalle risate, mentre suo padre se lo tirava in braccio – E quando sarò
grande combatterò insieme a te!-
- Ne riparleremo non appena sarai
maggiorenne.- sindacò il padrone di casa – E adesso andiamo da tua madre,
bisogna mettere su la cena, prima che Draco riesca a mettere le grinfie sul
nostro frigo.-
- Posso rubargli il bastone se vuoi.-
- Hn...ok. Così non
può camminare e magari ce lo leviamo dai calderoni per tutta la
cena!-
Fu il sibilo del vento a chiudere i cancelli
della Lucky House, qualche istante più tardi.
Thomas Maximilian Riddle, dalla
strada dei Kensington Gardens, vide Harry James Potter rientrare in casa
sua.
Portandosi la mano alla gola, sentì che il suo collare non pesava più
così tanto.
La lucente scritta marchiata a fuoco ebbe un sussulto, per poi
sparire, lasciando solo il liscio platino di cui era formato il serpente.
Albe e tramonti.
Lucas aveva ragione.
Non c’era momento più bello per
festeggiare.
E lui aveva tanto da festeggiare.
L’amore.
Un figlio.
I
suoi amici.
E prima fra tutti, la sua libertà.
Claire, poggiando la testa
alla sua spalla, gli circondò il torace con le braccia.
Non si sarebbe mai
più staccata da lui.
- Che ne dici di andare a casa?- gli sussurrò,
sollevandosi sulle punte per baciargli dolcemente il collo.
E lui si girò,
abbassando il volto. Sfavillanti occhi blu di seta, come zaffiri incastonati
nella neve.
Gli avevano aperto la gabbia.
Gli avevano guarito le ali.
-
Direi che è un’ottima idea.-
Guardò verso la Lucky House ancora una volta.
Una volta sola.
E poi abbracciando forte la sua futura moglie per la vita,
girò la schiena a quella casa mentre il suo collare catturava l’ultima raggio
del sole morente.
Alla luce, la sigla riapparve.
TMR
Più
brillante che mai.
Per poi scomparire nuovamente, come il prigioniero che in
gabbia non ci sarebbe più
rientrato.
- The End –
17 giugno 20007.
Fine. Già, una quarta fine...che per me, come ben
sapete è “definitiva”.
Passatemi il gioco di parole e le seguenti righe
sconclusionate che usciranno dalla mia tastiera. Ancora una volta, mi ritrovo a
chiudere una fiction dopo tanti capitoli, fatti e passaggi.
La mia ultima
fiction. Che dire, dopo aver dato spettacolo tramite fermo posta, e aver
dimostrato che la gravidanza ha ormai leso il mio sistema nervoso, prego, anzi
spero con tutto il cuore che questo finale non vi abbia deluso.
E non parlo
dell’happy ending in sé. Parlo di com’è stato scritto, di come ho cercato di
trasmettere le emozioni...
Ho fatto davvero del mio meglio, ho passato la
notte insonne a pensare a cosa potevo cambiare per rendervi lo strappo meno
difficile...per rendere la storia più gradita a me in primis, perché si, io sono
troppo possessiva con le mie storie.
Lascio giudicare a voi, spero che mi
perdonerete il ritardo, ma è stato difficile scrivere la parola FINE.
Più
difficile di quanto pensassi.
E’ l’ultima, senza contare l’aggiornato della
shot First Day, che inserirò mercoledì 20, volta che scriverò qualcosa.
Per
molti, molti mesi. Sinceramente, con una situazione come la mia, non so se
tornerò mai a scrivere fiction. Ma ho amato farlo, nonostante tutto quello che è
accaduto in questi anni.
Ho trovato storie bellissime, ho capito che la
censura usata nella Scommessa non era necessaria, ho conosciuto scrittrici
valide e persone splendide. Ho capito come stanare le pazze, come evitarle, come
sobillare Axia a scrivere l’Alchimia del Sangue, che ripeto, sarà una VM 17,
perciò cercate di regolarvi di conseguenza.
Colgo l’occasione per parlare
subito di lei e della quinta parte della saga. Allora, le ho dato completamente
carta bianca, di mio non c’è nulla, se non l’approvazione ai nuovi personaggi e
alla linea generale che LEI ha deciso di dare alla storia...una storia che, dopo
aver letto le bozze, mi ha rubato la mente. Perciò, siccome è tutto suo, dovrete
cercare l’Alchimia nella sua gallery. Axia su EFP e Axia85 su Manga.it a vostra
scelta.
Chi già le dà il tormento per mail o MSN non avrà di questi
crucci.
Molte mi hanno detto che lei non è me. E’ vero. Sarà meglio. Perché
darà freschezza a una mia visione che ormai è vecchia di troppi mesi passati con
le stesse fisse, gli stessi schemi...inoltre, non c’è nessuno che io consideri
pare a lei.
Per questo vi chiedo ancora una volta di essere le più sincere
possibile, di aiutarla quando ne avrà bisogno e darle la possibilità che merita.
E’ una persona eccezionale, come tante altre che ho avuto il piacere di
conoscere in questo periodo.
Ora però voglio solo salutarvi tutti, a
cominciare dai ragazzi per una volta, che sono stati molto gentili con me in
questi due mesi di eremo forzato: grazie a Gio, un nostro novello laureato, un
mare di congratulazioni e di auguri per la tua nuova vita da “dottore”; grazie a
ClausK, per il rispetto alla mia opera; grazie a Daniele, alias Ignoto82 che ha
scritto recentemente una raccolta di poesie, intitolate Poesie Decadenti
dedicate a Tom e agli ultimi capitoli di TMR in generale. Grazie a Martino, che
ho conosciuto da poco ma che è stato un caro amico durante serate noiose e
solitarie. Grazie a Shin, per costanti apprensioni e news sul mio primo amore,
la lettura. E un grazie particolare a Luca, il primo amore della ragazza
eccezionale che mi ha aiutato a concepire tutto questo, per aver sostenuto lei
quando ne aveva bisogno...e per avermi portato l’anguria quando avevo troppo
caldo per uscire a comprarmela!
E ora a noi, fanciulle. Siamo donne, oltre le
gambe c’è di più. Si, ci sono una vagonata di lacrime che io ho versato
virtualmente nel lasciarvi queste poche righe. Un abbraccio forte alle più
“grandi” che maggiormente si avvicinano alla mia età, e mi hanno sostenuta
durante crisi da futura madre isterica e frignona: a Bloody Mary, Minami77, le
eclettiche Sawa, Mirana e Julianna, altre novelle laureate e laureande, tutti in
questi mesi estivi caldi e afosi, Airuka e Nevrotika, le fantastiche moderatrici
di Every Little Thing, che non mi hanno mai lasciata, fra cui Morry a cui mando
a un caloroso grazie! Yoana, abile recensitrice e altrettanto esperta
scrittrice. Il più grande degli abbracci a una ragazza eccezionale, con la forza
di dieci uomini e lo spirito indistruttibile, Venus, perché sia sempre serena
come oggi.
Grazie a Miahanamura, la dolce Aya-chan, grazie a Rita per essere
stata presente con le parole che avrei voluto sentire. Grazie a Sweet Sin e
Zaitu, per aver scritto racconti che mi hanno tenuto compagnia la notte insieme
alle loro lettere di affetto e stima.
E fra le “grandi” grazie a due persone
uniche, speciali, che mi hanno fatto ridere e sentirmi sollevata più di una
volta, in questi ultimi due mesi di attesa: a Laura e Claudia, due vere amiche,
per essere state semplicemente loro stesse.
Fra le “piccole” anche se di
piccolo non avete nulla, ve lo garantisco, abbraccio immenso a Linnie, la cara
Ross, le mitiche Rekishi, Bia-chan. Grazie a BlackAmberAngel, Akira-86, Ladym e
Meylover, che hanno dato dei volti ai miei personaggi. Un saluto ad Akocelell,
le grandi Damia e Lady Light, Mairie, nikyblack, evian, celyan, Reina86, le
cinque Caostheory, Snowfairy, Reby, la dolcissima Julietta, Macrì, Bluking,
Ladytsepesh, la fortissima Ranokkia e Aida.
Un doveroso bacio ad Astra, che
tempo fa mi ha fatto da beta quando Axia era troppo impegnata, anche se credo
che abbia accolto l’onore solo come un tornaconto personale ^^ e grazie ancora
ad Artemisia, la mia talentuosissima Chiara, che non ha scritto una raccolta di
drabble, bensì di poesie vere e proprie. E per questo non la ringrazierò mai
abbastanza. Grazie a Silvia e Daniela, Daia, grazie a Lilly per aver perso tempo
nel cercare volti di attori per i personaggi della mia saga...e aver tramutato
la cosa in una sfilata di gnocchi al forum (fallo in futuro, ad Axia non
spiacerà di certo!). Grazie a Siana, Mistyna,Tatty, Marikotter, Barbarela, a
Herbie, a Merryluna, che prima o poi arriverà a leggere queste righe, o almeno
me lo auguro. Lo stesso per Bad Devil, una delle ragazze più toste che abbia mai
avuto il piacere di conoscere.
E grazie, lo dico col cuore, a tutte le
L&L e alle moderatrici, perché il forum per me è diventato in breve una
seconda famiglia, anche se non ho mai visto nessuna di voi.
Come del resto
per tutte le persone che ho salutato precedentemente.
E adesso ringrazio
tutti quelli che hanno letto in questi anni, che commentano alla fine
concentrandosi in recensioni che farebbero impallidire quei perdenti di critici
senza alcun talento. Avrò ancora due giorni, dopo il 20, per rispondervi, poi
sarà la macchia per me.
Non so quando Axia deciderà di postare l’Alchimia, ma
per allora avrà inviato il dispiaccio spero. Comunque si parlava dei primi di
luglio. O del 30, se vuole farmi un regalo di compleanno! ^^
E’ pressione
mentale? Ovvio che si.
Bene. È tutto, signori, come si dice.
Io non posso
fare altro che farvi appuntamento a mercoledì. Ma non saluterò più nessuno, non
voglio ritrovarmi con altre paranoie, perciò...qui vi lascio tutti
ufficialmente. E’ stato un piacere scrivere questa saga. Per me e per
voi.
Tornerò a farmi sentire, ma per il momento vi lascio nelle mani di
Axia.
L’ultimo mio pensiero va a lei.
A non molto presto.
Babi.
Semper Fidelis
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