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Autore: Moiraine    02/12/2012    4 recensioni
Salve a tutti :)
La protagonista, Estel, è una ragazza dal passato oscuro e misterioso del quale apparentemente non ricorda nulla. Vive una vita difficile o, almeno, vive una vita difficile fino all'incontro con un ragazzo speciale.
Questa è la prima storia che pubblico; quindi non fatevi scrupoli e commentatemi o criticatemi.
Buona lettura :) Spera che la storia vi piaccia :)
Genere: Fantasy, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Favole della buonanotte

 

Era una fredda notte di dicembre e per le gelide vie di Dragville non si percepiva anima viva. Soltanto una piccola bambina osava sfidare il vento impetuoso che, nonostante piegasse gli alberi, non riusciva minimamente a scalfire quella creaturina all’apparenza tanto fragile.
Ainur camminava lentamente, i capelli bagnati dalla pioggia che le si incollavano al viso scoprendo delle strane e piccole orecchie appuntite, tenendo stretto tra le braccia un coniglietto di pezza bianco dallo sguardo troppo furbo e vigile per essere soltanto il frutto del lavoro di un’abile giocattolaio.
La bambina guardò il cielo e sorrise malinconica, emettendo un flebile sospiro. Poi avvicinò la boccuccia all’orecchio del coniglio sussurrandogli qualcosa e sembrò che anche quello le stesse sussurrando.
Sospirando una seconda volta, si fermò sopra un ponte  a guardare la striscia ghiacciata del fiume che le passava di sotto. La pioggia batteva sempre più forte e Ainur era sempre più fradicia, ma tuttavia si ostinava a restare lì immobile ad osservare curiosa uno strano animaletto nero che si era appena accasciato sul ghiaccio. Continuò a fissarlo con sempre maggiore intensità fin quando quello, improvvisamente, non distese le ali e spiccò il volo in cerca del suo riparo asciutto.
Ainur sorrise soddisfatta di se stessa e, dopo aver guardato nuovamente il cielo, riprese a camminare.
Non c’era nessuno a quell’ora a parte lei, che osava affrontare il gelido inverno, eppure lei era certa che qualcuno dovesse esserci poiché lei lo stava cercando. Con un’espressione troppo paziente e quieta per appartenere ad una normale bambina continuò a camminare consapevole che nulla sarebbe riuscito ad ostacolare il suo avanzare.  E quando intravide la sagoma sfocata di un uomo in lontananza, sorrise ingenuamente e gli si avvicinò.
L’uomo, ubriaco fradicio, si accorse di una bambinetta che gli si faceva incontro con un sorriso; una bambina, apparentemente di sette anni, da sola che teneva stretto tra le braccia un coniglietto di pezza. Dov’erano i suoi genitori? E per quale motivo non erano con lei?
«Ti sei persa?» le chiese con un tono brusco quando gli si fu avvicinata. Ainur lo guardò un po’ delusa e, alzando le spalle, riprese a camminare passando oltre quell’uomo che la guardava incredulo e confuso. Non lo aveva degnato neanche di un saluto.
«I tuoi genitori non ti hanno insegnato le buone maniere?» le chiese l’ubriacone afferrandola dal piccolo polso per farla voltare.
Fece la mossa più sbagliata che avesse mai potuto fare in tutta la sua vita. La bambina si voltò a guardarlo con un’espressione furiosa, quasi diabolica. L’uomo si scompose un attimo sotto quello sguardò infuocato e, nel giro di pochi secondi, si accasciò al terreno privo di vita. Ainur lo guardò come se fosse soltanto spazzatura e senza degnarlo di una sepoltura riprese a camminare lentamente, lasciandolo lì, disteso in mezzo alla strada, come indizio del suo passaggio.
Un secondo uomo, invece, la seguiva da molto tempo ormai e aveva assistito alle manifestazioni del suo potere in grado di poter aiutare chi era ormai vicino alla morte, ma allo stesso tempo in grado di togliere la vita. Un potere meraviglioso e mostruoso allo stesso tempo, che rendeva Ainur terrificante agli occhi di quell’uomo che, nonostante avesse affrontato e sconfitto molti demoni, restava comunque pietrificato davanti alla fragile bambina.
Improvvisamente, Ainur si bloccò; il coniglietto stava indicando qualcosa, o meglio qualcuno, che prima stava alle sue spalle.
«Melurnh ed» sussurrò in una lingua oscura, ormai da troppo tempo dimenticata e l’uomo capì che era proprio a lui che si stava riferendo. Così, preso un profondo respiro, uscì dal suo nascondiglio per avvicinarsi a quella bambina diabolica. Si fermò a pochi centimetri da lei che lo guardava incuriosita e tranquilla.
Vista da vicino non era poi così terrificante; anzi, era una bambina bellissima. Aveva la pelle candida e perlacea ad eccezione delle guance , leggermente chiazzate di rosso; aveva capelli lunghi fino alle spalle che, bagnati, le si incollavano al viso e due grandi occhi dorati; le labbra piccole e perfette mostravano una serenità ed una quiete che l’uomo non aveva mai visto in nessun viso; ma ciò che più lo stupì, erano le piccole orecchie appuntite che le sbucavano ai lati della testa.
Ainur continuava a fissare l’uomo con curiosità. Perché l’aveva seguita sotto la pioggia fredda? E per quale motivo non aveva paura di lei dopo aver assistito alla morte dell’ubriaco?
L’uomo le si inginocchiò di fronte e la guardò dritto negli occhi, intenerito. Quella bambina non era malvagia; pericolosa sì, ma non cattiva. Spostò lo sguardo sul suo coniglio bianco.
«Come si chiama?» le chiese.
«Vortha» gli rispose e l’uomo si stupì.
«Perché ha un nome così brutto?» le chiese, curioso del perché una bambina dovesse chiamare il proprio pupazzo “morte”.
«Perché è proprio ciò che vuole» gli rispose tranquilla.
«È lui che ti dice di uccidere?».
«».
Allora l’uomo, di scatto, le tolse Vortha di mano e lo lanciò lontano. La bambina lo guardò indifferente ma, dopo qualche secondo, iniziò ad urlare scatenando lampi e fulmini, fin quando non si accasciò esausta tra le braccia del suo salvatore.

  
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