Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: S o p h i e    07/01/2013    1 recensioni
Perché non è vero che non c'è nulla da raccontare, ci passano vite lungo la Route 66. Un giorno qualcuno decise di raccoglierle tutte, perché storie così non si perdono mica. Rimangono impresse sull'asfalto e continuano a viaggiare, per sempre.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


                                                                                         Dean’s Pub


 
Gabe si alzava tutte le mattine alle cinque e trentasette, non usava sveglie e neppure galli. Si sollevava dal materasso tossendo tre volte, poi si voltava verso il corpo non più giovane della moglie, ma ugualmente meraviglioso, e le accarezzava la guancia accaldata con le dita. Il giorno in cui in America venne trasmessa per la prima volta la serie televisiva Happy Days, Gabe e Ruth si stavano sposando in una piccola chiesetta nella contea di Cherokee nell’Oklahoma, iniziando a vivere anche loro giorni felici.
Ed era così da trentotto anni che Gabe si svegliava oramai, prima di lasciare il letto sfiorava la guancia di Ruth ripetendosi che nessun uomo sulla terra era più fortunato di lui.
Nella cittadina Tahlequah, Gabe gestiva il Dean’s pub da tutta una vita, non aveva fratelli e neppure sorelle, chi lo conosceva sapeva che la sua famiglia era solo Ruth, che vivevano in simbiosi e che lei rideva sempre, in un modo tutto suo, pericolosamente contagiosa. Non avevano figli, non per loro volontà purtroppo, così avevano deciso di adottare tutti coloro che avrebbero messo piede nel loro bar.
«Jack l’ultima volta che ho ordinato da te i liquori, mi sono state consegnate tredici casse di Coca Cola. Ora io non ho capito bene se quello che è accaduto, è stato un banalissimo scambio di consegne, e in questo caso vorrei sapere a chi diamine hai portato i miei Gin, oppure ti sei talmente rincoglionito da non sapere più la differenza tra liquori e medicine».
Ruth osservava suo marito con un ghigno disegnato sulle labbra, con le mani asciugava i bicchieri di vetro prima di riporli sullo scaffale più basso. I suoi occhi seguivano la figura robusta di Gabe mentre parlava al telefono con il suo rifornitore.
Quando Hailee arrivò in città, una mattina di fine Aprile, il Dean’s era aperto già da diverse ore. La fermata del pullman si trovava a due isolati di distanza. Il sindaco Jason Nichols, un uomo per certi versi troppo futurista in una città tradizionalista, aveva reso pubblici i mezzi di trasporto, in modo da creare collegamenti diretti con le contee vicine. Il suo progetto era quello di rendere Tahlequah quanto più simile alle grandi città della nazione. Nulla da dire a questo grandioso progetto, solo che da quanto i servizi erano diventati pubblici, e la fermata principale non era più la stazione ferroviaria ma quella dei pullman, Gabe si era visto trasformare il suo pub in un centro di ricovero per viaggiatori esausti. Non si sarebbe mai aspettato di aver avuto un giorno tutti quei figli.
Hailee camminava tenendo la testa bassa e gli occhi fissi sulle sue converse rosse. Indossava un pantaloncino di jeans che lasciava nude le sue gambe abbronzate, una maglietta più grande di lei di almeno due taglie le copriva i fianchi sottili. Era stanca, il viaggio in pullman l’aveva affaticata più di quanto si era immaginata. Si promise che la prossima volta avrebbe preso il treno, i vagoni erano sicuramente più comodi di un sedile. Hailee era una di quelle ragazze che quando passavano ti costringevano a voltarti. Non era per la sua bellezza che la gente l’osservava- anche se nessuno le avrebbe mai potuto dire di non essere, oggettivamente parlando, uno splendore- la gente la guardava e chissà cosa ci vedeva in quegli occhi scuri come la notte. Durante il suo vagabondare la ragazza più volte era stata costretta a cambiare marciapiede e a volte anche strada, per le occhiate insistenti dei passanti. Una volta le dissero che i suoi occhi erano pericolosi, che chi si specchiava dentro di essi veniva risucchiato, erano come un buco nero, persino i raggi del sole li temevano. Valli a capire i buchi neri, ti risucchiano e poi? Dov’è che si va a finire?
Le strade erano quasi deserte, chi come lei era sceso dal pullman, era sparito nel giro di pochi minuti con destinazioni sicuramente più certe delle sue. Non conosceva la città, non sapeva neppure che potesse esistere un posto così particolare situato ai piedi delle montagne. Le Ozarks, le dita dell’Oklahoma sfioravano il cielo, proteggevano Tahlequah,  da esse sfociavano fiumi che percorrevano i lati della città. Vi erano dei parchi naturali percorribili a piedi, seguendo i percorsi artificiali creati dall’uomo per ammirare quello splendore, ma nessuno chissà per quale assurdo motivo, li percorreva mai. Hailee non conosceva l’esistenza di quella cittadina, il suo nome non era presente neppure sulle mappe, solo quelle dello stato o della contea la segnalavano, ma quando il pullman arrancò dall’Highway percorrendo una strada secondaria, che raggiungeva la città biforcandola alla stazione, Hailee si era sentita improvvisamente chiamata a scendere. Forse erano state le montagne, forse i sedili troppo scomodi, o chi lo sa, magari il destino semplicemente le aveva mandato un segnale,dopo tutto la caccia al tesoro era il suo gioco preferito.
E poi lei non era affatto d’accordo con Groucho Marx, la fortuna qualcosa la faceva sempre, non stava ferma a guardare, tutt’altro, altrimenti come ci andava la gente incontro al proprio destino?
Agli occhi di Hailee, era stata difatti la fortuna a portarla lì, non un vecchio brontolone che aveva girato in lungo e in largo tutta la route 66, ancora prima che diventasse storia, trasportando turisti e lavoratori dentro un vecchio pullman color cobalto.
Stanca si sedette sul bordo del marciapiede, in attesa di un segnale, “e adesso?” si domandò, guardandosi intorno. Non che ci fosse poi molto da fare, quando si aspettava lo si faceva in maniera quasi invisibile, non si voleva essere disturbati. E che una volta era tutto più semplice, anche l’attesa aveva un sapore diverso e con le labbra si cercavano solo altre labbra, mica parole, solo risposte fatte di baci. Hailee in fin dei conti pensava che tutto quel gran trambusto l’avrebbe potuto placare solo un sorriso, o forse un bacio, e poi chissà cosa sarebbe accaduto sotto i piedi dell’Ozarks. Era davvero bello fare all’amore quando si era in attesa.
In lontananza vide l’insegna di un locale, forse lì qualcuno le avrebbe saputo dire che direzione avrebbe dovuto prendere per raggiungere la sua meta, o anche solo, dirle semplicemente quale fosse la sua destinazione, così da evitarle tutte quelle ore di viaggio, le ossa iniziavano a pruderle e la sua pelle richiamava altra pelle. Era però pazienza Hailee, e testarda, questo chiunque l’avrebbe detto se solo tutti gli abitanti del mondo l’avessero incontrata, almeno una volta nella vita.
Gabe e Ruth si voltarono contemporaneamente quando la porta del Dean’s venne aperta. Gabe aveva da poco terminato la sua movimentata telefonata, Ruth i bicchieri li aveva asciugati quasi tutti, e avrebbe pure completato il suo lavoro se solo due grandi occhi neri non avessero catturato la sua attenzione.
Hailee si chiuse la porta dietro le spalle, lasciò cadere lo zaino per terra e guardandosi intorno cercò colui che avrebbe saputo rispondere alle sue domande.
I lunghi capelli neri scivolavano disordinatamente lungo il collo, qualche ciuffo le era scivolato davanti agli occhi e infastidita l’avevo richiamato all’ordine, nascondendolo insieme agli altri capelli dietro l’orecchio.
Hailee camminava con passo sicuro, le sue gambe attirarono l’attenzione di qualche cliente giunto fino a lì per godersi una sacrosanta colazione senza la voce stridula della moglie in testa.
Ruth pensò che una figlia così l’avrebbe voluta, e che sarebbe stata perfetta una sua fotografia sul comodino nella camera da letto o sul tavolino nel soggiorno. Si sarebbe vantata di una figlia così bella, per lei avrebbe cucito gli abiti migliori e  convinto suo marito a lasciarla sposare, anche se geloso del futuro genero.
E Gabe lo capì. Tutto quello che pensò in quell’istante la sua Ruth, lui lo capì, e con un nodo in gola si voltò a guardarla, perché era bella quando con gli occhi spalancati sognava, più bella di quanto rideva, più bella persino di quanto lo era il giorno del loro matrimonio.
«Buongiorno», Hailee sorrise avvicinandosi al bancone, proprio di fronte a Ruth, «avrei bisogno di un’informazione».
L’anziana donna lanciò un’occhiata al marito reclamando la sua presenza, non riuscendo da sola a sostenere gli occhi di quella straniera.
«Chieda pure, signorina» fu Gabe a risponderle.
«Forse ho sbagliato posto, non so, mi sento un po’ confusa».
«Ti sente poco bene tesoro, vuoi un bicchiere d’acqua?».
E no Ruth, amore, non parlarle così. Il mio vecchio cuore non può mica sopportare di vederti così triste. La prossima volta ti prometto amore che controllerò prima che tu alzi gli occhi, chi entra qui dentro, te lo giuro, non permetterò a nessuno di farti del male, però tu Ruth, adesso mi devi promettere che distogli lo sguardo, e sposti le mani che hai posato sul ventre, me lo devi promettere. Alza le mani, amore, portale sul petto, vicino al cuore, qualcosa lì invece batte, non è così? Ruth c’è il nostro amore dentro, basterà, ti prometto che basterà.
Hailee scosse la testa, si sedette sullo sgabello senza fare rumore,  e continuò a pensare alle parole da usare.
Le venne offerto un bicchiere d’acqua, che lei comunque non rifiutò, mandandolo giù in un solo sorso.
«Grazie, davvero un posto carino questo locale, è nuovo?»
«E’ stato inaugurato il giorno dell’assassinio del presidente McKinley dal mio bisnonno, direi che tanto nuovo non è», ridacchiò Gabe.
Sorrise la giovane donna, felice che qualcuno fosse riuscito ad andare oltre una semplice risposta, e capì, si, si rese conto che, entrare in quel pub era stata la scelta giusta.
Ruth la guardò negli occhi-un attimo, solo quello bastò per capire- e non servirono altre parole. Non c’era bisogno di nessun cromosoma in comune per capire che poteva ancora essere felice.
«Ti riportano a casa», sussurrò percorsa da un fremito, «i buchi neri ti riportano a casa».
Tu non l’immagineresti mai una cosa così.
Tu che la Route 66 quel giorno sorrise,da Chicago a Santa Monica, non lo crederesti mai.






Ohi bhò-non so cosa sia ma mi piace troppo- sono tornata, l'avevate notato vero?
Che ci faccio qui? Ma che bella domanda, proprio intelligente e acuta. Dovrei studiare, si lo so cosa state pensando- e che ci volete fare, avrei due esami da preparare e una voglia pari a quella di un bradipo nel rincorrere un pallone. Così ho pensato-cosa pericolosissima-di vedere un pò che cosa potevo ripulire tra le cartelle del computer(pulizie di primavera anticipate, evvai!) e mi sono ritrovata davanti questa cosa scritta un pò di tempo fa. Non se se vi ricordate-sarebbe un miracolo se lo facesse, non il contrario- che una volta vi dissi di avere scritto dei racconti tutti riguardanti la Route 66, e che un giorno chissà quando, come, dove e perché, ve ne avrei fatta leggere qualcun'altra. Ebbene gente, il giorno tanto temuto è arrivato-state tremando vero?- questa è la mia seconda storia(storiella senza una vera fine) tutta per voi.
Che ci volete fare se sono matta proprio da legare?
Sophie-che ultimamente è andata in fissa con il Giappone e sta cercando d'imparare qualche parola, con scarsi risultati.
Konnichi wa, per l'appunto.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: S o p h i e