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Autore: LarcheeX    10/04/2013    1 recensioni
Dopo la morte di Xemnas, le istanze dittatoriali di un certo Re cominciarono a farsi troppo ambiziose e avide di potere, portando quello che era un universo che aveva faticosamente guadagnato la pace e la serenità a diventare un oscura distorsione di sé stesso.
Ma come ogni dittatura porta consensi, volenti o nolenti, e dissensi, un gruppo di Ribelli ritornati in vita capitanati dai traditori traditi dal loro migliore amico è pronto a sorgere dalle macerie dei ricordi e farsi avanti per distruggere il Re.
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Tornata in vita non si sa come, LarcheeX torna alla carica dopo un imbarazzante numero di mesi: qualcuno la seguirà? Boh. Vedremo.
Penumbra is back.
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Kairi, Naminè, Organizzazione XIII, Riku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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No, che fate, non uscite dalla pagina, questo non è un miraggio! Ho veramente postato il nuovo capitolo di Penumbra con solo un mese di distacco!

Ci vediamo sotto :3

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Un aiuto da… ?

Quartier generale della resistenza, ore 13.04.

 

“Ho fame.”

Le parole ciancicate di Xigbar, sdraiato su di un materasso con le gambe su di un comodino, aleggiarono come un palloncino nell’atmosfera pigra e soffice del nascondiglio, dove più o meno tutti erano impegnati a sonnecchiare.

L’unico vigile era Lexaeus che, dopo aver ripreso completamente le forze dopo l’attacco di Sora, se ne stava seduto appoggiato al muro di ruvida pietra blu, immobile e attento alle parole dei propri compagni, come se volesse ripagar loro il fatto di averlo lasciato a riposare invece che trascinarlo a combattere. Dopo la dichiarazione di Xigbar si guardò intorno, evidentemente cercando qualcosa da mangiare, ma non trovò nulla, anche perché nessuno sembrava intenzionato ad alzarsi.

Kairi aveva avuto la mezza idea di andare a cercare un po’ di cibo, sentendo anche i propri e personali borbottii di stomaco, ma la stanchezza si era rovesciata su di lei da quando erano tornati, come se si fosse tenuta lontana dal suo corpo per tutto il tempo che erano stati nell’Oltretomba e si stesse facendo sentire solo in quei momenti: aveva le palpebre che si chiudevano, ma per la fame non riusciva ad addormentarsi.

Naminé, intuendo il suo stato d’animo, si levò dalla propria seggiola e si diresse verso il gruppo di scatoloni che Cloud le aveva indicato come dispensa, ma, apertone uno, aveva trovato solo del latte scaduto da chissà quanto e alcune scatole di fagioli che avevano l’aria di essere state dimenticate da secoli, pertanto si voltò verso il gruppo di persone stravaccate in maniera sparsa per tutto il rifugio, annunciando: “Non abbiamo cibo.”

“L’importante è che ci sia da bere.” Fu la risposta a tutti i problemi di Jack, che aveva fatto svolazzare un braccio per consigliarle di non preoccuparsi, ma Naminé non si era affatto tranquillizzata: “Non c’è neanche da bere.”

Jack, trovato all’improvviso un incontenibile desiderio di muoversi, scattò in piedi: “Cosa?! Allora dobbiamo fare scorte!”

Xigbar, dettosi che star sdraiato sul suo materasso non avrebbe risolto la situazione, si levò a sua volta: “Ho capito, ho capito, vado e torno.” E, detto fatto, si teletrasportò fuori dal nascondiglio.

Xemnas se ne stava semi-sdraiato su di un vecchio tappeto, con la schiena appoggiata su un vecchio cuscino bitorzoluto, con un braccio sugli occhi. Stava tentando di dormire, o comunque di ripararsi dalla luce costante che filtrava a causa dei Cristalli di Terra – o come Vexen aveva deciso di ribattezzarli dopo un accurata analisi – ma il fatto stava che gli eventi vissuti quella notte non lo aiutavano a fargli abbassare le palpebre: era stato tutto così frenetico e stancante che non riusciva neanche a sentirsi affaticato, e gli occhi sembravano bruciargli.

Per un attimo aveva visto la prima missione concludersi, ma poi, come se tutte le fatiche di qualche ora prima non fossero bastate, la strada gli era stata sbarrata di nuovo dal fatto che quella maledetta serratura si potesse aprire solo utilizzando tre chiavi, e lì aveva davvero pensato che non ci sarebbe stata soluzione: la terza chiave era comunque in possesso di Sora e di sicuro lui non si sarebbe prestato a garantire il suo aiuto.

Ma fortunatamente, per quanto la situazione non avesse vie di uscita, la soluzione era arrivata, quasi fosse caduta dal cielo.

 

Sala interna del Cuore dell’Oltretomba, ore 07.40.

 

“Ci stai dicendo che non possiamo in nessun modo aprire nessuna serratura?”

La voce di Xemnas era profonda e calma come al solito, ma era molto facile da intuire una vena di accusa e rabbia: d’altronde era anche semplice da capire che stesse pensando ad una possibile menzogna da parte di Riku solo per avere il loro aiuto. Evidentemente era talmente tanto semplice che Riku, intesa immediatamente la velata accusa, provò a discolparsi immediatamente: “Ragiona, cosa ci sarebbe stato di utile nel mentire e nell’ottenere il vostro appoggio solo nel primo mondo? Non avrebbe senso!”

A quelle parole Xemnas parve accantonare la propria rabbia, seppur finta, ma il problema rimase insoluto, e la serratura sigillata.

“Tch, ma ti pare che facciamo tutta ‘sta fatica per un punto morto?” sbottò Larxene, girando di scatto la testa come se si fosse offesa. Semplicemente non trovava possibile che in due – i due Keyblader – non si fossero ricordati di un dettaglio tanto importante: se non si trovava una soluzione, tutto il loro progetto sarebbe andato a farsi fregare, e con esso i loro cuori.

Nella sala ormai in macerie, era calato il silenzio più completo: gli dèi, divisi tra chi aveva seguito la conversazione tra Riku e Xemnas e tra chi si stava ancora occupando di Demeter, accasciata al suolo, posarono gli occhi sulla serratura, muto enigma che si stagliava sul pezzo rimasto della colonna, cercando di aiutare chi li aveva liberati dalla prigionia, ma nessuno arrivò ad una conclusione; i Nessuno e i loro compagni, invece, spostavano lo sguardo altrove, pensierosi, riflettendo, cercando di trovare una soluzione, invano.

“Tanto vale che torniamo indietro, qui non c’è più niente da fare.” Mormorò il Superiore, con un’espressione che lasciava bene immaginare la frustrazione immensa che quella missione a vuoto gli aveva costretto a fingere.

Naminé, svuotata di ogni pensiero a causa della stanchezza, alzò lo sguardo a cercare quello di Riku, che però sembrava perso nel vuoto, rincorrendo chissà quali speranze di concludere in quel momento l’avventura nel Monte Olimpo. Probabilmente stava pensando che, comunque, la situazione sarebbe stata uguale a quella, perché tutte le serrature in tutti i mondi erano state sigillate da tre Keyblade. La bionda abbassò lo sguardo.

 

Castello Disney, ore 07.42.

 

Il mal di testa lo stava uccidendo, si disse Merlino, togliendosi il cappello e lanciandolo con una certa stizza dietro le sue spalle, dove l’attaccapanni, animandosi improvvisamente, lo andò a raccogliere. Probabilmente era solo una delle tante conseguenze della vecchiaia, ma, perbacco, non era mica diventato vecchio da due settimane! Sapeva che gli stava succedendo qualcosa di strano.

Prima di arrivare nella sua piccola stanza era stato costretto a presentarsi ad una riunione quando avrebbe preferito declinare, e più di una volta, al Re che parlava, si erano sovrapposte delle immagini che facevano stridere tutto quanto e gli annebbiavano il cervello.

Perché in quelle visioni Riku e il Re erano vestiti come l’Organizzazione? E perché Riku era bendato o aveva la forma dell’Heartless di Xehanort? E perché Sora era così piccolo e puro? Era davvero possibile che fosse stato così… limpido?

Merlino, piegato da quella feroce emicrania, si sedette sul letto con la testa bianca tra le mani. C’erano momenti in cui non sapeva neanche se stesse vivendo in un sogno o in un altro mondo, perché gli sembrava di non avere sufficienti ricordi per tutta la sua vita, che aveva la sensazione fosse stata molto lunga, come se stesse galleggiando in una bolla.

Preso dai propri pensieri, non badò al volatile bruno che lo osservava dalla cima dell’armadio con sguardo severo e le piume arruffate in un atteggiamento di superiore distacco. Lui non se ne ricordava perché il Re non aveva detto a Naminé di badare ai particolari quando era stato il suo turno a subire la modificazione della memoria, ma quel volatile era suo, e il suo nome era Anacleto. Quando il proprio padrone aveva subito l’atrocità della piccola strega, il caro gufo non aveva smesso di essergli fedele, osservandolo e controllandolo da lontano, non riuscendo a staccarsi a quel vecchio barbogio di un mago. E la presenza silenziosa di Anacleto, il gufo brontolone, era uno dei motivi per cui in Merlino i ricordi fasulli non erano attecchiti completamente e stavano per essere soppiantati da quelli veri. L’altro motivo era che, per quanto Naminé potesse essere brava a manipolare i ricordi, il potere del mago rimaneva sempre superiore, e stava rompendo quella catena di ricordi finti che gli era stata imposta.

“Ahi ahi, che male…” mormorò, aggrottando le sopracciglia.

 

L’Eroe del Keyblade era più piccolo di quanto avesse immaginato: solo quattordici anni e un fardello enorme da portare, difficoltà che neanche avrebbe immaginato e tanta, tanta sofferenza.

Se c’era una cosa che l’aveva colpito quando aveva incontrato Sora per la prima volta era il fatto che, sebbene il peso da portare fosse quello previsto dal mago, lui non sembrasse per nulla stanco o provato: gironzolava per la grande stanza della sua casa rotonda, guardandosi attorno con una curiosità e un candore tipici di un marmocchio piccolo e inesperto la prima volta fuori di casa. “E questo cos’è?” aveva chiesto, stuzzicando con un dito lo stomaco di Anacleto, che, stizzito, lo aveva apostrofato in malo modo, tanto da strappargli un sorriso: “Io sono un gufo reale, marmocchio, piuttosto, che cosa sei tu, che hai ancora il moccio al naso.”

“Eh? Io sono Sora!”

 

“Già, Anacleto era stato buffo…” borbottò non badando alle parole perché gli erano uscite dal cuore e non dalla bocca, ma poi rifletté sul loro significato e balzò in piedi. “Anacleto!”

Il gufo si scosse, sorpreso: per dieci anni il mago non aveva fatto altro che ignorarlo, e ora lo chiamava così improvvisamente che non sapeva che fare.

“Anacleto! Dove sei?”

“Era ora che ti svegliassi, vecchio rimbambito!” era la prima frase che scambiava con lui da anni, ma, al contrario dell’irritazione che voleva dimostrare, nascondeva una buona dose di sollievo e gioia nell’aver ritrovato il proprio padrone, e tosto gli volò sulla spalla.

“Oh, sei qui amico mio!”

“Già. Ti sei ripreso?”

Il mago non rispose, affaccendato com’era: “Ohibò, la situazione è grave! Molto grave!” si disse, camminando in tondo, tra tutti i suoi libri, ma poi, dopo tre o quattro giri della stanza, la risoluzione fu che ci fosse qualcosa di molto urgente da fare.

“Andiamo!” esclamò, totalmente dimentico del mal di testa: “Dove accidenti ho messo il cappello?”

L’attaccapanni gli bussò gentilmente sulla spalla, porgendogli il puntuto copricapo: “Oh, grazie.”

“Dove stiamo andando?”

“Ci serve uno specchio.”

 

Sala interna del Cuore dell’Oltretomba, ore 07.50.

 

“Non avete trovato nulla che vi possa aiutare?” aveva chiesto Zeus e a rispondere al posto di Xemnas, che avrebbe di sicuro trovato il peggior modo per esaudire la domanda a causa del malumore, fu Kairi, che, per quanto si scervellasse, non arrivava a nulla: “No, non potete fare qualcosa voi, che siete dèi?”

Zeus scosse tristemente la testa: “L’unica cosa su cui non possiamo agire è l’operato del Keyblade, è superiore a noi.” Kairi chinò la testa.

Il silenzio ricadde tra i presenti, rotto solo dal suono di un calcio di Riku contro un sasso che rotolò per la grande sala fino a sparire dalla sua vista. “Beh, torniamo alla base.” Disse Marluxia: “È chiaro che non si può fare nulla, tanto vale elaborare un piano diverso dove possiamo agire tranquillamente.”

“Sono d’accordo.” Disse Xigbar: “Non dobbiamo dimenticare che potrebbe arrivare qualcuno dal Castello Disney.”

Naminé, nel frattempo, si era staccata da Riku, vedendo che Xemnas non costituiva più un pericolo e, con una sorta di movimento involontario nato dalla sua voglia di contraddire Marluxia il più possibile, invece di allontanarsi come già qualche membro stava cominciando a fare, si avvicinò alla colonna e alla serratura.

Se fosse stato chiunque altro che Marluxia a proporre di tornare al nascondiglio, probabilmente lei non avrebbe avuto quell’impulso di analizzare ancora la situazione, che non si sarebbe per nulla risolta, anzi, sarebbe stata per sempre un enigma. Era uno dei quei movimenti umani e irrazionali che quel cuore artificiale che le batteva nel piccolo petto le inculcava come naturali, tanto che lei neanche se ne accorgeva, e li eseguiva senza neanche analizzarli, perché non aveva la lucidità per controllarli. Non sospettava nemmeno che il cuore finto avesse un qualche effetto su di lei.

Con una mano sfiorò la colonna, per poi arrivare, seguendo le linee come un codice, alla pietra di colore diverso che componevano la serratura: era fredda, ma, per uno strano motivo, si riscaldò quando le sue dita la sfiorarono. “Eh…?” mormorò, incuriosita, ma non fece in tempo a chiamare Riku o Kairi, che il calore si trasformò in una luce intensa, quasi solida, che la inghiottì.

 

« Naminé! »

 

Era tutto così luminoso che non riusciva ad aprire gli occhi o, se era riuscita ad aprirli, non riusciva a distinguere più i contorni dell’ambiente in cui si trovava, anche se poteva benissimo sospettare di essere stata trasportata da qualche altra parte. L’unica cosa che sapeva era che qualcuno, una donna, presumibilmente dalla voce, la stesse chiamando.

 

« Chi sei? »

 

Quel modo di parlare triste e malinconico le sembrava familiare, ma non riusciva a ricondurlo a nessun volto.

 

« Ora non c’è tempo, apri la mano! »

« La mano? »

« Sì, quella con cui disegni! »

 

C’era da fidarsi? Naminé successivamente non avrebbe saputo spiegare perché avesse seguito quelle istruzioni così enigmatiche, ma non percepiva nulla di pericoloso od ostile, e pertanto tese destra la mano in avanti.

In quel momento riuscì a intuire la forma dell’ambiente, perché si accorse di aver infilato il braccio nel buco della serratura: non credeva che potesse entrarci, per quanto lei potesse essere piccola quella rimaneva una fessura per una chiave, ma, ancora una volta, si fidò della voce dolce e malinconica.

 

« Prendi! »

 

C’era qualcosa di duro, sul fondo dell’apertura, e sembrava che la proprietaria della voce gliel’avesse passato, perché sentì le sue dita stringersi su qualcosa di cilindrico. Un manico?

 

« Fanne buon uso. »

 

E, detto questo, Naminé fu spinta indietro con una forza abnorme per qualsiasi corpo, e sbattuta contro il muro più vicino. In mano aveva ancora ciò che aveva trovato, e sembrava l’unica certezza quando aveva sentito che i sensi la stessero abbandonando. Evidentemente il colpo era stato troppo per lei…

“Naminé!” Sentiva qualcuno che la prendeva per le spalle: “Riku?” Era tutto così confuso e delirante, c’erano delle voci e dei passi, ma poi qualcuno pensò bene di somministrarle un incantesimo di guarigione, e la visione si fece più chiara.

Era circondata da tutti quanti, Nessuno e dèi, con Kairi e Riku che la tenevano stretta per non farle fare movimenti bruschi, tanto che fu costretta ad intimar loro di lasciarla andare, perché stava soffocando. La botta aveva avuto meno effetto grazie all’incantesimo, in quel momento di sentiva solo come se avesse sbattuto la testa contro uno spigolo, un dolore sopportabile.

Teneva stretto nella mano destra ciò che aveva trovato nella serratura, e riuscì a vedere di cosa si trattasse solo dopo che entrambi si furono spostati… e rimase a bocca aperta.

“Un…” cominciò a dire, ma fu Xemnas a completare per lei.

“…Keyblade.”

Castello Disney, ore 07.50.

 

I passi rapidi di Sora rimbombavano per tutto il corridoio, indice della fretta dell’Eroe del Keyblade. Uno degli scudi si era appena frantumato davanti ai suoi occhi, e quello non poteva essere che un segno che i tre traditori e i loro alleati avessero fatto la prima mossa. La faccenda rischiava di diventare spinosa, se non si prendevano provvedimenti: i ribelli avevano attaccato prima che loro potessero muovere una difesa in tutti i mondi, ed era stato colpito proprio uno degli ultimi ad essersi mobilitato, il Monte Olimpo.

Chissà come avessero fatto ad indovinare l’unico mondo che non aveva controlli ancora stabili, che Riku avesse trovato una mappa delle barriere?

Sora bussò alla porta del Re, impaziente. Non aveva fatto in tempo a partire per fermare quel gruppo di folli che già un mondo era stato espugnato e non poteva essere risigillato, perché servivano comunque tre chiavi.

Un momento.

Di Keyblader, in quel gruppo di ribelli, ce n’erano due, e avevano aperto una serratura chiusa con tre Chiavi. “Non è possibile…” borbottò, sempre attendendo che la porta davanti a lui si schiudesse per lasciarlo entrare. Dato il tempo che ci stava mettendo, evidentemente il Re era stato buttato giù dal letto.

L’unico Keyblade che rimaneva era quello di Roxas, ma, se il suo Nessuno fosse tornato in vita, lui lo avrebbe di sicuro percepito, o almeno una delle due Chiavi che aveva sarebbe scomparsa e se ne sarebbe accorto. La soluzione a quell’enigma era una.

“Entra, Sora.”

Il Custode entrò a passi larghi, segno che non volesse perdere tempo, e si diresse immediatamente alla scrivania del Re: come aveva previsto, Topolino era stato svegliato di colpo dal suo bussare, perché aveva ancora gli occhi appesantiti dal sonno, ma era comunque vigile. “Qualcosa di grave, suppongo, vista l’irruenza.”

“Si è frantumata una barriera, quella che faceva capo al Monte Olimpo.”

Topolino si fece più attento, rizzando le orecchie: “Proprio l’unico mondo che avevamo lasciato per ultimo perché aveva un esercito di Heartless. Léon avrebbe dovuto essere lì, non ha mandato nessun rapporto?”

Chissà perché il Re facesse così tanto affidamento su Léon nonostante egli fosse diventato praticamente inservibile: era stato così ostile a Naminé che aveva sacrificato la propria volontà di intendere e volere piuttosto che rendersi un utile strumento nelle mani del Re. Altro non era che un burattino coi fili tagliati, immobile se non mosso da cause estrinseche.

Capiva benissimo che fosse un’ottima fonte di informazioni, ma non sarebbe stato meglio cercarsi una vera e propria spia?

“Intendo le tue perplessità, ma Léon ha ancora dei lati molto utili, fidati.”

“Mi fido, solo che…”

“Registra qualsiasi cosa veda, e sarà in grado di dirci cosa sia effettivamente successo al Monte Olimpo. Piuttosto, sugli altri fronti, come procede la situazione?”

Sora poteva chiaramente intuire i pensieri di Sua Maestà: non aveva assolutamente intenzione di cedere altre serrature all’Organizzazione, e avrebbe messo chiunque davanti a sé e il suo castello. Non voleva morire così presto, e non voleva cedere il proprio regno a nessuno.

“Oramai ogni serratura è monitorata e sorvegliata perpetuamente, non c’è nulla da temere. Se i ribelli vorranno fare un passo in avanti, cadranno di sicuro in una buca.”

Il Re sembrava soddisfatto con quelle informazioni, sicuro com’era, ma Sora, ricordandosi di ciò che aveva pensato prima di entrare, riferì queste parole al suo sovrano: “Sua Maestà, è possibile che sia comparso un altro Custode, perché una serratura da tre sigilli è stata apparentemente rotta da due Keyblade.”

Topolino si fece molto serio: “Non è possibile che sia…”

“No, se fosse stato Roxas almeno “Lontano Ricordo” sarebbe svanito.”

“Capisco. Ti convocherò stasera insieme agli altri che possono oltrepassare gli scudi, per studiare la situazione.”

“Ricevuto, Sua Maestà.”

 

Quartier generale della resistenza, ore 13.33.

 

Xigbar era tornato con una busta di pane, spiegando la povera spesa con un “non sono riuscito ad arraffare più di tanto, c’era troppa gente”, ma, sebbene non ci fosse abbastanza cibo per un pranzo per diciassette persone appena uscite da una battaglia massacrante, tutti furono più che contenti di mettere qualcosa sotto i denti. In più, tutto veniva annaffiato con acqua e vino, cosa che riuscì almeno a rinfrancare un minimo gli animi spossati dei ribelli.

Naminé non riusciva ad essere tranquilla: tutti la guardavano, chi incuriosito, chi sospettoso, non credendo al fatto che lei fosse riuscita ad estrarre un Keyblade dalla serratura, cosa che, in effetti, neanche lei riusciva ad elaborare. Era stato tutto troppo confuso perché riuscisse ad assorbirlo: la luce, la voce, il Keyblade spuntato dal nulla, e, finalmente, il primo obiettivo che si schiudeva e apriva la porta per un’altra missione, un’altra serratura. L’unica cosa che ricordava bene era il movimento che aveva dovuto fare per aprirla, la serratura: si era messa in linea con Kairi e Riku e aveva puntato in Keyblade verso la colonna, poi l’arma aveva fatto da sola, un raggio era nato dalla punta ed era finito nella fessura, che poi sparì.

La Chiave, dopo ciò, era svanita, e Naminé sapeva, non aveva idea di come, che per riprenderla sarebbe bastato infilare di nuovo il braccio nel buco della serratura, perché la voce dolce e malinconica l’avrebbe guidata di nuovo. Non sarebbe riuscita ad usare il Keyblade come arma, ma almeno sarebbe stata utile a Riku, invece che essere un peso morto e basta.

“Grazie al cielo abbiamo un po’ di pane… stavo morendo di fame…” mormorò Kairi, che si guadagnò il sorriso amichevole di Demyx, il quale era, se possibile, ancora più affamato: “Già, ho sempre detto che il potere di Xigbar fosse molto utile.”

Per qualche minuto calò un silenzio laborioso di mandibole che masticavano, essendo tutti troppo impegnati a mangiare che parlare.

Quella missione era durata solo una notte, ma era bastata per far loro esaurire forze che sarebbero durate per due settimane, e probabilmente era anche stata colpa della maledizione dell’Oltretomba che, oltre a inibire ogni forma di potere, infiacchiva l’anima e il corpo. Tra tutti, il più esausto, nonostante il ruolo avuto nell’esito della battaglia contro Ade, era Marluxia, e ciò era dovuto a parecchi fattori: prima di tutto, non si era accorto di subire ancora qualche effetto collaterale della botta ricevuta sulla nuca che si riconduceva a fitte alle tempie ogniqualvolta muovesse la testa in maniera troppo brusca, inoltre la scalata a cui era stato costretto con ancora la maledizione addosso non aveva contribuito a migliorare la sua situazione a cui si era aggiunto anche il combattimento contro Zexion. In più, aveva completamente rimosso il frammento di catena assorbente – così l’aveva ribattezzato – che aveva riposto all’interno del cappotto e che gli aveva risucchiato qualche etto di energia. Non sapeva se quegli anelli metallici e magici gli sarebbero serviti, ma aveva avuto l’impulso di prenderli e così aveva fatto.

A peggiorare il tutto c’era la fastidiosa sensazione di doversi ricordare qualcosa a tutti costi, ma quel qualcosa era talmente evanescente che non riusciva a intuirlo né riportarlo alla luce: da quello che gli aveva detto Zeus la sua vita si era svolta in quel mondo, e avrebbe dovuto investigare ancora. Aveva avuto l’intenzione di rimanere indietro, ultimo, ed infine dileguarsi almeno finché non avesse trovato qualche indizio utile sul vecchio sé stesso, ma si era accorto di avere lo sguardo del Superiore puntato addosso e aveva desistito. Il fatto di essersi già allontanato aveva funto da calamita per il sospetto di Xemnas che, quando era caduto giù dopo aver colpito Kore, sebbene si fingesse completamente assorbito dai propri problemi con la serratura, non gli aveva staccato gli occhi di dosso.

Xemnas aveva in qualche modo allentato la presa su Larxene perché lei si era resa utile e non aveva tradito i propri compagni, ma la morsa sopra di lui restava ancora pronta a scattare. Non sarebbe stato facile allontanarsi dal campo visivo del Superiore o del suo vice senza suscitare dubbi, ma una sorveglianza troppo rigida era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Doveva acquistarsi il suo favore per potersi liberare di quelle due paia d’occhi indiscreti e, infine, dirigersi sul Monte Olimpo e indagare.

Marluxia non poté formulare altri pensieri che la voce di un vecchio distrusse il silenzio del nascondigli, mettendo tutti sull’attenti: “Riku!”

Il diretto interessato scattò in piedi, brandendo il Keyblade con fare sospettoso, e tosto davanti a lui comparve l’immagine, un po’ sfocata, di mago Merlino.

Era proprio Merlino: a testimoniarlo erano il gufo Anacleto sulla sua spalla, la tunica che lasciava intravedere le caviglie secche e il cappello a punta.

“Cosa ci fai qui?” ringhiò l’albino che, nonostante con un braccio ferito e fasciato sembrasse molto poco pericoloso, assunse il suo atteggiamento più aggressivo, che sembrò in qualche modo spaventare e divertire il vecchio mago: “Non essere così bellicoso, Riku, vengo in pace.” E poi si rivolse a Naminé: “Le tue catene sopra la mia memoria si sono rotte, sono tornato me stesso.”

Il sollievo volatilizzò ogni traccia di ostilità sui volti dei diciassette ribelli.

“Cosa…?” balbettò Riku, sorpreso, ma fu interrotto dalla voce del vecchio: “Non posso spiegare tutto ora, sono in una stanza che non è la mia e potrebbero entrare estranei da un momento all’altro. Ascoltatemi!”

E cadde il silenzio: nessuno sembrava più interessato a come Merlino avesse potuto trasportare la sua immagine lì, quanto più, allarmati dal tono urgente che egli aveva assunto, da ciò che stesse per dire: “Come dicevo, sono tornato me stesso, e ho intenzione di aiutarvi, ma dall’interno.”

Riku si illuminò: “Davve-”

“Non mi interrompere!” lo fermò il mago, irritato e frettoloso: “Devo darvi alcune informazioni: primo, lo scudo che porta alla stanza dei Cuori è difettoso, e non lascia passare nessuno, neanche me, che in teoria potrei passare attraverso le barriere. È collegato alla serratura che si trova nel Mondo Che Non Esiste, perciò, in caso l’apriste, sappiate che Sora e Sephiroth si getteranno di corsa a distruggere i vostri cuori, che si trovano in una stanza che solo Sora può aprire. Dedicatevi a quella serratura per ultima.”

Annuirono.

“Gli altri mondi sono molto più sorvegliati del Monte Olimpo, state attenti. Mi è difficile collegare i ricordi finti a quelli veri, ma da quanto ho sentito sono state sistemate truppe un po’ ovunque. Inoltre, cercate quanti più alleati potete, non sarà facile entrare neanche con un alleato all’interno.”

“Come faremo?” chiese Xemnas: “Qui tutti ci sono ostili.”

Merlino addolcì stranamente lo sguardo, come se avesse visto Xemnas e i suoi sottoposti solo in quel momento e avesse pietà di loro: “Ci sono più persone favorevoli a voi di quanto credete, Xemnas, non ti preoccupare. L’unica difficoltà è trovarli.” Poi si rivolse di nuovo a Riku: “Cercate Yuffie, mi raccomando! Sarà una preziosa alleata, visto che è ancora libera.”

Cloud, al sentire il nome della sua unica amica rimasta, fece un passo in avanti, come se volesse chiedere altre informazioni, ma la figura di Merlino si girò di scatto verso qualcosa che, nella realtà, si stava muovendo dietro di lui: “Sta arrivando qualcuno, devo andare. Riku, proverò a mettermi in contatto con te di nuovo, non toglierti mai di dosso ciò che ti ho regalato, perché è con quello che ti riesco a raggiungerti.” La sua parlata si stava facendo sempre più veloce: “Vado, e, ricordate, ora sono dalla vostra parte.”

E, detto questo, la sua immagine si frantumò in una nuvoletta bianca e scomparve, lasciando i diciassette ribelli nei propri pensieri.
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EHEH, non vi aspettavate mica che fossi così veloce, eh?

E dopo solo sette capitoli, ecco a voi che finisce la missione nel primo mondo! E pensare che ce ne mancano ancora... molti. In un certo senso la cosa mi deprime xD Vi prometto che la missione nel Bosco dei Cento Acri non durerà così tanto!
...
Anche perché, in effetti, cosa mai potrei inventarmi su Winnie The Pooh, di malvagio?
Do. Not. Ask.
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Ehm Ehm. Comunque, il prossimo capitolo - che non ho idea di quando potrebbe essere aggiornato - farà parte di una serie di flashback, chiamata Chain Of Memories, che saranno sparsi per tutta la storia e inseriti al momento opportuno.
Su cosa saranno questi flashback?
Sono i ricordi, perduti e non, dell'Organizzazione, e verranno inseriti quando qualcosa delle loro vite salterà fuori, anche in minima parte. Il fatto che siano postati non vuol dire però che il personaggio interessato abbia recuperato la memoria. Devo però dire che la maggior parte sono inventati, non provengono da nessuna fonte in particolare. Giusto per essere chiari.
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Nei capitoli scorsi si è citato il passato di Marluxia, ergo il prossimo capitolo sarà su di lui.
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Alla prossima <3
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p.s. chi indovina dove andranno i nostri eroi nella prossima missione farà 1076 punti e vincerà un biscotto \(^o^)/
p.s. Cliss, tu non vali perché già lo sai °^°



  
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