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Autore: Mitsuki91    17/05/2013    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Draco Malfoy avesse scoperto il segreto di Severus Piton? Avrebbe continuato il suo lavoro di Mangiamorte, l'avrebbe denunciato o si sarebbe ribellato al Signore Oscuro per combattere a fianco dell'Ordine?
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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E siamo arrivati anche alla fine di questa storia.
Clap clap a me per aver mantenuto i dialoghi originali (tranne l’ultimo, per forza di cose) e averli giustificati nel nuovo contesto u.u ne vado particolarmente fiera XD
Beh, credo che non ci sia molto da dire. Il capitolo è immenso e cambia un po’ di cose rispetto alla fine di Harry Potter, ma spero che non vi dispiaccia. Dopotutto, si tratta pur sempre di una what if.
Grazie per avermi seguito fin qui! ;)
Buona lettura, fatemi sapere che ne pensate =)


Decimo capitolo

Girarono a vuoto per un bel po’, Draco sempre teso per via della presenza di Tiger e Goyle dietro di lui. Sapeva che i due non si fidavano più di lui da un bel po’ di tempo, ormai. La sua famiglia era caduta in disgrazia persino fra i Mangiamorte, sebbene suo padre si impegnasse nelle missioni e facesse di tutto per ristabilire l’onore; lui l’hanno prima si era vantato di essere stato scelto da Voldemort in persona per diventare Mangiamorte, però aveva fallito non riuscendo ad uccidere Silente e, ora che anche Tiger e Goyle erano entrati a far parte ufficialmente della schiera del Signore Oscuro, ai loro occhi si ritenevano superiori a lui, di gran lunga.
Draco non sapeva come fare per scrollarseli di dosso: doveva trovare Potter e avvertirlo, dirgli che Piton aveva un messaggio per lui, e allo stesso tempo evitare che Tiger e Goyle capissero, che sospettassero che lui fosse un traditore… Non sapeva se e come ce l’avrebbe fatta. Per il momento, correva a più non posso senza neppure sapere dove stesse andando.
Poi, un boato.
Un muro esplose dietro di loro, che si lanciarono in avanti coprendosi il viso. Nonostante il fracasso e le macerie, non videro nessuno.
L’esplosione voleva dire solo una cosa: la battaglia era cominciata.
Continuarono a correre, dopo il primo momento di smarrimento, e corsero finché non trovarono Potter. Era in mezzo ad un corridoio del settimo piano, parlava con Ginny la piattola e un’altra strana tizia dai capelli rosa era appena corsa via, al seguito di Aberforth. Draco vide Harry entrare nella stanza e poi Ginny osservarsi intorno, smarrita – loro si erano nascosti dietro l’angolo, i muscoli tesi, e si erano Delusi –. Tiger fece per lanciarle una fattura; fortunatamente Draco se ne accorse in tempo e lo bloccò.
“Sei scemo?!” sibilò.
“E’ la Weasley piattola! Che t’importa di lei?”
“Potrebbe essere in contatto con i suoi amichetti dell’Ordine! Sbaglio o noi dobbiamo arrivare da Potter? Non vorrai farti ammazzare prima solo per colpire Weasley la piattola, spero!”
Tiger fece per ribattere, furioso, poi probabilmente si accorse che il ragionamento filava e chiuse la bocca, immusonito.
“Ehi, smettetela di litigare, quella se n’è andata.”
I tre corsero fuori dal loro nascondiglio, mentre il castello sembrava tremare come non mai. Dal soffitto pioveva polvere.
“Bene, adesso io entro e…”
“Tu? Tu non vai da nessuna parte, senza di noi.”
Draco sentì la furia montare: come accidenti avrebbe fatto ad avvertire Potter se Tiger e Goyle gli stavano fra i piedi sempre?
“Sentite, non so neppure se sia la stanza giusta! La stanza cambia a seconda di chi ci sta dentro, quindi…”
“Sì, ma tu ci hai praticamente vissuto, l’anno scorso! Devi sapere come entrare!”
“Senti, Malfoy, devo forse ricordarti che il tuo nome è feccia in questo periodo, fra di noi? Farai come ti dico, se non vuoi beccarti una cruciatus.”
Draco fece per ribattere, poi vide la bacchetta di Goyle puntata contro la sua gola. Strinse di più quella di Narcissa, che aveva preso dopo che Potter gli aveva rubato la sua – cosa per cui, una volta avvertito, lo avrebbe preso a calci – ma capì che era inutile discutere. E se Potter fosse fuggito? Sapeva che il passaggio poteva dare sull’esterno, dato quello che aveva detto la McGranitt in Sala Grande.
Non avevano tempo.
“E va bene. Ma sappiate che non è detto che li troveremo.”
Goyle tolse la sua bacchetta dalla sua gola e fece un cenno del capo, come per dirgli di procedere. Draco si concentrò e pochi secondi dopo una porta apparve nella parete.
Entrarono.
La stanza era sempre enorme come se la ricordava, ma fra le fila di roba accatastata sentì un rumore di passi. Potter era un vero idiota… Anche se non poteva sapere che l’avrebbero seguito fin lì, dopotutto.
Tiger e Goyle si guardarono, entusiasti, e cercarono di seguire il rumore. Si muovevano in modo silenzioso – cosa piuttosto strana per loro – e Tiger fece persino un incantesimo per riuscire ad orientarsi.
Eccolo, alla fine. Potter era di schiena, la mano tesa verso qualcosa di indefinito.
Tiger e Goyle tesero il braccio con la bacchetta; Draco si fece prendere dal panico.
“Fermo, Potter.” esclamò, per avvertirlo del pericolo.
Il ragazzo si girò.
“E’ la mia bacchetta che hai in mano, Potter.” disse, alzando al contempo quella di sua madre verso le schiene di Tiger e Goyle.
“Non più. Chi vince tiene, Malfoy. Chi te l’ha prestata?”
“Mia madre.”
Harry rise. Draco pensò che fosse veramente idiota.
“Allora, come mai voi tre non siete con Voldemort?”
Fu Tiger a rispondere.
“Verremo ricompensati. Siamo rimasti indietro, Potter. Abbiamo deciso di non andare. Abbiamo deciso di consegnarti a lui.”
“Bel piano.” disse Potter, di certo cercando di prendere tempo “Come avete fatto ad entrare?”
“Ho praticamente vissuto tutto l’anno scorso nella Stanza delle Cose Nascoste, so come si entra.” rispose lui, nervoso. Non sapeva come togliersi dai piedi Tiger e Goyle, doveva avvertire Potter…
“Eravamo nascosti fuori in corridoio” si inserì Goyle “Siamo bravi adesso con la Delusione! E poi sei arrivato te proprio lì davanti a noi e hai detto che cercavi un diademo. Cos’è un diademo?”
Questa gli era nuova. Probabilmente Goyle aveva ignorato il battibecco fra lui e Tiger e aveva ascoltato Potter. Intelligente, per una volta, se non fosse che ora lui stava dall’altra parte.
“Harry!” era la voce di Weasley, che proveniva da qualche parte alla sua destra “Stai parlando con qualcuno?”
Tiger fu più veloce di un fulmine: con un movimento della bacchetta fece crollare una pila di oggetti.
Harry urlò qualcosa, poi riuscì a frenare la caduta. Tiger stava per rilanciare l’incantesimo, quando Draco decise di averne abbastanza e gli afferrò il braccio, bloccandolo.
“No! Se distruggi la stanza, rischi di seppellire anche quel diadema!”
“E allora? Il Signore Oscuro vuole Potter, chissenefrega di un diademo.”
Draco si inumidì le labbra, facendo lavorare in fretta il cervello. Sicuramente c’era un motivo se Potter voleva a tutti i costi quell’oggetto…
“Potter è entrato qui per quello. Quindi deve voler dire…”
“’Deve voler dire’?” lo prese in giro Tiger “Me ne sbatto di quello che pensi tu! Non prendo più ordini da te, Draco. Tu e il tuo paparino siete finiti.”
Il loro scambio di battute fu fermato dall’arrivo di Weasley.
“Harry! Che succede?”
Tiger gli fece il verso, quando vide Harry scappare.
No, Potter! Crucio!”
“BASTA!” urlò Draco, ormai disperato. Non sapeva come tenere a freno i due e doveva anche dare il messaggio a Potter… “Il Signore Oscuro lo vuole vivo…”
“E allora? Non l’ho mica ammazzato! Però se ci riesco lo faccio, il Signore Oscuro vuole che muoia, no? Che diff…?”
Tiger stava ancora parlando quando Draco vide la Granger scagliargli addosso un incantesimo. Lo prese per la manica e lo tirò via, salvandolo.
“E’ la Sanguesporco! Avada Kedavra!”
Forse avrebbe fatto meglio a lasciarlo schiantare.
Sì, avrebbe decisamente fatto meglio a lasciarlo schiantare, considerò, dopo che Potter lo ebbe disarmato lanciando una maledizione che era rivolta a Tiger.
Draco vide i due puntargli la bacchetta contro; era sicuro che ormai nulla li avrebbe fermati… Disperato, urlò una cosa stupida.
“Non uccidetelo! NON UCCIDETELO!”
Sembrò bastare, dato che Potter riuscì a disarmare Goyle.
Tiger, l’unico rimasto armato, cercò di uccidere Weasley e si allontanò con lui combattendo. Goyle venne centrato da uno schiantesimo, mentre lui si nascondeva dietro ad un armadio.
Pochi secondi dopo vide Weasley e Tiger correre di nuovo verso di loro, come se ne andasse della loro stessa vita.
“Ti piace caldo, feccia?” esclamò Tiger, prima che la stanza attorno a loro esplose.
Fiamme. Fiamme altissime, che si trasformavano in mostri e divoravano ogni cosa sul loro cammino.
Ardemonio.
Era impazzito?! Voleva ucciderli tutti?!
Senza pensarci due volte afferrò il corpo di Goyle e se lo issò sulle spalle – per quanto fosse pensate –. Si riparò dietro ad una catasta di oggetti; poi, pian piano, sempre con Goyle addosso, prese a scalarli.
Maledizione a Tiger! Quel fottuto deficiente! Che accidenti aveva combinato?! Le fiamme erano sempre più vicine.
Draco pensò, per un lungo e terribile istante, che sarebbe morto. Per un secondo non ci furono né Mangiamorte né Ordine; per un secondo sparì la guerra e l’orrore; per un secondo si ritrovò di nuovo a pensare a se stesso solo come Draco Malfoy. A parte gli ultimi tre anni, non aveva avuto una vita infelice.
Non voleva morire. Voleva vivere, voleva vivere appieno. Era appena maggiorenne, non poteva morire…
Poi li vide. Urlò, cercando di richiamare la loro attenzione, sventolando un braccio. Potter e i suoi erano su una scopa, stavano fuggendo, ma lui non voleva morire…
Potter si abbassò, trascinandoselo sulla scopa, mentre Weasley e la Granger presero Goyle.
“La porta, vai alla porta, la porta!” urlò Draco, con ancora la paura di morire addosso.
Ma Harry virò, deviando.
Cosa fai, cosa fai? La porta è di là!”
Nemmeno Potter poteva essere così stupido da non mettersi in salvo subito. Il ragazzo, però, agganciò qualcosa al braccio e si diresse di volata verso la porta.
Uscirono e si schiantarono contro il muro e l’aria fresca e pulita fu come una benedizione per Draco. Rimase steso a terra, poi si ricordò di qualcosa e, tossicchiando, cercò di parlare.
“T-tiger… T-tiger…”
“E’ morto.” gli rispose Weasley.
Rimasero così per un tempo che parve infinito, cercando di riprendersi.
Draco alzò appena la testa quando una marea di fantasmi li sorpassarono, poi tornò a piegarsi, esausto, sul pavimento. Era conscio che i tre stavano parlando di qualcosa, anche se lui non riusciva a capire; era conscio che anche lui doveva dire qualcosa a Potter, anche se non si ricordava cosa…
Poi, all’improvviso, l’illuminazione. Non poteva permettersi di restare lì come un pesce lesso.
Si alzò di scatto, afferrò la manica di Potter e fece per parlare.
“Potter, ascolta, devi cercare Piton e starlo a sentire, lui ti deve dire una cosa, è importante…”
Fu interrotto da altre urla: videro altri due Weasley – un gemello e quello che doveva essere Percy – arretrare mentre combattevano contro due Mangiamorte. Ad uno dei due cadde il cappuccio, rivelando l’attuale Ministro della Magia. Evidentemente sotto Imperius.
“Ah, Ministro!” esclamò Percy “Le ho detto che do le dimissioni?”
“Hai fatto una battuta, Perce!” rise il gemello “Hai davvero fatto una battuta… L’ultima che ti avevo sentito fare era…”
Ma non finì mai la frase. Il mondo esplose ancora attorno a loro, e si sentì solo un “Protego” urlato da lontano, che non gli impedì comunque di perdere la presa su Potter e di scivolare all’indietro.
Quando la nube si dissolse, tutti loro si guardarono in giro, spaesati.
“Giù!” urlò di nuovo la voce, e i ragazzi si apprestarono ad uscire dalla linea di tiro.
Quando si rialzarono, scoprirono davanti a loro il professor Piton.
Lei!” urlò Potter, stravolto dalla rabbia.
“Potter, ascoltami.” disse lui, calmo ma pallido
“Ah! Ascoltarla! Perché dovrei?!”
“Ho un messaggio da parte di Albus Silente.”
Piombò il silenzio. I Weasley, la Granger e Potter lo guardavano con astio. Draco decise di intervenire. Si riavvicinò a Potter e gli prese di nuovo la manica della maglia.
“Potter, è quello che cercavo di dirti prima.”
“Malfoy! Sì, quando cercavi di dirglielo? Mentre il tuo simpatico amico cercava di farci fuori?”
Era stato Weasley a parlare.
“Non sono riuscito a scollarmeli di dosso! Ho cercato di proteggervi, non so se tu te ne sia accorto! Faccio anch’io parte dell’Ordine, adesso!”
Seguirono gli sguardi confusi del trio, a questa affermazione.
“E’ vero.” disse infine il gemello “La McGranitt ce lo aveva detto. Dovevamo avvertirvi, ma voi eravate via, così…”
Tu fai parte dell’Ordine?!”  chiese Harry, sconvolto. Poi guardò di nuovo Piton, che sembrava impaziente.
“Sì, Potter, fa parte dell’Ordine. E anche io ne faccio parte. Ora, puoi starmi a sentire?”
Non fecero a tempo a parlare, però, che sbucarono dei Mangiamorte alle loro spalle.
“E’ Potter! E’ lui!” esclamò uno di loro. Fece per colpire Potter, ma Piton lo afferrò e lo tirò in salvo. Draco, che era ancora attaccato alla sua maglia, li seguì in automatico.
Altri Mangiamorte apparvero, così i Weasley e la Granger si misero a dar battaglia, allontanandosi dal corridoio.
La Granger in realtà si girò per controllare dove fosse Potter, ma lui ormai era stato trascinato lontano e Draco la vide solo di sfuggita, prima di girarsi e rincorrerli.
“Mi lasci!” urlò Potter, cercando di liberarsi dalla presa di Piton.
“Non c’è tempo!” urlò lui.
Si diressero verso lo studio di Silente. Draco vide Harry premersi una mano sulla fronte, ad un certo punto, ed immaginò che la cicatrice gli facesse male.
“Senti, Potter, ti devi fidare di noi. Hai sentito anche il gemello, no?”
Potter lo fulminò con lo sguardo, per tutta risposta.
Arrivarono nello studio. Piton sembrava strano, sembrava che non sapesse come affrontare la situazione.
“Professore…” sussurrò Draco, cercando di spezzare la tensione.
Potter li osservava con astio.
Il quadro di Silente parlò.
“Severus, se vuoi che lui si fidi di te, dovrai dirgli tutto.”
Piton fece uno strano gesto con la testa, come per scacciare una mosca.
“Severus.”
L’uomo guardò allora il ritratto. Gli occhi dei due presidi si incontrarono per qualche secondo.
“Sentite, non so voi, ma io ho da fare. Con permesso, me ne va…”
“No.”
Era stato il professor Piton a parlare.
Mosse la bacchetta, così che il pensatoio volò dall’armadio in cui era riposto alla scrivania.
Poi, con un sospiro, premette la bacchetta sulla tempia e si tolse dei fili d’argento. Li lasciò cadere nel pensatoio.
“Potter, devi vederli. Subito. Promettimelo.”
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
“Perché, lei dove andrà? Non me li mostra?”
Piton strinse la labbra.
“No. Io vado… Vado a combattere.”
Detto questo, il professor Piton aprì la porta dello studio e sparì oltre.
“Severus!” urlò il ritratto di Albus Silente, per poi seguirlo e lasciarlo soli.
Passarono dei secondi interminabili.
Poi la voce del Signore Oscuro rimbombò fra le pareti.
“Avete combattuto valorosamente, Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. Ma avete subito pesanti perdite. Se continuerete a resistere, morirete tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni goccia di sangue magico versata è una perdita e uno spreco. Lord Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di ritirarsi, immediatamente. Avete un’ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i vostri feriti. Ora, Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te. Tu hai consentito che i tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un’ora non ti sarai consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti troverò e punirò fino all’ultimo uomo, donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un’ora.”
“Potter, secondo me ci conviene guardare.”
Il ragazzo si riprese.
“Ci?” chiese, alzando un sopracciglio.
“Senti, io con molta probabilità so cosa ti vuole mostrare e anche perché adesso si è defilato. Ma non conosco i dettagli, e sono curioso, ok? Severus Piton è il mio padrino. Se sono nell’Ordine, è anche merito suo: se non avessi scoperto il suo segreto, probabilmente avrei continuato la mia vita disgustato per quello che stavo diventando, ma senza vedere alternative. Merito anch’io di sapere, non credi?”
Potter sembrò profondamente toccato da quel discorso, tanto che corrugò la fronte e abbassò lo sguardo. Alla fine, comunque, scrollò le spalle e fece un cenno d’assenso.
Entrarono insieme nel pensatoio.
Il primo ricordo era quello di un Piton ragazzino. Era vestito in modo indecente e spiava due ragazze che giocavano sull’altalena; da come Potter sgranò gli occhi, Draco capì che aveva riconosciuto sua madre bambina.
Era una cosa straziante.
C’erano loro due da piccoli, amici. Il primo viaggio sul treno. L’incontro con James Potter. Lo smistamento. Qualche discussione. Poi c’era un ricordo dettagliato dove Potter e la sua banda torturavano il Piton ragazzo. Potter si tenne a distanza, come se conoscesse già quella scena, mentre lui, che non l’aveva mai vista, avanzò per sentire.
“… Schifosa Sanguesporco!”
Quelle parole lo fecero sussultare.
Poi la scena si riformò, e i due ragazzi assistettero al tentativo da parte di Piton di chiedere scusa.
E poi il resto. La profezia. Il suo appello disperato a Silente. La sua disperazione quando Lily era morta.
E il messaggio di Silente. Il ragazzo doveva morire. Draco si sentì per un attimo spiazzato. Era quello, dunque? Potter non gli piaceva, vero, però non per quello avrebbe desiderato la sua morte. Era l’unico modo per sconfiggere il Signore Oscuro? Sul serio? Subito sentì una grande pena.
La cerva d’argento. Potter sgranò gli occhi; forse per lui significava qualcosa.
“Sempre.”
Ora anche Draco, finalmente, capiva. Capiva davvero.
Uscirono dal pensatoio e per un lungo momento nessuno dei due seppe che dire.
“Potter…” provò lui.
“No.” rispose il ragazzo “No.” disse poi, più deciso.
“Potter, io…”
“Non dire niente.” strattonò il braccio, liberandosi dalla presa. Non si era neppure accorto che lo aveva afferrato.
“Va bene. Sto bene. Farò quello che devo.”
“Potter, sei sicuro? Non credi che…”
“Ho detto che va bene. Non seguirmi.”
Il ragazzo aprì la porta dello studio e si fiondò giù dalle scale. Draco cercò di seguirlo, ma giunto alla fine della scala a chiocciola non lo vide più. Probabilmente si era coperto con il mantello.
Non sapendo che altro fare, corse verso la Sala Grande.
Una volta arrivato, vide gente intenta a curare i feriti e a coprire i morti. Dei ragazzi stavano uscendo nel parco, cercando altri corpi o altre persone da salvare.
Lui si avvicinò ai Weasley, che si stavano dando da fare per aiutare gli altri. Fra loro c’era anche la Granger.
“Malfoy!” urlò lei, sorpresa di vederlo “Dov’è Harry?”
“… Non lo so.” rispose “L’ho perso di vista.”
Non sapeva perché stesse mentendo. O forse sì: Potter aveva fatto la sua scelta, lui doveva rispettarla. Avevano condiviso una cosa importante, il segreto di Piton. E il sacrificio di Potter era anche l’unico modo per uccidere il Signore Oscuro. Non sapeva bene cosa stesse provando.
“Malfoy.” disse la Granger, avvicinandosi di più “E’ andato? Dimmi la verità. E’ andato da V-Voldemort?”
Lui abbassò lo sguardo.
“Non lo so.” disse.
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, tanto che lo fecero star male.
“Cosa posso fare?” chiese quindi, cercando di cambiare discorso.
“Ehi!” li interruppe Weasley, venendo verso di loro “Che stai facendo ad Hermione?!”
Lei si asciugò gli occhi.
“Niente, Ron. Non è niente. Malfoy vuole solo rendersi utile.”
“E allora perché piangi?”
“No, davvero… Lui non c’entra… E’ solo, la guerra…”
Ron le mise un braccio attorno alle spalle e la strinse a sé.
Lo guardò con diffidenza.
“Se avvero vuoi renderti utile, potresti curare qualcuno.”
“Sono senza bacchetta.” rispose lui, ancora distratto dalla reazione della Granger. Se aveva intuito la verità, perché non dirlo a Wealsey e perché non andare a cercare di fermare Potter? Che avesse capito anche l’importanza di quel gesto?
“Allora puoi andar fuori e portar dentro i feriti… O i morti.”
Draco fece un gesto del capo e lasciò soli i due piccioncini. Passò accanto alla donna dai capelli rosa che aveva visto andare dietro ad Aberforth; era china sul corpo del professor Lupin e sussurrava una strana litania cercando di chiudergli le ferite, che però dovevano essere maledette. Le riconobbe istintivamente per ferite da Sectusempra, così si accucciò. Durante il suo addestramento da Mangiamorte, e soprattutto dopo lo spiacevole inconveniente dell’anno prima, aveva deciso di imparare alla perfezione l’incantesimo per la guarigione.
“Stai sbagliando.” le disse “Se lasci a fare a me, io conosco la formula.”
La donna le rivolse una strana occhiata, poi vide un altro fiotto di sangue uscire dalla ferite. Gli porse la bacchetta.
“Salvamelo.” disse solo, così Draco si mise all’opera.
Circa un quarto d’ora dopo le ferite si erano richiuse. Esausto, Draco porse alla donna la sua bacchetta. Lei era ancora pallida, ma sembrava un po’ rincuorata.
“Se gli date della Rimpolpasangue, non dovrebbe aver problemi…” stava dicendo.
“Tu sei Draco Malfoy?” gli chiese lei, interrompendolo.
“Sì, sono io.” rispose, spiazzato.
Lei sorrise, un sorriso stiracchiato.
“Sei mio cugino. Io sono Tonks… Ninfadora Tonks. Ma chiamami con il mio nome e sei morto.”
Draco sbatté le palpebre tre volte di fila. Non credeva che fosse proprio lei, la figlia della sorella di cui sua madre non parlava mai.
“Beh… Piacere di conoscerti. Io, ehm… Devo andar fuori per vedere se qualcuno ha bisogno…”
Lei annuì.
“Grazie.” sussurrò, prima di allontanarsi da Lupin e andare verso madama Chips. Probabilmente cercava la Rimpolpasangue.
Draco uscì all’aria aperta. Soffiava un vento leggero e lui si sentiva esausto.
Per un bel po’ di tempo non fece altro che trascinare feriti e morti dentro la Sala Grande. Alcuni corpi erano piccoli, davvero troppo piccoli. Ma quanti incoscienti erano rimasi, per combattere?
Lui non ce l’avrebbe mai fatta. Se fosse stato libero di scegliere, sicuramente se ne sarebbe andato il più lontano possibile.
Poi li vide. Avanzavano, uscendo dalla foresta, diretti verso di loro.
La voce di Volemort si sentì, come prima, in ogni angolo del castello.
“Harry Potter è morto. E’ stato ucciso. Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre voi davate la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione che il vostro eroe è caduto. Abbiamo vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti. I miei Mangiamorte vi superano in numero e il Ragazzo-che-è-sopravvissutto è morto. La guerra deve finire. Chiunque osi resistere , uomo, donna o bambino, verrà ucciso insieme a tutti i membri della sua famiglia. Uscite dal castello, ora, inginocchiatevi davanti a me e verrete risparmiati. I vostri genitori e i vostri figli, i vostri fratelli e sorelle vivranno e saranno perdonati, e vi unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo insieme.”
Lui arretrò nella scuola, in Sala Grande. Vide la gente agitarsi, spostare i feriti e cercare un posto sicuro. Poi, il delirio.
Corsero tutti fuori. Trovarono i Mangiamorte schierati, con Voldemort al centro. Hagrid aveva fra le mani il cadavere di Potter.
Draco sentì di nuovo lo stomaco contrarsi. Avrebbe vomitato, se lo sentiva. Non udì le parole del Signore Oscuro, non udì la risposta dei suoi compagni. I suoi occhi erano così fissi su Potter che fu il primo ad accorgersi, dopo che la battaglia fu di nuovo iniziata, che il ragazzo si era mosso e si era messo di nuovo il mantello dell’invisibilità.
Ma come, non era morto? Nonostante tutto, il sollievo lo pervase.
Ripiegò nel castello ed indietreggiò, dato che la battaglia stava infuriando di nuovo. Una schiera di Elfi Domestici si riversò dalle cucine, sorprendendolo.
Arretrò ancora in Sala Grande, capendo che era stata una pessima idea: qui la battaglia era ancora più cruenta. Vide i suoi genitori cercarlo e agitò le braccia, facendogli segno. Narcissa quasi svenne di sollievo quando riuscì ad individuarlo, ed arrancò verso di lui come se fosse l’unica cosa importante.
“Draco!” esclamò, la voce rotta, prima di soffocarlo in un abbraccio.
Draco non aveva mai visto sua madre così preoccupata. Anche Lucius non scherzava: era pallido e li raggiunse subito dopo, tremando.
“Draco, si può sapere dove eri finito?”
Ma prima che potesse dare delle spiegazioni; prima che potesse dire qualsiasi cosa, Potter sbucò nel mezzo della Sala Grande. Tutti ammutolirono, mentre il prescelto e il Signore Oscuro si confrontavano…
“Non voglio aiuto.” disse Potter “Deve andare così. Devo essere io.”
“Potter non voleva dire questo. Non è così che ci si comporta, vero? Chi userai come scudo oggi, Potter?”
“Nessuno. Non ci sono altri Horcrux. Siamo solo tu ed io. Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive,e uno di noi sta per andarsene per sempre…”
“Uno di noi? Pensi che sarai tu, vero, il Ragazzo-che-è-sopravvissuto per caso, solo perché Silente tirava i fili?”
“E’ stato un caso quando mia madre morì per salvarmi? Un caso che io abbia deciso di combattere in quel cimitero? Un caso che io non mi sia difeso questa notte, eppure sia sopravvissuto, e tornato per combattere di nuovo?”
Casi!” urlò il Signore Oscuro, in preda alla rabbia “Casi e fortuna il fatto che ti sia rannicchiato a frignare dietro le gonne di uomini e donne più grandi di te, e hai lasciato che io li uccidessi al posto tuo!”
“Non ucciderai nessun altro questa notte. Non puoi uccidere nessuno di loro, mai più. Non capisci? Ero pronto a morire per impedirti di far male a queste persone…”
“Ma non l’hai fatto!”
“… Era mia intenzione, ed è questo che importa. Ho fatto quello che ha fatto mia madre. Sono protetti da te. Non hai notato che nessuno dei tuoi incantesimi funziona su di loro? Non puoi torturarli. Non puoi toccarli. Non impari dai tuoi errori, Riddle, vero?”
Tu osi…”
“Sì, io oso. Io so cose che tu non sai, Tom Riddle. Io so molte cose importanti che tu non sai. Vuoi sentirne qualcuna, prima di commettere un altro grosso errore?”
Il Signore Oscuro rimase in silenzio, muovendosi in cerchio e non togliendo gli occhi di dosso da Harry.
“E’ di nuovo l’amore?” chiese infine “La soluzione preferita da Silente, l’amore, che a sentir lui vince la morte. Ma l’amore non gli ha impedito di cadere dalla Torre e andare in pezzi come una vecchia statuina di cera. L’amore non ha impedito a me di schiacciare quella Sanguesporco di tua madre come uno scarafaggio, Potter… E pare che nessuno ti ami abbastanza da farsi avanti, questa volta, a prendersi la mia maledizione. Quindi cosa ti impedirà di morire adesso, quando colpirò.”
“Una sola cosa.”
“Se non è l’amore che ti salverà, questa volta, devi credere di avere una magia che io non ho, o un’arma più potente della mia.”
“Credo entrambe le cose.”
“Tu credi di conoscere più magie di me? Di Lord Voldemort, che ha compiuto magie che Silente stesso non si era nemmeno sognato?”
“Oh, se l’era sognato eccome. Ma lui ne sapeva più di te, abbastanza da non fare quello che hai fatto tu.”
“Vuol dire che era un debole! Troppo debole per osare, troppo debole per prendere ciò che avrebbe dovuto essere suo e invece sarà mio!”
“No, era più intelligente di te. Era un mago migliore, un uomo migliore.”
“Io ho provocato la morte di Albus Silente!”
“E’ quello che credi. Ma ti sbagli.”
Draco sentì praticamente tutti trattenere il fiato.
Silente è morto! Il suo corpo marcisce nella tomba di marmo vicino a questo castello, io l’ho visto, Potter, e non tornerà!”
“Certo, Silente è morto. Ma non l’hai fatto uccidere tu. Ha scelto lui come morire, con mesi e mesi d’anticipo, ha programmato tutto con l’uomo che credevi fosse il tuo servo.”
“Che sogno infantile è questo?”
“Severus Piton non era tuo, non lo è mai stato.”
Il Signore Oscuro lo fissò per qualche istante, infine scoppiò a ridere.
“Non ha importanza! Non ha importanza se Piton fosse mio o di Silente! Oh, ma tutto torna, e in modi che tu non comprendi! Silente stava cercando di tenere lontana da me la Bacchetta di Sambuco! Voleva che fosse Piton il vero padrone della Bacchetta… Ma io sono arrivato prima di te, ragazzino… Ho capito la verità prima di te.”
“Sì, è vero. Hai ragione. Ma prima che tu provi ad uccidermi, ti consiglio di pensare a quello che hai fatto… Pensaci, e cerca in te un po’ di rimorso, Riddle…”
“Che cosa?”
“E’ la tua ultima possibilità. Tutto ciò che ti resta… Ho visto quello che sarai altrimenti… Sii un uomo… Cerca… Cerca un po’ di rimorso…”
“Tu osi…?”
“Sì, io oso. Quella bacchetta non funziona ancora bene, e non perché tu non sei riuscito ad uccidere Piton. Severus Piton non è mai stato il vero padrone della Bacchetta di Sambuco. Non ha mai sconfitto Silente.”
“L’ha ucciso…”
“Non mi ascolti? Piton non ha mai sconfitto Silente! Hanno deciso insieme la sua morte! Silente voleva morire imbattuto, essere l’ultimo vero padrone della Bacchetta! Se tutto fosse andato come previsto, il potere della Bacchetta sarebbe morto con lui, perché non gli sarebbe mai stata vinta!”
“Ma allora, Potter, è come se Silente l’avesse consegnata a me! Io ho rubato la Bacchetta dalla tomba del suo ultimo padrone! Io l’ho portata via contro il desiderio del suo ultimo padrone! Il suo potere è mio!”
“Ancora non capisci, Riddle? Possedere la Bacchetta non basta! Tenerla, usarla, non la rende davvero tua. Non hai sentito Olivander? E’ la bacchetta a scegliere il mago… La Bacchetta di Sambuco ha riconosciuto un nuovo padrone prima della morte di Silente, qualcuno che non l’ha nemmeno sfiorata. Il nuovo padrone ha tolto la Bacchetta a Silente contro la sua volontà, senza mai capite cosa aveva fatto, o che la bacchetta più pericolosa del mondo gli aveva offerto la sua obbedienza…”
Se lo sentiva. Draco era pervaso da quel senso di vittoria e aspettativa; lo stesso che l’aveva assalito guardando le foto di Lily Evans e James Potter su quel vecchio annuario.
“Il vero padrone della Bacchetta di Sambuco era Draco Malfoy.”
Eccola, infine, la verità. Lui aveva disarmato Silente. E se quello che diceva Potter era vero, se quella era la Baccchetta più potente del mondo… Allora…
“Ma che importanza ha?” chiese il Signore Oscuro “Anche se tu avessi ragione, Potter, non farebbe alcuna differenza per te e me. Non hai più la bacchetta di fenice: il nostro sarà un duello di pura abilità… E dopo che avrò ucciso te, potrò occuparmi di Draco Malfoy…”
Draco si sentì stringere di più da Narcissa. Pregò affinché Potter vincesse lo scontro: non ci teneva a morire, no davvero.
“E’ troppo tardi.” osservò Harry “Hai perso l’occasione. Sono arrivato prima io. Ho battuto Draco settimane fa. Gli ho portato via questa.”
Agitò la Bacchetta, e Draco si sentì, per un attimo, rincuorato. Allora, forse, c’era davvero una speranza… Allora tutto aveva un senso, dopotutto…
“Quindi è tutto qui, capisci? La bacchetta che hai in mano sa che il suo ultimo proprietario è stato Disarmato? Perché se lo sa… Sono io il vero proprietario della Bacchetta di Sambuco.”
Rosso. Uno spicchio di sole era entrato dalle finestre, segno che l’alba era arrivata.
Ancora un attimo di sospensione. E poi…
“Avada Kedavra!”
“Expelliarmus!”
E tutto finì. Il Signore Oscuro cadde, colpito dal rimbalzo del suo stesso incantesimo. Era morto.
La folla esplose. Tutti andarono verso Harry, lo abbracciarono, lo circondarono… Un susseguirsi di persone infinito, mentre sua madre sospirava di sollievo e suo padre cercava un posto per sedersi.
Alla fine, dopo che la maggior parte delle persone si fu allontanato, fu il turno di Draco di andare da Potter.
“Ehi, sfregiato!” gli disse, avvicinandosi “Hai qualcosa di mio.”
Lui gli sorrise.
“Oh, sì. E mi è stata molto utile.” rispose, tendendogli la sua bacchetta.
Draco la prese.
In quel momento si fece avanti anche Severus Piton.
L’insegnante aveva un’espressione indefinibile sul viso. Tutti quelli che erano intorno a Potter – i suoi fidati amici, Lunatica Lovegood, un tizio nero e la McGranitt – si bloccarono e lo guardarono.
“Grazie.” disse infine, la voce roca, quasi commossa.
Harry si avvicinò e sorrise, dolce.
“Combattevamo la stessa battaglia, professore.”
Lo sguardo di tutti era confuso.
Il professor Piton fece un cenno, poi si girò e fece per andarsene, verso le porte della Sala Grande.
Narcissa li raggiunse prima che Piton uscisse dalla Sala.
“Sai.” disse infine la McGranitt “Non ho ancora capito perché stava dalla nostra parte.”
“Come no?” esclamò Draco, ammonito da un’occhiata di Potter.
“Intendi dire che tu lo sai, Draco?” gli chiese sua madre.
Lui osservò il professore uscire dalla Sala, investito dalla luce rossa dell’alba. Chissà se l’avrebbero mai rivisto. Forse, prima o poi… Vide la luce colpirlo e pensò che non c’era uscita di scena migliore, per lui.
“Certo che lo so. In realtà me l’hai detto proprio tu, madre, non ricordi?”
“Io?”
Un’atra occhiata a Potter, che stavolta era curioso e basta.
“… E’ stato il suo sole a guidarlo nella direzione giusta, no?” rispose, vago, continuando a guardare il punto dove Severus Piton era scomparso “Il suo sole rosso.”

   
 
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