Capitolo 57: Il fiore e…
Karin si sentì improvvisamente debole, allora capì: Nami
era in pericolo.
La motivazione poteva essere che la navigatrice fosse in quel mondo da
troppo tempo ormai. Non sapeva dire quanto fosse trascorso dall’ingresso della
ragazza, al suo unirsi a quell’avventura per aiutarla nel caso si fosse reso
necessario, ma dovette intuire che il tempo cominciava a scarseggiare.
Cominciò a correre, chiamando la ragazza nella speranza che ella le
rispondesse.
Non sentì la sua voce e dopo aver girovagato a lungo a vuoto, la trovò.
Si era persa in una di quelle fasce senza gravità. Esse erano proprio come
le fasce di bonaccia, una volta al loro interno non lasciavano scampo. La vide
volteggiare nel vuoto come ipnotizzata da qualcosa, probabilmente dal suo
sogno, quello che il mondo rubava quando cominciava ad assorbire l’essenza di una
persona.
Karin raggiunse il luogo più prossimo a lei. Riuscì a tirarla via da quella
trappola, ma ella era svenuta. La ragazzina non si preoccupò di svegliarla
delicatamente, ma con un ceffone in piena guancia, la destò e la navigatrice,
svegliatasi di colpo, le tirò un pugno in faccia come reazione di difesa.
Nami si guardò intorno con il pugno ancora ben
sestato sul viso della ragazzina. Ci mise un secondo, ma si ricordò cosa era
intenta a fare.
“Rufy!” urlò alzandosi in piedi “C-cosa è
successo? È come se mi fossi assentata per un po’” disse la navigatrice.
Karin si massaggio il naso, dicendo “Ti eri persa in una zona senza
gravità. È una delle insidie di questo posto e se ci cadi dentro…nessuno può
scapparvi!” le spiegò indicandogli la zona dove ella si trovava poco prima.
Nami guardò e si sorprese della distanza. “Come
diavolo hai fatto a tirarmi via di là?”
Karin alzò le spalle “Credi davvero che io sia così sprovveduta e che abbia iniziato questa
avventura senza qualche armamento?” Sbuffò “Ora muoviamoci, il tempo a tua
disposizione sta scadendo!” disse Karin alzandosi.
“Hai detto che non sai quanto sia il tempo che si ha a disposizione qui
dentro…come fa a…”
Karin chiuse gli occhi “Per favore Nami, per una
volta fidati di me!”
La navigatrice che fino a quel momento aveva detestato la presenza di Karin
all’interno della loro ciurma, provò un certo senso di tenerezza. Non seppe
nemmeno lei spiegarsi il perché, ma il suo voler aiutare Rufy
e gli altri, era un buon motivo per cominciare a sopportarla.
Karin e Nami proseguirono insieme a passo
spedito. Si guardarono intorno, ma non vedevano nessun fiore, tanto che Nami cominciò a temere che quella pianta miracolora, fosse solo una leggenda, ma Karin poteva
assicurarle che non era così. Lei lo aveva visto, lo aveva toccato e usato.
Saltavano da una specie di roccia
all’altra, ma queste non erano dure, piuttosto morbide.
Nami le avrebbe definite rocce fatte di
lattice. Di roccioso infatti non avevano niente, se non la forma che da lontano
sembravano proprio pietre fluttuanti che formavano una scala.
Improvvisamente, mentre arrivavano su una piattaforma larga abbastanza da
contenere entrambe le ragazze, qualcosa sfrecciò vicino a, procurandole un
taglio alla gamba.
Karin si girò e spalancò gli occhi quando vide un qualcosa di natura
sconosciuta, sparare aculei da quella che poteva essere la bocca. Quell’essere
non sembrava avere occhi e probabilmente sentiva la presenza di estranei dall’olfatto
o dall’udito. Sembrava un fluido gelatinoso che cambiava colore e forma ogni
secondo.
“Che cos’è quello?” disse Nami schifata.
“Credo che sia un microrganismo di questo luogo. Non c’è vita intelligente
in questo posto, ma come è successo nel nostro mondo, forse tra miliardi di
anni, quella cosa si trasformerà in qualcosa in grado di pensare e comunicare…una
sorte di essere umano. A Robin sta cosa affascinerebbe!” disse Karin,
disgustata anch’ella da quell’obbrobrio in quanto le ricordava certi scarti
dell’essere umano.
Quell’essere provò nuovamente ad attaccare e le due ragazze, nel tentativo
di scappare, si accorsero che da lì in poi non si proseguiva, se non buttandosi
in nel vuoto dove non sarebbero mai più, né salite, né cadute.
Più aculei velenosi vennero lanciati e Nami
chiuse gli occhi in attesa di essere colpita.
Karin la spinse facendola cadere oltre il bordo, venendo colpita al suo
posto. Nami grazie ai suoi riflessi ben sviluppati,
riuscì ad aggrapparsi alla piattaforma e tirarsi su e fu shoccata
nel vedere Karin a terra ansimante.
Nami in quel momento si arrabbiò non poco e non avendo il climac
attack dietro
di sé, questo ancora in mano alla marina, fece solo una cosa. Prese un respiro
profondo e cominciò ad urlare più forte che poteva. Sperava vivamente che il
suo piano funzionasse. Infatti, quell’essere dall’udito sviluppato cominciarono
a tremare, finchè, grazie anche all’eco di quel luogo
che faceva da amplificatore alla voce di Nami, esplose
dividendosi in tanti piccoli microrganismi, che non poterono più recare danni
alle due ragazze.
Nami si chinò su Karin per vedere le sue
condizioni. Lei era l’unica a conoscere veramente il rimedio per curare i suoi
compagni e se fosse morta in quel luogo, non se lo sarebbe mai perdonato.
Vedeva l’affanno della ragazza e non si sorprese di questo fatto dato che
mentre cadeva oltre il bordo, aveva visto gli aculei colpirla al petto e al
braccio destro, proprio sul punto in cui aveva la fasciatura.
Nami spalancò gli occhi quando tolse la benda,
trovandovi sotto di essa il tatuaggio che tutti i componenti della ciurma di Mugiwara avevano.
“M-ma c-chi sei tu veramente?” chiese Nami
osservandola, cominciando a collegare alcune cose, tra cui il colore dei
capelli della ragazza….lo stesso colore che aveva lei.
“Bhe Nami, credevo
f-fossi più sveglia!” disse Karin sorridendo.
Nami si portò le mani alla bocca e disse “U-umi!”
La ragazzina sorrise prima di stringere gli occhi e cercando di respirare.
Nami allarmata la mise a pancia in su, ma
quello che vide la lasciò nuovamente sconvolta. Non vi era niente nel centro
del petto della ragazza. Non vi erano aculei, non vi era la maglia e non vi era
il corpo. Sembrava che la ragazza avesse un enorme buco al centro che sfumava
man mano che si allontanava verso i lati per poi riprendere la colorazione
della maglia.
“Umi…tu…ma cosa…” Nami non sapeva cosa dire, non
sapeva cosa pensare, l’unica cosa che aveva nella teste era che davanti a sé aveva
sua figlia.
“Nami…d-devi muoverti…io non resisterò a lungo…s-sto
s-scomparendo e…” cominciò la ragazzina.
“No, non te lo permetterò mai. Non puoi venire qui, farmi scoprire di essere
mia figlia pochi secondi prima di andartene!” disse Nami
cominciando ad avere la vista offuscata a causa delle lacrime.
Umi sorrise “Mi viene d-da ridere a…a
p-pensare che se f-fossi tornata a casa…mi avresti f-fatto sparire!”
Umi chiuse gli occhi, facendo temere il peggio alla navigatrice.
“Umi!” la chiamò.
“Sbrigati Nami…se v-vuoi puoi ancora s-salvarmi e
s-salvare p-papà. Stai per essere assorbita da questo mondo e appena cesserai
di esistere…io scomparirò per sempre e non solo qui, ma anche nel mio tempo…il
fiore lo abbiamo t-trovato!” disse Umi continuando a fissare sopra di sé.
Nami alzò lo sguardo e lo vide, in tutta la sua bellezza. “C’è ne
sono due!”
“P-perfetto!” disse Umi chiedendo a Nami di
aiutarla a metterla a sedere.
“Ma che fai? Non ti sforzare…”
“C-come pensi di arrivare l-lassù senza il mio a-aiuto? Ti prego…voglio
salvare papà…l’ho promesso ad A-Ace!” disse la ragazzina con gli occhi umidi
dal pianto.
Nami sussultò al nome del suo secondo figlio e
non potè non accontentarla. Umi, raccogliendo le sue
ultime forze, allungò le braccia e riuscì nell’intento di raccogliere i fiori.
Nami prese e si congratulò con la ragazzina,
che ormai priva di forze e sempre più pallida, aveva chiuso gli occhi perdendo
i sensi, sebbene avesse un dolce sorriso sulle labbra.
Nami si morse le labbra e tenendo stretta i
fiori con la mano sinistra, si caricò Umi sulle spalle.
“Se puoi sentirmi…tieni duro o mi te
la farò pagare!” disse Nami guardando la ragazzina
con la coda dell’occhio, che aveva la testa appoggiata alla spalla destra della
navigatrice.
“Che diavolo…ci stanno mettendo un’eternità!” disse Usopp
spazientito.
“Ci metteranno il tempo che devono!” disse Zoro “Nami
non lascerà morire Rufy e nemmeno quella mocciosa…se
ha in parte il carattere determinato si sua madre e la fortuna che ha sua padre
dal tirarsi fuori dai guai…saranno qui a momenti!”
“Amico, ma di cosa stai parlando?” chiese Franky,
appoggiato da Usopp.
Sanji invece non disse niente, avendo anche lui
formulato qualche teoria sull’identità di quella ragazzina “Allora è come
pensavo io!”
“Ma di che parlate?” chiese Usopp.
“Ragazzi!” si sentì un urlo provenire da dentro il portale e, poco dopo, Nami spuntò fuori con un salto, cadendo malamente a terra e
con lei anche Umi.
“Nami, che cosa è successo?” chiesero, vedendo la
ragazzina pallida che lentamente sembrava riacquistare corpo.
Nami le si affiancò e la chiamò ripetutamente.
“Umi…dove ho già sentito sto nome?” chiese Usopp
prima di avere una folgorazione “Quella Umi? La figlia tua e di Rufy?” chiese spalancando la bocca a dismisura. “Come avete
fatto a capirlo?”
“Dal suo sorriso, uguale a quello di Rufy!” disse
Zoro incrociando le braccia.
“Dai capelli e dal corpo…ha la stesso bel fisico di Nami!”
disse Sanji, beccandosi un pugno in testa dalla navigatrice
che con i denti aguzzi gli urlò “Non ti azzardare mai più a guardare mia figlia
in quel modo…pervertito!”
Si sentì una risata. Umi si era ripresa e sebbene fosse ancora stordita era
pronta per mettersi all’opera e creare l’antidoto che avrebbe salvato suo
padre, Chopper e Robin.
Ecco qua, dopo due giorni torno ad aggiornare!!! Ammetto che l’inizio
mi sembra un po’ campato in aria, ma la fine mi piace un casino, anche se non
so se sono riuscita ad esprimere esattamente le immagini che io avevo in mente,
ma spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso…
Ditemi, avevate capito chi era Karin?
Fatemi sapere
E come sempre…alla prossima.
Sayounaraaaa
Neko =^_^=