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Autore: Yuffietheninja    09/07/2013    2 recensioni
Una giovane ninja che ha sempre cercato la felicità ... Ma un giorno, la sua vita cambierà, e nulla sarà più come prima. Il suo viaggio la porterà a scoprire i segreti del Pianeta, della vita e del proprio cuore.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Un po' tutti, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
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Capitolo 5 – Incidenti di percorso

Il mattino seguente fu esattamente ciò che si può definire come “amaro risveglio”. A messo e non concesso che fuori il tempo fosse stato non dico bello, ma quantomeno decente, avrei comunque avuto il problema di quei sogni. Cominciavo seriamente a dubitare del livello di sanità della mia psiche, specialmente dopo il dialogo avuto con me stessa. Ok, bene, è un sogno, mondo onirico, detto in termini aulici (parole che non userò mai e poi mai in vita mia), ma la cosa rimaneva bizzarra. E bizzarra a mio avviso è comunque poco. Come al solito ero l’ultima ad aprire gli occhi, e mi chiedevo perché nessun’anima pia si degnasse di svegliarmi ad un orario decente.

Mi preparai di corsa, dedicando buona parte del mio tempo a sistemarmi i capelli che, dannazione, erano ridotti ogni giorno peggio. Non mi andava proprio a genio come cosa, solo quello mi metteva una rabbia immensa. Recuperai le mie cose nella stanza: shuriken, oggetti vari, materia … Ero un po’ scarsa per quanto riguarda quest’ultimo punto, avevo in dotazione solo la mia fedele Throw Materia più un paio di altre biglie concessemi gentilmente perché “Non si sa mai, potrebbero tornarti utili”. Grazie, mister simpatia.

Uscii dalla locanda, trovando come al solito tutti già pronti a partire. In effetti, ero un po’ imbarazzata dal fatto di arrivare sempre tardi, pur essendo io il ritardo fatto persona. Non a caso, quando c’era da andare da qualche parte, papà mi svegliava sempre 30 minuti prima, dato il tempo che ci mettevo a prepararmi. Ce ne andammo da Gongaga, montando in fretta sulla Buggy, dato che stava per venire un diluvio di quelli che non vedevo da secoli.

 

Quella giornata fu molto particolare. Non c’erano città o villaggi in vista, perciò passammo buona parte del tempo a viaggiare sulla Buggy, alla guida della quale si alternavano Cloud e Barret. Mi misi in un angolo a sonnecchiare, quando ad un certo punto Aerith mi venne a svegliare.

“Ehi, Yuffie, che ne dici di venire un po’ a chiacchierare con noi? Vogliamo fare un po’ di conversazione, giusto per passare il tempo” mi disse. Non avevo nulla da perdere, così la seguii. Il gruppo si divise praticamente in due: da una parte noi ragazze, dall’altra gli uomini più l’essere asessuato, o comunque del quale non mi interessava il genere. Non mi importa sapere se i gatti robotici sono maschi o femmine, diciamo che per canone, e per sua precisazione, avevamo stabilito che fosse un maschio.

“Allora, ora che siamo senza i ragazzi possiamo parlare di qualunque cosa, no?” disse la fioraia con un sorrisetto.

“Già, a quanto pare siamo finalmente da sole! Yuffie, è la prima volta che ci sei anche tu con noi, cercheremo di non andarci giù pesante” al che mi preoccupai un po’, non volevo sapere in che cosa andavano giù pesante di solito.

“Dunque, avevamo già esaminato Rufus … Chi è il prossimo?” dedussi che le ragazze nel loro tempo da sole parlavano di ragazzi, dato che Rufus era sì un verme della Shinra, ma pur sempre un “essere umano di sesso maschile”.

“Hmm … Che ne dici di Rude?”.

“Se non erro, Rude era quel Turk con la pelata … Avevo sentito mentre spettegolava con il rosso che ha un debole per te, Tifa” dissi. Non mi piaceva molto sentire pettegolezzi su di me, ma quando si trattava di spettegolare sugli altri mi divertivo molto.

“Chi è il rosso? Reno?” chiese Aerith, mentre Tifa rimase perplessa dalla mia affermazione.

“Sì, lui. Cielo, quello è palesemente tinto … E poi, hai visto che capelli? Sembra quasi una moda”. Mentre lo dicevo, buttai un occhio sul biondo.

Sì, sembra essere una moda all’interno della Shinra.

“Sì, ma a parte i capelli, non è male” disse Tifa dopo aver fatto mente locale su Rude. Forse aveva escluso l’idea di farci un pensierino. In effetti, Rude non era esattamente ciò che si può definire lo stereotipo di bellezza.

“In effetti è carino … Però Yuffie ha ragione, i capelli sembrano finti. No, io lo boccerei”.

“Sono d’accordo con Aerith, per me è out”.

“Ok, ok, andiamo avanti. Chi è il prossimo?” domandò la barista.

“Ehi, non correre, se non sbaglio non avevamo ancora finito con Rude” puntualizzai.

“Rude ha un bel fisico … Peccato per la pelata, altrimenti sarebbe stato decente” osservò Aerith.

“Vogliamo parlare del fatto che ha sempre degli occhiali da sole? Non so, ma se non vedo gli occhi non mi esprimo”. Questa me la potevo risparmiare. Ok, sì, in un ragazzo mi potevano piacere gli occhi, ma bocciare uno perché porta sempre gli occhiali …

“Non saprei, io non lo butterei via”.

“Tifa, tu non bocci quasi mai nessuno! Qualche volta devi ammettere anche i difetti degli uomini!”. La filosofia di Aerith mi intrigava molto, aveva pienamente ragione.

“Bene, passiamo oltre … A chi tocca?” mi cominciavo ad appassionare a questa discussione, tra l’altro era piacevole stare con loro due.

“Che ne dite di Sephiroth?”. Tifa stava per cominciare a inveire contro il SOLDIER di prima classe, perciò preferimmo passare oltre, optando per un altro SOLDIER di prima classe. Sentivo che la mia fine era vicina, per un attimo mi ero dimenticata gli avvenimenti dei giorni precedenti e lo avevo eliminato dalla lista dei ragazzi. Dovevo trovare una via di fuga.

“Ragazze, non mi pare il caso di prendere in esame né Cloud né Barret … Insomma, sono lì, potrebbero sentirci”.

“Ma che t’importa, non ci sentiranno mai, non vedi come chiacchierano per conto loro?”. Mi girai, ed in effetti, Tifa aveva ragione, erano tranquillamente immersi nei loro discorsi.

“E poi, Cloud è forse il soggetto più interessante!”. Le affermazioni di Aerith erano spesso fraintendibili, nel senso che se ascoltate una seconda volta, avrebbero lasciato adito a dubbi. Molti dubbi.

“Aerith, solo per il fatto che a Wall Market è successo quello che è successo …”.

“Frena, frena, frena. Che cos’è successo a Wall Market?”.

“Oh, niente, Cloud si è SOLO vestito da donna”. Tifa guardò Aerith allucinata. Io spalancai gli occhi.

“CHE COSA?! CLOUD VESTITO DA DONNA?!”. Le mie grida raggiunsero le orecchie dell’interessato in una frazione di secondo, lasciandolo talmente di stucco che inchiodò la Buggy nel bel mezzo delle pianure di Gongaga.

“Che cos’hai fatto?!” il coro di voci di Barret e Cait Sith peggiorò la situazione. Red XIII si astenne, non sapeva che differenza ci fosse negli indumenti umani, mentre Cait scoppiò in una fragorosa ristata. Barret continuava a cercare spiegazioni, Aerith sembrava basita dal fatto che io avessi urlato una cosa del genere, Tifa sembrò arrabbiarsi per la mia uscita e io … mi sarei voluta sotterrare. Non era esattamente il tipo di cosa che volevo fare, specialmente dopo essermi resa conto che la metà del gruppo non ne era a conoscenza. Avevo fissato il pavimento ascoltando le risate del gatto proseguire per un buon lasso di tempo, senza accorgermi che le mie guance erano diventate completamente rosse. Alzai leggermente lo sguardo, solo per accorgermi che le gote del biondo erano ancora più rosse delle mie. Aerith cercò dunque di spiegare la cosa, dicendo che Tifa era sotto le grinfie di Don Corneo, una specie di boss mafioso dei bassifondi, e che l’unico modo per salvarla era infiltrarsi nella residenza del Don. Purtroppo il Don accettava solo donzelle alla ricerca di un marito (o anche donne di facili costumi, o donne in generale) e per entrare nel palazzo Cloud si era vestito da donna. Barret continuò ad insistere un po’ per sapere in dettaglio tutti i capi di abbigliamento indossati da “Miss Cloud”, ma Aerith non volle cedere. Fu categorica su questo punto. Solo dopo, in privato, mi disse con minuzia di particolari il set completo: parrucca con trecce, abito viola di seta con tanto di fiocco rosso, colonia, tiara, trucco e … ciò che disse dopo mi sconvolse come non mai, tanto che lei stessa mi squadrò da testa a piedi, evidentemente pensava che mi sarei messa a ridere. Cloud si era messo in lingerie. Stavo per svenire. Tifa se la prese con Aerith, dicendo che non c’era bisogno di aggiungere questo dettaglio. Io nel frattempo ero come pietrificata.

Dopo essermi ripresa dallo shock, continuammo la discussione, e non c’era verso di far cambiare idea ad Aerith, dovevamo proprio parlare di LUI, che nel frattempo aveva ceduto il posto alla guida a Barret e si era messo da parte con Red XIII, che riteneva “l’unico sano di mente qui dentro”.

“Secondo me dovrebbe cambiare taglio di capelli, per il resto, direi che è un bel ragazzo, non c’è che dire”. Tifa annuì convinta per quanto riguardava la seconda parte, poi le ragazze chiesero la mia opinione. Non sapevo cosa dire. In quel momento ero completamente fuori di testa, così non riuscii a controllarmi e feci un affermazione che lasciò sconvolta anche me.

“Mi piace”. Al che le ragazze mi guardarono stupefatte. Mi resi conto in un secondo momento di quello che era uscito dalla mia bocca, e trovai una scappatoia.

“Ma che diamine avete capito?! I-Intendevo che è un bel ragazzo, anche se non lo sopporto!” proferii tutto d’un fiato, tentando di nascondere il fatto che fossi diventata più rossa delle pareti esterne della Buggy.

“In effetti mi pareva strano, non fate altro che litigare” osservò la fioraia. Mi ero salvata.

Questa è l’ultima volta che faccio le cose senza pensare.

“Ok, siamo d’accordo sul fatto che è un bel ragazzo … Ora, cosa vi piace di più di lui?” Tifa non voleva mollare, per una volta che eravamo tutte d’accordo voleva andare fino in fondo.

“Andiamo, stai scherzando, vero?”.

“No, sono seria. Tanto non abbiamo niente da nascondere, fra di noi possiamo dire quello che vogliamo”.

“Ok, comincio io! Vediamo … A me piace il suo carattere. Insomma, è sempre così serio e controllato …”. Aerith aveva detto la sua, ora toccava Tifa.

“A me ti dirò, non dispiacciono i suoi capelli. E poi, di biondi naturali così se ne trovano pochi!”.

Toccava a me. Quelle due cominciarono a fissarmi, in attesa di una risposta. I loro occhi mi fissavano, da una parte verdi, dall’altra rossi. Fui costretta a rispondere.

“M-Mi piacciono … i suoi occhi”.

Ecco, l’ho detto.

Le ragazze ricollegarono questo discorso a quello che avevo detto prima su Rude, del fatto degli occhiali, spiegandosi il perché della mia affermazione. In realtà, le due cose non erano per nulla collegate.

“Beh, in effetti anche i suoi occhi non sono male …” commentò la barista.

“Sì, ma se ci pensi è grazie al Mako che ha quegli occhi … tutti nei SOLDIER hanno gli occhi di quel colore”.

Mentre le due discutevano su questo, io cambiai zona, andando a sedermi da sola nell’angolo in cui sonnecchiavo a inizio viaggio. Non volevo in alcun modo partecipare oltre a quel discorso, avevo già fatto abbastanza guai. Tra l’altro, ero rimasta un po’ scossa da quello che avevo detto. Ci ripensai, dicendomi che era stato un lapsus.

Sì, è stato un lapsus, un semplice e banale lapsus. Nient’altro.

E se invece ci fosse dell’altro?

Scossi la testa, scacciando la probabilità di presenza di questo “altro”, che non volevo nemmeno nominare. Per dimenticarmene definitivamente mi misi a ripensare al mio piano, che avrei attuato il prima possibile. Mi sarebbe servito un diversivo per poter appropriarmi delle Materia, poi sarei fuggita nella più vicina foresta e, una volta lì, tanti saluti. Eppure un po’ mi dispiaceva, cominciavo a simpatizzare con le ragazze, con Red e, forse, anche se non lo volevo ammettere, anche con Cloud. Le ragazze mi avevano tranquillamente accolte nei loro discorsi, erano gentili e disponibili, tra l’altro andavano anche d’accordo fra di loro, pur essendo diverse di carattere: in fondo, Aerith era così spigliata e diretta, nonostante sembrasse una ragazza timida e riservata, mentre Tifa era lievemente più chiusa, ma comunque non si nascondeva di certo. Diciamo che lei era più dolce, penso che lei se avesse avuto un problema con qualcuno non glielo avrebbe mai sbattuto in faccia.

Red XIII invece era più calmo e pacato, tutte le volte che immaginavo dei discorsi con lui pensavo a discorsi filosofici o sugli astri … insomma, sembrava talmente saggio da andare sempre a ficcare la filosofia o l’astronomia in qualunque discorso, anche se parlavi di quello che hai mangiato a pranzo, non so se mi spiego. Comunque, mi trovavo bene con lui, di fatto era stato il primo con cui avevo socializzato, o, se non altro, a cui avevo detto il mio nome e scambiato qualche parola.

Barret … boh, lui mi sembrava tanto uno di quelli che ti ci mandano se gli dici ciao, eppure a detta di Tifa con la figlia Marlene era dolce ed affettuoso. Con lui non avevo parlato mai molto e tutta la storia della Desert Prison mi era sembrata fin troppo sdolcinata e della serie “abbracciamo i ricordi”. Però in effetti, anche se a me non aveva per nulla sfiorato, è stata toccante, lo ammetto.

Cait Sith non lo potevo sopportare. Non solo aveva quella voce stranissima, quasi nasale, poi veniva anche a dire a me che la MIA voce era fastidiosa. Lo avrei strozzato con le mie mani. In più, ero assolutamente certa che fosse lui la spia del gruppo, si era infiltrato a forza quando non gli aveva chiesto niente nessuno. E quel moguri gigante, poi, lasciava peli ovunque, manco fosse lui il gatto. Serviva solo al robottino a sembrare “alla nostra altezza”, altrimenti ci avrebbe guardato i piedi. E la cosa più odiosa era il megafono che aveva, ci parlava sempre dentro, con il risultato di spaccarmi quotidianamente i timpani. A questo proposito mi viene in mente una persona a caso, che mi aveva gentilmente detto che io il megafono ce l’ho incorporato, dato che sto sempre a gridare.

Avevo passato in rassegna tutti … Beh, quasi tutti. Mancava una persona, ma volevo evitare di pensarci. Aerith aveva ragione, passavamo tutto il tempo a discutere. E quando non lo facevamo, combinavo qualche guaio. Battute fuori luogo, figuracce e chi più ne ha più ne metta. Solo al Gold Saucer eravamo riusciti ad avere un dialogo decente, in cui mi ero un po’ aperta. Anche se non volevo, mi era venuto forse spontaneo dirgli qualcosa. La verità è che in quel momento mi ero sentita a mio agio, cosa che non mi accadeva da molto tempo. La solitudine mi aveva fatto diventare fredda e distaccata, forse quasi cinica. Non lo ero sempre stata, e un po’ rimpiangevo quando non lo ero. Ma vivere la vita che DOVEVO vivere comportava questi sacrifici, abbandonare i sentimentalismi, pensare solo a sé stessi. Quando si è da soli, o ci si arrangia o si soccombe. Cominciavo a pensare che forse la mia vera me era assopita, che forse non ero del tutto cambiata. Il mio vero carattere era solo nascosto, e qualche volta balenava fuori.

Mi scappò un sorriso pensando a questo: il buonumore, l’ottimismo e la spigliatezza erano dei miei tratti caratteriali, e quelli non se n’erano mai andati.

In fondo, non si può cambiare ciò che si è veramente.

Se fossi stata da sola probabilmente sarei scoppiata a ridere, certe volte me ne uscivo con dei discorsi che non sembravano nemmeno da me.

Mi si avvicinò Red XIII, sembrava in vena di chiacchiere.

“Come mai sei qui da sola?” mi chiese.

“Oh, niente, mi dovevo solo prendere una pausa dai pettegolezzi, a lungo andare stancano, sai?”.

“Chissà perché ero quasi certo del fatto che ti piacesse sparlare della gente”. Ecco, ECCO, si doveva sempre mettere in mezzo. Poi mi ricordai di quello che era successo prima, e capii che la battuta acida ci stava tutta, gli dovevo delle scuse.

“Senti, mi dispiace per quello che è successo prima … Non volevo, è solo che …”. Mi fece cenno di stare zitta. L’avevo combinata davvero grossa. E per una volta tanto, mi sentivo il morale a terra. Ero stata presa e calpestata da un Red Dragon, se rende l’idea. Red XIII mi si avvicinò all’orecchio, dicendomi di cercare di farmi perdonare, poi se ne andò dalle ragazze, che a quanto pare avevano cambiato argomento di discussione.

“Cloud, io …”.

“Stai zitta”. Non l’avevo mai visto così arrabbiato, eppure ne avevo combinate tante. Non sapevo come fare per chiedergli scusa. Volevo veramente che mi perdonasse. Per un po’ ci fu un silenzio tombale. Dopo qualche minuto passato così, provai di nuovo a parlare.

“I-Io …” non riuscii nemmeno ad articolare una sillaba della parola successiva. Dovetti usare tutta la mia forza di volontà per trattenere le lacrime. Purtroppo questo è sempre stato un mio problema, piangevo raramente, ma quando lo facevo era sempre nei momenti più critici. E il fatto che stessi per farlo mi fece capire quanto nel profondo ero dispiaciuta per quello che era successo. Strinsi i pugni, riuscendo a trattenermi. Solo una lacrima fece per conto suo e mi rigò il viso, e il più in fretta possibile tentai di asciugarla. Il ragazzo se ne accorse e cominciò a guardarmi con quegli occhi verde acqua di cui mi ero … innamorata. Uno sguardo fuggevole dei miei occhi violacei capitò sul suo viso. Cambiai subito soggetto, cominciando a fissare per terra. Ero arrossita e il mio cuore palpitava talmente forte che sembrava volesse uscire dal mio petto. Per un attimo mi sembrò che fossimo solo lui ed io.

“Stavi piangendo?”. Rimasi in silenzio per un po’, fremendo e tremando.

“Io non piango mai!” sbottai all’improvviso. Senza accorgermene mi ero messa in piedi e avevo cominciato a fissarlo dall’alto, come se volessi fargli paura.

Tsè, IO fare paura a LUI.

Tutti si girarono un attimo, per poi tornare alle loro occupazioni. Avevo quasi il fiatone a causa di quel battito accelerato. Mi misi a sedere dopo essermi calmata un po’, il tutto sotto i suoi occhi attenti. Sembrava che volesse captare ogni mio gesto, ogni singolo segno di cedimento … e non parlava più. Feci un grande respiro e mi decisi a scusarmi.

“M-Mi dispiace p-per quello che è successo prima … Forse m-mi sono lasciata prendere un po’ t-troppo dalla foga e non mi sono resa conto d-di quello che facevo … Non volevo … Scusami, C-Cloud”. Abbassai la testa, lasciando che il mio corto caschetto mi coprisse il volto. La frangia mi scese sull’occhio destro, coprendolo. Era come se mi stessi nascondendo da lui, non volevo che mi guardasse. Mi metteva a disagio essere oggetto dei suoi sguardi. E il fatto che avessi praticamente biascicato le mie scuse, riempiendole di balbetti vari, mi faceva sentire quasi impotente. Sentii improvvisamente una mano poggiarsi sulla mia spalla sinistra. Lentamente, il ragazzo la fece scorrere fino alla spalla destra, poi la fece scorrere sul fianco e … mi tirò verso di sé. Mi trovai improvvisamente intrappolata in un abbraccio. La mia testa era poggiata sulla sua spalla sinistra. Mi sussurrò in un orecchio che aveva accettato le mie scuse. Stette un po’ in silenzio, poi riprese.

“Cosa ti ha detto esattamente Aerith su Wall Market?”.

“Ecco … M-Mi ha detto come … ti sei … vestito … e … di … sì, ecco … insomma … della … b-biancheria intima …”. Mi lasciò. Era tutto rosso.

“… Aerith ha esagerato” più che sentirlo, lo intuii dal labiale, dato quanto parlava piano. Dato che in quel momento mi sentivo piuttosto sincera, e dato che fatto trenta, perché non fare trentuno (o per restare in ambito numerico, non c’è due senza tre), mi avvicinai al suo orecchio e sussurrai:

“Mi piacciono molto i tuoi occhi. Li trovo davvero belli”. Mi allontanai, solo per vederlo arrossire più di prima e cominciare a balbettare frasi sconnesse come “sì … ecco … insomma … io …”. Mi guardò. Sorrisi e lo salutai, poi, andai a raggiungere Red XIII e le ragazze. Recuperai Red e me lo portai da una parte.

“Red, fra voi … ehm … animali … come funzionano le cose quando si è innamorati?” ostentavo una certa sicurezza nel parlare, la realtà era che non ci stavo più con la testa, ero persa nel mondo dei sogni. Perché ormai avevo quasi capito che cosa mi era preso.

“Com’è che ti interessano queste cose?” mi chiese. In effetti era una domanda più che legittima. Sentivo di potermi fidare di Red XIII, così decisi di aprirmi. Forse scaricarmi mi avrebbe fatto tornare in me.

“Io … penso di … avere una cotta … cioè, in realtà non so se è una cotta, o una cotta cotta, o se sono proprio innamorata, o se è solo la mia testa che fa cilecca, è che non mi è mai capitata una cosa del genere, quindi non so come mi devo comportare, in realtà non so nemmeno cosa provo, se provo qualcosa e …”. Per fortuna Red mi fermò, sarei potuta andare avanti per secoli a farneticare senza concludere un bel niente.

“Primo, parla piano; secondo, prendi fiato; terzo, è Cloud?”. Centro. Colpita e affondata.

“… sì …” dissi non nascondendo un vago rossore e cominciando a giocherellare con una ciocca di capelli.

“Per noi animali la fase di corteggiamento è fondamentale, si conquista un esemplare femminile mettendo in mostra le proprie capacità e, spesso, negli esemplari sottosviluppati e/o con una corteccia meno attiva, con fasi di ululati alla luna”. Lo guardai con una faccia tra il perplesso e lo sbigottito. Inclinai leggermente la testa, cercando di acquisire le informazioni e confrontandole con le poche nozioni che avevo in merito. No, non combaciavano affatto. Se volevo evitare di fare casini, dovevo affidarmi ad altri metodi.

“Oook, per noi umani le cose funzionano un tantino diversamente … Anche se in effetti ho sentito parlare di serenate alla luna … ma primo, sono cose che fanno gli uomini e secondo … non voglio certo sembrare un fenomeno da baraccone!”.

“Allora perché mi hai chiesto aiuto se le mie informazioni non ti servivano?”.

“Perché pensavo che mi avrebbero potuto dare qualche idea!”. Mentre esponevo la mia “tesi” a Red XIII, sentii la Buggy fare un rumoraccio e fermarsi. Una nuvola di fumo cominciò ad uscire dal motore, che era incredibilmente vicino a noi, perciò mi allontanai ed informai Barret, attualmente alla guida, del problema avuto al motore. L’uomo rispose così (testuali parole):

“Me**a! Questo strafo****issimo affare si è già rotto! Ca**o, quel Dio non ci poteva dare un mezzo che non fosse da buttare al ce**o dopo due giorni?!”.

Dopo la soave affermazione di Barret, scendemmo tutti dalla Buggy, io e Red più intossicati degli altri dalle esalazioni del motore arrugginito di quell’aggeggio semovente. Fortunatamente eravamo vicini ad un villaggio; peccato solo che nessuno sapesse di quale sperduto villaggio si trattasse. O per meglio dire, quasi nessuno. Red ci spiegò che quella era Cosmo Canyon, la sua città natale, luogo in cui era conservato il sapere di tutto il Pianeta.

NOTE DELL'AUTRICE

Non ci credo, un nuovo capitolo scritto in un solo giorno *^* Anyway, per tutti coloro che volevano un po' di romanticismo, eccovi accontentati! Finalmente la nostra ninja si è resa conto dei suoi sentimenti, e le cose da ora si faranno più interessanti che mai! In questo ho dato spazio solo ai rapporti fra Yuffie e gli altri, e sinceramente le tre ragazze a spettegolare sui ragazzi ce le ho sempre viste bene XD In attesa del prossimo capitolo, stay tuned, e mi raccomando, recensite, recensite e fatemi sapere che ne pensate ;)

  
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