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Autore: Guruchan96    18/08/2013    2 recensioni
Tonks, un'imbranata e vivace auror ventenne, si ritrova quasi per caso a far parte dell'Ordine della Fenice, e, per quanto si possa trattare di un'esperienza alquanto rischiosa, la ragazza ne è più che entusiasta, anche se lei non sa ancora che questo porterà grandi cambiamenti nella sua vita.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Salve a tutti! Mi spiace molto per tutti quelli che seguivano e recensivano questa fanfic, non ho avuto un bel modo di ringraziarvi smettendo di aggiornare. Ci sono sempre rimasta molto male quando iniziavo a leggere una ff per poi scoprire che non era più aggiornata da secoli, e che quindi non avrebbe mai avuto un seguito, tantomeno una fine, e alla fine l’ho fatto io stessa, e per          questo non avete idea di quanto mi senta in colpa! Forse è stata la mancanza di tempo, forse la mancanza di ispirazione, non lo so con esattezza. Tuttavia, proprio ieri ho ritrovato per caso qualche altro capitolo scritto a mano, evidentemente da tempo sepolto sotto qualche pila di libri, e così MIRACOLO! Sto aggiornando di nuovo. Mi sarebbe dispiaciuto che questi capitoli andassero buttati, anche perchè hanno richiesto tempo e impegno, così ho deciso di pubblicarli comunque, anche se forse non li leggerà nessuno. E chissà, se l’ispirazione tornerà, potrei anche tornare a scrivere questa fanfic, che era partita con l’intenzione di provare a inventare ciò che i libri non raccontano a proposito dei miei due personaggi preferiti della saga della meravigliosa J.K. Rowling. Beh, che dire. Se qualcuno dei miei lettori è sopravvissuto e avrà la pazienza di scusarmi e la curiosità di scorrere ancora questa pagina, sappia che lui/lei è una delle cose che più mi hanno spinto ad aggiornare nuovamente, e che ha tutta la mia riconoscenza.

 

Erano le 10.30, e il mio organismo aveva ancora un disperato bisogno di dormire, ma quella mattina dovetti costringermi ad alzarmi, benché non fosse una giornata lavorativa: avevo promesso ai miei che sarei andata a pranzo da loro, perciò, con un enorme sforzo di volontà, abbandonai il mio lettuccio caldo.

Mi preparai tra uno sbadiglio e una tazza di caffè, e poi mi dedicai a cucinare la mia amata torta al cioccolato, amata forse anche perché era l’unica cosa che io sapessi cucinare decentemente. Decisi che a casa con la mamma ne avrei cucinata un’altra più grande, per portarla a Grimmauld Place quella sera.

Pronta la torta, pronta io, in marcia!

La casa dei miei genitori si trovava in Mitre Road, distante dalla mia… diciamo una buona passeggiata. Quando potevo evitavo la smaterializzazione, perché avevo sempre amato camminare: mi piaceva guardarmi intorno e osservare le cose e le persone, cercare di immaginare che ci facessero in quella determinata strada a quella determinata ora, spiare nelle ideali vite che la mia mente creava per loro. L’appartamento al n°22 di Mitre Road aveva sempre avuto un particolare valore affettivo per me, in quanto era la casa dove ero cresciuta. A volte mi sorprendevo ancora a notare la semplicità con cui raggiungevo scaffali e mensole che, quando ero bambina, mi sforzavo inutilmente di sfiorare in punta di piedi. La mia vecchia stanza era ancora la mia preferita. Tutti gli oggetti che conteneva erano legati ad un ricordo particolare: la prima bambola che papà mi comprò in un negozio babbano, paia di scarpe ormai consunte che mi avevano fedelmente portata ovunque, il primo fiore ricevuto dal primo spasimante ancora schiacciato tra le pagine di un libro… era la mia vita rinchiusa in una stanza. Quando ero lì da sola amavo sedermi sul pavimento freddo e prendere in mano quegli oggetti uno per uno, ascoltando quello che avevano da raccontare.

A pensarci bene, era da un po’ che non ci andavo: da quando mi ero trasferita nel mio adorato e perennemente disordinato appartamento, i miei erano più propensi a venire a farmi visita; in particolare mia madre, che coglieva sempre quelle occasioni per farmi notare la mia contorta concezione di “pulizia” e “ordine” (come se non lo sapessi già!), cosa che sicuramente avevo ereditato da mio padre, perché lei invece bla, bla, bla… Mia madre era una gran perfezionista, a volte un po’ pedante, ma, per quanto spendessi la maggior parte del tempo che trascorrevo con lei ad alzare gli occhi al cielo e sbuffare, nutrivo nei suoi confronti una grande ammirazione. Aveva un grande cuore, e questo nessuna delle persone che conosceva avrebbe potuto negarlo. Mio padre… beh era l’opposto. Era un sognatore, mio padre. In fondo aveva sposato una strega, pur non essendo un mago! Ci vorrà pure un po’ di coraggio per questo. Da bambina amavo sentirmi raccontare la storia di come si erano conosciuti e innamorati. Non ne capirò mai nulla di romanticismo, ma per me quella era la storia d’amore più romantica di sempre.

Quando suonai il campanello, riconobbi i passi di mia madre che si affrettavano verso la porta. Quando aprì aveva un sorriso smagliante. Sapevo di esserle mancata, così ricambiai il sorriso con affetto. Mi abbracciò entusiasta, prima di rovinare il momento esclamando allegramente che mi trovava ingrassata, non badando alla mia espressione inorridita.

“Ted, guarda un po’ chi è arrivata!” esclamò dal corridoio mentre raggiungevamo il soggiorno.

Mio padre alzò gli occhi dal suo giornale babbano:

“Non sono poi così sorpreso, è tutta la mattina che non fai altro che dire cose come –tesoro datti una sistemata, non vorrai che nostra figlia ti trovi nelle condizioni di un venditore ambulante di Notturn Alley-”

disse imitando scherzosamente la voce di mia madre. Lei si indispettì e andò a finire di sistemare la sala da pranzo, mentre mio padre si alzava dal sofà per venirmi ad abbracciare. Ero sempre stata molto legata a mio padre, forse più che a mia madre. La loro storia mi piaceva molto di più quando la raccontava lui, aggiungendo a volte dettagli improbabili per farmi ridere.

“Come se la passa la mia bambina?” fece lui con un sorriso affettuoso.

La sua bambina. Ero sempre la sua bambina. Avrei forse dovuto ritenerla una cosa irritante, ma per me era… quasi confortante.

“Come al solito, credo. Non ti racconto nulla, tanto a breve dovrò rispondere a tutte le domande inquisitorie di mamma e saprai tutto e anche di più!” dissi suscitando la sua risata.

Avrei così tanto voluto mettere al corrente la mia famiglia delle svolte importanti che stava prendendo la mia vita, di come da quando ero nell’Ordine sentissi di star facendo davvero qualcosa di importante, di Sirius, un pezzetto di famiglia che mi sembrava di conoscere da sempre… ma non avrei mai potuto.

“Mamma” esordii mentre mi tagliavo un’ultima fetta di torta “dopo pranzo mi dai una mano a preparare un’altra torta? Un po’ più grande però, la vorrei portare ad una cena tra amici.”

“Amici?” fece lei lanciandomi una di quelle occhiate che riuscivano bene solo a lei.

“Sì, mamma, amici. E’ quello che ho detto.”

“Non hai mai preparato torte per gli amici… c’è qualcuno di speciale in mezzo a questi… amici?” continuò marcando volontariamente l’ultima parola.

“Avanti mamma, non ricominciamo!”

“Che c’è di male nel tenere tua madre informata?”

“Nulla, ma…”

“E’ sbagliato interessarsi della vita sentimentale della propria figlia?”

“No, ma…”

“Non mi sembra inaudito che io voglia sapere se tu esci con qualcuno, come si chiama, quanti anni ha, dove vive, dove lavora, quali sono i suoi hobby…”

“In realtà…”

“…se ha studiato qui, se i suoi genitori vivono con lui, se è ricco, se ha mai commesso un crimine…”

“Mamma…”

“…se è favorevole al matrimonio, se vuole dei figli, se 5 per lui sono pochi o troppi…”

“Figli?! Frena! Sono solo degli amici mamma, non mi sposo tra una settimana, né tantomeno avrò a breve…5 figli!”

“Credo che 5 nipoti siano troppi, ma uno non mi dispiacerebbe!”

“Papà, anche tu!”

“Per me se gli piace questa torta è già un tipo a posto.” concluse lui divorando l’ultima fetta sotto lo sguardo severo di mia madre.

Sospirai, ma sorrisi. Solita routine in casa Tonks.

  
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