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Autore: Teachersnape    10/03/2008    7 recensioni
Piton salva Harry da suo zio, divenuto violento. La storia dei due si intreccia, fra colpi di scena e avventure. Traduzione ad opera di Starliam.
Genere: Drammatico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Traduzione, Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Sia Vernon che Petunia strillarono di sorpresa.

“Zio Vernon, per favore, non fare del male a Edvige. Sono io che sto causando dei problemi, non lei”, Harry aveva dei problemi a parlare, sentendosi attonito nel vedere di nuovo la sua civetta. Edvige gli restituì lo sguardo, ma rimase zitta.
“Piccolo bastardo! Sapevo che eri tu a causare tutti quegli incidenti e a rubare tutto quel cibo! Pagherai per i tuoi sbagli, ragazzo!” ringhiò Vernon.
“Non… non mi importa quello che mi fai! Solo, lascia andare Edvige, ti prego!” implorò Harry con voce strozzata.

Il solo fatto di vedere Edvige viva, faceva salire le lacrime agli occhi di Harry. Sapeva che non gli era permesso piangere, e fece una terribile fatica a trattenersi.

“Quindi sei tu che hai rovinato il giorno speciale di Dudley? Sei stato tu a farmi lo sgambetto?” chiese Petunia in una nocetta stridula.
“Mi dispiace, zia Petunia. Sono tornato solo per salvare la mia civetta. Non voglio crearvi altri problemi. Per favore, posso prendere la mia civetta e andarmene?” Harry sperò con tutte le sue forze che accettassero di lasciarlo tornare da Piton. A questo punto non gli importava neanche se Piton lo chiudeva nella sua stanza per il resto dell’estate. Adesso che aveva Edvige poteva andare dovunque il professore voleva.

“Pensi davvero che ti permettiamo di venire in casa nostra, creare tutti quei problemi e lasciarti andare?” rispose Vernon, con il volto accigliato.
“Per favore zia Petunia, non permettergli di punirmi di nuovo. Aveva portato via Edvige, per essere sicuro che non avrei parlato a nessuno, e poi mi ha… mi ha picchiato”, Harry sussurrò le ultime parole.
“Ti meritavi di essere punito, Harry. Hai quegli orribili geni di anormalità nel tuo sangue, e fai cose cattive. Tuo zio sta solo facendo ciò che è meglio per te. Devi imparare come ci si comporta”. La voce di Petunia diventava sempre più alta mentre parlava. “Dovresti provare di più a essere migliore”.

Harry lasciò che quelle parole gli penetrassero dentro e iniziò a pensare che sua zia potesse avere ragione. Ma come, come posso cambiare? Non voglio più fare arrabbiare le persone.

Vernon era accanto a Edvige e sollevò la gabbia. “Ragazzo, devi imparare la lezione. Ho cercato di insegnarti, l’altra volta, ma tu rifiuti di capire”.

Vernon iniziò a salire le scale con la gabbia in mano.
“Vieni, ragazzo, sali”, disse Vernon in tono asciutto.

Harry guardò di nuovo Petunia con sguardo implorante.
Petunia abbassò lo sguardo e scosse la testa. Harry salì le scale molto lentamente, temendo quello che stava per capitare. Quando raggiunse l’ultimo scalino sentì Petunia gridare dal salotto. Lui e Vernon scesero di corsa per vedere cosa succedeva.

In piedi nel salotto c’erano Arthur Weasley e Sir Stanton.

Arthur voltò lo sguardo verso Harry e allargò le braccia. Harry non poté trattenersi, si gettò fra le sue braccia e strinse il padre del suo migliore amico.
Arthur premette il volto sui capelli di Harry e sussurrò: “Stai bene, figliolo? Ti hanno fatto del male?” Harry aveva paura che aprendo la bocca avrebbe cominciato a piangere, quindi scosse la testa e tenne il volto premuto contro il petto di Arthur.

“Che accidenti è venuto a fare qui, di nuovo? Non abbiamo dimenticato quello che i suoi figli dai capelli rossi hanno fatto a mio figlio”, urlò Vernon, ricordando quando i gemelli Weasley avevano dato a Dudley la Mou Mollelinga.
“Sono qui per affari ufficiali del Ministero. Devo controllare Harry e per accertarmi che non sia ferito da lei in alcun modo”, rispose Arthur, fissando l’uomo che aveva il volto arrossato. Arthur era stato allertato pochi minuti prima dal professor Silente: l’allarme era scattato; ciò significava che Harry era tornato dai Dursley.

Arthur avrebbe voluto andare da solo a controllare il ragazzo, ma Stanton lo aveva scoperto, e aveva fatto in modo che Arthur sapesse senza ombra di dubbio a chi spettava l’incarico. Arthur sapeva che la Metropolvere doveva essere controllata: altrimenti Stanton non avrebbe potuto sapere che stava venendo a Privet Drive.

Sentì Harry tremare, e allontanò appena il ragazzo per vederlo in volto.
“Harry, ti ha fatto del male?”
Harry pensò a Edvige su nella sua stanza e rispose piano: “No, signore. Sto bene”. Avrebbe voluto poter dire tutto al signor Weasley, ma non pensava che avrebbe potuto andarsene via subito con Edvige. Se il signor Weasley se ne fosse andato senza di lui, Harry avrebbe pagato le conseguenze per quanto rivelato.

Sir Stanton osservò la scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi. Era ancora arrabbiato con Weasley per aver intralciato la sua visita ufficiale. Per fortuna il ragazzo non aveva detto che suo zio lo picchiava. Adesso non c’erano possibilità che venisse tolto alla sua famiglia, e per Stanton andava bene così. Più lontano il ragazzo era da Piton, meglio era. Vespa era stata chiara sul fatto che sotto nessuna circostanza Harry doveva essere restituito al professore. Stanton stava facendo una fortuna con questo caso, e non era disposto a rovinare tutto adesso. Avrebbe seguito il piano di Vespa, non importava cosa avrebbe dovuto fare per farlo funzionare.

“Salve, sono Sir Stanton, e verrò qui due volte a settimana per parlare col signor Potter, finché non inizierà il nuovo anno scolastico”, disse Stanton rivolto ai Dursley.
“Dannazione! Significa che dovremo avere a che fare con voi anormali ogni settimana?” A Vernon non piaceva essere controllato in quel modo. Adesso doveva stare estremamente attento a non lasciare segni sul volto del ragazzo.
“Beh, signore, sono solo tre settimane. Ha qualche obiezione al fatto che il ragazzo parli con un ufficiale del Ministero?” Neanche Stanton era molto interessato a queste visite, ma almeno sarebbe stato in grado di iniziare il nuovo piano di Vespa prima che il ragazzo tornasse a scuola.
“Non sto cercando di nascondere niente, se è questo che insinua! Siamo una buona, normale famiglia!” rispose Vernon con orgoglio. “Voglio dire, a parte quel ragazzo”.
“Dursley, se alzi anche solo un dito su Harry, te ne pentirai! Mi accerterò personalmente che tu ne debba soffrire, e questa volta sarà per sempre!” Arthur aveva cercato di trattenere la rabbia, ma l’affermazione sul fatto che Harry non era normale lo aveva fatto scattare. “Arthur, non credo che il ministro apprezzerebbe le tue minacce alla famiglia del signor Potter. Non sono sicuro che approverebbe la tecnica della paura”. Stanton doveva fare in modo che il ministro impedisse al signor Weasley di partecipare alle visite, se voleva che il piano di Vespa funzionasse. Per fortuna Weasley stava facendo tutto il lavoro al posto suo, minacciando i Dursley così apertamente.

Arthur lanciò un’occhiataccia a Stanton, stringendo Harry mentre il ragazzo lo abbracciava più forte.
Vernon era nausato nel vedere il nipote che si comportava come un bambino, aggrappandosi a qualcuno.
“Ragazzo, vieni qui!” disse, afferrando Harry per le spalle e tirandoselo vicino.

Harry sbatté contro suo zio e guardò miseramente a terra. Se solo avesse potuto far uscire Edvige, avrebbe potuto andarsene anche lui. Avrebbe dato qualunque cosa per poter andare a casa col signor Weasley.

Arthur era arrabbiato con Dursley, e ancora di più con Stanton. Come si permetteva di parlagli così davanti ai Dursley?. Tornò a guardare Harry, e sentì stringersi il cuore nel vedere il ragazzo così miserabile.
“Bene, per adesso è tutto. Tornerò fra tre giorni per parlare ancora col signor Potter. Vi auguro una buona giornata. Vieni, Arthur?” disse Stanton, gettando la Polvere Volante nel camino e vi entrò.

Arthur esitò, poi disse: “Harry, ti terremo d’occhio da vicino. Puoi sempre scrivermi se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa”. Osservò per l’ultima volta il ragazzo, che teneva lo sguardo abbassato sulle scarpe, poi tornò al Ministero con il cuore pesante.

Appena i due uomini se ne furono andati, Vernon afferrò Harry per la maglia e lo portò di sopra, nella camera del ragazzo. Chiuse la porta, e Petunia non sentì alcun rumore. Poco tempo più tardi, Vernon scese dalle scale con il volto sudato e arrossato; e le maniche arrotolate.

Si lasciò cadere sul divano e accese la televisione.
Petunia andò in cucina a preparare la cena.

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Severus era tornato a Hogwarts e aspettava l’arrivo di Arthur Weasley nell’ufficio del preside. Gli era di qualche consolazione, il fatto di sapere che Arthur avrebbe controllato come stava Harry. Piton aveva già ricevuto una lettera ufficiale del Ministero dopo la sua visita dai Dursley del giorno prima. Non lasciava nessun dubbio sul fatto che se Piton avesse messo piede a Little Whinging di nuovo sarebbe rimasto in prigione per un bel po’ di tempo. Sapeva quanto Arthur e la sua famiglia volessero bene a Harry; e sapeva che se ci fosse stato qualcosa che non andava, Arthur lo avrebbe saputo.

Pochi minuti dopo Arthur uscì dal camino nell’ufficio di Silente con uno sguardo triste sul volto.

“Beh, l’ho visto, e senza dubbio è dai Durlsey”, Arthur fece un profondo respiro e continuò. “Ha detto che non gli è stato fatto del male, e non mostrava nessun segno che gli fosse stato fatto del male. L’unica cosa…”
“Sì, cosa?” chiese Piton ansiosamente.
“Beh, è solo che sembrava così triste. Mi ha abbracciato e sembrava che non mi volesse lasciare. Credimi, non era l’Harry che conosco. L’unica ragione per cui alla fine mi ha lasciato è che quell’orrido zio lo ha costretto”.

Piton sapeva che Harry era cambiato profondamente in poco tempo, e riusciva quasi a vedere la scena descritta da Arthur. Lo trovava disturbante, ma sapeva che sarebbe stato arrestato se fosse andato a controllare il ragazzo.

Piton sapeva che l’unico modo per risolvere la situazione era far parlare Harry degli abusi che aveva subito per mano di suo zio. Una volta che Dursley fosse stato accusato, Piton avrebbe potuto iniziare nuovamente le procedure per l’adozione. Tre settimane, tre orribili, lunghe settimane passate a chiedersi cosa stava accadendo al ragazzo che un giorno sarebbe stato suo figlio. Piton non riusciva a pensare a una peggior punizione da dover sopportare, tranne quella che Harry stava vivendo in quel momento.

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Tre giorni più tardi, un Sir Stanton vestito in modo Babbano si presentò a casa Dursley. Petunia riusciva quasi a tollerarlo, grazie ai suoi vestiti eleganti e ai suoi modi educati. Salì al piano superiore per avvertire il nipote. Aprì i pesanti lucchetti e guardò dentro. Vide il ragazzo seduto sul letto, con lo sguardo abbassato sulle mani. “Harry, giù c’è Sir Stanton che ti vuole. Sbrigati, non vogliamo farlo aspettare”.

Harry non guardò sua zia, mentre la oltrepassava. Scese in salotto e rimase in piedi dietro una sedia, osservando Sir Stanton. Il gentiluomo lo guardò e gli fece cenno di sedersi. Sir Stanton prese la bacchetta e la agitò di fronte a Harry. Improvvisamente, apparve una tazza di tè fumante.

“Per favore, bevi il tè, Harry”. Era quasi un ordine.

Harry portò lentamente la tazza alle labbra e ne prese un piccolo sorso. Era leggermente dolce, con un accenno di mora. Era molto buono, e poiché Harry non mangiava da giorni, gli sembrava particolarmente delizioso, nel suo stomaco vuoto.

“Ora, dimmi: come va con la tua famiglia?” chiese Sir Stanton.
“Ehm.. bene”.
“Bene, bene. Sai che a volte i genitori devono punire i loro figli, per insegnar loro il miglior modo di comportarsi”. Sir Stanton lasciò che Harry assorbisse quella frase e poi continuò: “Tuo zio e tua zia si sono sacrificati molto per tenerti al sicuro, sai. Non sono così male, vero, figliolo?”

Harry non sapeva cosa dire. Adesso era più confuso che mai. La testa gli cominciò a girare un po’, e sentì la bocca seccarsi. Prese in fretta la tazza e bevve ancora, finché il tè fu finito.

Sir Stanton si alzò in piedi. “Beh, sono contento che tu stia bene, Harry. Ci rivedremo fra tre giorni”. Gli servì solo un momento per tornare al Ministero tramite Metropolvere.

Harry rimase seduto, aspettando che la testa smettesse di girargli. Perché Sir Stanton se n’è andato così in fretta? Non ha neanche chiesto dei Dursley. Non era certo di quanto tempo fosse rimasto seduto lì, ma sua zia venne a dirgli di tornare su in camera sua prima che arrivasse a casa suo zio.

Camminò tremante fino alla camera, e sentì una fitta di panico quando sua zia chiuse i lucchetti.

In questo modo, trascorsero le ultime due settimane delle vacanze di Harry. Aveva iniziato a desiderare le visite di Sir Stanton e le sue dolCi tazze di tè. A volte prendeva dei piccolissimi sorsi, in modo che la visita durasse più a lungo, sapendo che nel momento in cui avesse finito il tè, Sir Stanton se ne sarebbe andato.

Era strano il modo in cui Sir Stanton insisteva sempre che bevesse il tè, e non gli permettesse mai di lasciarne neanche una goccia.

Gli sembrava che il suo stomaco avesse smesso di tollerare il cibo, mentre i giramenti di testa si facevano sempre più frequenti. Era contento di stare nella sua stanza, perché ogni volta che doveva fare dei lavori in casa o scendeva per mangiare, il suo stomaco stava sempre peggio. Suo zio doveva avere notato che qualcosa non andava, perché le “lezioni” di Harry erano meno frequenti. Harry immaginava che suo zio non volesse rischiare di prendere qualunque malattia lui potesse avere. Doveva essere un’influenza Babbana o qualcosa del genere.

La sera prima che Harry dovesse partire per Hogwarts, zio Vernon gli dette un’ultima lezione. Si tirò su le maniche mentre saliva le scale ed entrava silenziosamente nella stanza di Harry, chiudendo la porta dietro di sé.

Venti minuti dopo, Vernon uscì, con la camicia inzuppata di sudore. Decise di farsi una bella doccia rinfrescante prima di cena.

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Nella stazione si sentiva il bisbiglio di studenti eccitati che si recavano a Hogwarts. Gli Weasley e Hermione erano particolarmente emozionati all’idea di rivedere il loro amico. Non lo avevano visto, e non avevano avuto sue notizie per tutta l’estate. Arthur era particolarmente ansioso, dal momento che gli era stato proibito di vedere Harry a casa dei suoi zii, dopo che aveva stupidamente minacciato Vernon. Rimasero accanto al treno fino all’ultimo minuto, quando furono obbligati a salire. Ron e Hermione avevano protestato per il fatto di dover salire sul treno senza Harry, ma accettarono quando i signori Weasley li rassicurarono che avrebbero controllato.

Appena era appena risuonato l'ultimo fischio, un magro, consunto Harry raggiunse il treno. Cercò con difficoltà di portar su il suo baule finché due Tassorosso non lo aiutarono, proprio mentre il treno iniziava a partire. Harry era esausto per lo sforzo. Li ringraziò, poi si incamminò lentamente lungo gli scompartimenti, finché non vide Hermione, Ginny e Ron. Aoprì la porta dello scompartimento e i tre lo fissarono contemporaneamente, quasi senza riconoscerlo. All’improvviso Ginny si alzò e urlò: “Harry! Ti stavamo aspettando”, e gettò le braccia al collo del ragazzo emaciato.

Ron e Hermione si scambiarono sguardi pieni di orrore: riuscirono a mascherarli in fretta e andarono anche loro ad abbracciarlo. Harry era molto contento di essere di nuovo con i suoi amici, ma doveva nascondere il dolore che provava a ogni abbraccio.

“Miseriaccia, Harry, sembri qualcosa che è stato masticato da Grattastinchi!” esclamò Ron.

Hermione lo colpì forte sulla gamba, mentre Ginny gli dava un pugno sul braccio. Harry affondò ancora di più nel suo sedile, cercando di appiattirsi un po’ i capelli. Non si era guardato allo specchio per settimane, e non aveva idea di quanto sembrasse stanco e malato.

“Sta’ zitto, Ronald!” sibilò Hermione.
“Harry, stai bene, non ascoltare Ron”, affermò Ginny, “E’ solo geloso perché non hanno messo la sua foto sul Mensile delle Giovani Streghe”.
Harry la osservò, confuso. “Di cosa stai parlando?”

Ginny frugò nella sua borsa e ne estrasse una copia del giornale, per mostrarla ai suoi amici. In copertina, c’era una foto del Bambino Sopravvissuto. Harry doveva aver appena finito una partita di Quidditch, perché aveva in faccia una smug di sporco, teneva in mano il Boccino e lo agitava con un grande sorriso.

Ginny voltò le pagine piene di orecchie del giornale fino all’articolo che parlava di Harry. L’articolo parlava di come nessuno credesse che Colui Che Non Deve Essere Nominato fosse tornato, e di come Harry fosse grande nel cercare di combatterlo. Faceva riferimento alle voci secondo le quali gli zii Babbani di Harry lo maltrattassero e di come il Ministero lo avesse aiutato. Harry groaned nel leggere quella parte.

“E’ un mucchio di immondizia”, esclamò Hermione continuando a leggere. “Beh, almeno hanno delle tue belle foto, Harry”, affermò, cercando di farlo stare meglio.

Harry osservò nuovamente la foto in copertina: gli sembrava una vita precedente. Non ricordava neanche di essere stato così carefree e felice. Il suo stomaco iniziò a fargli male di nuovo, e gli venne voglia di dormire.

Appoggiò la testa al finestrino e chiuse gli occhi. Dopo pochi minuti, vedendo che si era addormentato, i suoi amici iniziarono a dare voce alle preoccupazioni che provavano per lui.

“Oh, Merlino, cosa gli è successo? E’ così magro e pallido”, disse Ginny, prendendo il suo mantello e coprendo Harry.
“E’ peggio di quello che aveva detto tuo padre. Sembra che non abbia mangiato da giorni, e quei cerchi neri intorno agli occhi sono un po’ spaventosi”, rispose Hermione con la voce piena di preoccupazione.
“Pensi che gli abbiano fatto del male?” chiese Ron.
“Non vedo nessun segno di abusi, ma non significa che non cerchi di nasconderli. Sai com’è Harry”, rispose Hermione, aggiustando gli occhiali rotti di Harry.

I tre amici guardarono Harry, sempre più preoccupati per il loro amico di quanto fossero mai stati. Quando due ragazze del terzo anno chiesero se potevano fare una foto all’eroe addormentato, tutti e tre risposero con un rapido “No!”

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Severus Piton aveva difficoltà a concentrarsi sulle lezioni da preparare. Gli studenti sarebbero arrivati in meno di un’ora, ed era al limite. Non era riuscito a contattare Harry da quando il ragazzo aveva lasciato la sua casa, e Severus temeva che avesse ancora un’idea sbagliata riguardo all’adozione, da quando era andato via. Dopo aver trascorso le ultime tre settimane con una sensazione di sick ogni volta che pensava a Harry a casa dei Dursley. Severus era più sicuro che mai di voler adottare il ragazzo. Ora doveva solo fare in modo che Harry lo capisse.

Severus aveva decorato la stanza in più nel suo sotterraneo, ed era arrivato al punto di mettere un banner Grifondoro nel bagno privato di Harry. Che cosa c’è che non va in me? Sto davvero diventando tenero!

Aveva portato tutti i nuovi vestiti di Harry; ed era anche andato al negozio di articoli per il Quidditch e aveva comprato una nuova scopa per fare una sorpresa al ragazzo.
Severus non era certo di come comportarsi con Harry, ma sapeva che il ragazzo non aveva ricevuto molti regali in vita sua; e pensava che fosse un buon modo per iniziare.

E se non vuole avere niente a che fare con me? Che stupido sarei stato, a sperare in un’altra possibilità.

In realtà, Piton non avrebbe incolpato il ragazzo, se avesse rifiutato la sua offerta di adottarlo. Per quello che ne sapeva il ragazzo, Piton lo aveva lanciato contro un tavolino da caffè di vetro, gli aveva mandato contro un Dissennatore e lo aveva lasciato con una vecchia signora deranged che lo aveva rimandato dai Dursley.

Silente entrò nella sua classe e disse: “Severus, è sul treno. Vuoi andargli incontro?”
Piton scosse la testa, rispondendo: “No, lasciamo che abbia un po’ di spazio. Non voglio forzarlo a fare niente. Sai che cosa deve succedere, perché questa adozione vada avanti. Non sono certo che Harry sia già pronto a parlare di tutto. Dobbiamo dargli un po’ di tempo”.
“Sì, Severus, sono d’accordo con te. Ricordati che Harry ha bisogno di qualcuno che lo aiuti ad arrivare a quel punto. Non dare al ragazzo troppo spazio”.

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Mentre il treno si fermava alla stazione di Hogsmeade, Harry iniziò a stirarsi. I suoi amici lo avevano visto dormire durante tutto il viaggio. Sembrava esausto, e non aveva neanche voluto mangiare.

“Harry, siamo arrivati”, disse Hermione, scuotendogli leggermente una spalla.
Gli occhi di Herry si spalancarono, e indietreggiò sul sedile.
“Scusa, Harry, non volevo spaventarti. Uhm… siamo arrivati”, rispose Hermione, osservandolo preoccupata.
“Oh, grazie”, mormorò Harry con imbarazzo.

Presero le loro cose e andarono verso le carrozze senza cavalli. Harry si era scordato la cravatta sul sedile del treno, e tornò a prenderla dopo aver detto ai suoi amici di tenergli il posto sulla carrozza. Harry scese dal treno legandosi la cravatta attorno al collo, e andò a sbattere contro Malfoy e Tiger.

“Non ti azzardare a toccarmi, mostro!” ringhiò Malfoy. Non ne aveva idea, ma aveva rivolto a Harry una parola che lo aveva colpito profondamente.
“Oh, eh… non volevo farlo”, balbettò Harry.

Malfoy si rese conto che Harry non era lo stesso ragazzo sicuro di sé che era stato fino all’anno scorso, anche dal modo in cui era arretrato e si era fissato le scarpe invece di dargli una risposta tagliente.

“Che cosa c’è che non va, Potter! Dobbiamo chiamare tuo zio per tenerti in riga?” Malfoy rise con gli altri Serpeverde che osservavano la scena.

Il volto di Harry diventò rosso per l’imbarazzo, mentre cercava di attraversare il gruppo di ragazzi.

“Dove vai, Potter?” esclamò Malfoy, mentre spingeva Harry contro il treno. Harry cercò di ricacciare indietro il panico che si sentiva crescere dentro, mentre tentava nuovamente di oltrepassare i Serpeverde. Tiger lo afferrò per il mantello e lo tirò indietro.

“Hai paura di essere picchiato di nuovo, Potter?” Lo prese in giro Tiger, senza lasciare il mantello.

Harry afferrò la bacchetta nella tasca dei pantaloni, e si voltò ad affrontare Tiger, puntandogli la bacchetta alla faccia flabby. “Sta’ indietro, Tiger, prima che tu te ne penta!” disse Harry in un basso ringhio.

Tiger avrebbe lasciato perdere dopo aver visto lo sguardo pieno di rabbia negli occhi di Harry, ma non voleva sembrare spaventato davanti ai suoi amici. Spinse Harry contro il treno con la mano libera, e sfoderò la sua bacchetta davanti agli occhi del ragazzo.

Harry e Tiger stavano per lanciasi maledizioni a vicenda quando la professoressa McGranitt corse verso di loro.

“Bene, gentiluomini, giù le bacchette prima che vi faccia iniziare il nuovo anno con una punizione!Sono sorpresa di voi! Signor Tiger, puoi andare”, la professoressa rimase a osservare Tiger che si allontanava mentre i suoi amici gli davano pacche sulla spalla.

“Signor Potter, sei ferito?”
Harry scosse la testa.
La McGranitt osservò il volto pallido e stanco di Harry, e gli occhi sunken cerchiati di nero. Vide che altri studenti si erano fermati a guardarli, e non voleva imbarazzare Harry più di quanto già non fosse.
“Va bene, andate alle carrozze e poi a cena. Forza, forza”, disse, dopo aver dato a Harry un ultimo sguardo pieno di simpatia.

Oh, Merlino, è questo che dovrò affrontare per tutto l’anno? Odio quando la gente mi fissa in quel modo

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Severus attese al tavolo dei professori mentre gli studenti iniziavano a entrare in Sala Grande. Osservò con attenzione alla ricerca del ragazzo dai capelli neri. La professoressa McGranitt si sedette accanto a lui.
“Severus, penso che dovresti sapere che alcuni Serpeverde hanno già iniziato a prendere di mira il signor Potter, e lo prendevano in giro riguardo alla sua situazione familiare. Ho avuto la sfortunata incombenza di fermarli prima che si maledicessero a vicenda”.
“Harry sta bene?” chiese subito Piton.
“Oh, sono arrivata lì prima che potesse succedere qualcosa, ma ho visto Harry da vicino: sembrava messo male. Credo che la sua famiglia sia responsabile”.
“Di che stai parlando?” Piton vide per primo Weasley, in piedi a fianco di Harry mentre la Granger camminava all’altro lato. Il ragazzo si guardava le scarpe mentre camminava, e Piton non riusciva a vederlo bene in volto. Il ragazzo sembrava più pallido e più magro, e questo gli causò un’immediata ondata di preoccupazione.

Guardò mentre si sedeva, e numerosi studenti iniziarono a indicarlo. Piton non poteva sentire cosa stavano dicendo, ma capiva dalla reazione di Harry, che il ragazzo non gradiva tutta quell’attenzione.

Harry sentiva pronunciare il suo nome, e vedeva che tutti lo fissavano.

Hermione cercò di distogliere la sua attenzione parlando della sua estate in Francia. Harry cercò di concentrarsi su quello che gli diceva, ma il suo stomaco aveva smesso nuovamente di cooperare. Sapeva che nel momento in cui avesse sentito l’odore del cibo, gli sarebbe venuta voglia di vomitare. La sua testa cominciò a girare, e si aggrappò al tavolo con tanta forza da farsi diventare le nocche bianche.

Piton osservò il ragazzo che si teneva aggrappato al tavolo e chiuse gli occhi. Si alzò in piedi con il desiderio di aiutare il ragazzo, ma dovette trattenersi e lasciare che le cose andassero avanti da sole. Con riluttanza, si sedette nuovamente.

Harry non sarebbe riuscito a sopportare ancora a lungo i sussurri e le dita che lo indicavano. Si alzò lentamente mentre la testa continuava a girare e disse ai suoi amici che sarebbe tornato subito. Si diresse verso le porte della Sala Grande e fuori dalla grande lobby. Aveva dimenticato che tutti i nuovi entrati del primo anno erano là fuori aspettando di entrare per la cerimonia dello Smistamento.
“Oh, Merlino! E’ Harry Potter!”
"Aspetta! Sei davvero Harry Potter?”
“E’ Harry Potter! E’ Harry Potter!”
“Ohhh Harry, posso farti una foto?”

Hagrid apparve accanto a lui e gli avvolse un grande braccio sulle spalle.
“Ecco, miei nuovi amici: non è altri che Harry Potter! E’ il nostro eroe, è!” Hagrid gli dette una forte pacca sulla schiena, facendolo sobbalzare dal dolore. Harry desiderò potersi Smaterializzare lontano dagli sguardi di awe che i giovani studenti gli stavano rivolgendo.
“Ehm, salve. Uhm, Hagrid, ho bisogno di andare in camera per una cosa, quindi, beh, ci vediamo più tardi”, balbettò Harry mentre cominciava a indietreggiare verso le scale.

Harry iniziò la lunga salita verso la torre di Grifondoro. Aveva fatto solo una rampa di scale prima di essere costretto a sedersi sull’ultimo scalino. Si prese la testa fra le mani e aspettò che il capogiro passasse.
Nel sentire dei passi che venivano su per le scale, alzò la testa.
“Harry, torni giù?” chiese Ginny, preoccupata.
“No, non me la sento di mangiare, adesso”rispose Harry piano.
“Vuoi che saliamo alla torre di Grifondoro e ci sediamo lì per un po’?” chiese ancora Ginny.
“Non voglio che tu ti perda la festa. Perché non torni là e ci vediamo più tardi?”

Ginny non voleva lasciare solo Harry, dal momento che aveva quell’aspetto. “Va bene così, non voglio mangiare comunque, e stare seduta accanto al fuoco mi sembra carino”.

Harry si alzò, e si diresse lentamente alle scale che portavano alla torre. Una volta arrivato là, riusciva a malapena a stare in piedi, e il suo stomaco protestava in modo orribile.

Ginny lo osservò mentre camminava incerto fino al divano davanti al fuoco. Harry vi si lasciò cadere accanto a lei, e appoggiò la testa allo schienale. Ginny gli si avvicinò e iniziò a parlare degli avvenimenti dell’estate alla Tana. Harry si sentiva rilassato dalla sua dolce voce, e in breve tempo si addormentò.

  
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