Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: _LilianRiddle_    15/09/2013    5 recensioni
Eccomi tornata con una nuova storia, dopo tanto tempo. Questa volta mi sono dedicata ad una Dramione, un genere che io amo da morire. E' la prima, siate clementi ^^.
Dal testo:
"- Maledizione! – esclamò, preoccupandosi ancora di più vedendo Luna poco lontano da lui, priva di sensi.
S’inginocchiò accanto al ragazzo, che stava tentando, invano, di alzarsi.
- Fermo Malfoy, fermo. – cercò di trattenerlo Hermione, con le mani tremanti e le lacrime agli occhi, troppo preda delle sue emozioni per riuscire a formulare anche il più semplice degli incantesimi di cura.
Il ragazzo la scacciò malamente, tentando ancora una volta di alzarsi.
- Non ho bisogno del tuo aiuto, Mezzosangue. Ce la faccio da solo. – disse tentando di suonare cattivo e minaccioso, respingendo le sue mani.
- Zitto, Draco, zitto. – sussurrò Hermione. Il ragazzo sussultò sentendo il suo nome pronunciato proprio da lei, proprio da quella che avrebbe dovuto insultarlo e picchiarlo come avevano fatto quei ragazzi. E ne avrebbe avuto tutto il diritto, di questo era sicuro.
- Io non mi sono difeso, Hermione. – bisbigliò lui, prima di svenirle tra le braccia. "
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, James/Lily, Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Saving each other - How to save a life'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo V.
 


Il tempo passò in fretta e la fine di novembre arrivò inaspettata, così come la neve e il vento freddo che presero a imperversare sul castello. Il clima a scuola era direttamente paragonabile allo stato d’animo dei ragazzi che, al posto di studiare e prepararsi per i vari esami che avrebbero dovuto affrontare all’inizio di giugno, preferivano riversare la loro frustrazione su altre cose, fossero queste le palle di neve, l’alcol o le retate. I ragazzi di Hogwarts, infatti, avevano deciso di indire vere e proprie – e illecite – retate contro chiunque fraternizzasse col nemico. In questo caso Malfoy e chiunque si avvicinasse a lui. L’altero Serpeverde, d’altro canto, cercava di farsi vedere in giro il meno possibile, in modo da evitare gli idioti che cercavano di picchiarlo – e tanti cari saluti alla paternale che la Preside di Hogwarts aveva rifilato a tutta la scuola quella lontana seconda sera di settembre. Draco Malfoy, però, non scappava solo per le retate che, a quanto pareva, non lo disturbavano così tanto, considerato che ancora non accennava a difendersi. No, l’amatissimo figlio di Narcissa e Lucius Malfoy scappava dagli occhi troppo penetranti della Mezzosangue Granger che, appena incrociavano i suoi, sembravano andare a toccare luoghi dentro di sé che neanche lui sapeva di avere. Non capiva quella ragazza. Probabilmente il cespuglio di rovi che aveva in testa al posto dei capelli si era fatto spazio dentro la calotta cranica della ragazza, intaccando il brillantissimo cervello di quest’ultima. Così, in mancanza d’altro, passava le sue giornate nell’angolo più buio e isolato della biblioteca. Studiava, Draco Malfoy, affogando nei libri per evitare di affogare in se stesso.
E, esattamente dall’altra parte della biblioteca, Hermione Granger cercava insistentemente di tenere la mente impegnata affondando sempre di più nel libro di Trasfigurazione Avanzata. Perché la giovane Salvatrice del Mondo Magico, in quel periodo, aveva la mente in tumulto. Non erano solo le lezioni estenuanti e i suoi due migliori amici che si cacciavano sempre in qualche guaio, che la portavano spesso all’esaurimento. No, la mora Grifondoro aveva in testa due occhi grigi che le bloccavano i pensieri e la lasciavano sempre più esaurita e nervosa. E non capiva perché fosse così preoccupata per quell’odiosissimo idiota di Malfoy. Forse, aveva paura che, durante uno dei tanti pestaggi, Malfoy avesse sbattuto la testa troppo forte e che, quindi, il suo cervello si fosse definitivamente spappolato.
I due ragazzi, stessa espressione corrucciata e stessa ansia mal celata, aspettavano inquietamente l’ora di cena e l’inizio delle ronde. Quella sera, infatti, Grifondoro e Serpeverde erano costretti a fare ronda insieme. Draco maledisse forse un po’ troppo forte la tanto amata preside, seguito a ruota da Hermione, che questa volta non poteva perdonare la McGranitt per averle fatto chiaramente intendere che non avrebbe potuto saltare neanche una ronda. Mani nei capelli, sbuffi e insulti mezzi borbottati mezzi urlati, i due ragazzi erano tenuti d’occhio da un’attentissima Madama Pince, che non riusciva a capacitarsi dell’affinità contrastante che notava nei due giovani. Sembravano quasi sincronizzati, anche nel perdere il controllo dei loro sentimenti. A volte, infatti, durante quello studio tormentato e quasi morboso, i loro occhi si perdevano fuori dalla finestra, e guardavano con lacrime che non sarebbero mai più sgorgate scavando solchi indelebili e invisibili sul loro viso, la lapide nera alle porte di Hogwarts forse chiedendosi, ancora una volta, perché anche il loro nome non fosse scritto tra quelli che erano morti. E vedeva distintamente il dolore impossessarsi di loro due, così simile, così totalizzante, così palese. E con la stessa rapidità con cui quei pensieri invadevano le menti distrutte di Draco ed Hermione, la loro mano passava nei capelli o sul viso, riportandoli ancora una volta a sbuffare sui propri libri.
Madama Pince non si stupì neanche di vedere scaraventati i suoi amatissimi libri per terra dal delicatissimo signor Malfoy, che avrebbe volentieri cruciato, se la legge glielo avesse permesso. E non si stupì quando la sua amatissima Hermione si alzava e andava a raccogliere i libri sparsi per terra, prendendoli con gentilezza fra le sue mani sottili. Ma quando vide Draco Malfoy tornare indietro borbottando epiteti poco carini verso non si sa chi, la bibliotecaria di Hogwarts si stupì non poco vedendolo abbassarsi e aiutare Hermione a sistemare i libri che lui, poco prima, aveva fatto cadere sgarbatamente. E, vedendo quei due ragazzi studiarsi e aiutarsi a vicenda, senza pronunciare parola, sorrise inconsciamente a se stessa.
Era vero. Madama Pince, bibliotecaria della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, non si stupiva mai di niente. O quasi.
 
***

Hermione lo cercava, non poteva farne a meno. Cercava quel ragazzo biondissimo che la stava facendo preoccupare da morire. Ginny se ne accorse, come sempre, e iniziò a cercarlo anche lei.
- Non lo vedo, Herm. Che gli sia successo qualcosa? – chiese all’amica.
Nonostante l’avversione che la piccola Weasley, che tanto piccola più non era, provava nei confronti dei Malfoy, in particolare di Lucius, doveva ammettere che Hermione aveva ragione. Quelle retate contro di lui non solo erano cattiveria gratuita, ma confermavano appieno l’idea d’odio che Voldemort aveva inculcato in tutti. Doveva, a malincuore, ammettere che, se davvero il Mondo Magico avesse voluto rialzarsi da quella Guerra, quella malvagità dilagante doveva finire. Perché picchiare un ragazzo che neanche si difende e che comunque, nonostante il suo passato, non ha fatto niente di male a nessuno, è pura e semplice cattiveria.
“Voldemort sarebbe fiero di voi!” aveva urlato un’Hermione forse un po’ troppo agitata nei confronti di un gruppo di ragazzi che avevano beccato a fare un piano per massacrare Malfoy il più possibile. Chi erano loro per decidere che Malfoy fosse cattivo e andasse eliminato? Neanche sapevano se aveva ucciso o no, come invece tutti ad Hogwarts affermavano. “Più di cento persone, tra uomini, donne e bambini!” aveva esclamato Calì una sera, annuendo con vigore. Per tenere ferme lei ed Hermione c’era voluta tutta la forza di Harry, Ron e Neville messi insieme, per quanto anche loro avessero voglia di scartavetrare la faccia della dolce e languida Patil. Come fa quella arpia a conoscere così bene Malfoy, quando sembra che neanche lui si conosca così bene? Pensò Ginny con un moto di rabbia, guardando storto la Patil, pochi posti più in là.
- Non so se gli è successo qualcosa, Ginny. Ma giuro che se gli hanno fatto ancora male, io… - non finì mai la frase, Hermione. Rimase ferma a bocca aperta a guardare Malfoy entrare lesto in Sala Grande. Il suo passaggio non rimase inosservato, così come non passarono inosservati a Hermione tutti i lividi che solcavano il corpo pallido e magro di Draco, ben visibili sotto la camicia candida. Uno in particolare attirò la sua attenzione. Una macchia violacea spuntava sotto l’occhio sinistro di Malfoy, rovinando la perfezione dei suoi lineamenti aristocratici. Sapeva che se Narcissa Malfoy avesse visto come era conciato il suo amatissimo figlio, sarebbe venuta ad Hogwarts per riscuotere la sua vendetta.
E io sarei ben felice di aiutarla, pensò la ragazza, guardando con astio un gruppo di ragazzi che si vantavano di averlo preso a pugni. Alzò la bacchetta, per punirli di quello che avevano fatto, ma la mano gentile di Harry la fermò.
- Non ne vale la pena, Hermione. Non scendere al loro livello. Oggi abbiamo lezione di pozioni con alcuni di loro. Troveremo il modo di fargliela pagare. – disse serio, mentre Ron annuiva convinto. La ragazza rimase sorpresa dalla reazione dei sui migliori amici, ma ringraziò il cielo che c’erano loro e Ginny, che lanciava epiteti ben poco femminili ai ragazzi che avevano picchiato Malfoy.
Hermione tornò a guardare il ragazzo, notando che anche lui la stava guardando. Fu un attimo, i loro sguardi si incrociarono, ma poi lui sfuggì al suo sguardo, rispondendo svogliato ad un’adirata Ashling.
Si chiese che cosa gli frullasse per la testa. Si chiese dove voleva arrivare. Se voleva davvero farsi uccidere. Ma soprattutto, Hermione non capiva il perché di tutto quello. Si voleva forse punire? Per essere stato un Mangiamorte?
Dal suo posto sentì Calì che sussurrava ancora una volta che Draco Malfoy era un assassino. Con uno scatto, Hermione si alzò dal tavolo, seguita a ruota dai suoi amici.
 
***
 
Hermione camminava rapida per i corridoi, sapendo di essere in ritardo. Si era messa a leggere e, come sempre quando lo faceva, aveva perso la cognizione del tempo.
Malfoy mi ammazza, pensò accelerando il passo. Anzi, prima mi tortura, poi mi ammazza.
Correva, quasi, Hermione, spinta dal suo sesto senso. Sentiva che se fosse arrivata in ritardo, qualcuno avrebbe potuto avvicinarsi e fargli del male e lei, di vedere il suo sangue sul pavimento, era stufa. E, mentre correva, capiva anche che i pensieri che aveva fatto prima non si sarebbero avverati.
Girò l’angolo, e lo vide, appoggiato alla finestra, che fumava una sigaretta come se fosse stata la sua ancora di salvezza. Non fermò la sua corsa e gli arrivò alle spalle, ansimando leggermente. In quello stesso istante, Malfoy si voltò, guardandola stizzito.
- Era ora, Granger! – esclamò acido, iniziando a camminare. Fu costretto a fermarsi, però, quando si accorse che la ragazza non aveva intenzione di muoversi. Era ferma, le guance arrossate e lo sguardo preoccupato che gli faceva la radiografia. La guardò perplesso, domandandosi che consistenza poteva avere quel ricciolo che, sfrontato, le scendeva a coprirle gli occhi. Se era davvero così aggrovigliato come sembrava. Cercava accuratamente di evitare i suoi occhi, ma sentiva il suo sguardo ovunque, consapevole che si stava mangiando la sua figura per chissà quale motivo. Incrociò le braccia al petto, guardando fuori la luna alta nel cielo.
- Che c’è? – borbottò.
- Sei ancora vivo. – rispose lei in un sussurrò.
Si girò di scatto. Era preoccupazione quella che c’era nella sua voce?
- Ne sei delusa? – Era sconforto quello che Hermione sentiva nella voce di Draco?
- Non voglio vedere il tuo nome su quella lapide nera. – quello che Draco sentì nella voce di Hermione poteva essere solo paura.
Si guardarono, avvicinandosi. Draco sfiorò quel ricciolo ribelle che, effettivamente, era così aggrovigliato come sembrava, mentre Hermione sfiorava una leggerissima cicatrice sulla suo guancia, gentile ricordo di una delle risse che aveva subito.
- Perché continui a non difenderti, Draco? – chiese.
Il ragazzo si riscosse all’improvviso, allontanandosi di scatto, come se fosse stato scottato. Ed, effettivamente, quello era successo: il suo nome pronunciato da Hermione sembrava quasi spogliato di tutto il male e la cattiveria di cui era rivestito, come se quella ragazza potesse togliere tutto il male impregnato in lui per guardare sotto, per guardare dentro, forse per scoprire che non era come appariva.
- Dobbiamo fare la ronda, Granger. – disse, incamminandosi.
Hermione sospirò. Aveva letto chiaramente lo sconforto negli occhi di Malfoy. Sconforto nell’essere quello che era e di essere stato quello che era stato. Allungò il passò, per riuscire a seguire la sua lunga e agile falcata. Nessuno parlò per un po’.
- Mezz… Granger, ti va di fare un gioco? – chiese, cauto.
La ragazza lo guardò sgranando gli occhi. Un gioco? Dev’essere impazzito, decise sicura Hermione aprendo la porta di un’aula e richiudendola subito, trovandola vuota.
- Malfoy, hai picchiato troppo forte la testa. – rispose, ma non riuscì dal trattenersi dal chiedere: - Che gioco? –
Draco sorrise lievemente, aspettandosi la curiosità della ragazza.
- Mia madre lo faceva quando stava per partire per una missione particolarmente pericolosa e voleva assicurarsi che io capissi appieno quello che dovevo fare nel caso che lei non fosse tornata. Successivamente mio padre lo cambiò in modo tale da farmi dire quello che lui voleva sentirsi dire. È un semplice vero falso, dove non si può mentire. –
- Perché, cosa succede se menti? –
- Non lo so. Cosa succede se mentiamo? –
La ragazza parve pensarci.
- Niente. Dai, Malfoy, vuoi davvero continuare? –
Il ragazzo non rispose. Per un po’ si sentì solo lo scricchiolio e lo sbattere delle porte aperte e chiuse, e i loro respiri si ridussero a flebili sospiri.
- Granger, si dice che anche tu sia ancora in guerra. Vero o falso? –
Hermione guardò Malfoy, indecisa sul da farsi. Che cosa avrebbe potuto dirgli? In fondo, lui non sapeva della risposta che aveva dato alla professoressa McGranitt, tre mesi prima. Eppure, guardandolo, avrebbe potuto affermare con sicurezza che quella domanda gli frullava per quella sua mente bacata già da un po’.
- Vero. –
- Perché? –
Hermione sorrise, e con lei Draco, che sapeva già cosa la ragazza gli avrebbe detto.
- Non è un vero o falso, questo. –
Touché, pensò il ragazzo. Era da tempo che voleva porle quella domanda. Da quando quella notte lo aveva soccorso, dopo che lo avevano pestato. Aveva letto la guerra, in quegli occhi così banali, ma così espressivi, così pieni di cose da dire.
Il silenzio dilagò ancora fra i due, ma questa volta li teneva uniti, li teneva vicini, come se non volesse fargli perdere i battiti dei loro cuori che, in quella calma surreale, erano l’unica cosa che potevano sentire.
- Malfoy, si dice che hai ucciso qualcuno. Vero o falso? – chiese piano Hermione.
Draco rimase fermo, con la mano sulla maniglia della porta che stava per aprire. Immobile, con il capo abbassato e i capelli chiarissimi che gli nascondevano il volto raffinato. Hermione, si appoggiò ad una delle tante finestre, aspettando che lui parlasse.
- Si dicono tante cose, Granger. – bisbigliò lui, affiancandosi.
- Vero o falso? – ribatté piccata lei.
Lui sospirò.
- Falso. –
Hermione sorrise. Sapeva che Draco non aveva ucciso nessuno, ma i pettegolezzi e le voci malevole che giravano su quel ragazzo troppo fragile avevano insinuato una vocina cattiva anche a lei, che le urlava “Assassino!”, ogni volta che incrociava il ragazzo.
Poi Malfoy riprese a parlare.
- Ma ho torturato un uomo, una volta. – fece una pausa, passandosi una mano nei capelli rabbiosamente, come a voler strappare via dalla sua testa quei ricordi troppo dolorosi. – Lo ricordo come se fosse ieri. Voldemort ormai aveva preso Malfoy Manor come suo quartier generale e ed era lì, come sai, - aggiunse lanciandole un’occhiata strana, - che lui si divertiva a torturare e uccidere chiunque gli venisse portato dai Ghermidori. Un giorno arrivò alla villa quest’uomo che io non riconobbi, mi era familiare, ma ti giuro che non avevo capito chi era. Mia madre iniziò ad urlare, cercò di fermare il Signore Oscuro, cercò di barattare la vita di quell’uomo con la sua, qualsiasi cosa, pur che questo non venisse ucciso. Dovevi vedere le sue risate, Hermione, io… - strinse così tanto forte le mani, che le nocche sbiancarono ancora di più e le unghie gli si conficcarono nel palmo pallido. Hermione, dolcemente, gli posò una mano sulla sua, cercando di riscaldare quel ragazzo che sembrava morto, da quanto era freddo. Draco non si ritrasse come si era aspettata. Accettò quel contatto molto più intimo di qualsiasi bacio e andò avanti, osservando la Luna.
- Ricordo ancora lo sguardo raggelato di mia madre quando Voldemort le puntò la bacchetta alla gola.
“E così, non vuoi che muoia.”, disse l’Oscuro Signore, in un sibilo. “Bene, bene, bene. Ma forse, ci possiamo divertire lo stesso, non trovi?”. Io non ho mai visto mia madre così spaventata. Si vedeva che gli voleva bene. Così, il caro vecchio Tom si avvicinò a me, sibilandomi: “Scagliagli una Maledizione Cruciatus, Draco. E lascerò vivere tua madre. In caso contrario…”. Non potevo tirarmi indietro. Non potevo. Mia madre era lì, che guardava e piangeva, proprio come quando mi avevano fatto il Marchio Nero e io non capivo, ma non potevo disobbedire ad un suo ordine. Così alzai la bacchetta e lo cruciai. Lo cruciai a lungo, e Voldemort rideva. Non so quanto passò, esattamente. Ad un certo punto, l’uomo urlò più forte di prima e io non ce la feci più. Abbassai la bacchetta e mi accorsi che Voldemort se ne era andato. Mia madre si avvicinò, piangendo, cercando di curare quell’uomo che non aveva vie di fuga, a parte la morte. Mi raccontò tutto sulla sua vita, mi raccontò che si chiamava Ted Tonks, che era il marito di sua sorella Andromeda e padre di Ninfadora Tonks. Io… - sospirò, tremando. – io sento ancora le sue urla. Le sento tutte le volte che chiudo gli occhi e cerco di addormentarmi. Così come sento le tue, di urla, di quando Bellatrix ti ha torturata e io non ho potuto fare niente. – tremava sempre di più, scosso da emozioni così forti che Hermione si chiese come facesse a stare ancora in piedi. Così fece l’unica cosa che poteva fare in quel momento: gli si avvicinò e si avvinghiò a lui, abbracciandolo più stretto che poteva. Draco resistette per un po’, ma poi qualcosa parve rompersi definitivamente dentro di lui e i suoi sentimenti logoranti uscirono a fiumi dai suoi occhi grigi, sotto forma di lacrime. Affondò la testa nei suoi ricci e pianse tutto quello che non aveva pianto in quei mesi, cullato da quella donna che non gli arrivava neanche al mento.
 










Angolo dell'Autrice:
Eccomi qua, altro finesettimana, altro capitolo. 
Avrei voluto pubblicare ieri, il giorno prestabilito è il sabato, ma per una serie di sfortunati eventi - Lu, tu centri sempre :') - non ho potuto pubblicare ieri. Così, vi propino questo mio capitolo in questa domenica uggiosa (qui a Milano c'è brutto tempo :33).
Il capitolo parla da solo, Draco non è più lo stesso Draco ed Hermione non è più la stessa Hermione. Sono molto fiera di questo capitolo, soprattutto dell'ultima scena e spero che piaccia a voi come è piaciuto a me. 
Ringrazio tutti quelli che recensiscono e mettono la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate. Mi rendete incredibilmente felice <3
Nei miei pensieri ci sono sempre il mio Grillo Parlante (Gio <3) e quella disgraziata Nutella che non si merita questo capitolo, VISTO COME STA ANDANDO LA FINE DELLA SUA STORIA! (A proposito, questa me la paghi *ghigno sadico*).
Un bacio a tutti,
Lilian.
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _LilianRiddle_