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Autore: Sorina_SA    29/03/2008    16 recensioni
Prima di abbandonare quel supplizio creato dalla vanità, ci si scruta truce.
Sigh! Quanto odia il suo aspetto! E’ così...Così...Così, appariscente!
~
Sorride al suo riflesso e scorre il proprio corpo nudo con gli occhi azzurro elettrico, cercando un qualche difetto.
Mpf.
No.
'Assolutamente divino.’
Gli opposti si attraggono? Due persone che sembrano così diverse possono avere in comune più di quanto si possa immaginare...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Demyx, Organizzazione XIII
Note: Alternate Universe (AU), Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Nota legale:

Kingdom Hearts © Square Enix & Disney. Questa Fan Fiction è stata scritta per puro diletto, senza alcun scopo di lucro. Nessuna violazione di © è dunque intesa.

 

 

 ‘Lessons of Love’

 

 

 

Legenda:

- Quando tra un paragrafo e l’altro c’è uno spazio, vuol dire che è passato un giorno o più;

- Quando tra due paragrafi c’è un asterisco (*), vuol dire che è passato meno di un giorno.

- Quando tra due paragrafi c’è un’onda (~), vuol dire che qualcosa sta succedendo più o meno in contemporanea.

 

 

1. Alunno e professore

 

Cravatta a righe verdi e nere, o blu e nere?

Che dilemma immane.

Dopo sedici minuti di feroce lotta mentale, un giovane uomo dagli infuocati folti capelli rossi e dalle brillanti iridi verde smeraldo, è ancora a specchiarsi, indeciso sul da farsi.
Un altro minuto, poi sbotta seccato “Bah! Verde o blu, rimarrò ridicolo in ogni caso...”
Accascia sul portasciugamano del lavandino una delle due cravatte che tiene in mano, e si allaccia la vincitrice a strisce verdi e nere sulla camicia bianca.

Prima di abbandonare quel supplizio creato dalla vanità, ci si scruta truce.

Sigh! Quanto odia il suo aspetto! E’ così...Così...Così, appariscente!

Perchè il Dio creatore non gli aveva donato degli occhi di un colore normale, tipo neri...!? E perchè un colore altrettanto normale per quel cespuglio di capelli...!?

Che aveva fatto di male!?

In pubblico si sentiva sempre osservato, come se fosse un incrocio fra Elephant Man e il Joker di Batman.
Era paranoico? Può darsi. Ma di certo non passava inosservato.

Dio creatore crudele.

Tuttavia, essendo molto magnanimo, non dava la colpa solo al Divino. La colpa ricadeva anche su suo padre.
Poteva sembrare esagerato, ok, era suo padre e lo sarebbe rimasto. Però a penalizzare l’affetto che provava nei suoi confronti, era che fosse americano.
Per non avere fraintendimenti, non aveva niente contro gli americani.
Il punto era che sua madre, giapponese fino al midollo, lo aveva sposato, senza pensare alle conseguenze che questa scelta avrebbe causato al figlio che sarebbe nato.

Ossia, lui. Axel.

Quei capelli e quegli occhi, ereditati da chissà quale antenato del padre, gli avevano fatto venire una moltitudine di complessi, che pian piano erano stati superati(anche se non del tutto).
Fra conoscenti ed amici, c’era chi rideva della sua chioma, chi la elogiava.
Due sponde contrastanti che non gli facevano capire se raparsi o no.

Sì, gli importava ciò che pensava la gente, perchè lui non riusciva a pensare da solo.

Autonomia, zero.

Fresco di laurea, i genitori gli avevano trovato lavoro in Giappone.
Volevano che visitasse la sua seconda patria e che imparasse a cavarsela senza il loro aiuto.
Senza tanti preamboli, gli avevano pagato il biglietto di sola andata e fatto ‘ciao ciao’ con la manina.

Si era sentito abbastanza abbandonato, ma l’atterraggio a Tokyo non era stato male.

La gente era strana, sì, ciò nondimeno nei due mesi lì, non aveva ancora ricevuto nessuna lettera di minaccia e nessun mafioso era venuto a bussare alla sua porta.

La sua differenza fisica si notava di più -una specie di bizzarro fiore esotico in mezzo a basse margherite-, per questo parte dei complessi di inferiorità minacciavano di assalirlo.

E oggi era il suo primo giorno di lavoro.
Quale lavoro? Insegnante di lingua inglese.

Aveva sempre desiderato diventare insegnante, ciò nonostante la pecca che quella mattina lo rende così ansioso, è che si trovava a disagio con gli sconosciuti.
E gli sconosciuti di età compresa tra i quindici e i diciannove, pieni di drammi giovanili, erano i peggiori sconosciuti con cui si potesse interagire.

Pure, doveva imparare a conviverci. Un prof. adolescentofobico è un po’ inutile, no? E cavolo, era ormai un adulto...! Doveva affrontare la sua paura con autorità!

Infilata la giacca, valigetta alla mano e zazzera legata, esce dall’appartamento, chiudendo a chiave. A passo svelto, raggiunge la stazione vicina.
Fa in tempo a salire sul treno, buttandosi sulle porte in procinto di chiudersi.

Volendo nascondere la propria inquietudine, decide di distrarsi col pocket book del momento: ‘Il diario di Ansem’. Lo pesca dalla tasca interna del gilé, e in un’altra tasca scova gli occhialetti rettangolari.
Non aveva neanche finito di leggere la prima frase, che il cicaleccio isterico di un trio di ragazze lì davanti, gli fa alzare il naso dal libro.

Portano l’uniforme del liceo in cui doveva andare ad insegnare.

Gli occhi si soffermano sulle mini-mini gonne pieghettate a quadri azzurri e bianchi ‘Ma cos’hanno in testa i presidi giapponesi? Poi si chiedono dell’aumento di violenze subite dalle studentesse...’

La loro risata gli fa spostare lo sguardo sui volti esaltati “Oh, sentite qua. Mi hanno detto che arriverà un madrelingua dall’America! Probabile che sia un vecchio incartapecorito...”

“E se fosse un fusto abbronzato appena uscito dagli studi??”

“Biondo con gli occhi azzurri!”

“E se non avesse gli occhi azzurri e non fosse biondo?”

“Allora non se ne fa niente! O così, oppure può sloggiare! Soprattutto se oltre a non essere biondo con gli occhi azzurri, avesse i capelli rossi! Phua, che schifo i pel di carota...!”

Axel si appunta di comprarsi il prima possibile un burka.

*

Tic tac, tic tac, tic tac...

Tic tac, tic tac, tic tac...

Questa molesta cantilena penetra petulante nel suo inconscio in attività.

Ordina alle palpebre recalcitranti di schiudersi.

Fra le lenzuola sfatte del letto, al suo fianco c’è una ragazza addormentata.

‘Chi è?’ Si chiede.
Come se gli importasse.
Un’altra notte a cazzeggiare con gli amici, un’altra sbronza, un’altra ragazza portata a letto.

Tutto qui.

Cimentarsi in un’attività di pensiero troppo difficile, solo per ricordarsi il nome delle ragazze che si faceva, era uno spreco inutile di energie. I dettagli secondari, secondari erano e secondari rimanevano.

Gira il capo dalla parte del comodino. I suoi occhi incontrano la sveglia.
8.13.
Cazzo.

E’ prestissimo!

Considera bene l’idea di aspettare il risveglio della tipa e ricevere un buongiorno come lo intendeva lui. Invece si toglie le lenzuola di dosso e scende giù dal letto.

Durante la ricerca dei boxer, sosta dallo specchio.
I capelli biondo grano sono sparati in tutte le direzioni. Piuttosto che darci una sistemata, con la mano li spettina ancora di più.

‘Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più bello del reame?’ Sorride al proprio riflesso e scorre il proprio corpo nudo con gli occhi azzurro elettrico, cercando un qualche difetto.

Mpf.
No.

‘Assolutamente divino.’ Si concede da bravo narcisista con la ‘N’ maiuscola che è.

Passando su quel campo minato fatto di vestiti, raccoglie i suoi.

Infilati i boxer, gli skinny jeans e quel paio di tanga neri in tasca(come ricordo), si accinge a far passare la cintura nera nei passanti.
Il rumore della pelle contro i jeans, fa svegliare la ragazza.

La mora si mette a sedere, tirandosi addosso le coperte “Demyx...Te ne vai già...?” Gnaula rattristata.

Finito con la cinta, indossa la canotta “Sì.”

“La scuola può aspettare...Dai, resta con me...” Si allunga, aggrappandosi alla vita di Demyx. Lenta, fa andare le mani sotto l’indumento.

Il ragazzo la frena. Morbido le bacia i polsi e sale su di lei a cavalcioni, scivolando piano sul suo corpo caldo. Continuando a baciarla, sussurra “Non è per la scuola che me ne sto andando.” Cessa i baci all’altezza dell’ombelico, con grande dispiacere dell’altra.

Il giovane mette la felpa, coprendosi la testa col cappuccio. Scosta le tende, aprendo la finestra ai piedi del letto.

“Che fai??”

“Vado.”

“Perchè esci dalla finestra...?”

“Se incontro tua madre, che le dico? Che sono il primo figo visto al pub e che abbiamo fatto giochi non proprio casti sul tuo letto?”

L’anonima gli dà ragione sorridendo “Sì...Aspetta un attimo, che ti lascio il mio numero...”

“Non ho cellulare.”

“Be’...Chiamerai col cellulare di qualcun’altro.” Facendo cigolare le molle del letto, va alla scrivania. Scrive il numero su un post-it.

“Tieni.”

Demyx non dice niente e lo ripone nella tasca dei jeans.

Con un bagliore di speranza, la ragazza chiede “Ci rivedremo presto?”

Ha ha. Stai scherzando, vero? “Certo.” Sale sul terrazzo e si arrampica piano sulla tubatura di scolo.

Dopo aver scavalcato il cancello si ferma per frugare in tasca.
Sa che dalla finestra la ragazza lo sta ancora osservando e stropiccia il numero, buttandoselo alle spalle.

Alza il capo per vederla. E’ incazzata.

Ride, facendo spallucce. Si allontana, prima di darle il tempo di aprire la finestra e urlargli qualche insulto.
Di certo non aveva bisogno di sentire le lamentele di una stronzetta, che presto avrebbe fatto il bis con un altro.

Uno dei suoi tanti motti, era ‘vivi il momento’.
Il momento già vissuto, non si va a rivivere di nuovo, no? Perchè sennò si sciupa.

Poi non aveva proprio voglia di complicarsi la vita immischiandosi in una relazione umana.
Sciocchi quelli che si lasciavano trascinare nei meandri affettivi, sapendo benissimo che quella scintilla, chiamata ‘amore’, si sarebbe spenta in poco tempo e li avrebbe fatto solo soffrire.

E aveva altro a cui pensare.
Tipo ad un ragazzo tradito molto arrabbiato.

*

Respira.

Respira.

Respira.

Respiiiiira...!

E ora calmati.

Calmati e respira.

Calmati e respira, calmati e respira, calmaaati e...

“Entri pure, professor Blaze.”

Sulla soglia dell’aula, Axel rischia un attacco epilettico.
I movimenti rigidi, come se stesse andando al patibolo, si affianca al preside dietro la cattedra.

I ragazzi già in piedi, si inchinano “Benvenuto, professor Blaze.”

L’uomo dagli occhi d’oro fuso e la carnagione d’ebano, gli da una pacca sulla spalla “Ragazzi, lui è il madrelingue venuto dall’America. Siate rispettosi ed educati. Bene, vi auguro una buona lezione.” Sorride sornione e sussurra all’orecchio del rosso “Il bagno docenti è il posto migliore per nascondersi.” Lasciandolo completamente perplesso, se ne va e si chiude la porta scorrevole alle spalle.
Quando fino l’ultimo filo argentato scompare, Axel si ripromette che se sarebbe uscito vivo di lì, avrebbe fatto una pazzia. E lui non aveva mai fatto nulla di simile, senza contare la volta che in prima media aveva cercato di buttarsi giù dalla finestra del terzo piano per sfuggire ad una compagna di classe molto insistente che voleva costringerlo a togliersi le mutande e farle vedere il ‘pisello’, come lei aveva esplicitamente chiamato.
Con proprio rammarico, il tentato suicidio fu impedito dall’insegnante.
Purtroppo, durante la ricreazione, la suddetta ragazza lo trascinò con forza in bagno, minacciando di raccontare a tutti che fosse gay, se non avesse ubbidito.
Ci mancava che oltre le critiche per i capelli si aggiungessero quelle per la sua sessualità, perciò si arrese.
Fu la cosa più imbarazzante e umiliante che avesse mai subito. Alla vista delle sue nudità, ella rise, schernendo spietata “Il mio fratellino di quattro anni è più dotato di te!”
Inutile dire che dopo quell’episodio i suoi rapporti col sesso opposto non siano molto migliorati.

Anzi, quella ragazza sentenziò la sua condanna.

In terza liceo, a pochi giorni dal ballo di fine anno, una compagna di corso lo invitò.
Sorpreso e molto contento della proposta, accettò.
Il ballo filò liscio come l’olio ed a fine serata la riaccompagnò a casa.

Ci fu un bacio -il suo primo bacio-, che seguitò nella camera della compagna.
Tutto ok. Finché non iniziò a slacciargli i pantaloni, messaggio chiaro di quello che voleva.

Non desiderava perdere la sua amicizia rifiutandola, quindi cercò di far ‘rimandare’ l’evento... “N-non ho il preservativo...”

“Ce l’ho io.”

NOOO...! “Ehm...Ho...H-ho sete...! Potrei avere un bicchiere d’acqua?? PER FAVORE??”

Lei, era scesa giù in cucina per procurarsi l’acqua e quando tornò, non lo trovò lì.

Alla fuga dalla finestra di quella notte, ne seguirono metaforicamente tante altre.

I suoi contatti fisici si fermavano al bacio, l’abbraccio e alle carezze. Non di più.
Grazie alla sua ‘impotenza sessuale’, le sue storie duravano dalle cinque settimane ad un mese e mezzo.

Ci aveva pensato e ripensato e non capiva proprio il bisogno di far sesso per dimostrare l’affetto che si provava, visto che era stato accusato di rifiutare il rapporto perchè non c’era abbastanza amore da parte sua e di aver poca vena ‘avventurosa’.
Ma perchè fare sesso doveva essere una prova concreta? Due persone potevano amarsi alla follia, senza però aver nessun rapporto ravvicinato! Amore e sesso erano due cose separate! Tutti univano sempre questi due termini...Ma perchè?? Il desiderio carnale non doveva per forza essere presente nella relazione!
Lui, ventiquattro anni, era vergine.
Nonostante ciò non era ancora morto! Dicevano che era anormale, perchè quando ami davvero una persona, desideri tutto di lei, corpo compreso. Non era vero, perchè lui aveva amato e questo desiderio non lo aveva sentito.
Questa era una cosa assolutamente tutta relativa!

“Professore...Si sente bene?”

Eh?
La voce fuori campo gli ricorda di essere in una classe, con all’interno i suoi alunni. E di avere un’espressione ebete.
Fissa i volti perplessi per una manciata di secondi, intanto che il volto gli diventa un tutt’uno coi capelli. Abbassa gli occhi e balbetta “Ehm...P-potete risedervi...I-io sono il p-professor Axel B-Blaze...” Goffo, scrive il nome alla lavagna. Tossicchia e proferisce timidamente “E-ecco...Mi sono laureato da poco in lingue...Come avrete capito, insegnerò inglese...La mia presenza qui è una specie di tirocinio...E, ehm...”

“Professor Blaze, ci dica dell’America! E’ vero che lì ci si soffia il naso in pubblico?”

“Be’, sì...”

“Ma là in America sono tutti belli come lei?”

“Ti r-ringrazio...Ma non c-credo che...”

“Ci tiene al suo look? Vedo che ha intonato il colore della sua cravatta con gli occhi!”

“Oh, non faccio molto caso a come...”

“Come mai parla così bene il giapponese?”

“Mia madre è giapponese...”

“Ha fratelli?”

“Sono figlio unico...Sentite, perchè non rimandiamo le domande personali a dopo la lezione? Credo sia meglio che inizi col programma...”
Le ragazze che lo avevano interrogato chinano il capo, scusandosi.
Si sorprende della repentina compostezza silenziosa della classe, e si accomoda alla cattedra. Attraverso gli occhialetti rettangolari esamina il registro “Ehm. Farò l’appello....Amemiya.”

“Presente.”

“Arakawa.”

“Presente.”

“Endo.”

“Presente.”

Continua così e arrivato alla lettera ‘M’, si sorprende di leggere un nome poco nostrano “Melodious...?” [Ho usato i cognomi di ITtF perchè non mi andava di smeningermi per inventarne altri nd. Sorina]
Non riceve risposta.
Esplora l’aula con gli occhi, cercando una chioma chiara fra le teste nere. Individua un banco vuoto “Demyx Melodious non c’è?”

“E’ assente.”

Axel segna l’assenza sul registro “Qualcuno sa per quale motivo Melodious è assente?”

A quella domanda c’è un lanciarsi di occhiate fuggevoli.

E’ chiaro che sapevano qualcosa, ma non avevano intenzione di dirlo. E questo qualcosa non sembrava nulla di buono...
Non aveva nessuna voglia di implicarsi in questioni complesse...Ma forse, essendo il professore, doveva interessarsi dell’incolumità degli studenti...

“Se qualcuno sa qualcosa, lo dica, per favore...”

“Ecco...” Prende l’iniziativa un ragazzo in prima fila “...Melodious ha molti amici...Ed altrettanti nemici. C’è sempre la goccia che fa traboccare il vaso, che può portare ad un battibecco non proprio verbale...”

Axel aggrotta la fronte “Battibecco non proprio verbale?” Ripete, sconcertato “Vuol dire che in questo momento Melodious sta facendo a botte con qualcuno??”

Altri rapidi sguardi ed un “Sì.”

Ah...Ma...! Dobbiamo fare qualcosa...! Dov’è adesso...?”

“Non lo sappiamo.”

“Comunque non c’è da preoccuparsi. Melodious è abituato ad uscire incolume dai diverbi.”

Il giovane insegnante non vuole chiedere se questo valeva anche per l’altra persona fatta partecipe al caso.
Cerca di fare un pensiero logico. La scazzottata si svolgeva non in classe, quindi era una cosa di cui non era responsabile. Lui era un professore, non una mamma!

Punta gli occhi sul suo registro, prendendo atto del suo ruolo. Finisce l’appello e dice “Aprite i libri e andate a pagina tre. Faremo un ripasso generale delle regole...”

Ubbidienti, eseguono l’ordine.

“Per favore, qualcuno può iniziare a leggere?”

Si offre una ragazza, che alzandosi, legge a voce alta.

Una sensazione di soddisfazione gli si propaga piacevolmente nel corpo...Era la prima volta che aveva in mano quella autorità e...Come negarlo, non gli dispiaceva.

Seduto a bordo cattedra, non può far altro che pensare di aver iniziato bene.

*

Dicevano che era un’attaccabrighe.

Bugia.

Solo perchè veniva sempre coinvolto nelle risse, non voleva dire che era lui ad innalzarle.
Si faceva sempre i cazzi suoi, ma c’era sempre qualcuno che aveva da ridire.
La scusa più famosa che a questi tizi piaceva adottare, era: “Mi hai rubato la ragazza.”. Ma che palle! Un po’ di originalità, signori! Se volete fare a botte, basta dirlo!

Di certo non andava in giro con l’intento di fregare la donna altrui.
Che colpa aveva se erano loro a venirlo a cercare? Non poteva farci niente se era nato predisposto ad attirare il gentil sesso!

Salta giù dalla trave mezza ceduta su cui era seduto e si guarda ancora intorno.
Nel vecchio cantiere abbandonato, contenente solo polvere e topi, non arriva nessuno.
Aveva aspettato fin troppo e ripercorre la strada fatta mezz’ora fa.

“Stai forse scappando, Melodious?”

Demyx stoppa i suoi passi polverosi, intrecciando le dita dietro il capo. Si gira in direzione della voce con un mezzo sorriso “Complimenti per la puntualità. Già non ci speravo più.”

Dall’ombra della parte di soffitto ancora intatto, emerge un uomo dai lunghi capelli biondo cenere e dall’espressione non molto cordiale.

“Ehilà, Vexen! Cosa mi racconti di bello? Hai fatto pace con la tua ragazza?”

A Vexen si gonfia la vena sulla tempia “Non ti conviene scherzare con me.”

“Non sto scherzando. Volevo solo sapere se l’avessi perdonata di averti messo le corna con me.”

L’altro fa un cenno con la mano, mentre una smorfia di disprezzo gli deforma il volto “Imparerai a rispettare i più grandi, Melodious.”
Come un branco di lupi affamati, una decina di ragazzi esce dall’oscurità, e circonda la bionda preda.

Demyx analizza divertito gli amichetti di Vexen “Oho! Una maxi orgia! Scusa, ma mi sono dimenticato di dirti che non mi piace fare sesso con tanti contemporaneamente. Perchè non facciamo uno per volta? Vuoi iniziare tu, Vexy?”

“Non farei sesso con te per nulla al mondo.”

“La tua ragazza non la pensa allo stesso modo. Chiedi pure in giro, ti diranno lo stesso. Sai, a scuola la conoscono tutti.”

E’ la goccia che fa traboccare il vaso. Un altro cenno di Vexen, e due dei suoi compari immobilizzano per le braccia Demyx, che non oppone resistenza.

Gli si avvicina e gli afferra il mento, sollevandogli il viso “Sarebbe per questo faccino immacolato che hai così tanto successo con le ragazze?”

“Scusa tanto se non ho un’acne prodigiosa come la tua.”

Vexen fa finta di ridere e gli tira un pugno. Sghignazza “Vedrai, Melodious. Ci divertiremo.”

Sfortunatamente, non può sapere di aver commesso uno sbaglio, dando quel pugno.
Un grosso sbaglio.

Il capo ancora inclinato, Demyx alza molto lentamente lo sguardo su di lui. Schiude la bocca e lascivo si lecca il labbro sanguinante.
Sfodera i denti in un ghigno “Lo so.”

*

Si guarda di nuovo l’orologio da polso.
Ma quando finisce la ricreazione!?

Axel si alza dalla tavoletta del water, uscendo dalla cabina.

Il preside doveva aver previsto tutto.
‘Il bagno docenti è il posto migliore per nascondersi.’...Rinchiuso lì dentro, la mandria spasmodica non poteva inseguirlo.

Dall’esatto momento in cui era suonata la campana del pranzo, come paparazzi affamati di scoop, parte del corpo studentesco femminile stava pedinando lui, divo di Hollywood che non era.
La voce del suo arrivo si era propagata come un incendio. Ovunque, ovunque andasse, spuntavano ragazze, mitragliandolo di domande non inerenti alla sua materia.

Come negarlo, era vagamente compiaciuto di ricevere così tanta attenzione.

...

...

Ok, ok. Non lo era vagamente, ne era entusiasta. Ma quando si esagera, si esagera!

Lancia un’altra occhiata alle lancette dannatamente lente ‘E’ passato un bel po’...Non mi avranno più visto uscire e stanche di aspettare, se ne saranno andate...’ Schiaccia l’orecchio sul legno liscio della porta, cercando di captare chiacchiericcio femminile.

...

Silenzio di tomba.

Fa un sospiro di sollievo ‘Libertà...’
Esce.

Però, appena fuori, vuole fare retro front.

Erano ancora tutte lì. Riformano la stretta cerchia anti-fuga, ricominciando a parlare in contemporanea.
“Eravamo preoccupate...” “Credevamo che le fosse venuto qualcosa...” “Sta bene, vero?” “Venga, le facciamo fare il giro della scuola...” “Scommetto che non ha ancora mangiato! Perchè non pranza con noi?” “Sì, venga! Andiamo a mangiare sul prato!”

Dopo un lungo urlo mentale, sorride arrendevole “D’accordo...”
Anche questa sarebbe finita, avrebbe aspettato...

~

Dondola la gamba, seduto sul ramo di un albero del giardino della scuola.
Appoggia la schiena sul tronco rugoso, dando sosta alle palpebre.

‘Che sonno...Quelli là mi hanno sciupato l’energie...’

Si sente tutto spossato, dopo aver discusso con Vexen e i suoi amici...

# Inizio flashback #

I corpi giacciono doloranti o immobili sul terreno sporco.

Scavalcandoli, Demyx raggiunge quello di Vexen.
Si rannicchia prendendolo per la collottola. Sorride come solo lui sa fare “Senti, io sono stanco. Che ne dici se mi lasci perdere, io che non c’entro coi tuoi problemi, e vai a chiarirti con la tua ragazza?”

Vexen sanguinante e ansimante, mugola qualcosa di incomprensibile.

“Eh? Preferisci continuare il nostro noioso discorso?”

Negli occhi sbarrati dell’altro guizza terrore. Scuote tremante la testa.

“No, cosa? Vuoi continuare a discutere?”

“N...N-no...! I-io ti chiedo p-perdono...Ti p-prego...”

“Oh, non scusarti. Non è tua la colpa se hai una ragazza poco seria. Ok, io vado. Ciao, Vexy. Salutami i tuoi amici quando si riprendono.”

# Fine flashback #

‘Mi è venuta anche fame...’

Da sotto il fusto si sollevano delle risate.
Guarda in giù.
Delle ragazze stanno stendendo un panno, sedendosici sopra.

Con loro c’è anche un capellone.
‘Deve essere un nuovo studente...Mi sembra un po’ cresciutello per essere un primino...’

“Professore, non faccia complimenti! Si serva pure dal mio bento!”

“Tenga, prenda questo! L’ho fatto io!”

“Prenda anche questo!”

‘Professore, eh...’ Infuocando meglio, adocchia la testa bionda di Larxene ‘Ti pareva. Ma non le basta avere già dei crediti con gli altri prof.? Cercherà di farsi pure questo...’

Axel squadra il proprio bento stracolmo, agitando le bacchette “Basta, basta...! Vi ringrazio, ma non riuscirò a finirlo...”

“Ma lei deve mangiare! Ha visto com’è magro??”

“La imbocco io!”
Come fucili, alla sua bocca vengono puntate una decina di bacchette, ognuna con una pietanza differente.

Il rosso, imbarazzato, scuote la testa “No, no...! Ce la faccio da solo, grazie...” Pinza un gamberetto fritto, portandoselo alla bocca.
A qualche centimetro dalle sue labbra, qualcosa succede velocemente.

Da dietro, due mani gli afferrano le spalle e una liscia guancia fredda vezzeggia a mò di micino bisognoso di coccole la sua gota calda.
Il gamberetto fritto svanisce in fauci sconosciute.
“Delizioso.” E’ un sussurro dolce quanto il suo profumo.

Alquanto stupito, Axel gira il capo.

Il ladro di gamberi fa lo stesso.

Le parole gli muoiono in gola.
Una strana nebbia si impadronisce della sua mente, mentre annega in quell’oceano.
Sente il suo respiro mite lambirgli le labbra, e questo inspiegabilmente non gli dispiace...

Quanto tempo passò in quello stato?

Il suo raziocinio lo travolge, facendogli capire che mancava mezzo centimetro perchè potesse unire a quella bocca di rosa, di quel ragazzo, le sue labbra, e che agli occhi dei presenti lì intorno la scena si prestava a diverse interpretazioni...

Si ritrae di scatto, ustionato da quella vicinanza.
Imporpora.

Il ragazzo, che aveva tolto le mani dalle sue spalle, ride fluente alla sua reazione, facendolo arrossire di più.

Non sapendo bene cosa fare, abbassa impacciato la testa sul suo bento, pinzando frettoloso una verdura al vapore. Mangia, sperando che la smettesse di fissarlo con quegli occhi...

Demyx si rivolge alle ragazze “Ciao, a tutte. Larxene, sai dove sono Xaldin e gli altri?”

Larxene offre la sue verdura al professore, insistendo ad imboccarlo. Risponde scocciata “Perchè dovrei sapere dov’è Xaldin??”

“Ah, be’. Sai com’è, sei la sua ragazza.”

Senza staccare gli occhi dall’amato professore, gli fa sciò con le bacchette “Dettagli. Comunque vai a vedere al campetto di basket. Dovrebbe essere lì.”

“Ok. Ragazze, buon appetito. E grazie per avermi imboccato, professore.”

Ad Axel va di traverso il polipetto. Oltre il contesto della frase, è il modo in cui aveva detto ‘professore’ a turbarlo.
Non portava l’uniforme...Ed era lecito che un alunno si comportasse così con un’insegnante?

Qualcosa gli suggerisce che avrebbe avuto a che fare con una persona poco docile...

~

Demyx trova i suoi amici bighellonare sugli spalti.

Conosceva Zexion da sempre.
Era il migliore amico per eccellenza: ascoltava con concreto interesse i suoi vaneggiamenti, lo sopportava quando era di cattivo umore, non diceva mai ‘te l’avevo detto’, non lo incolpava degli sbagli commessi(anzi, in più delle volte se ne prendeva lui stesso la colpa).
Insomma, se avesse dovuto descriverlo a qualcuno, sarebbe stato in dubbio se paragonarlo ad una madre, un fuoristrada o ad un pastore tedesco.
Comprensivo, affidabile, fedele. Ed era anche onesto da fare schifo.
Certe volte, si chiedeva se fosse un santo o un grande stupido.
Ma poco importava, c’era solo un filo sottile a distanziare questi due termini.

Spesso gli veniva la convinzione che Zexion fosse in realtà il suo fratello minore e che fossero stati divisi alla nascita.
E forse l’incertezza lo avrebbe perseguitato fino alla morte.

Perchè?

Per quanto gli avevano detto, ancora in fasce era stato lasciato sulla soglia dell’orfanotrofio della città. Ad accompagnare il piccolo fagotto, c’era sono una missiva, con su scritto un nome: Melodious Demyx.
Il coordinatore dell’istituto per orfani, cercò invano di rintracciare qualcuno che potesse avere quel cognome.
E allora lo accolsero lì.

In quell’ambiente malsano e freddo, ogni giorno scorreva lento e sempre uguale all’altro. Perse il conto delle volte che fu picchiato e maltrattato.
Forse, era per il suo aspetto, in qualche modo diverso, ad infastidirli. Gli sembrava la ragione più plausibile.

C’era un ragazzo in particolare, che non perdeva occasione per malmenarlo.
Crescendo nell’orfanotrofio, aveva subito in silenzio. Perchè una sola parola avrebbe peggiorato la situazione. E perchè, comunque, nessuno gli avrebbe creduto.
Gli adulti di quel luogo lo avevano etichettato come bugiardo.

A ripensare a quel nome, una rabbia bollente rodeva nel suo stomaco.
Agli occhi di tutti, Marluxia era il divo. Il ragazzo mansueto, educato e studioso.

Ogni dannata volta, pregava che quelli che non gli credevano vedessero lui e i suoi amici divertirsi a pestarlo a sangue. Avrebbero dovuto ricredersi e dargli ragione. Punire Marluxia.

Ma questo non accadde.

Era sicuro che se avesse incontrato Marluxia adesso, le sorti del gioco si sarebbero capovolte.

Tra questi dispiaceri, nacque l’amicizia con Zexion, che era stato lasciato in orfanotrofio un anno dopo il suo.

Il suo presentarsi al ragazzo non fu il massimo.
Zexion lo trovò una sera nei corridoi steso a terra. Mezzo morente, col volto ricoperto di sangue.
Mentre lo aiutava ad arrivare nei dormitori, gli disse che capiva come si sentiva.
E capiva davvero.
Non era una di quelle persone che diceva di capire lo stato d’animo di qualcun’altro senza aver idea di ciò che gli era successo, senza aver vissuto ciò che aveva vissuto.

Già. Anche lui era una vittima di Marluxia.

Cercando restare in piedi fra alti i bassi, verso i loro dieci anni, due famiglie li adottarono.
Grande felicità di lasciare per sempre quel posto, grande tristezza per l’addio che si sarebbero dovuti dare.
Ma immensa sorpresa, scoprendo qualche settimana dopo di frequentare la stessa scuola.

Nelle mura scolastiche, quella coppia, indivisibile, così strana ed inquietante, non era vista di buon occhio. Per giunta i genitori impedivano ai loro figli di avvicinarsi, di spiccicare parola con loro.
Ma cosa importava se le persone più importanti a cui voleva bene, gli erano accanto?
Proprio nulla.
Zexion e i suoi genitori gli davano tutto l’affetto che in orfanotrofio gli era stato privato.

Andava tutto bene.

Ma...Sì. C’era d’aspettarselo.
Le cose belle non durano mai a lungo.

...

Aveva già detto che considerava Zexion come un fratello?
Be’, condividevano ogni cosa, tra queste cose anche gli amici.

La loro era una specie di cricca, ben conosciuta.
E temuta quanto bastava.

Xaldin, rimandato due volte, si trovava in terza. Un tipo schietto e burbero. Ed alienato equilibratamente.

Zell, seconda liceo. L’essere più schizoide e mentecatto di questo universo. Il bello(o il brutto che fosse) era che non aveva mai assunto sostanze strane. Era tutto al naturale. Andava a momenti.

Riku, quinta liceo. Era un cocktail fatale per le giovani donzelle che incrociavano la sua strada. Sorriso enigmatico alla Mona Lisa, campione indiscusso di tutti gli sport e delle iniziative della scuola, capo del consiglio studentesco, ottimi voti in qualsiasi materia, bello da svenimento. Perfino i ragazzi etero cadevano ai suoi piedi.
Se avesse voluto qualunque cosa, sarebbe bastato che avesse schioccato le dita e gli sarebbe stato servito su un vassoio d’argento.
Ciò nonostante aveva molta testa sulle spalle(con Zexion, erano le mamme della comitiva).
Tutti si chiedevano perchè un ragazzo d’oro come lui, si fosse unito a quella banda di prepotenti...

Xigbar, rimandato anche lui -non ci si ricorda per quante volte-, era il bullo D.O.C.. Avrebbe incendiato la scuola per passare il tempo.
Litigava spesso con Riku, e l’argomento principale delle liti era l’insuccesso esauriente che aveva con le donne.
Voleva sempre fare il capo, anche se alla fine si lasciava scarrozzare dagli altri.
Nel complesso, non era una cattiva persona(se non se lo si inimicava).

Lexeaus, quinta liceo. Il gigante buono. A causa del suo aspetto, molti non volevano avere a che fare con lui. Il cuore grande quanto una casa, era il silenzio fatto in persona. Di solito stava in compagnia di Xaldin, due tombe umane.

Non si può dire che con loro il tempo non passasse in fretta.

Demyx si siede accanto a Zexion, rubandogli dalle mani la lattina di the appena aperta “Grazie, Zeku.”

“Ehi, lasciamene almeno un goccio!”

Per fargli un dispetto, se la scola fino all’ultimo. Assume un’espressione interrogativa, dicendo “Scusa, hai detto qualcosa?” Poi ride, vedendo il finto cipiglio arrabbiato dell’amico. Gli circonda le spalle con un braccio “Dai, nii chan. Non fare il bambino!”

Zexion lo guarda in tralice, scuotendo la testa “Ah, sarei io il bambino?”

“Dem! Dalla tua longevità deduco che tu sia uscito vincitore dalla disputa con Vexen!” Fa Xigbar, desideroso di saperne di più.

Stravaccato sulla panca più alta, Riku si issa su un gomito, i muscoli facciali contorti in uno stupore quasi raccapricciato “Xigbar! Quando hai imparato a parlare in modo così articolato?? Una frase di senso compiuto con più di cinque parole! Più di cinque parole! Incredibile!”

Zell scoppia in una risata che si spegne sotto lo sguardo omicida di Xigbar.

Demyx, che aveva riso anche lui, dice “Vexen ha portato qualche amichetto con se’.”

“Quel bastardo! Ha giocato sporco!” Pronuncia Xigbar, indignato.

“Sì, ma se sono qui a raccontatelo vuol dire che il suo giochetto è stato inutile.”

“Quanti erano?”

“Una decina, credo.”

“Dem, sei il mio uomo! Naturalmente l’abilità nel lottare l’hai imparata da me...”

“Demyx, smettila di fare il cafone con la gente. Capiterà che un giorno te la vedrai con uno più forte di te e saranno cavoli amari.”

“Zeku, perchè mi fai questo terrorismo?? Sottovaluti le mie capacità!”

“Non sottovaluto proprio un bel niente. Dico solo la verità.”

“E’ il tuo modo indiretto di dirmi che ti preoccupi per me?”

“Mi pare ovvio.”

Demyx ride, poi si volge a guardare Lexeaus “Lex! Quanto tempo! Come te la passi?”

“...”

“Io bene, grazie. Tu sei loquace come sempre, vedo!”

“...”

“Ha ha, lo so! E ieri perchè non sei venuto con noi?”

“...”

“Ah, capisco. Be’, alla prossima uscita ci devi essere!”

“...”

“Guarda che non me ne dimentico!” Era divertente chiacchierare con Lexeaus, ti lasciava condurre liberamente la conversazione.

Concentrato, Zell cerca disperatamente di catturare con le bacchette una crocchetta dal bento che ha sulle ginocchia, rubato da chissà chi “Senpai Demyx, indovina chi è arrivato stamattina dall’America??”

“Tsk! Le ragazze non fanno altro che parlare di quel mezzo travestito!” Infervora Xigbar, dando un calcio ad una lattina ammaccata “Abbiamo un rivale, Dem!”

Riku ha la faccia che dice ‘Eh? E’ Pesce d’Aprile?’ “Tu e Demyx? Semmai vorrai che io e Demyx abbiamo un rivale.”

“Ma chi ti vuole, frocetto!”

“Sarò anche frocetto, ma il fan club della scuola porta il mio nome, non il tuo. Quindi, sono io che piaccio, non tu.”

“Non dire cazzate! Ho un sacco di ragazze in attivo io!”

“No, Xiggy caro. Tua madre, tua sorella, tua cugina, tua zia e tua nonna non valgono.”

Xaldin trattiene Xigbar che si stava per avventare sull’albino “Su, non fate cagnara già di primo mattino.”

“Frocetto di merda, mi hai già fatto incazzare! Vieni qui che ti infilo una crocchetta di Zell su per il culo!”

“Ew, che schifo!” Rabbrividisce il kohai del gruppo, scrutando disgustato la crocchetta.

Nel frattempo, Demyx si era acceso una sigaretta. Ne aspira una boccata “Zell, stavi parlando del capellone rosso?”

“Yup. Dove l’hai visto?”

“Era a pranzare sul prato con Larxene ed altre.”

In qualche modo, Xaldin si acciglia ancora di più, ma non dice nulla.

Comprensivo, Zell rivolge parole di conforto all’amico “Senpai Xaldin, non preoccuparti. Gli rovineremo l’esistenza, vedrai.”

“Sarà divertente torturare quell’effeminato!”

“Zell, Xigbar, lasciategli una settimana. Fategli credere che quest’anno per lui filerà tutto liscio. Ok?”

“Demyx, come sei particolarmente generoso, oggi!” Sarcastica Riku, scendendo dagli spalti “Io devo andare ad una riunione dei docenti. Ci si vede.”

“Anch’io devo andare...” Dice Xaldin rannuvolato. Lexeaus lo segue.

“Scusate, ma io ho un bento da restituire!” Ridendo istericamente, il kohai si allontana.

“Vado anch’io. Il mio harem mi attende!” Xigbar sghignazza e scompare anche lui.

“Mi chiedo se...” Demyx si stende e appoggia il capo sulle cosce dell’amico “...Xaldin sia cieco o gravemente ritardato. Sa com’è fatta Larxene, ma ci sta lo stesso assieme.”

“L’amore è cieco.”

“Già. Innamorarsi di Larxene...Povero Xaldin...”

“Demyx, come stai?”

Demyx si stupisce dell’improvviso cambio d’argomento “Oh, qualche livido, nulla di gra--...”

“Non fisicamente, Demyx.”

“Sto bene, Zeku.”

L’espressione di ciuffo blu si addolcisce ulteriormente intanto che chiede “Da quanti giorni non torni a casa?”

Il biondo aspetta a rispondere. Tira un’altra boccata di fumo, osservando mite le nuvole scorrergli sopra “Da due mesi.”

“Torna a casa, Demyx. Sarà preoccupata...”

“Le ho detto che sarei stato via per un po’. Non c’è da preoccuparsi.”

“...”

Che c’è?? E non fare gli occhioni alla Candy Candy! Ti ho detto che non c’è da preoccuparsi!”

“Ti prego, torna a casa, Demyx.”

“Se non mi vuoi più in casa tua, basta dirlo chiaramente.”

“Non essere infantile. Sai che non intendevo dire questo...”

“Uff...! Sei una lagna!”

“Va a farle almeno un saluto!”

“Uhm...Va bene. Ci andrò domani.”

Zexion lo analizza, cercando tracce di bugia.

“Cos’è, non mi credi?? Ci vado domani, promesso! Però ora cambiamo argomento.”

“Che impressione t’ha fatto il nuovo madrelingua?”

Demyx lancia il mozzicone a terra, chiudendo gli occhi.
“Crollerà. Come un castello di sabbia.”

*

-DLIN DLON-
Fine delle lezioni.

Axel corre come un forsennato per i corridoi, nella speranza di riuscire a depistare le inseguitrici.
Nei pressi della presidenza, diminuisce il passo. Si guarda dietro ‘Ce l’ho fatta...’
Bussa all’unica porta non scorrevole dell’andito.

“Avanti.” Invita una voce maschile dall’interno.

Axel abbassa la maniglia ed entra “Buon pomeriggio, preside.”

Il capo d'istituto chino sulla scrivania è intento a sfogliare il settimanale ‘Jump’. Ridacchia mentre mangiucchia una polpetta di riso.

“Preside...?” Chiama il rosso, incerto, visto che il preside sembra non essersi accorto della sua presenza.

Dopo un’altra risata, l’uomo pare notarlo. Si alza dalla poltroncina allegro “Axel! Buon pomeriggio!”

“Buon pomeriggio, preside.”

Preside? Cos’è tutta questa formalità?? Per te devo solo essere solo ed esclusivamente lo zio Xemnas!” Va incontro al nipote, stritolandolo in un abbraccio.

“Iiiiih! Pre--...Zio! Mi soffochi così...!”

Xemnas lo molla, squadrandolo fiero “In classe mi sono trattenuto...Mpf, guarda come sei cresciuto! Poco tempo prima eri solo un soldo di cacio! Ed ora...Guardati! Sei un uomo!”

“Ma pensa.”

“Forza, siediti!” Gli mostra la seggiola di fronte alla scrivania.
Si accomodano entrambi.

“Da quanto non ci vediamo, Aku?”

“Circa cinque anni.”

“Accidenti! Come vola il tempo! Quando qualche mese fa tua madre mi chiamò, chiedendomi se c’era un posto libero come insegnante per te, mi si è riempito il cuore di gioia. Cavolo, mio nipote Axel si è laureato a pieni voti! Il figlio di mia sorella, un uomo!”

“Se non me lo ripeti un’altra volta, credo che mi cresceranno un paio di tette.”

“Oh, sì...Scusa! Mi sono lasciato prendere! Sarebbe bello se imparassi ad essere così vispo anche con le persone al di fuori della famiglia. Comunque...Prima del tuo arrivo stavo leggendo Gintama -mi fa sbellicare dalle risate!- e mangiavo questa...A proposito, ne vuoi una?” Gli mette un cestello pieno di polpette di riso sotto il naso.

“No, grazie...Non mi va...”

“Sicuro? Se no ho altra roba da mangiare! Non so cosa, perchè non li ho aperti tutti...” L’uomo spalanca le ante dell’armadio alle sue spalle.

Ogni ripiano è riempito di piccole pile di bento[si usa il plurale o rimane invariato? nd. Sorina].

Piuttosto dubbioso, Axel chiede “Perchè hai un armadio pieno di bento?”

“Oh, non li ho fatti io. Ogni inizio e fine anno, le studentesse mi preparano qualcosa. Ormai è canone.” Li scoperchia uno ad uno, sbirciando il contenuto “Allora, qui abbiamo delle polpette di riso...Wurstel a forma di polipetto e granchio...Spicchi di mela a forma di coniglio...Altre polpette...E...Sushi! Wow, quest’anno si sono impegnate!” Chiude lo stipo, affiancando alle polpette di prima la nuova leccornia “Serviti pure!”

“No, grazie zio. Sono pieno come un uovo...”

“Eddai, non fare il timidone con me!”

Alzando gli occhi al cielo, Axel prende una polpetta per farlo contento, senza però mangiarla “Zio. Lo sapevi.”

“Cosa?”

“Che le studentesse di questa scuola sono pazze.”

Xemnas alza gli occhi dal suo Jump e ride sotto i baffi “Il mio suggerimento è servito a qualcosa?”

“Non del tutto...Ma come lo sapevi?”

“Aku, conosco le tue qualità e conosco anche la gioventù di oggi. Con l’aspetto che ti ritrovi, non puoi evitare di far palpitare tanti cuori. Ovviamente, anche per me è così(con le matricole soprattutto). Dovrai abituarti al fuggiascare continuo.”

“Potevi dirmelo più chiaramente...”

“Sì, ma non volevo rovinarti la bellezza del primo impatto. A parte questo, come è andato il primo giorno?”

“Credo bene...”

“Come, credo? Devi imparare ad essere più sicuro! Su, ripetimelo per bene, come è andata?”

“Ottimamente, zio.”

“Oh.”

Oh? Perchè, oh? Non dovresti essere felice?”

“Sono sorpreso...”

“Grazie, perchè credi nelle mie capacità, zio.”

“Non essere sciocco. Non è per questo che sono sorpreso. Be’. Ora torna a casa! Sarai stanco e domani è un nuovo giorno! So che quest’anno farai faville, me lo sento! Dopotutto sei mio nipote!”

“Disgraziatamente...”

“Ti ho sentito, ingrato.”

Axel ride e si alza “Ciao, zio. E riprenditi la tua polpetta.” Gliela mette tra le mani.

Xemnas lo scorta fino all’uscio. Addentando il riso, dice questo “A fine lezioni non ci sono, quindi dovrai passare prima per parlare di lui. A domani, Aku.”
Prima che potesse rivolgere una qualsiasi domanda allo zio, la porta si chiude.

‘Un’altra frase ambigua...’
Lui...Lui, chi?

 

“Watanabe.”

“Presente.”

“Watase.”

“Presente.”

Axel fa un segnetto vicino all’ultimo nome “Manca solo Melodious...Qualcuno sa perchè manca anche oggi?”
Riceve sguardi che dicono ‘boh’.
Vabbè...Che la scazzottata sia finita male per lui? “Aprite i libri e andate a pagina sette. Vi spiegherò il nuovo argomento.”
Si mette di fronte alla classe ed inizia a leggere.

Durante la lettura, sente le fronde dell’albero fuori sfregare contro il vetro della finestra.
‘Ci deve essere vento...’ Pensa infastidito dal rumore.

Lo sfrigolio aumenta d’intensità.

Seguita a leggere, anche se la sua mente lavora ad epiteti insultanti indirizzati a quell’alberaccio. Dopo una decina di minuti usati per chiedersi perchè non fosse stato ancora sradicato, un improvviso –Toc toc- lo fa sobbalzare e gli fa quasi volare via il libro dalle mani. Dice alla porta “A-avanti.”
Nessuno entra.
“Avanti.” Ripete Axel più forte.
Vedendo che la porta rimaneva chiusa, un po’ confuso fissa lo sguardo sulla classe e si schiarisce la voce per continuare la lettura.

-Toc toc-

Lievemente seccato, torna a dire “Avanti.”
Forse era qualcuno che si divertiva a bussare alle aule...

“Professor Blaze...” Sussurra timida una ragazza “Guardi...” Col dito indica la finestra.

Axel segue con gli occhi l’indice.
Sorpresa e spavento.

Il suo primo pensiero è ‘Quel ragazzo l’ho già visto...’ Sì, perchè il ragazzo biondo dagli occhi color dell’oceano è fuori dalla finestra e sta battendo le nocche contro il vetro. E cavolo, è seduto sul ramo dell’albero lì di fianco!

Il giovane addita l’interno dell’aula e sillaba ‘Mi aprite?’

La ragazza vicino alla finestra domanda “Professore...Devo aprirgli?”

Un attimo titubante, Axel annuisce “Sì, aprigli...”

Il biondo si slancia e salta, aggrappandosi alla tubatura. Con uno scatto felino, si butta sulla finestra aperta. Atterra a piè pari e si spazzola via di dosso alcune foglie secche. Poi si siede e appoggia il capo sulle braccia conserte sul banco.

...

‘Si è...Messo a dormire...?’ Il professore, sotto gli occhi della classe, si avvicina al banco appena occupato “Ehm...Scusami...” Non vedendo nessuna reazione, si china e ridice “Ehi, tu...Scusa...”

Il giovane alza la testa “Eh.”

Axel si raddrizza di botto, ritrovandosi troppo vicino a quella bocca. Sentendosi stupido, arrossisce.

‘Si imbarazza a stare a una distanza minima da un alunno. Questo qui non dura niente...’ Demyx osserva il leggero rossore tingere le gote del docente e si puntella il mento con l’avambraccio “C’è qualcosa che non va, professore?” Chiede educato, affatto di buon umore.

L’altro prova a sostenere il suo sguardo con insuccesso “P-perchè...Sei venuto in questa classe...?”

Questa, è la mia classe.”

“Ah...E posso sapere...Il tuo nome?”

“Demyx Melodious.”

‘Il ragazzo della zuffa e il ladro di gamberetti fritti sono la stessa persona...’ “Ehm...Perchè sei entrato dalla finestra?”

“Ma quante domande. Il bidello non voleva farmi entrare perchè ero fuori orario.”

“Per questo sei entrato dalla finestra...?”

“Per quale altro motivo, sennò?”

“Potevi farti male...”

“Già. Ma questo non è successo. Posso tornare a dormire, ora? Grazie.” Riappoggia la testa sul banco.

Axel fissa allibito la chioma dorata. Il comportamento di quel ragazzo era...Ehm...Un pochino sfacciato, considerando il fatto che fosse entrato dalla finestra del secondo piano saltando da un albero.
Be’...Doveva continuare, no? Non poteva sospendere tutto perchè un alunno dormiva(poi quel ragazzo gli metteva una certa soggezione...).
Rinnizia a leggere.

*

Demyx giocherella con delle monete, l’umore decisamente migliorato dopo aver dormito nelle due ore precedenti.
Non gli andava di fare anche la terza ora, per questo era uscito e aveva girovagato un po’ per i corridoi deserti.
L’unico distributore di bevande è in aula insegnanti e lui vuole una lattina di the.
Scende giù al piano terra e quatto quatto s’intrufola in sala professori.

E’ vuota.

Va dalla macchinetta e ci infila 150 Yen. Prende la lattina ed esce.

Ops!” Nel farlo si scontra con qualcuno “Excuse me.”

“Melodious?”

Il biondo posa gli occhi sul possessore della voce.
‘Il capellone rosso...’
“Guarda, guarda chi c’è.” Chiude la porta alle spalle e sfoggia il suo miglior sorriso impudente.

L’altro rabbrividisce un poco, con il solito rossore regnare sovrano sulle sue guance.
Il libro di inglese in mano, fa un gran respiro, costringendosi ad adempire al suo dovere d’insegnante “Perchè ieri sei mancato al primo giorno di scuola...?”

“Oh, che bello. Giochiamo ad alunno e professore, eh? Comunque, ero malato.”

“Ma...Ieri ti ho visto a scuola...”

“Se lo sai, non chiedermelo.”

Axel è interdetto dalla risposta diretta.
Nel tumulto che popola in lui, china lo sguardo, il vocabolario verbale improvvisamente prosciugato.

Demyx arriccia l’angolo della bocca, procace.
Fa un passo verso di lui.

Il rosso indietreggia impacciato ‘Oddio, cosa vuole...?’

Un’altro passo del giovane e lo imprigiona fra la porta e il suo corpo.

Axel rimane a fissarlo impaurito, da lui e da quella vicinanza.

Demyx poggia il palmo della mano sulla porta, all’altezza dell’orecchio dell’altro. Avvicinandosi ulteriormente, si infila dissoluto fra le sue gambe andandogli ad accarezzare con movimenti lenti e calcolati del ginocchio l’interno della coscia, per poi risalire al vertice.
Si compiace di udire il respiri del docente farsi più rumorosi e veloci.

Axel non si era mai trovato in una situazione del genere.

[ No, non si è mai trovato in una situazione del genere. ]

                                                                                               [ ...Davvero, Axel? ]

Non si ritrae, non sa come reagire. O forse, non vuole reagire...

[ ...Axel... ]

           ...Non vuole...Reagire...

Le sue percezioni sembrano essersi acutizzate.
Sente tutto come se fosse un coltello arroventato a toccarlo.
In quel momento, solo il libro d’inglese che si era messo sul petto per proteggersi, li divide.
Fiammante crudeli gli incendiano i sensi, laddove quel ginocchio alterna troppo vicino, e troppo lontano.
Con gl’occhi paralizzati in sgomento, dalle sue labbra serrate un gemito scalpita per uscire. Il battito del suo cuore aumenta ai limiti dell’impossibile.

Il cuore vuole saltargli in gola!
Accidenti, che gli stava succedendo...!?

“Sai, professore...” Bisbiglia sulle sue labbra seducente, stuzzicandolo sotto la mandibola con la lattina gelata, strappando all’adulto sospiri forti che prendono il posto di gemiti negati “...Quando ti mostri così indifeso, mi viene voglia di farti del male...”

Aiuto!
Perchè deve essere sottoposto a quella tortura!?
E perchè non si decide ad opporsi!?

Che schifo! Si sta facendo violentare da un suo allievo maschio!

Il biondino, ostentando un sorriso soddisfatto, socchiude gli occhi e ravvicina il capo a quello del professore.

Axel sgrana gl’occhi dallo stupore, appena quella bocca di rosa sfiora impercettibilmente la sua.

‘No...!’
Prima che loro labbra si unissero completamente, a tentoni con la mano, cerca la maniglia. Quando l’afferra, l’abbassa e si infila dentro la stanza, sbattendo in fretta l’uscio.

Sta con le mani sull’ansa, pronto a lottare se Melodious avesse tentato di entrare.
Invece sente solo una risata e dei passi allontanarsi.

*

“For you.”

Zexion sorride, prendendo la lattina di the che Demyx gli porge.

“Quasi credevo non venissi più. Cos’è che ti ha rallentato?”

Il biondo si accende una sigaretta ed apre la finestra del bagno “Il capellone rosso mi ha fermato per sgridarmi.”

“Demyx, non far trasferire anche lui. Si può sapere cosa gli hai fatto?”

“Niente.”

Il ragazzo lo fruga con uno piglio cinico.

Demyx si corregge “Niente, di cui lui non avesse voglia.”

L’amico lo guarda malissimo, ma preferisce lasciar correre per questa volta “In ogni caso, a fine lezioni vieni al campo d’atletica. Così posso controllare se mantieni il giuramento di ieri.”

*

-DRIIIIIN-
Pausa pranzo.

Axel esce camminando dall’aula.
Fa un sospiro.
Non sa perchè, ma si sente demoralizzato.
Può darsi, perchè ha permesso a Melodious di avvicinarsi eccessivamente, ma solo perchè non credeva che sarebbe giunto a tanto...
Era solo una provocazione, certo, però...

-Pat-
Tocco leggero sulla sua spalla.

‘No, ancora...’ Pensa svogliato il giovane professore. Si volta “Ragazze, non mi va di pranzare con...” Ma non sono delle studentesse “...Voi...” Allarmato, sgrana gli occhi sulla probabile causa dei suoi dibattiti mentali sorridergli.

“Prof., sai che è stato poco carino sbattermi la porta in faccia?” Un passo “Non mi sembrava ti dispiacesse. Sbaglio, forse?” Un altro passo “Il minimo sarebbe chiedermi scusa.” Un altro passo ancora.

Il docente si lancia occhiate attorno, non riuscendo a muoversi, come se quegl’occhi blu che lo inghiottono ingordi, lo inchiodassero a terra, impedendogli di scappare. E più si mostra spaventato più il sorrisetto bastardo si fa calcato sul volto intimidatorio.

“Ti dico una cosa di me.” Mezzo passo ed è abbastanza contiguo per allungare il collo e mormorargli all’orecchio “Sono il tipo di persona che quando inizia qualcosa, fa in modo di portarla a termine. Ricordatelo bene.” E come per dare più efficacia alle sue parole, sfiora con le mani i fianchi del rosso.

Simile ad un gatto spaventato, Axel indietreggia di botto.
Il buon Dio ascolta il suo appello: manda un gregge di studentesse con i loro bento in mano a soccorrerlo. S’intrufolano fra i due, ignare dell’antefatto.
Però vedono che il prof. non risponde ai saluti e continua a scoccare occhiate apprensive a Demyx.
Una di loro dice al biondo, con un’espressione di rimprovero “Senpai Melodious, non ci starai per caso spaventando il professor Blaze? Se lo spaventi, dopo gli passa la voglia di mangiare!”

Demyx infila le mani nelle tasche dei jeans e passa oltre il gruppetto. Quando è accanto ad Axel, si ferma e lo guarda dritto negli occhi, ancora con quel sorriso saccente “E’ tutto vostro. Me ne vado.” Schioda il suo sguardo.

Finalmente liberato, Axel prende a respirare regolarmente, gli arti sciogliersi.
Ancora un po’ inquieto, guarda le sue studentesse con venia. Ringraziandole mentalmente, si concede un sorriso “Andiamo a pranzare?”

Le giovini sorridono fra loro allegramente “Sì!”

Per tutta la durata del viaggio che ha come meta il giardino, le ragazze fanno a cambio per prenderlo a braccetto.
Forse è questo che fa ridacchiare gli studenti in cortile...Un po’ esagerano, perchè c’è anche chi gli scocca occhiate malevole...
“Professore, non ci faccia caso. La loro è tutta invidia.” Lo rassicura l’allieva che ha appena fatto cambio con la compagna.

‘Sarà...’

Come presto sarà consuetudine, stendono il panno. E in men che non si dica, il bento del prof. è sommerso di manicaretti preparati dalle amorevoli mani delle volenterose alunne.
Per esprimere gratitudine concretamente, delibera di forzarsi a mangiare tutto(perchè anche se preparati con amore, alcuni avevano la consistenza di sassi impanati).
Tra un boccone e l’altro gli viene chiesto “E’ buono?” “Le piace?” “Sa che è adorabile mentre mangia?”

Poi, l’inevitabile.

“Oh, le sta uscendo il fazzoletto dalla tasca dei pantaloni. Lasci che glielo ripieghi per bene io...” E diventa rossa per l’imbarazzo, ritraendo la mano che voleva prendere il fazzoletto, accortasi che il fazzoletto non è un fazzoletto, ma un tanga nero pizzato.

Axel guarda il summenzionato fazzoletto.
Sbianca seduta stante.
Cosa ci fa quel coso nella sua tasca...!?

Le ragazze lo guardano con tanto d’occhi, ovviamente a disagio.

Volendo spiegare, prende in mano il tanga e lo sventola in uno stato d’isteria assoluta “N-non ho la più p-pallida idea di c-come questo sia finito q-qui dentro...! Qualcuno deve avermi f-fatto uno s-scherzo...!”

Leggermente impaurite, si erano ritratte. La capo gruppo cerca di sorridere comprensiva “Professore, non si deve giustificare con noi. E’ normale che un uomo bello e affascinante come lei, abbia una donna...”

“NO...! Hai sbagliato...! I-io...”

“No, no. La prego, la smetta. Non fa altro che offenderci così...Ci dica solo questo: è della scuola?”

“Rag--...”

“Sì, vero? E’ una prof. o una studentessa?”

“Vi prego, io...”

“Una studentessa, immagino -c’è poca scelta se si parla di professoresse-...Vuole dirci anche il nome?”

“Ma...”

E nella curiosità contrita generale, una di loro si alza all’improvviso in piedi “Quel tanga è mio!
Tutti, Axel compreso, la fissano ammutoliti.
Ma, dopo anche un’altra, convinta, fa la stessa affermazione “No, è mio!”
Altri ‘no, è mio!’, e inizia un battibecco violento.

Prima che iniziassero a tirarsi i capelli, veloce per non farsi vedere, Axel si rialza e corre via.
Rallenta quando è lontano dal giardino ‘Sono tutti matti, qui!’ Riprende fiato, appoggiato al muro ‘Ecco perchè tutti ridevano...Ma come mi sono arrivati in tasca...??’
Prova a pensarci un attimo.
Nella sua testa si muovono spezzettoni della sua mattinata. Arrivato verso l’orario di pranzo, si ricorda di quelle mani che gli avevano sfiorato i fianchi...

Cavolo.
‘E’ stato lui...Deve avermelo messo quando ha...’ Inconsciamente gli vengono in mente le parole dello zio... ‘Ecco chi è lui...’

*

“Uffa...!” Scoraggiato, butta la testa all’indietro, seduto su una sedia della presidenza.

Xemnas coinvolto nella lettura di Jump, dice “Forza, sfogati con me. Sono qui apposta, Aku.”

“Che serve a parlare con te, se non mi ascolti mai?”

Pausa.

“Eh? Scusa, hai detto qualcosa?”

Sull’orlo di una crisi di nervi, Axel butta sopra Jump dello zio il tanga nero che teneva stretto in pugno.

Hallelujah, Xemnas perde interesse per il settimanale e si dedica al nipote. Si fa comparire un sorrisino idiota da scapolo secolare che si aggira fra gli scaffali del noleggio film nella sezione porno “Trofeo di battaglia?”

‘Perchè io...?’ Chiede sconfortato al cielo “Perchè non mi hai detto in modo più chiaro chi era lui?”

Pausa.

“Questo tanga appartiene ad un lui?”

Axel pensa che sarebbe inutile ripetere quanto l’uomo seduto di fronte a lui sia imbecille. Trae sospiri, sfinito “NO. Demyx Melodious, classe terza H, me l’ha infilato in tasca. Ma me ne sono accorto più tardi, dando così il tempo a tutto l’istituto di ridere di me.”

Lo zio si riprende dallo smarrimento iniziale. Arraffa una matita dalla scrivania e la fa dondolare fra le dita, apparentemente divertito “Ti avevo avvertito.”

“E tu lo chiami avvertimi, dirmi di tornare il giorno dopo per parlare di ‘lui’?”

“Sì.”

“E ora devo credere che tu abbia poteri divinatori, visto che sapevi che avrei avuto qualche problema a relazionarmi con Melodious. Oppure gli hai detto tu di entrare dalla finestra?”

L’uomo dalla chioma argentata viene scosso da una leggera risata “Non so leggere nella sfera di cristallo, ma conosco il temperamento di Melodious. E’ entrato dalla finestra, eh? Non sei il primo a lamentarti di questo...”

“Adesso crederanno tutti che sono un dongiovanni o qualcosa di simile...”

“E che c’è di male?”

“Devo anche risponderti?”

“Giusto, giusto. Ma cosa hai fatto per indurlo a farti questo scherzo?”

‘Mi sono rifiutato di farmi violentare.’ “Non lo so...”

Xemnas si prende il mento fra le dita, pensieroso “Uhm...”

“Zio...? Com’è possibile che uno studente così problematico sia arrivato fino in terza?”

Inaspettatamente, un sorriso amaro increspa le labbra dell’uomo “C’è solo da pensarlo di bocciare il figlio del sindaco della città. Lui è il capo, noi quelli che si impegnano a non perdere il lavoro. E comunque ci è impossibile. Siamo vincolati da un contratto.”

“Contratto?” Rifà Axel, confuso.

“Abbiamo passato un periodo di crisi, e tutt’ora non ci siamo ancora ripresi completamente. Il sindaco, in cambio di vita facile al figlio, ci ha donato una somma contingente che ha salvato l’istituto da una rovinosa caduta.”

“Ti sei venduto...”

“Non è una cosa di cui vado fiero, ma non c’era altro modo per aiutare la scuola.”

“Quindi...Sarebbe capace di toglierti dall’incarico se solo provassi a bocciare Melodious?”

“Peggio. Sopprimere il Kingdom Hearts High School[non sono sicura, ma credo sia stato già usato questo nome. Se è così, chiedo scusa per la mia poca fantasia... nd. Sorina].”

“Che cosa ingiusta...”

“Già. Tuttavia, Aku, ci è possibile punirlo. Un sano castigo non compromette l’iter della sua carriera scolastica. Tanto non possiamo rimandarlo.”

“Sono qui da due giorni e già c’è da mettere uno studente in punizione...”

“Non sei obbligato.”

“Qualcun’altro ha mai castigato Melodious?”

“No. Chi non ne ha avuto il coraggio. Chi il tempo.” Poi soggiunge al volto inorridito del nipote “Perchè si è trasferito.”

‘E chissà quale è stato la causa del trasferimento...’ “Tu cosa mi consigli di fare...?”

“Sei tu il professore, tu decidi. Io sono solo chi guarda dall’alto il tuo operato.”

“Quando ti parlo dei miei problemi, e devi stare serio e non fare il beota, non lo sei mai! Adesso ti metti pure a fare il figo!?”

“Io sono figo.”

“Compatisco mia madre per aver dovuto sopportare una vergogna come te.”

“Ma io figo lo sono davvero!”

Axel ignora quest’ultima affermazione e si tuffa nei suoi intrighi psichici per capire quale fosse la cosa giusta da fare.

...

Il suo senso della giustizia e responsabilità supera l’inquietudine. Serio, rivolge lo sguardo al preside “Non credo servirà a fargli avere più rispetto per i professori, ma...Meglio di niente.”

~

“Ehi, volete sentire come fa il maiatto??”

Xigbar lincia con lo sguardo Zell “Cosa sarebbe il maiatto?”

Il kohai parla con serietà “E’ un incrocio di un maiale e un gatto. Invece di maiatto, può essere chiamato anche gaiale.”

Seduto sulle solite panche, Demyx lo incita incuriosito “Dai, fammi sentire come fa!”

Zell si cimenta in una riproduzione effettivamente fedele del ‘maiatto’.
All’inizio, il gruppetto di amici rimane agghiacciato dalla raccapricciante esibizione di Zell, poi si scioglie in una fragorosa risata davanti alla sua oligofrenia.
Solo Lexeaus e Xigbar non risero. Quest’ultimo gli da un coppino, dicendo “Sei una gran testa di cazzo.” Successivamente indica col pollice l’entrata del campo “Arriva la checca.”

Riku aveva attraversato il campo da gioco e li ha raggiunti “Ciao a tutti. Ciao, Xiggy.”

“Ciao, frocetto.”

L’albino fissa lo sguardo su di lui neutrale ed indica il suo collo innocente “Xigbar, hai qualcosa sul collo...”

“Cosa...?” L’altro si tocca il collo, interrogativo.

“Ma...Quello è un succhiotto!”

“Un succhiotto? Come è possibile che abbia un succhiotto sul col--...” Si blocca, capendo il trucchetto del ‘nemico’.

Con un ghigno furbo, Riku schernisce “Cosa c’è? Non dovresti essere così sorpreso, tu playboy di prima categoria, ritrovarti succhiotti sul collo...Eh, Xiggy?”

Tocca a Xaldin ad entrare in azione.
Intanto che Xigbar si divincola furiosamente dalla presa ferrea dell’amico, minacciando di infilare qualcosa di non identificato nella sua parte intima oltre la crocchetta di ieri, Riku comunica a Demyx “C’è una brutta notizia che mi spiace darti.”

“Allora non darmela.”

“Il preside mi ha convocato e mi ha chiesto di riferirti da parte del professor Blaze che dovrai restare questo pomeriggio a scuola in punizione con lui.”

“Tu stai scherzando.”

“No, non scherzo.”

“E perchè sarei in punizione?”

“Non me l’ha detto. Ma immagino che tu abbia fatto uno scherzo di cattivo gusto al povero madrelingua.”

‘Chiamalo scherzo di cattivo gusto...’ “Che palle...”

Zexion sgranocchia le sue patatine, evitando di dire ciò che pensa.

Ma Demyx lo conosce troppo bene “Io mantengo le promesse.”

“Ti sarà difficile stando in una classe ad assolvere la tua pena.”

“Concluderò quello che devo fare in più in fretta possibile.”

“Davvero...?”

“Sì.”

“Che strano, l’anno scorso quando il prof. Steiner ti voleva mettere in punizione, tu gli hai incendiato l’auto.”

“Be’, è ora di crescere.”

*

Aveva percorso e ripercorso la sala insegnanti più di trenta volta.
Si ferma, dicendosi che doveva andare in quella classe ed affrontarlo.
Ciò nonostante, nel corso della sua marcia funebre, spera ardentemente che in quell’aula non ci sia nessuno...

Schiude in una lentezza esasperante la porta scorrevole.
‘Oh.’
Non c’è nessuno davvero.

‘Uff...’ Oltre a sperarlo, se lo aspettava che non sarebbe venuto...

“Non riesco ad entrare.”

‘Iiiiiiih...!’ Salto di due metri e mezzo. Si scansa per lasciare passare Melodious.

Il biondino prende posto al centro dell’aula e silenzioso osserva le mosse del prof..

Eludendo con la massima efficienza la sua faccia, Axel posa sul suo banco la matita e il foglio, presi dalla sua valigetta. Quasi correndo, raggiunge la lavagna e col gessetto bianco scrive la posta(un esercizio semplice che sicuramente sapeva fare). Va alla cattedra e si siede, abbassando il capo sul testo d’inglese, cercando di sembrare il più possibile occupato.
E’ così occupato a far finta di essere occupato, che ci mette un po’ a capire che Melodious è davanti alla sua scrivania.
Rizza la testa troppo velocemente.

Stranamente, sul volto non c’è traccia di scherno, ma solo un’espressione distesa. A ogni buon conto...Pensa che c’era ancora qualcuno nella scuola e se avesse urlato lo avrebbero sentito.

Il lesto movimento in avanti del giovane lo induce a riempirsi i polmoni d’aria...
Invece, si è allungato solo per afferrare l’astuccio del docente. Ci fruga dentro, in cerca di qualcosa.

Axel si atterrisce.
‘Lì dentro ci ho messo anche un cutter...’

L’altro prende proprio il taglierino. E ignorando il panico del professore, ne tira fuori la lama.

Il rosso che aveva serrato la mascella e chiuso gli occhi, si accorge che dopo un po’ di secondi nessuna lama gli aveva ancora lambito il collo. Piuttosto, sente solo un leggero grattare...

Deglutendo, riapre lento le palpebre.

...

Melodious sta affilando la punta della matita. Finito, rimette l’oggetto minatorio nell’astuccio e torna al posto.
A lasciarlo ancora di più di stucco, è vederlo curvo sul foglio a scribacchiare spedito.

Gli viene quasi voglia di ridere.
Che stupido...!
Sempre a pensare al peggio...

Cavolo, deve bere qualcosa di freddo...Gli è venuto caldo dopo essersi fatto quei pensieracci...
Uscendo, dice esitante “Torno subito...”

Il più giovane persiste a scrivere imperterrito.

Giù in aula insegnati si prende una lattina di caffè ghiacciato e dopo esserselo bevuto tutto -e dopo essersi tranquillizzato per bene-, torna in classe.

Passano quindici minuti o più di completa quiete, poi sotto il suo naso gli viene messo il foglio dell’esercizio.
Lo prende incerto, sbalordito della velocità di consegna “Sei stato veloce...” La voce gli trema.

Melodious muove lievemente le labbra in un sorriso e sempre in silenzio, lascia la classe.

Sì, è proprio un’idiota. Tutto sommato, non era un cattivo ragazzo...

Esamina l’operato dell’allievo.

...

Un’unica frase scritta in modo fitto, ricopre fronte e retro del foglio.

‘Kiss my beautiful ass, darling teacher .’.

Ok. Come non detto.

 

 

 

Commenti dell’autrice:

 

Ed ecco la mia terza storia a capitoli! Ho versato sangue e lacrime per dare un aspetto ottimale a questo capitolo, teneteci conto!
Spero abbiate notato tutte le similitudini e le diversità che legano i protagonisti: una certa posa, un comportamento, parole e frasi pronunciate o ricevute...ecc. [Es, tutti e due sono usciti da una finestra; sono passati due mesi per entrambi; quando Demyx e nella fabbrica abbandonata e si alza dalla trave, stanco di aspettare e altrettanto stanco Axel si alza della tavoletta del water: una decina di studentesse per Axel, una decina di compari di Vexen per Demyx...ecc.]
Ora, FINALMENTE, potrò dedicarmi all’undicesimo capitolo di ITtF(prometto che cercherò di non farvi attendere troppo!)...

Bien, sarò molto contenta se questa fic vi piacerà ^_^

Sorina_SA!

 

  
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