Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Preussen Gloria    04/01/2014    7 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IXX
Figlio

[Midgard, oggi.]

Il silenzio fu come una benedizione. 
Era l’unica cosa che poteva seguire. 
Non servivano parole, sarebbero state troppo pericolose. Loki fissava la pioggia cadere accanto a loro, con la mano destra stringeva ancora il braccio di Thor, mentre le dita della mancina erano ancora intrecciate a quelle dell’amante. 
Thor era ancora sopra di lui, ancora incapace di riprendere un respiro regolare, ma la stretta innocente sulla sua mano e quella possessiva sulla sua coscia non si erano indebolite neanche di poco. Mentre il delirio della passione e dell’orgasmo scemavano lentamente, Loki poteva ora prendersi tutto il tempo per concentrarsi su quella sensazione. Quella che Thor, così vicino, così forte, così caldo, così suo, poteva provocargli. 
Pensò che in quel momento non aveva niente, a parte l’uomo che aveva amato ed odiato contemporaneamente per tutta la sua vita. 
Pensò alla gloria, al trono, all’idea di essere chiamato re e di una folla inginocchiata ai suoi piedi. La venerazione, il trionfo, la luce, tutto ciò che, nemmeno da principe di due mondi, gli sarebbe mai stato concesso. 
Ciò che, con la disperazione di un bambino deprivato d’amore che vuole dimostrare a se stesso di valere qualcosa, aveva cercato di conquistarsi. 
Ciò che, si rese orrendamente conto in quel momento, non aveva più bisogno di ottenere per vivere in pace con se stesso. 
Thor voltò il viso e cominciò a baciargli il collo con dolcezza e Loki si sorprese di non provare nessuna vergogna per quel gesto di tenerezza, nemmeno ora che era ridisceso nel mondo reale e tutto ciò che era appena successo gli si presentava davanti agli occhi come un fatto innegabile. 
La sua mente non riusciva a pentirsi di nulla, non ricordava più cosa volesse dire il disgusto a stento sembrava rielaborare il concetto di dolore. L’unica sensazione davvero chiara nel suo corpo e nella sua testa era il piacere e la consapevolezza che non era stata un’esperienza vuota, che non sarebbe mai stato così appagante con nessun altro. 
Thor era il suo piacere. 
Thor era il suo desiderio. 
Thor era tutto quello a cui non osava dare un nome, perché se l’avesse fatto sapeva che non sarebbe riuscito a guardarsi allo specchio senza odiarsi più di quanto si odiava. Alla fine, Loki si arrese tra le braccia di Thor ma nessuna sconfitta è tanto dolce da non ferire almeno un po’, da impedire alla paura di stringere un cuore spezzato. 
Quando suo fratello liberò le proprie dita dalle sue, fu come se l’avesse lasciato cadere nel baratro. Ma Thor non se ne andò, si sollevò solo sui gomiti per poterlo guardare. Non te sei mai andato, realizzò Loki, eri lontano, troppo lontano per me, ma non te ne sei mai andato, davvero. 
Loki sapeva che non avrebbe dovuto incrociare quegli occhi blu, sapeva che dentro ci avrebbe trovato un amore tanto grande che nemmeno il principe delle bugie avrebbe saputo negare. Ma Thor era troppo bello perché potesse distogliere lo sguardo da lui. 
Le guance ancora rosse, i capelli biondi più disordinati del solito e quello sguardo adorante per cui Loki non poteva che smettere di respirare. 
Il principe perduto si dimenticò di ogni cosa quando il principe dorato lo guardò in quel modo. 
Si dimenticò del mostro che con vergogna si portava dentro, si dimenticò di che colore era l’oscurità, perché intorno a lui tutto sembrava essere divenuto luce. Loki dimenticò il dolore e la disperazione e forse, solo forse, pensò di capire cosa fosse l’amore. 
Thor gli accarezzò lo guancia con un’espressione che era tra il timido e il solenne, come un ragazzino che non ha appena cominciato ad affacciarsi all’amore e non sa come comportarsi, come se tutto potesse finire e sparire come uno sogno da un momento all’altro. 
“Hai chiamato il mio nome…” Mormorò con voce incerta. Loki continuò a fissarlo con quello sguardo smarrito da bambino indifeso, perché ci si sentiva, in un certo senso. Come quando da fanciullo aveva capito che la sola presenza di Thor poteva regalargli emozione che nessun altro essere vivente nell’intero universo avrebbe mai saputo concedergli.
"Ti prego, dì il mio nome…” 
Quando la prima lacrima scese, Loki sentì il cuore fermarsi. 
“Ti prego, Loki, ho bisogno di sentire la tua voce,” Thor affondò il viso contro il suo petto stringendolo forte e Loki non poté che ricambiare la stretta, “ho bisogno di sentirti chiamare il mio nome.” 
Thor, smettila, ti prego. 
“Solo un’altra volta, ti scongiuro.” 
Thor, così mi uccidi. 
Loki chiuse gli occhi maledicendosi per le lacrime su cui non aveva alcuno controllo. 
Thor singhiozzava tra le sue braccia come un bambino che viene deprivato di qualcosa di prezioso e vitale e Loki non poteva che piangere in silenzio di fronte al grande principe di Asgard che si piegava a lui per qualcosa di tanto semplice come un nome. 
Era stato pronto a distruggere l’intero universo per vederlo cadere in ginocchio ai suoi piedi ed ora, dopo tante battaglie, Thor si arrendeva alla disperazione solo per sentire la sua voce? 
Non puoi crollare, quando non lo decido io. Non puoi farmi questo, Thor! 
“Ti prego,” singhiozzò Thor tornando a guardarlo negli occhi, “ti prego, amore, ti prego.” 
Per Loki fu troppo da sopportare. Si rigirò tra le sue braccia nascondendo il viso contro la felpa che gli faceva da cuscino, non si preoccupò più di trattenere i singhiozzi. da
Thor appoggiò una mano accanto al suo viso, “Loki?” Chiamò mortalmente preoccupato, “Loki? Perché piangi, amore?” 
Come poteva chiamarlo amore con tanta naturalezza dopo tutto quello che aveva fatto? Dopo aver saputo chi era e cos’era veramente? Sei uno stupido, Thor! 
Thor sospirò tristemente muovendosi quel che bastava per far capire a Loki che l’avrebbe lasciato in pace. Fece appena in tempo ad alzare la mano da terra che Loki l’afferrò con tutta la determinata disperazione che lo aveva fatto sopravvivere fino a quel giorno. 
Thor gelò e fissò le spalle tremanti di Loki per paura di aver mal interpretato quel gesto. 
Resta! Gridò Loki dentro di sé. Resta, Thor, non te ne andare. Non lasciarmi, ora. Morirò se lo farai. 
Thor non chiese nulla ma capì. Loki sentì quel petto forte e caldo aderire contro la sua schiena e due labbra morbide sulla sua spalla, “sono qui, Loki. Sono qui.” 
Loki prese un respiro profondo rilassandosi sotto quel corpo che sembrava volesse proteggerlo da tutto e da tutti. Allora vedi di restarci.

[Yggdrasil, secoli fa.]

Laufey non aveva paura.
"Non temete," disse Bestla dolcemente, "non ci faranno alcun male."
No, era letteralmente terrorizzato.
Avrebbe tanto voluto voltarsi ed incontrare gli occhi azzurri di Odino, oppure allungare la mano all'indietro in una chiara richiesta di conforto. Tuttavia, era troppo impegnato a mettere un piede davanti all'altro senza incimpare per poter fare altro.
L'atmosfera era buia, come se fosse notte.
Eppure, riusciva a vedere piuttosto bene tutt'intorno a sè, sebbene non riuscisse ad individuare nessuna fonte di luce. Erano nel bel mezzo di una foresta ma non vedeva nessun albero che avesse qualcosa di diverso da tutti quelli che aveva visto in vita sua.
"Come è possibile che tu conosca la strada per arrivare fino a qui?" Domandò Odino guardandosi intorno, "molti signori dei Nove Regni ne ignorano completamente l'esistenza."
Bestla non si voltò, "non tutti i signori dei Nove Regni possono vantare di possedere una gran quantità di Seiðr," gli fece notare, "in reltà, se escludiamo i Vanir, solo in pochi riescono a domarlo o a potenziarlo."
"Se il Seiðr è un po' ovunque ed in chiunque, perchè la maggior parte dei popoli non ne sa nulla?" 
Bestla si bloccò e si girò a guardare i due giovani, "se conoscessi la chiave per il più forte dei poteri... Un potere che potrebbe traducersi in bene supremo o in male assoluto, che cosa faresti?"
Odino scrollò le spalle.
"Lo nasconderei," rispose Laufey, "farei in modo che nessuno lo trovasse o, peggio, lo usasse."
Bestla annuì e riprese a camminare, "pensi che nessuno ad Asgard sappia che cosa sia il Seiðr? Pensi che il nostro piccolo principe sia l'unico Jotun ad averne studiato qualche utilizzo su dei vecchi libri?"
"Mio padre possiede questo potere?"
"Oh, certo... Era il solo Jotun con cui potevo dilettarmi in simili giochetti, in gioventù," raccontò Bestla, "Ymir ha sempre saputo che cosa c'era nel tuo sangue ma su Jotunheim, più che in qualunque altro mondo, gli adulti si guardano bene dall'insegnare ai giovani talentuosi a potenziare le loro capacità... Asgard viene immeditamente dopo. Tuttavia, Borr pretende di conoscere quel potere, pur sapendo di non poterlo stringere in pugno, perchè l'ignoranza lo fa sentire minacciato più di qualsiasi altra cosa."
Laufey fece una smorfia, "pensavo volesse usarlo per scopi bellicci o qualcosa del genere..."
"Un dubbio più che legittimo, principe di Jotunheim."
Odino sospirò, "è, quindi, a conoscenza anche del mio di potere?"
"Non lo so," ammise Bestla, "proprio come Ymir ha cercato di soffocare quello di Laufey, Borr non è riuscito ad accettare il tuo e così ti ha lasciato fare finchè giocavi a cambiare l'aspetto di Loki in quello di un Aesir. Ha fatto si che la magia venisse vista come una cosa tipicamente femminile, tipica della curatrici, così che tu stesso non ti spingessi oltre."
"Perchè Borr dovrebbe gettare sul Seiðr una luce così sessista?" Domandò Laufey camminando più velocemente.
"Non è pericoloso in mano ad una donna Aesir, come non lo è con nessun Vanir... Ogni Jotun con un simile potenziale, invece, è un potenziale pericolo per il cosmo."
Il giovane Jotun allargò le braccia esasperato, "Ma per quale ragione?"
"Abbi pazienza, mio principe."
Bestla rivolse loro un ultimo sorriso, poi lasciò il sentiero e si addentrò nella foresta.
"Madre?" Chiamò Odino ma la donna non accennò a fermarsi.
Laufey non indugiò oltre e le corse dietro, prima che potesse sparire dalla loro vista. Sentiva Odino dietro di sè ma non si voltò per assicurarsi che fosse abbastanza vicino: non aveva tempo per preoccuparsi del suo compagno.
Nella sua testa riecheggiava solo un nome ed era quello di un bambino non ancora nato.
La luce diveniva ma mano più forte ma non vi fece caso fino a che gli alberi non sparirono e Laufey si ritrovò al limitare di un'enorme radura. Spalancò gli occhi verdi di fronte allo spettacolo senza precedenti che gli si presentò davanti.
"Laufey..." Qualsiasi cosa avesse voluto dirgli, Odino la dimenticò non appena vide anche lui l'oggetto di tanto stupore. Il principe di Jotunheim aveva avuto modo di vedere molte costruzioni imponenti nella sua vita, nlo stesso palazzo di ghiaccio di Utgard non aveva nulla da invidiare a quello dorato di Asgard, ma nessuno dei due poteva reggere il paragone con la creatura di fronte a lui.
Perchè di questo doveva trattarsi, no?
Laufey poteva sentire il battito del suo cuore riecheggiare nella sua testa. Era un suono ritmico, dolce, quasi come una ninnananna. Il suono della vita di una madre avvertito da un bambino ancora nel suo grembo.
Un'eco antico quanto il mondo.
"È bellissimo," commentò Odino con un sorriso quasi infantile.
Laufey non poteva vedere la cima dell'Albero ma la parte superiore delle radici fuoriusciva dalla terra formando un corridoio di archi legnosi simile a quelli che conducevano alla sala del trono di molti palazzi. La corteccia emanava una luce azzurrognola. Era forte ma non faceva male agli occhi.
Il principe di Jotunheim fu il primo a procedere, come se conoscesse già la strada da percorrere.
Odino lo seguì in silenzio.
Le dimensioni di quel corridoio erano titaniche.
Laufey sapeva che si sarebbe sentito minuscolo anche se avesse indossato le sue sembianze di Jotun.
Doveva esere una sensazione comune per chiunque avesse l'opportunità di camminare nel nucleo stesso dell'intero creato. 
Il percorso fu più breve di quel che sembrava.
Bestla li attendeva con il sorriso materno che lo contraddistingueva.
Li aveva attesi ai piedi di una scala che conduceva a tre troni: sembravano essere stati plasmati dalla corteccia stessa di Yggdrasil. Su di essi, sedevano tre figure incappucciate.
"Fatevi avanti."
La voce di donna riecheggiò nelle orechie dei principi come se parlasse direttamente dentro la loro testa.
"Non abbiate timore," aggiunse Bestla allungando una mano verso i due giovani, "non può esservi fatto alcun male qui."
Laufey annuì lentamente, poi esaurì la distanza che lo separava dalla donna camminando a testa alta.
"Laufey figlio di Ymir, principe di Jotunheim."
Disse la stessa voce.
Il giovane Jotun si toccò la tempia, "siete nella mia testa?"
Le tre figure rimsero immobili.
"Non temere," ripetè Bestla passandogli una mano tra i capelli, "lascia parlare me."
Odino gli arrivò accanto, mezzo passo più avanti, come se volesse prepararsi a fargli da scudo in qualsiasi momento.
"Mie Signore," la regina di Asgard s'inchinò con eleganza, "secoli addietro, fu pronunciata una profezia in questa stessa stanza. Un destino di morte e distruzione fu rivelato ai Nove Regni, quel giorno."
"Caos..." Corresse la voce.
Laufey si morse il labbro inferiore.
"Fu predetta la nascita del portatore del Caos."
Bestla annuì, "porto al vostro cospetto i principi che ne saranno i genitori, mie Signore."
La creatura incappucciata seduta al centro si alzò in piedi, "questo lascia che siamo noi a deciderlo, regina Bestla."
Scese le scale lentamente.
Odino afferrò il polso di Laufey istintivamente. 
La donna sembrò guardarlo. Era difficile dirlo: il cappuccio le copriva completamente la parte superiore del volto, lasciando liberi solo il piccolo naso e la bocca delicata.
"Odino figlio di Borr, principe di Asgard."
Le sue labbra non si mossero per pronunciare quelle parole. Laufey rabbrividì.
"Puntate il dito verso la vostra stessa creatura, regina di Asgard?"
"Non io," rispose Bestla, "il sovrano di Vananheim, Njord."
La donna tornò a guardare i due giovani di fronte a sè, "sono troppo giovani per essere genitori."
"Sono troppo ingenui," li corresse Bestla. 
Laufey le lanciò un'occhiata storta.
"Vivono di pulsioni e sentimenti puerili! Potrebbero aver già concepito un bambino, senza che ne siano ancora consapevoli."
"Madre..." Sibilò Odino.
"Avvicinati, principe dell'Eterno Inverno," la creatura allungò una mano verso il giovane Jotun.
Laufey trattenne il fiato e salì i pochi gradini che lo separavano dalla donna, lo studiò in silenzio e gli premette una mano contro il ventre, senza preavviso. Il giovane trasalì.
"È vuoto..." Dichiarò la donna, "è corrotto."
Laufey la guardò e allontanò la mano con rabbia, "non toccatemi..."
La donna non tradì alcuna espressione, "il mio nome è Urðr, principe," mormorò nella sua testa, "è giusto che voi conosciuta l'identità di chi vi parla."
"Molto gentile," rispose Laufey con sarcasmo, "non porto in grembo il vostro principe del Caos, non abbiamo altro da dirci." 
"Non ancora..." Replicò Urðr, poi gli prese la mano obbligandolo a rivolgere il palmo verso l'alto. La studiò per un poco, poi sollevò la mancina: l'unghia dell'indice si allungò di qualche centimetro sotto gli occhi increduli del giovane Jotun.
Gli tagliò la pelle in un gesto veloce e Laufey si lasciò sfuggire un lamento sorpreso.
Odino fece un passo in avanti, Bestla gli afferrò un braccio.
La donna incappucciata si chinò sul taglio e vi premette contro la bocca, fino a che Laufey non si ritrasse di colpo.
Le labbra scarlatte si curvarono in sorriso sinistro, "la linfa di Yggdrasil."
"Come dicevo," mormorò Bestla.
Odino la guardò, "cosa significa?"
"Sulle radici di Yggdrasil poggia ogni cosa che esiste. Il portatore del Caos deve avere un potere pari a quello dell'Albero per poterlo sradicare e far precitare nell'oblio tutto ciò che sorregge."
"Io non possiedo un potere simile," disse Laufey.
"No, giovane principe... L'inverno da solo non può nulla, nemmeno quello Eterno."
Urðr inclinò appena la testa da un lato.
Il giovane Jotun si voltò ed incontrò gli occhi azzurri del principe di Asgard.
"Ma che potere può generarsi quando la luce incontra l'oscurità? Quando due opposti universali s'incontrano, s'innamorano e generano qualcosa senza precedenti?"
"Esistono molti figli mezzosangue tra la nostra gente!" obbiettò Odino.
La donna incappucciata lo ignorò.
"Concepito dal seme del sole. Nutrito in un grembo di neve e ghiaccio. Un fiore nero ai piedi del trono dorato. L'unico dell'Eterno Inverno. L'oscurità e la solitudine saranno i suoi compagni di giochi. La morte sarà sua alleata e sposa. Il lupo ed il serpente saranno suoi amanti e guerrieri. Nato principe maledetto, sarà re di un regno di distruzione. Il suo trono di ombra e sangue cadrà solo con la venuta della Fine."
Un silenzio spettrale cadde su di loro.
Laufey avrebbe voluto scoppiare in lacrime ma un vuoto insopportabile aveva preso il posto del suo cuore.
Urðr passò l'artiglio sotto il suo ombellico.
Il principe lo avvertì appena ma fu come se un pugnale lo squacciasse da parte a parte.
"Il tuo ventre è la culla del caos, principe Laufey di Jotunheim."
Il giovane Jotun scosse la testa e scese i gradini lentamente, senza voltarsi. 
Odino lo afferrò per le spalle non appena fu abbastanza vicino.
"No..." Mormorò con voce tremante, "non darò alla luce un mostro simile..."
"Le Norne hanno parlato," concluse Urðr, prima di risalire fino al suo trono.
"Mi rifiuto di credere che da me possa nascere una creatura come quella che avete descritto!"
Bestla gli si avvicinò, "andiamo, Laufey."
"No!" Odino si spostò davanti al compagno, "non ci è stata data alcuna risposta di quelle che cercavamo."
"Conoscete il vostro destino," ribattè la creatura incappucciata, "non a tutti è concesso tanto."
"Io lo rifiuto questo destino!" Urlò Laufey, "lo rifiuto per me e per mio figlio!"
Odino gli prese una mano cercando di calmarlo, "non c'è nulla che possiamo fare per evitarlo?"
"Le Norne hanno parlato," ripetè Urðr, "non siamo qui per dare consiglio, non siamo qui per dispensare soluzioni o false speranze. Yggdrasil ci parla, noi tessiamo la sua storia e, alle volte, abbiamo il compito di gettare un po' di luce sugli enigmi del futuro, prima ancora che quella trama venga tessuta."
Odino sembrava non capire, "predicete la distruzione e non avete nulla da dire?"
"Siamo al di sopra di comuni sentimentalismi. Siamo state partorite da Yggdrasil stesso, non conosciamo altro che l'inevitabile e, pertanto, conosciamo la fragilità e l'inutilità di tutto ciò che credete dia senso alla vostra vita."
"È inutile tentare di evitare l'inevitabile," commentò Laufey con voce sibilante.
"Avanti, bambini," Bestla afferò il braccio del figlio e il polso dello Jotun, "siamo rimasti per troppo tempo."
I due giovani si voltarono, poi la voce di Urðr raggiunse le loro menti un'ultima volta.
"Solo una cosa non ci è data sapere."
Laufey e Odino si guardarono.
"Il vero nome del partatore del Caos."
I due principi rimasero in silenzio, poi Laufey sorrise e si voltò, "conoscete il nostro destino," rispose, "a molti di noi non è concesso tanto, giusto?"
Il principe di Jotunheim non ne fu certo, ma credette di vedere Urðr sorridere.

[Jotunheim, oggi.]

"Bàra! Smettila di picchiare tuo fratello!" Esclamò Býleistr agitando le braccia.
Bàli sorrise, "credo che quello sia Dùfa, mio principe!"
"Zitto tu!" Gli ordinò il giovane Jotun correndo in direzione dei bambini litiganti, "volete essere dei guerrieri? Comportatevi come tali!"
Quello che doveva essere Dùfa guardò in cagnesco il fratello, "ha cominciato lui!"
"Non è vero!" Urlò il minore, Bàra. Býleistr strinse gli occhi e giurò di essere diventato sordo da un orecchio.
"Non m'interessa chi ha cominciato! Non solo siete fratelli di sangue ma lo siete anche in quanto guerrieri dello stesso esercito. Ricordate... Dico a tutti!"
In un attimo, ogni bambino intorno al principe si voltò a guardarlo.
"Avete tutto il tempo del mondo per imparare ad usare il vostro potere!" Disse sorridendo, "ma c'è una lezione che tutti voi dovete imparare fin dal principio."
Bàli guardò con orgoglio il proprio compagno e non si accorse che qualcun altro lo fissava nel medesimo modo, appena qualche metro dietro di lui.
"La vostra vittoria... La vostra incolumità non dipendono unicamente dalla vostra forza ma dal compagno d'armi al vostro fianco. La potenza di un esercito non si misura dal numero dei soldati da cui è composto ma dalla lealtà che i suoi membri provano gli uni nei comfronti degli altri."
Laufey rimase nell'ombra osservando a distanza suo figlio che insegnava ad altri ciò che, in un'epoca che sembrava infinitamente lontana, lui stesso aveva cercato di tramandargli, quando, ancora, Býleistr aveva bisogno di stringere la sua mano per sentirsi al sicuro in quel mondo di tenebra e ghiaccio. Ora, era quello stesso bambino a porgere la sua mano ad un'intera generazione di piccoli Jotun.
Sorrise in segreto, non poteva fare altro.
"Proteggete il guerriero a fianco a voi come se fosse vostro fratello e, siatene certi, lui vi consacrerà la sua vita."
"In battaglia, Býleistr proteggerebbe di sicuro Bàli!" Commentò il piccolo Glam.
"Ma non sono fratelli..." Replicò Bàra.
"Certo, loro si proteggono in un altro modo," concluse Glaumar con un sorrisetto furbetto. 
Býleistr sgranò gli occhi e arrossì di colpo, mentre tutti i bambini scoppiavano a ridere.
"Piantatela subito, se non volete che vi prenda a calci fino alla fine della gola!" Urlò il principe, mentre i bambini fingevano di fuggire spaventati emettendo acuti strilletti infantili.
Bàli rise beandosi di quella serenità.
"Fai tesoro di questi momenti," gli consigliò una voce alle sue spalle, "non sono eterni."
Non appena il re comparve nel suo campo visivo, il cacciatore s'inginocchiò velocemente, "vostra maestà!"
"Non fingere un rispetto che non provi," replicò Laufey, quasi con benevolenza, "alzati in piedi."
Il giovane ubbidì ma tenne gli occhi bassi.
"Guardavi mio figlio con orgoglio."
"Sono molto fiero di quello che sta facendo," confermò il giovane.
Laufey osservò Býleistr rincorrere due piccoli scarti e sorrise, "di cosa si tratta esattamente?"
"Il principe è dell'idea che non si possa riconquistare Utgard in un giorno ma che gli impostori potrebbero attaccarci in qualsiasi momento. Vuole che i bambini possano difendersi."
"Molto scaltro..." Laufey annuì, "quelli non sono i nove figli di Lord Aegir?"
"Býleistr pensa che far interagire bambini di classi sociali diverse sia costruttivo e aiuti a creare una forte identità di popolo... O qualcosa del genere, è difficle stare dietro ai pensieri di Býleistr quando comincia a pensare ad alta voce."
Laufey sorrise ed annuì, "è così da quando ha cominciato a parlare... Che è stato molto prima della maggior parte dei bambini che ho visto crescere."
"Non ne dubito, Býleistr è speciale," gli occhi scarlatti del cacciatore incontrarono quelli verdi del sovrano e simulò un colpetto di tosse, "se mi è permesso dirlo, mio re."
"Hai appena definito mio figlio speciale, non è quello che si augura di sentire ogni genitore?"
Bàli annuì e vide Býleistr sollevare in aria uno dei bambini più piccoli.
"Helblindi è venuto a parlarmi di voi," confessò il re.
Il cacciatore si morse il labbro inferiore, "mi dispiace, sire."
"Vuole un bambino?"
"Come dite?"
"Býleistr," ripetè Laufey sospirando, "vuole dei figli?"
Bàli scosse la testa, "dice di odiare i bambini... So che non è vero ma io non potrei permettermi di lasciare la caccia per avere un bambino, quindi..."
"Non vorrebbe mai un bambino da te," lo interruppe il re, "lo vorrebbe con te, sarebbe lui a metterlo al mondo, ci scommetto quei pochi alleati nobili che mi rimangono."
Bàli abbassò lo sguardo indeciso su cosa dire.
"Ti farebbe felice essere il padre di un principe di Jotunheim?"
Bàli guardò Býleistr, lo vide riadagiare il piccolo a terra e spettinargli i capelli corvini.
"No," rispose con sicurezza, "mi farebbe felice essere il padre del figlio di Býleistr," aggiunse, guardando il sovrano dritto negli occhi.
Laufey sorrise.
"Padre?" Býleistr si era avvicinato e li guardava confuso.
Il re gli concesse una carezza veloce sulla guancia, "sei un bambino sveglio," commentò tristemente, "troppo per il mondo in cui sei nato."
Si voltò lanciando un'occhiata veloce al cacciatore, "se mai quel problema dovesse presentarsi, vieni a parlarne con me."
Bàli strinse i pugni ed annuì.
Laufey se ne andò.
Býleistr guardò il compagno più confuso di prima, "di che cosa stava parlando?"
Il cacciatore forzò un sorriso, "nulla che riguardi noi due," mentì.


Helblindi si avvolse la pelliccia intorno alle spalle, mentre Eldir si alzava dal letto di ghiaccio per rivestirsi.
"Se il re dovesse scoprirmi nelle vostre stanze, mio principe..."
"Non accadrà," lo rassicurò l'erede al trono di Jotunheim continuando a fissare il vuoto.
Eldir sapeva che non avrebbe dovuto fare altro che andarsene, che aveva assolto il suo compito e che il giovane nobile non aveva bisogno di altro da lui. Non era la prima volta che uno Jotun di alto lignaggio gli chiedeva un favore simile. Non era la prima volta che Helblindi lo invitava nel suo letto.
Dalla fuga da Utgard, era accaduto con una certa regolarità.
Forse, perchè era l'unico membro della corte ancora fedele al re ad avere all'incirca la sua età.
Sarebbe stato troppo rischioso sedurre un giovane Lord quando gli alleati di Laufey si erano ridotti così tanto, ma nessuno si sarebbe accorto dell'assenza di un servitore.
"Sono stato soddisfacente, mio principe?" Domandò, quasi velenoso.
Helblindi lo guardò con rabbia, "non ti ho dato il permesso di parlare."
"Perdonatemi, ma non eravate così contrario, mentre vi sussurravo volgarità all'orecchio."
"Fuori di qui!" Urlò Helblindi indignato.
Il servitore strinse le labbra indossando i vestiti velocemente e sparendo dalla sua vista.
Rimasto solo, il principe si prese la testa tra le mani prendendo un respiro profondo per trattenere le lacrime.
"Helblindi?" 
Quando alzò lo sguardo, suo fratello era sulla porta e lo guardava preoccupatissimo. 
Helblindi si strinse ancor di più nella pelliccia di lupo arrossendo per la vergogna.
"Ho incrociato il servo di Aegir per le scale, non sembrava di buon umore, che cosa..." Býleistr si bloccò di colpo e sospirò, "fratello..."
"Non giudicarmi!" Lo bloccò il maggiore, "non tu, non sei migliore di me!"
Býleistr s'irrigidì, poi fece velocemente il giro del letto, "ti ha fatto del male?" Domandò, ignorando deliberatamente la rabbia che suo fratello gli aveva scagliato contro, "sai che mi basta una parola ed io..."
"Non ho bisogno della tua protezione, Býleistr."
"Ma che ti prende?" Il più giovane si sedette sul letto, "siamo fratelli, se non ci proteggiamo tra di noi chi..."
"Tu non hai mai avuto bisogno che io ti proteggessi," replicò Helblindi, "ed ora che hai un cacciatore nel tuo letto, non hai più bisogno neanche di un fratello!"
"Helblindi!" Urlò Býleistr, "sii arrabbiato con me quanto vuoi ma smettila di dire stupidaggini!"
Il fratello lo guardò con gli occhi pieni di lacrime, "perchè non me lo hai mai detto?"
"Perchè..." Il secondo principe di Jotunheim gesticolò nervosamente, "è successo ancora prima che io potessi rendermene conto!" Si giustificò, "andavamo a caccia tutti i giorni e poi... Abbiamo fatto l'amore ma... È successo e basta, Helblindi! È stata la cosa più naturale del mondo, nessuno mi ha costretto a fare nulla!"
"Nostro padre lo sa?"
Býleistr annuì con aria grave.
Helblindi si morse il labbro inferiore, "maledizione, Býleistr..."
"Lo so."
"E ti permette di farlo così liberamente?"
Býleistr scrollò le spalle, "penso che creda che finirà velocemente come è iniziata."
"E tu?"
Il giovane accennò un timido sorriso, "io voglio solo passare il resto della mia vita con Bàli, non m'importa d'altro."
Helblindi sentì il cuore riscaldarsi nell'udire le parole di suo fratello. Il suo piccolo, ribelle e per nulla romantico Býleistr si era veramente innamorato di qualcuno che non avrebbe mai dovuto avere al suo fianco.
Avrebbe voluto stringerlo forte a sè e rassicurarlo, come negli anni della guerra. Lui non li poteva ricordare, ma Helblindi confortato molte notti, mentre piangeva chiamando un padre che li aveva abbandonati e cercando l'attenzione di un altro che non si era mai veramente curato di loro.
Býleistr, però, non ne aveva più bisogno.
Era cresciuto forte ed orgoglioso e l'amore per il suo compagno lo aveva rafforzato ulteriormente.
"Non tornerai più ad Utgard, vero?"
Býleistr lo guardò tristemente, senza rispondere.
"Vieni qui," Helblindi gli prese il viso tra le mani e gli baciò la fronte, "resta con chi ti ama, Býleistr. Nostro padre non capirà, è stato tradito troppe volte per poter capire ma, al mio fianco, ci sarà sempre un posto per te."
Býleistr sorrise commosso, "fino al giorno in cui non arriverà un principe degno di te," aggiunse abbracciando il fratello.
"Un principe..." Helblindi chiuse gli occhi e l'immagine di uno sguardo disperato e smeraldino gli strinse il cuore in una morsa. 
E se ti dicessi che il principe degno di me è il peccato più grande di nostro padre?


[Midgard, oggi.]

Le sue labbra erano bagnate, rosse e morbidissime. 
Ma quando si piegavano in quel sorriso inedito, sincero, sebbene un po’ amaro, divenivano meravigliose.
Thor le avrebbe potute disegnare con ogni loro singolo dettaglio ma sapeva che non avrebbero mai retto il confronto con le originali. Quelle dita fredde gli sfiorarono una guancia, gli occhi verdi si allontanarono dai suoi per fissarsi sulla sua bocca, poi lo guardarono di nuovo.
Il sorriso divenne aperto, acceso e Thor si commosse per tanta bellezza.
Le lenzuola erano pregne del loro odore e calde, come i loro corpi.
I capelli corvini erano ancora umidi, così come quelli dorati.
Lo baciò, quasi con timidezza. 
C’era odore di pioggia tutt’intorno e a Loki piaceva, perché quell’odore era Thor.
I loro nasi si sfioravano, i loro respiri si confondevano.
Le dita di Loki erano leggere mentre accarezzavano il braccio di Thor, poi il suo viso, poi s’infilavano tra i capelli biondi. Tutto sembrava rallentato, intriso di tenerezza.
Il mondo era immobile e non si sarebbe mosso fino a che entrambi non l’avessero deciso.
Per sempre.
Mai.
"Aspetta qui..." Loki gli premette le mani contro il petto per farlo spostare, poi si alzò dal materasso con un'eleganza che il principe dorato non aveva mai visto in nessuna delle sue amanti. Non cercò nulla per coprirsi, non provava vergogna per la sua nudità, nè per i segni del loro amore perfettamente visibili sulla pelle di neve.
Thor gli afferrò il polso, trovando l'idea di non averlo vicino insopportabile. 
Loki lo guardò confuso, poi sorrise.
Il maggiore allentò la stretta. 
Le loro dita si sfiorarono, prima che il più giovane si voltasse e sparisse in bagno.
Thor intravide un bagliore verdognolo. Suo fratello tornò un istante più tardi, stringeva qualcosa contro il petto.
Si mise in ginocchio sul materasso ed il maggiore si tirò su a sedere per comprendere le sue intenzioni.
Loki accennò un sorriso, quasi con timidezza, poi porse al giovane Aesir un fazzoletto merlato di verde: alcune macchie scarlatte ne decoravano il centro.
"Un dono," mormorò.
Thor sgranò gli occhi azzurri, accettando quel regalo con l'esitazione di chi prova un onore tanto grande da non saperlo esprimere a parole. Sorrise imbarazzato, "nessuno, ormai, lo fa più."
"No, nessuno lo fa," concordò Loki, senza guardarlo negli occhi, "molto tempo fa, ti dissi di non dubitare."
Erano passati appena un paio di anni. Un battito di ciglia per due giovani baciati dalla semi-immortalità ma, sì, nel cuore di entrambi sembravano essere trascorsi secoli dal giorno di quell'incoronazione mancata. 
"Le parole possono ingannare, io lo so bene."
Loki prese la mano di Thor tra le sue e lo spinse a chiuderla sul fazzoletto sporco di sangue.
"Questo è reale... Non dubitare che sia reale."
Gli occhi di Thor brillavano di commozione. Baciò quel semplice pezzo di stoffa, come se fosse il più prezioso dei tesori, poi osservò Loki con sguardo carico di timore, "ti ho fatto molto male?"
Il più gioivane scosse la testa e si sporse in avanti per posare un bacio su quelle labbra calde, "non ci sei riuscito nel bel mezzo di una guerra," commentò, facendo aderire le loro fronti, "come puoi aver paura di averlo fatto mentre mi amavi?"
Thor gli posò una mano sulla guancia, "vedo i nostri figli nei miei sogni."
Loki sgranò gli occhi e si ritrasse appena, "non posso prometterti nulla, Thor."
Il principe dorato sorrise e scosse la testa, "non voglio che tu mi faccia una promessa," gli strinse un fianco dolcemente, "voglio solo che tu sappia che se non sarà con te, non sarà con nessun altro."
Loki non seppe come rispondere per un po', poi sorrise, "sei un idiota, Dio del Tuono."
Il sorriso di Thor fu abbagliante come il sole.
Lo prese per la vita e lo buttò sul letto.
Loki non oppose alcuna resistenza. Gli occhi verdi erano accesi di malizia.
Un fulmine squarciò il cielo.
Il giovane Jotun s'irrigidì e dischiuse le labbra, come colto da un piacere improvviso.
"Fallo di nuovo..." Ordinò senza fiato.
Thor s'infilò tra le sue gambe e Loki lo accolse senza timore.
"Per sempre," mormorò contro quelle labbra fredde, "per sempre."

1 anno dopo
[Midgard, New York
]

L'appartamento era piuttosto piccolo rispetto alla villa in Norvegia.
A Loki sarebbe bastato un monolocale.
Thor aveva insistito perchè vi fossero almeno due camere: un tenero modo per dare voce a quel desiderio di paternità che suo fratello fingeva di non vedere.
Lo S.H.I.E.L.D. aveva pensato ad ogni cosa.
A Loki era venuto da ridere ma Thor gli aveva ricordato di essere prudente, se mai avesse deciso di mettere piede fuori di casa. A Fury aveva raccontato di essere stato esiliato, ancora una volta, dopo una sfuriata di suo padre e di non sapere a chi altri rivolgersi per trovare un posto dove stare.
Fury se ne era uscito con una spiacevole battuta sulla lunaticità dei membri della sua famiglia, Thor aveva ottenuto un appartamento e tutta la discrezione di cui aveva bisogno per rivolvere le sue questioni. 
Loki aveva storto il naso nel vedere quanto si poteva ottenere da delle formiche a cui era stato salvato il formicaio, poi, però, suo fratello lo aveva condotto in quell'anonima ma accogliente tana per topi che sarebbe stata, ufficialmente, la loro prima casa e aveva riso divertito.
Aveva fatto l'amore con Thor nel loro nuovo letto, appena dieci minuti dopo aver chiuso la porta d'ingresso.
Aveva ripetuto l'esperienza nella doccia, dopo quaranta minuti.
Avevano cenato completamente nudi, seduti ai due lati della penisola della cucina. Una pizza ordinata da un locale in fondo alla strada, Thor l'aveva definito il loro banchetto nuziale e Loki aveva continuato a ridere.
Perchè tutto quello era così poco da Thor e molto da lui.
Per la prima volta in tutta la loro vita da fratelli, Loki aveva avvertito qualcosa di nuovo.
Qualcosa di ben più profondo di una vivace vita sessuale.
Thor non solo era divenuto suo amante ma era, ufficialmente, suo complice.
Quel pensiero lo aveva folgorato al punto che la pizza era rimasta abbandonata sul tavolo, mangiata solo a metà, mentre Thor si faceva condurre in camera per soddisfare l'improvviso desiderio di fare l'amore con lui ancora una volta.
Per undici mesi avevano potuto celebrare quella loro felicità al ritmo di carezze proibite e di baci voluttuosi, innalzando un inno di soffici gemiti e nomi mormorati con voce tremante. Non avevano quasi mai abbandonato quella casa, se non in casi di estrema necessità... Di cui, ovviamemte, era felice di occuparsi Thor.
Il dodicesimo mese, qualcosa cambiò.
Il mondo che, per quasi un anno, avevano cercato di chiudere fuori dalle loro vite, cominciò a bussare alle porte delle loro menti e delle loro anime con particolare insistenza.
Thor fu il primo a cedere a quel richiamo.
Fu un cambiamento silenzioso, ma Loki se ne accorse ancora prima che suo fratello ne fosse cosciente. 
Thor cominciò a sorridere meno e con meno spontaneità. 
Prese ad uscire sempre più spesso e a chiamare gli stupidi mortali per chiedere se poteva essere utile in qualche modo. 
"Per quale motivo dovresti preoccupartene?" Chiedeva Loki con fare irritato.
"Ci stanno aiutando e noi gli stiamo solo mentendo."
"Sei così stupido, Thor."
C'erano notti in cui Loki si coricava a letto con le più alte aspettative e suo fratello non faceva che dargli la schiena e dormire. Peggiori erano le volte in cui si ricordava di averlo nel letto accanto a lui.
I rapporti erano veloci, Thor si dimenticava anche di baciarlo.
Una volta, lo svegliò nel cuore della notte con carezze veloci ed insistenti. Loki lo assecondò più per il bisogno di sentirlo vicino in quel modo che per passione. Thor non disse una parola, mentre lo prendeva. 
Non ci mise nemmeno la dolcezza che aveva fatto sciogliere il cuore di ghiaccio del più giovane.
Loki lo lasciò fare solo per paura di quel che sarebbe accaduto, se avesse distrutto quel momento. Cercò la sua bocca con insistenza ma Thor nascose il viso contro la sua spalla per non doverlo baciare.
Loki strinse le labbra ed affondò le unghie nella sua carne con rabbia e frustrazione.
Thor si bloccò e alzò il viso per guardarlo negli occhi.
I loro corpi immobili.
Loki avrebbe voluto urlargli contro, chiedere una spiegazione per quel comportamento assurdo ma rimase zitto, rigido, incapace di respirare correttamente. 
Thor appoggiò la sua fronte a quella dell'altro.
"Ti prego..."
Loki rimase impassibile.
"Dammi un figlio, ti prego."
L'espressione del più giovane fu indecifrabile per una manciata di secondi, poi scostò l'amante da sè con un violento spintone e si mise a sedere sul bordo del letto. Sarebbe voluto scappare via, ma si rese conto che temeva più l'idea di andarsene che quella di restare.
Se Loki era stato il più forte tra loro un tempo, ora non ricordava più come esserlo.
"Ti avevo detto che non potevo prometterti nulla."
"Un anno fa."
"Che cosa è cambiato in un anno, secondo te?" Fu la domanda irritata.
Thor si mosse alle sue spalle, poi gli posò un bacio tra le scapole.
"Credevo che ora mi amassi," mormorò, prima di spostarsi dalla sua parte del letto per addormentarsi.
Passarono diversi giorni, prima che il giovane Aesir si sforzasse di essere un amante devoto, come soleva essere.
Fu solo una breve parentesi.
Qualche notte più tardi, Loki si svegliò in un letto vuoto.
Thor non era lontano, era in piedi di fronte alla grande vetrata che dava sui grattacieli illuminati della città. Loki rimase un attimo ad osservare il contorno di quel corpo perfetto, completamente nudo, poi lo chiamò.
Non sembrò udirlo.
Il giovane Jotun inarcò le sopracciglia e scese lentamente dal letto, senza trattenere un sospiro stanco.
"Thor?" Chiamò quando gli fu accanto.
Il maggiore sobbalzò, come se non rammentasse che in quella camera era solito dormire anche lui.
Gli occhi azzurri erano colmi di tristezza mista a qualcosa che Loki riconobbe bene ma al quale si rifiutò di dare importanza: nostalgia. 
Nevicava. La prima neve della stagione fredda.
Thor sorrise dolcemente ed appoggiò una mano sul vetro, "che stagione sarà su Asgard, adesso?"
Per Loki, quell'innocente domanda fu come una pugnalata al cuore.
"Non ricordo neanche che stagione fosse il giorno in cui siamo partiti," rispose freddamente, osservando la neve cadere senza realmente vederla. Era questo che teneva sveglio Thor? Il pensiero di un mondo che era stato suo e che, ora, non avrebbe rivisto mai più?
"Stavi facendo l'amore con me," disse Loki, "appena un'ora fa."
Il giovane Aesir lo guardò perplesso.
"Oh, scusa... Vuoi farlo di nuovo?" 
Loki sgranò gli occhi e strinse i pugni.
Thor si rese conto del suo errore un istante troppo tardi, "fratello, io..."
"Scusa se ho interrotto il tuo melodramma interiore," sputò Loki con sarcasmo tornando a coricarsi.
"Loki, scusa non..." Thor lo raggiunse cercando di abbracciarlo da dietro. L'altro era rigido contro il suo petto.
"Mi manca casa, tutto qui."
Loki strinse le labbra, "pensavo che questa fosse casa..."
Thor esitò, "sì, è così," mormorò, "ma a tutti capita di provare nostalgia per i luoghi in cui si è camminato da bambini, no?"
Loki non rispose,"dormi, Thor," ordinò, invece.
L'altro, per tutta risposta, si sollevò su un gomito per poter scrutare il profilo dell'amante.
"Dimmi quello che pensi sul serio e lo farò."
Loki lo guardò negli occhi, la bocca storta in un ghigno orribile.
"Che cosa ti manca, Thor? La vasta schiera di puttane regali tra cui potevi scegliere?"
Il principe dorato si sentì offeso, "non mi sembra di averti mai mancato di rispetto in alcun modo."
"Le urla adoranti della folla?" Continuò Loki imperterrito, "la polvere dell'arena? Cosa? Cosa c'è in quel regno di menzogne che rimpiangi tanto?"
Tentò di alzarsi ed andarsene ma Thor lo bloccò contro il materasso, "mi manca il sorriso di nostra madre," confessò, "mi manca la voce seriosa di nostro padre. Mi manca andarmene a caccia per i boschi. Mi manca il cielo trapunto di stelle che Midgard non ha. Mi manca l'oro dei saloni in cui siamo cresciuti... Mi manca e basta e non riuscirai a farmi sentire in colpa per questo!"
Si lasciò ricadere sul letto, dando di proposito le spalle all'amante.
Loki non si mosse, rimase dov'era a fissare il soffitto bianco, "vorresti tornarci?"
Thor non rispose.
"Se ci fosse un modo... Vorresti tornarci?"
Thor chiuse gli occhi e sospirò stancamente, "non esiste alcun modo."
E Loki sentì una familiare, oscura sensazione nel cuore. Thor era a meno di un metro da lui.
Se avesse allungato una mano, lo avrebbe toccato di sicuro e lui non si sarebbe ritratto.
Ma non poteva.
Quella notte, dopo dodici mesi, Loki sapeva che non sarebbe riuscito nemmeno a sfiorarlo, suo fratello.

[Asgard, oggi.]

La regina Frigga si era rinchiusa negli appartamenti che, in passato, erano appartenuti ai due principi e lì era rimasta, gettando una certa inquietudine sull'intera corte dorata.
I servi mormoravano che, almeno una volta al giorno, quando i corridoi erano deserti, il re andasse a bussare con violenza contro quelle porte chiuse ordinando alla consorte di uscire.
"Non puoi rimanere chiusa lì dentro per sempre, Frigga!" Urlava Odino.
Le ancelle della sovrana non dicevano nulla in proposito ma, se avessero potuto, avrebbero messo in guardia il re riguardo alla testardaggine della sua sposa e alla forza del dolore che la spingeva ad isolarsi in quella precisa area del palazzo.
Frigga aveva scelto quel modo per illudersi di avere Thor e Loki ancora vicino a lei, per stringere a sè il ricordo di due figli che Odino si ostinava a fingere non fossero mai esistiti. 
Come poteva una madre fare altrettanto? Come poteva lei, che ancora ricordava il giorno in cui aveva sentito muovere Thor dentro di sè per la prima volta, come se non fossero passati secoli e secoli? Come poteva, dopo che aveva stretto Loki al seno per intere notti insonni e lo aveva nutrito con il suo latte?
Frigga non poteva uccidere le sue creature.
Che Odino facesse come meglio credeva!
Che morisse solo, se non voleva mettere in discussione le sue convinzioni!

"Non ti vuole più?" Sleipnir era l'unica creatura a cui il re potesse confidare i suoi dolori.
Era l'eco di quel fratello non di sangue che aveva perduto per sempre.
Odino si prese la testa tra le mani. La tenue luce del fuoco non faceva che renderlo più vecchio, "le passerà," disse con convinzione, "mi ha perdonato cose peggiori."
Sleipnir sorrise sarcastico, "no, io non credo..."
"Ho riportato a casa il figlio di un tradimento pochissimi anni dopo la nascita del nostro erede. Che cosa c'è peggio di questo?"
"Per una regina nulla, probabilmente," concordò il giovane dai capelli corvini, "per una madre, quel tradimento è stato come una benedizione..."
Odino lo guardò indignato, "spiegati, ragazzo."
Sleipnir accenò un sorriso, aveva la prestanza di un guerriero che suo padre non aveva mai avuto, eppure gli assomigliava tanto. "Non fraintendermi, zio," disse subito, "non sto mettendo in discussione i sentimenti di tua moglie... Ti sto solo invitando a ricordare come Loki sia stato importante per Frigga, come lui l'abbia fatta sentire madre in un modo totalmente diverso da Thor. Per assurdo, il figlio che non aveva partorito era proprio quello di cui lei aveva bisogno per sentirsi completa."
Odino sbuffò, "detestavo vederli così vicini, lo sai?"
"Lei e Laufey andavano d'accordo..."
"Lei e Laufey sono sempre stati molto simili sotto molteplici aspetti," Odino annuì distrattamente, "uno di questi era il modo impeccabile in cui riuscivano a mandarmi in bestia, senza che io fossi in grado di far pagare loro le conseguenze."
"Le hanno pagate, zio," lo corresse il giovane mutaforma, "le hanno pagate eccome."
"Ci sono stati giorni in cui mi sono chiesto se Frigga non stesse facendo di tutto per crescere Loki come la copia perfetta di Laufey, poi mi sono reso conto che quello che mi faceva impazzire era nei dettagli..."
Sleipnir si sdette sul pavimento, davanti al fuoco, "che dettagli?"
Odino lo guardò tristemente, "gli stessi che mi fanno rivedere mio fratello in te," rispose, "l'espressione che aveva mentre leggeva, il modo in cui camminava e poi c'era quell'espressione... Quella in cui guardava Thor ogni volta che combinava qualche sciocchezza. Noia, disapprovazione... Poi si voltava... Oh, lo faceva lentamente così che suo fratello potesse vedere fino all'ultima sfumatura di verde dei suoi occhi. Infine, di colpo, guardava dritto davanti a sè e se ne andava a testa alta per lasciare che Thor credesse che, in fin dei conti, sarebbe anche potuto tornare con la testa tagliata e la cosa non lo avrebbe minimamente toccato."
Odino rise senza gioia.
"Dovevi vedere Thor! Ci cascava col martello e tutto in quel piccolo inganno e passava il resto della giornata a correre dietro a Loki, determinato ad impressionarlo positivamente in qualche modo," sospirò stancamente, "ci sono caduto anche io, innumerevoli volte... Loki ce l'ha nel sangue, nessuno avrebbe potuto insegnargli una cosa del genere."
Il fuoco era a meno di un metro da lui, eppure sentiva così freddo.
"Neanche Laufey..."

"Mia regina..."
Frigga non guardò il guardiano negli occhi.
"Ho delle notizie per voi, mia regina."
Non gli diede ordine di parlare, ma nemmeno di tacere.
"Li ho trovati, mia regina."
Solo allora, Frigga concesse a Heimdall tutta la sua attenzione.
[Midgard-New York, oggi]
Il modo maturo in cui lui e suo fratello riuscivano ad affrontare i problemi aveva dell'incredibile.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, Loki era arrivato alla conclusione che Thor doveva essere seriamente, puerilmente, stupidamente arrabbiato con lui. 
Gli parlava a stento da più di una settimana.
Non facevano più l'amore, a stento dormivano nello stesso letto.
Loki lo aveva accanto a sè ogni minuto di ogni giorno e tutto quello che avrebbe voluto fare era allungare un braccio e toccarlo, sbatterlo contro il muro, baciarlo fino a che non si fosse deciso a ricambiare. Si sentiva esattamente come Thor aveva dovuto sentirsi durante il loro ultimo mese nella casa in Norvegia.
Vedeva l'interesse per lui affievolirsi giorno dopo giorno e temeva, mentre la rabbia gli seccava la gola e gli impediva di ragionare lucidamente, che una mattina si sarebbe svegliato in una casa vuota.
La grande differenza tra i loro timori?
Nel fuggire, Loki avrebbe perso quel poco che era riuscito a conquistarsi pur non volendolo, Thor, invece, avrebbe recuperato tutto ciò che aveva buttato via nel prendere suo fratello come un amante. E il giovane Jotun sapeva che Asgard, con tutte le sue dorate possibilità, era un rivale molto difficile da battere.
Alla fine, Loki era tornato a vedere solo il lato oscuro di quella relazione.
La paura che Thor aveva di perderlo, era stata la sua fonte di potere per tutti quei mesi. Se avesse cominciato a pensare a lui con distacco, se avesse cominciato ad immaginare la sua vita senza un fratello incestuoso tra i piedi ad oscurare la sua aurea dorata... Loki sarebbe uscito da quella storia con una sconfitta in più da non riuscir ad accettare.
A meno che, ovviamente, lui non fosse il primo a fare la prossima mossa.
"Vuoi un figlio?"
Thor era seduto sul letto leggendo una rivista che doveva aver recuperato dal suo ultimo viaggio di perlustrazione del quartiere. Da principio, non si voltò a guardarlo e continuò a fissare il giornale tra le sue mani.
"Ti ho chiesto se vuoi un figlio."
Thor lo guardò freddamente, "non lo so più."
Loki rise istericamente, "non lo sai più?" Domandò con voce stridula, "pochi giorni fa avresti fatto qualsiasi cosa con me."
"Non mi va di parlare, fratello..."
"Oh, lo farai invece!" Loki gli strappò la rivista di mano e si mise a cavalcioni su di lui. Thor non battè ciglio. "Credi che non ti veda? Passi giornate intere a guardare il cielo, quando pensi che io non me ne accorga, sfiori l'impugnatura di quel maledetto martello e, con frustrazione, ti rendi conto che non hai più un motivo per sollevarlo."
Thor lo fissò in silenzio.
"Tu non la sopporti questa vita, non è vero?"
"Ancora una volta, mi metti in bocca parole che non ho mai nemmeno pensato," replicò il maggiore.
"Se mi ami come dici, Asgard non dovrebbe toccarti il cuore come io non riesco a fare!"
Thor gli afferrò i polsi e li strinse con forza, "il mio cuore è esattamente lì, dove ti è più facile raggiungerlo! Non riesci a vederlo perchè non riesci ad accettare che parte di esso sia rimasto in un altro mondo!"
Il cipiglio con cui Loki lo guardò era orribile, "allora perchè mi hai voluto? Perchè mi hai seguito? Perchè hai sputato sangue per farmi capire quanto..." Si bloccò. Non poteva dirlo. Aveva dato a Thor troppe cose per potergli concedere anche questa.
"Mi vuoi o mi ami?" Domandò il principe Aesir.
"Che differenza c'è?" Loki non riusciva a capire.
"Se mi amassi, non proveresti la rabbia che provi ora nel renderti conto che, come è naturale che sia, ci sono cose del nostro passato che non posso semplicemente lasciarmi alle spalle... Se mi amassi, non mi chiederesti di avere un figlio, senza desiderarlo."
"Tu hai fatto la stessa cosa!"
Thor lo gettò sul materasso con poca grazia. Loki si mise a sedere velocemente, mentre l'altro si alzava dal letto e si avvicinava alla vetrata lì accanto.
"E tu mi ami?"
"Non te ne è mai importanto..." Replicò Thor.
"È questo che credi di me?" Loki non riusciva a fare altro che fissargli la schiena, "non sai se ti amo, non sai se vuoi un figlio da me, dici che non me ne importa nulla di quello che provi... Maledizione, Thor, ma con chi credi di aver scopato per un intero anno?"
Suo fratello lo guardò di traverso indeciso su come rispondere, "hai una vaga idea della portata delle azioni che ho compiuto per stare con te?"
"Mi credi così stupido?"
"Sai perchè, nonostante tutto, c'è ancora spazio nel mio cuore per sentire la mancanza di Asgard?" Domandò Thor con gli occhi lucidi, "perchè vorrei che, qualche volta, ci fosse qualcosa in te, nelle tue azioni, nelle tue parole che possa provarmi che quel che ho fatto è valso a qualcosa."
"Temo di non comprendere," fu la risposta annoiata del più giovane, "perdonami se per te è poco il fatto che mi lasci toccare da te, quando non sono mai riuscito ad accettare me stesso per tutta la vita! Scusami se non ti venero come una cagna in calore, come le tue belle sgualdrine!"
"Mi basterebbe che tu dicessi di amarmi, qualche volta."
"Pensavo di averti fatto un dono, un anno fa..."
"Allora perchè da qualche tempo non riesco a sentirmi vivo, nemmeno quando facciamo l'amore?"
Loki non cambiò espressione. No, gli era troppo difficile respirare per fare altro.
"Che cosa vuoi, Thor?"
"Sono stanco di nascondermi, Loki."
Già, perchè suo fratello non era come lui.
"Non possiamo scappare per sempre."
Per Loki, poter condividere quella vita all'ombra dei Nove Regni, lontano da tutto e tutti, solo loro due, era stato quanto di più simile ci fosse alla felicità. 
"Pensiamo ad un modo per poter risolvere tutto questo e torniamo su Asgard. Torniamo a casa, Loki."
Ma Loki non apparteneva ad Asgard, come a nessun altro luogo.
Loki avrebbe chiamato casa ogni luogo in cui sarebbe potuto vivere con Thor.
Ma a Thor questo non sarebbe mai bastato.
"Non sono abbastanza," mormorò il principe oscuro con rasegnazione, "non ho imparato proprio niente, che folle che sono stato!"
Si alzò dal letto ed uscì dalla camera.
"Loki?" Thor sbattè le palpebre, "Loki..."
"Torna su Asgard," gli disse il più giovane, senza voltarsi.
"Loki, forse, ho usato le parole sbagliate ma..."
"Ti sei spiegato benissimo!" Urlò l'latro guardandolo di colpo, "vorresti tornare ad essere il Dio del Tuono pronto a vincere qualsiasi guerra. Se resti con me, le uniche guerre che combatterai saranno quelle contro i nemici che vorranno arrivare a me e, tra questi, potrebbero esserci coloro che ami. Vorresti tornare ad Asgard perchè la ami... Perchè ami tutto ciò che hai lasciato lì. Ma non puoi avere entrambi. Vuoi che trovi una soluzione? Posso farlo immeditamente! Torneremo, tuo padre insisterà perchè tu m'impedisca di fare qualcosa di pericoloso ed io diverrò il tuo prigioniero a vita. Forse, per un po' potremo illuderci... Potremo credere di averli ingannati tutti. Poi, imporvvisamente, mi renderei conto che l'unica libertà che possiedo è quella di decidere se prenderti o lasciarmi prendere, durante la notte. Sempre ammesso che tornare a casa non ti ricordi che ci sono cose che un guerriero degno di tale nome non deve fare."
"Loki, aspetta, io..."
"Poi, succederà qualcosa... Dovrai diventare re, dovrai prendere una moglie e sentirai il bisogno di dirlo a nostra madre e lei non capirà... Non importa quanto ci ami, non capirà. A quel punto le possibilità saranno due. Sposerai una donna, Sif probabilmente, che partorirà i tuoi figli, mentre io me ne starò ad aspettare che quella cagna rimanga incinta per poterti riavere solo per poche ore, fino ad una nuova alba. Oppure, quel giorno, tornerai a farmi ancora una proposta crudele."
Thor scosse violentemente la testa, "non possiamo sapere se accadrà nulla di tutto questo, noi non..."
"Mi chiederai di avere un figlio ed allora le possibilità non faranno che divenire sempre più macabre. Potresti obbligare la corte a riconoscerlo come figlio tuo ma saremo costretti a mentirgli per tutta la vita, perchè nessuno lo rispetterebbe come frutto di un incesto! Peggio, potrebbero portarcelo via!"
Una pausa.
"Ancora peggio... Potrebbe essere come me e, credimi, Thor, posso essere tanto crudele e disperato da dare alla luce un figlio che non voglio solo per avere ancora il potere di legarti a me, ma non condannerò mai un'altra creatura all'esistenza che ho avuto io nel tuo maledetto regno dorato!"
Loki sorrise amaramente, mentre una lacrime gli solcava una guancia.
"In ultimo, sai perchè non riesci a provare più nulla, mentre fai l'amore con me?"
Thor si avvicinò immediatamente prendendogli le mani, "Loki, ero arrabbiato," gli baciò una guancia, "non lo credo davvero, ero solo furioso perchè pensavo stessi usando la storia del bambino per ferirmi."
Il più giovane fece un passo indietro, "perchè non sono io a non amarti."
Sparì in un battito di ciglia, lasciando Thor da solo a fissare le sue mani, ora vuote.

[Jotunheim, oggi.]

"Noi non sappiamo proprio come ringraziarvi, mio principe," Guma prese la mano del piccolo Glam, "i nostri bambini ora sanno usare i loro poteri alla perfezione, noi non saremmo mai riusciti ad insegnare loro così bene... Spesso siamo costretti a lasciarli da soli per andare a caccia e..."
"Non avete nulla da rimproveravi," lo rassicurò Bỳleistr. "Sono cresciuto nella capitale ma non pensiate che non sappia cosa vuol dire crescere continuamente minacciati da qualcosa."
"Anche il re sa cacciare, sai, papà?" Raccontò il piccolo Glam, "è stato lui ad insegnare a Bỳleistr."
"Tesoro, non puoi puoi rivolgerti al principe chiamandolo per nome."
"Oh, no, no!" Bỳleistr scosse la testa, "ho chiesto io ai bambini di chimarmi per nome. Sono un principe, ma mio padre mi ha educato per essere un generale e voglio il rispetto dei miei piccoli soldati, non scatenare timore in loro."
"Non importa con che titolo siamo nati, il guerriero al nostro fianco è come un fratello e va protetto come tale," recitò Glam a memoria. Suo padre gli accarezzò i capelli orgoglioso, "saluta il principe, piccolo."
"Ci vediamo domani, Bỳleistr!" Il bambino gli abbracciò la vita con entusiasmo ed il giovane nobile s'irrigidì appena di fronte a quella dimostrazione di affetto. 
Guma lo ringraziò nuovamente, poi prese il figlio per mano e s'incamminarono verso casa.
Bỳleistr rimasi a fissarli, finchè non scomparvero dalla sua vista.

"Voglio un bambino."
Bỳleistr fu in grado di dar voce a quel desiderio solo qualche notte dopo, mentre era intento a fissare il soffitto di ghiaccio della sua camera. Bàli, accanto a lui, si riscosse dallo stato di dormiveglia in cui era caduto alla fine del loro amplesso.
"Come dici?" Sperò di aver capito male.
Bỳleistr lo guardò. Il ghiaccio nei suoi occhi sembrava essersi sciolto un poco, le guance rosse.
"Voglio un bambino," ripetè, "voglio un figlio da te."
Era un desiderio spontaneo, sincero... Era quanto di più bello uno Jotun potesse sentirsi dire dal proprio compagno e Bàli lo amò per questo. Lo amò ancora più di quanto lo aveva amato nell'ultimo anno, se era possibile.
Avrebbe voluto stringerlo a sè con urgenza.
Avrebbe voluto baciarlo.
Avrebbe voluto fare l'amore con lui fino a rendere vivo quel dolcissimo desiderio.
Poi, l'eco delle parole del re congelarono il suo cuore e l'unica cosa che Bỳleistr vide fu un'espressione allarmata.
Il principe si morse il labbro inferiore, "che idiota che sono stato..." Si alzò a sedere cercando di recuperare i vestiti dal pavimento: odiava soffrire il freddo ed, improvvisamente, odiava di nuovo la sua forma Aesir e quello che gli aveva permesso di condividere con lo Jotun accanto a lui.
"No, no, aspetta, Bỳleistr!" Bàli lo prese e bloccò contro il materasso, "non è come credi. Non è assolutamente come credi."
Il principe voltò il viso per non doverlo guardare negli occhi.
"Mi hai reso l'uomo più felice del mondo con quelle parole," disse baciandogli una guancia.
"Non mi è sembrato."
"È solo che..."
"Cosa?" Urlò Bỳleistr voltandosi di colpo a guardarlo.
Bàli avrebbe potuto spiegare ma sarebbe morto, prima di fare del male al suo principe, "come la prenderebbe tuo padre, se succedesse?" Poteva solo provare a convincerlo che non era una buona idea. Non ancora, almeno.
Peccato che Bỳleistr fosse nato Laufeyson e questo lo rendeva quanto di più diverso ci fosse da uno stupido.
"Che cosa ti ha detto mio padre?" 

[Midgard, oggi.]

Thor si vestì in fretta e furia rischiando anche d'inciampare, mentre s'infilava i jeans.
Doveva muoversi.
Doveva trovare Loki, prima che combinasse qualcosa che potesse attirare l'attenzione.
Era stato uno stupido, un perfetto imbecille!
Era consapevole di quanto fragile fosse l'equilibrio che era riuscito a creare tra loro. Sarebbe dovuto essere stato abbastanza forte da poter sopportare la nostangia che aveva di casa, senza accusare suo fratello di nulla.
Non avrebbe dovuto tirar fuori la questione del bambino in un momento come quello.
Erano giovani. Avevano secoli per poterne parlare, per renderla una cosa quasi naturale.
Forse, se Thor avesse usato l'amore e la pazienza, invece della disperazione e dell'insistenza, sarebbe anche riuscito a far diventare quel desiderio di entrambi.
Ma ora... Ora...
Sentì un rumore di passi provenire dalla cucina.
"Loki!" Chiamò con un sorriso speranzoso, "Loki, scusami, scusami davvero, io..."
Si bloccò a metà del piccolo corridoio che divideva la zona giorno dalla zona notte.
La creatura dai lunghi capelli neri stringeva tra le mani il suo martello e lo fissava con un sorriso terribile. 
"Urla," commentò accarezzando l'impugnatura, "ha paura di me."
Alzò gli occhi scuri nella sua direzione.
"Gli manchi, sai?"
Thor non riusciva a parlare, le mani gli tremavano.
"Oh..." Il sole la investiva da capo a piedi facendola assomigliare ancor di più ad un cadavere, "non è lei ad aver paura di me."
Fece un passo in avanti e Thor retrocedette di due.
"Sei tu."
Il giovane Aesir avrebbe voluto negare ma aveva perso il controllo della sua voce.
Lei gettò Mjölnir a terra come se nulla fosse. Thor fissò la sua fedele arma terrorizzato: Loki aveva ragione, non poteva nulla contro quella creatura. Nulla.
"Che ti prende, principe dorato?" Domandò lei divertita, "una povera fanciulla è in grado di atterrirti fino a questo punto?" Rise, "lui ha sempre avuto ragione, non sei mai stato degno di alcun trono. Non sarai mai tanto potente da difendere la tua bella Asgard da nemici partoriti dall'oscurità più pura."
Era solo, Thor, completamente solo.
"Ma chi sei?" Urlò, infine. "Che cosa vuoi?"
"Mi sembra di aver già chiarito cosa voglio da te."
"Che cosa vuoi da Loki?" 
La fanciulla sorrise dolcemente, "Tutto..."
Thor si lasciò sfuggire una smorfia sarcastica, "allora hai perso in partenza."
"Oh, non hai idea di quanto possa donare un'anima in cambio della fine della solitudine," replicò lei allungando la mano per sfiorargli il petto, "tu non sei abbastanza forte per essere il suo compagno."
Il giovane Aesir allontanò quella carezza con uno schiaffo.
Non gli importava che fosse la metà di lui, quella creatura di fragile aveva solo l'aspetto.
"Che cosa vuoi da mio fratello?" Chiese ancira.
"Sei sordo per caso, Dio del Tuono?"
"Voglio una spiegazione!" 
Il cielo di New York cominciò ad oscurarsi.
"La pretendo!"
Lei guardò divertita le nubi oltre la vetrata del salotto.
"Diciamo, semplicemente, che ti sei preso qualcosa che il fato aveva destinato a me," reclinò la testa di lato, "ti sei preso il principe sbagliato, Thor. Sarà mio fratello ad essere il tuo compagno nella Fine, non il tuo."
"Smettila di parlare per enigmi."
"Sei tu che non riesci a comprendere, mio principe," gli sfiorò una guancia dolcemente, "la paura ti domina."
Thor si morse il labbro inferiore, poi alzò la mano destra di colpo.
Mjölnir si animò e si sollevò dal pavimento putando alla nuca della creatura.
Essa alzò la mano destra con grazia ed il martello si bloccò rimanendo sospeso in aria.
"Quanto sei noioso..." Commentò irritata, "perchè insistere, quando sai benissimo che non funziona?"
Strinse le dita e Thor sentì le gambe cedergli di colpo.
Cadde a terra e Mjölnir con lui.
"Non voglio ucciderti, anche se Loki vorrebbe, probabilmente."
Thor la guardò in cagnesco, "prova qualcos'altro, questo trucchetto è vecchio come il mondo."
"Credi quel che vuoi ma deve esserci una ragione, se vi ha protetto entrambi per un anno, mentre ora non ho compiuto il minimo sforzo per trovare te... Tuttavia, lui continua a nascondersi piuttosto bene..."
Thor non seppe come replicare e chinò la testa per nascondere qualunque emozione fosse riflessa nei suoi occhi.
Paura. Sconfitta. Delusione.
Non voleva che quell'essere potesse vedere quel che infuriava dentro di lui.
"Oh, nemmeno tu sai dov'è."
Sentì le gelide mani di lei tra i capelli.
"Avrei voluto ucciderti," mormorò posandogli un bacio sul capo, "ma, a differenza di Loki, io amo troppo mio fratello per fargli un torto."
Thor s'irrigidì, mentre le dita di lei gli accarezzavano il capo dolcemente, come ad indurlo a rilassarsi.
"Voglio farti un regalo, prima di prendermi tutto quel che possiedi."
Thor cercò di sottrarsi dalla sua portata ma la stretta sulla sua testa divenne ferrea.
"Anche se solo in un'illusione, voglio realizzare il tuo desiderio."
La magia eruppe dalle sue dita e violò il corpo, l'anima e la mente del principe di Asgard.
Thor non potè fare altro che urlare.
Un fulmine squarciò il cielo di New York.

[Jotunheim, oggi.]

Quando Bỳleistr irruppe negli appartamenti di suo padre, Laufey non sembrò particolarmente sorpreso di vedere quegli occhi di ghiaccio ricolmi di rabbia ed incredulità.
"Ha disubbidito ai miei ordini, dunque," commentò incrociando le braccia contro il petto, "il tuo cacciatore, intendo."
Bỳleistr scosse la testa lentamente, "non avevi alcun diritto..."
"Di fare cosa? D'impedirti di fare qualche abominevole sciocchezza?"
Il giovane Jotun strinse i pugni, "tu... tu..." Era talmente pieno d'ira da non riuscire a formulare un pensiero coerente, "per un istante, ho quasi pensato che fossi riuscito ad accettarlo."
Laufey gli rivolse una smorfia sarcastica, "sì, concederei di buon grado la mano di mio figlio ad uno Jotun lontano anni luce dal suo livello!"
"Avresti preferito che mi fossi scelto uno di quei nobili traditori che ci hanno portato via Utgard? Quelli sarebbero stati abbastanza vicini al mio livello, per te?"
"Non dire sciocchezze, Bỳleistr."
"Io amo Bàli!"
"Questo non ha alcuna importanza!" Sbottò il re ed il giovane indietreggiò di un paio di passi, "non c'è alcna felicità nella strada che stai percorrendo, solo tragedie e disperazione!" Laufey era fuori di sè, "quello che ora chiami amore è la tua condanna a qualcosa di ben peggiore della morte. Quel che hai ora può, forse, darti l'illusione della felicità ma non è la cosa giusta."
"E chi lo decide cosa lo è?" Replicò Bỳleistr, "cosa c'è di più giusto del volere un figlio dal proprio compagno?"
"Non è il tuo compagno!"
"L'ho scelto e lo avrò!" Bỳleistr insistette con forza, "l'ho già avuto..."
Laufey sgranò gli occhi ma non si lasciò trascinare da quella bugia, "stai mentendo..."
"Non puoi saperlo," il principe si posò una mano in grembo, "il tuo incubo peggiore potrebbe già essersi tramutato in vita, dentro di me."
Il re fece una smorfia, "te lo leggo negli occhi, Bỳleistr..." Si fece più vicino, "e anche se così non fosse, ti terrei a gambe aperte io stesso, mentre un curatore me lo conferma!"
Bỳleistr rabbrividì: non aveva mai realmente temuto suo padre, non aveva mai avuto un motivo serio per farlo.
Eppure, sentì che, in quell'occasione, le sue non erano semplici minacce vuote, sputate per troppa irritazione.
"Che cosa mi faresti, se fosse vero?"
Ci fu esitazione negli occhi verdi di Laufey.
"Se con la nascita della prossima luna, scoprissi di aspettare un bambino," Bỳleistr non era certo di voler sapere la risposta, "veramente tu..." Non riuscì a chiederlo. Il solo pensiero che suo padre potesse essere capace di far loro tanto male, quando era stato pronto a subire di tutto per proteggerli dalle brutture di quel mondo, lo dilaniava.
Laufey rimase in silenzio.
"Padre..." Bỳleistr aveva sempre avuto paura di mostrare le proprie debolezze ma, ora, a fatica riusciva a mantenere il controllo sulle lacrime che gli offuscavano la vista. 
Laufey fissò il pavimento per non guardarlo negli occhi.
"Padre!"
Se non si fosse sentito al sicuro nemmeno accanto alla persona che gli aveva dato la vita, come poteva...
"Mi faresti subire un'orrore simile, pur avendolo sofferto tu stesso?!" Urlò il giovane Jotun disperato.
Il re s'irrigidì, "basta, Bỳleistr."
Voleva farlo suonare come un ordine, ma assomigliò più ad una preghiera.
"Amare il tuo peggior nemico nel bel mezzo di una guerra totale... Era la cosa giusta da fare quella?"
Laufey non rispose, avrebbe voluto strapparsi le orecchie pur di non ascoltare.
"Dare alla luce un bambino mostro abbandonando i tuoi figli ed il tuo popolo?!"
"Ho detto basta!" 
Il re sbattè il pugno destro contro la parete di ghiaccio. Il pavimento si deformò e una dozzina di lame di ghiaccio spuntarono dal nulla costringendo Bỳleistr contro il muro opposto della stanza. Non si mosse abbastanza velocemente per evitare che una gli penetrasse nella spalla.
"Cosa sta... Bỳleistr!" 
La voce di Helblindi arrivò alle orecchie di Laufey come se fosse lontano chilometri. Bỳleistr piangeva in silenzio e lo fissava, mentre suo fratello spezzava la punta di ghiaccio che gli impedivadi muoversi e la estraeva dalla ferita. Solo allora, il secondo principe di Jotunheim si lasciò sfuggire un gemito.
"Ce la fai a camminare?" Domandò Helblindi.
Il fratello minore si limitò ad annuire.
"Bỳleistr..." Chiamò Laufey. 
Il ghiaccio si ritirò e la superficie del pavimento tornò ad essere regolare. Nessuno dei due figli gli prestò la minima attenzione. "Vieni nelle mie stanze," disse Helblindi sorreggendo il fratello, "non è grave, ti farò curare... Non piangere."
Bỳleistr, il dolore alla spalla non lo sentiva nemmeno. Era tutt'altro genere di dolore ad alimentare le sue lacrime e Laufey lo capì non appena i loro occhi s'incontrarono.
"Bỳleistr!" Laufey mosse un passo ma Helblindi si frappose immediatamente tra lui edil fratello.
"Stagli lontano!" Esclamò, "stacci lontano..."
Il re non si mosse, cercò ancora gli occhi del figlio minore ma Bỳleistr fissava ostinatamente il suolo.
"Ci hai fatto del male per troppo tempo," fu la terribile accusa dell'erede al trono, prima che entrambi uscissero dalla camera del re.
[Midgard, oggi.]

"Non ti aspettavo così tardi."
Bestla assomigliava ad un corvo con la neve bianca tutta intorno.
"Ti sei nascosto bene," commentò orgogliosa, "tu ed il tuo principe siete scomparsi per un intero anno."
Loki ghignò, "sapevo che ci avresti raggiunti in breve tempo."
"Lo prendo come un complimento."
"Dove hai lasciato il tuo mostro dalle cadaveriche sembianze?" Domandò diretto.
"Devo dedurre che non hai abbassato il tuo scudo per noi..." 
"No, infatti," Loki infilò le mani nelle tasche del cappotto grigio,"ma finchè il mio piano non sarà giunto al termine, non posso permetterti d'intralciarmi."
"Chi stai aspettando, mio principe?"
"Non ti riguarda."
"Deve riguardare Thor, se non lo hai portato con te."
"Di lui non devi pronunciare nemmeno il nome," sibilò Loki in risposta, "forse, un tempo, sei stata una regina ed hai seduto sul trono più alto dei Nove Regni ma non ho permesso ad Odino di sottrarmi ciò che mi appartiene e non rimarrò quieto la prossima volta che ordinerai alla tua bestia di attaccare le mie proprietà."
Bestla si sporse oltre il parapetto del grattacielo, "è incredibile come la neve, una volta caduta, faccia sembrare uguale tutti i mondi ma non ne faccia mai assomigliare uno a Jotunheim."
Loki fece una smorfia, "hai intenzione d'intrattenermi con una bella scenetta nostalgica?" 
La voce di lui era sarcastica ma il dolore negli occhi di lei era sincero.
"Non sai cosa darei per poterti far vedere la Jotunheim in cui sono nata e cresciuta."
"Non crucciarti, la mia esistenza può continuare anche senza saperlo," replicò il giovane.
"Jotunheim era un gran regno, un tempo," continuò Bestla, "tuo padre era quasi riuscito a renderlo il più grande di tutti."
Il viso di Loki si oscurò notevolmente, "vuoi distrarmi affinchè tu possa sguinzagliare il tuo mostro contro Thor, senza che io me ne accorga?"
Bestla lo guardò sorpresa ed eccittata al contempo, "non lo hai lasciato indifeso, dunque?"
"Mi credi tanto stupido?"
"No," la donna scosse la testa lentamente, "Laufey non lo era, non puoi esserlo nemmeno tu."
Loki rise, "Laufey era un perfetto idiota, invece," commentò con arroganza, "si è fatto ammazzare ancor prima di aver realizzato di essere caduto in una trappola!"
Bestla sorrise benevolmente, "povero bambino, dovevi essere davvero fuori di te, quando Odino ti ha rivelato quella mezza verità."
"Evitami la tua falsa comprensione."
"Considerando lo stato mentale in cui dovevi versare, non c'è da sorprendersi che il re sopravvissuto alla più grande sconfitta della storia di Yggdrasil sia riuscito a confonderti."
Loki la fissò, "di che cosa stai parlando?"
Bestlà sgranò gli occhi fingendosi sorpresa, "oh! Tu non lo sai!"
"Parla chiaro, strega, altrimenti..."
Un tuono squarciò il cielo.
Loki sentì il cuore fermarsi di colpo.
"Non avevo bisogno di distrarti," confessò Bestla, "lei è un mostro della tua stessa specie e, come tale, è molto brava a nascondersi."

A differenza di Frigga, Odino non aveva bisogno di ricevere informazioni da Heimdall per sapere che qualcosa era cambiato. Ciò che sua moglie non aveva intuito era che non doveva essere successo nulla di buono.
Odino aveva atteso una stagione, poi era tonato in Norvegia deciso a riportare i due figli ad Asgard.
Con la forza, se fosse stato necessario.
Aveva trovato una casa vuota e nulla che gli indicasse la posizione di Thor e Loki.
Frigga non gli aveva più parlato da quel giorno. 
Era uscita dalle stanze in cui si era confinata solo quando i loro figli erano tornati visibili agli occhi di chi sapeva guardare.
"Lasciami venire con te!" L'aveva pregato, "Loki non ascolterà mai te ma, forse, io posso..."
Odino non l'aveva nemmeno lasciata parlare. Aveva dato odirne ad Heimdall d'impedire alla regina di lasciare Asgard ed era partito. 
New York.
La città in cui si era abbattuta la furia di Loki.
Una furia per cui Frigga accusa lui e se stessa. 
Odino preferiva non rifletterci: quel che era fatto era fatto, affliggersi era inutile. Frigga non comprendeva che se avessero cominciato a farsi un esame di coscienza tardivo, sarebbero finiti con il realizzare che il loro unico errore era stato lasciare che Loki nascesse.

Thor si svegliò nel suo letto.
Non ricordava come vi era arrivato.
Non ricordava neanche di essersi addormentato.
L'ultima cosa che rammentava era la discussione che aveva avuto con Loki e che era finita, inevitabilmente, con la sua dipartita. Poi, il buio.
Si sentiva stanco, spossato, come se uno Jotun gli fosse passato sopra e, non contento, avesse deciso di continuare a pestarlo. Era sudato, col fiato corto ed aveva un impossibile cerchio alla testa che gli impediva di aprire gli occhi. Sentiva qualcosa muoversi debolmente accanto a sè.
"Loki..." Chiamò istintivamente.
Forse, dopo essersi fatto un giro, gli era passata.
"Loki..." Con gli occhi socchiusi, Thor afferò il lenzuolo e lo sollevò. 
Quel che vide lo sorprese al punto che indietreggiò istintivamente, fino a ruzzolare giù dal letto.
La creaturina, causa di tanto sgomento, non fu felice di essere esposta alla luce bianca di quella giornata invernale e cominciò a lamentarsi sonoramente. Thor si sporse oltre il bordo del materasso, come se avesse paura di avvicinarsi troppo. 
La bambina tentava inutilmente di sottrarsi alla luce agitando le piccole braccia e gambe.
Il principe dorato impiegò un intero minuto, prima di convincersi che non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Tornò sul letto e s'inginocchiò accanto al corpicino nudo e minuscolo.
"Shhh... Va tutto bene," si sentì in dovere di dirlo allungando una mano per sfiorare la testolina ricoperta da corti ciuffetti biondi. La bambina si calmò di colpo girando il faccino rosso e paffuto nella sua direzione: gli occhi verdi erano socchiusi ma lo guardavano come se lo conoscessero.
Thor si sentì mancare per un istante, poi scosse la testa e tornò in sè.
"Aspetta qui," disse stupidamente, come se quella cosina potesse muoversi autonomamente.
Tornò pochi secondi più tardi con un asciugamano blu tra le mani. 
"Non preoccuparti," mormorò dolcemente avvolgendo la creaturina nel tessuto scuro, "ci sono io qui, va tutto bene."
La piccola non emise alcun suono, mentre Thor si accomodava contro i cuscini stringendola tra le braccia.
Lei lo guardò e lui guardò lei.
Rimasero a guardarsi in silenzio per un sacco di tempo.
Qualunque ombra avesse oscurato l'animo di Thor sembrava essersi dissolta nel nulla. 
Il principe dorato sorrise. Il sorriso innamorato di un uomo pronto a morire per la creatura stretta contro il suo petto.
"Ti abbiamo aspettata per tanto tempo."
Quelle parole non avevano senso.
"Il tuo papà arriverà presto, non temere."
Ma Thor Odinson non faceva più parte del mondo reale.

Odino lo vide che correva tra la folla.
Lo seguì con lo sguardo, senza farsi notare.
Sembrava spaventato.
Non gli importava.
Aspettò che gli arrivasse a portata e lo afferrò per un braccio.
La presa ferrea della sua mano dovette sorprenderlo perchè, quando si voltò, l'espressione era rabbiosa.
Solo dopo, quando lo riconobbe, la luce nei suoi occhi mutò improvvisamente.
"Che cosa ci fai qui?" Urlò ma, nel caos della folla, lo udì appena.
"Dov'è tuo fratello?" Chiese Odino con espressione minacciosa.
Loki lo guardò come se si fosse appena destato da un sogno, poi tentò di correre via ma il re non aveva la minima intenzione di lasciarlo andare.
"È in pericolo!" Esclamò esasperato.
"Hai inventato bugie migliori, Loki!"
"Potrai punirmi fino alla fine dei tempi, se mento ma non hai idea di quello che farò a te, se non mi lasci andare ora!"
Odino lo guardò dritto negli occhi e, per un istante, giurò di aver visto le iridi verdi tingersi di scarlatto.
Fu sufficiente per lasciarlo andare.

"Che io sia dannata in eterno, se pensa di potermi comandare ancora, come se fossi una bambola," sibilò Frigga tra sè e sè, come le porte scorrevoli dell'ascensore si aprivano.
Se era fortunata, Odino non aveva avuto il tempo di fare troppi danni e, se il grattacielo era ancora integro, significava che nessuno dei due ragazzi aveva avuto motivo di agitarsi più del dovuto. 
Lasciò perdere i convenevoli.
Non bussò alla porta, non si annunciò in alcun modo, si limitò a roteare la mano e l'uscio si aprì senza che dovesse toccarlo con mano. 
"Loki?" Chiamò. "Thor?"
La casa era piccola, semplice... Nulla che fosse paragonabile agli ambienti in cui i suoi figli erano cresciuti. Eppure, i ragazzi erano stati felici in quella dimora. Frigga poteva percepirlo, poteva quasi toccarla con mano, quella felicità. Loki era stato felice con suo fratello? Era stato felice assaggiando una vita totalmente contraria a quella che diceva di desiderare?
Quale forza era riuscita a placare la sua rabbia, ad illuminare la sua oscurità?
"Madre..." 
Frigga si voltò. Thor era proprio davanti a lei e le sorrideva radioso.
"Amore mio!" Esclamò lei, sentendo il cuore più leggero di colpo. Fece per correre ad abbracciarlo, quando notò il fagottino stretto contro il suo petto.
Thor abbassò gli occhi azzurri e il suo sorriso divenne anche più luminoso, "oh... Lei è nostra figlia."
Frigga trattenne il fiato, "la figlia di chi, Thor?"
Lui rise divertito, "mia e di Loki. Di chi altri?"
La regina si premette una mano contro il petto, incapace di pronunciare un'altra parola.
"Ha gli occhi del suo papà," mormorò Thor con voce innamorata, accarezzando il piccolo naso con la punta dell'indice, "speriamo non abbia lo stesso carattere difficile, vero, principessina?"
Frigga lo guardò inebetita: come faceva ad essere così tranquillo e naturale? 
"Thor..." Si avvicinò di un paio di passi, "per questo siete fuggiti dalla Norvegia? Tu e tuo fratello avete..." Non riusciva a dirlo, non risciva nemmeno a pensarlo! "Loki aspettava il tuo bambino e vi siete nascosti per paura che noi...?"
Il giovane scosse immediatamente la testa, "Loki non l'ha portata in grembo, lei è nata da me."
Frigga inarcò un sopracciglio, "prego?"
"Sì," Thor annuì, senza smettere di sorridere, "la desideravo così tanto, madre e Loki me l'ha data... La mia bambina," baciò la testolina bionda con una dolcezza che nemmeno sua madre gli aveva mai visto usare.
"Desideravi una bambina, tesoro?"
Thor era un ragazzino. Gli avvenimenti degli ultimi anni lo avevano fatto maturare moltissimo ma non aveva mai parlato di... Non con lei, almeno e nemmeno con suo padre.
Per quale motivo Thor... Il suo arrogante, dolcissimo e pericolosamente vivace Thor aveva, improvvisamente, sviluppato un desiderio di paternità così forte? 
"Thor!" Loki irruppe nell'appartamento chiamando il fratello a gran voce ma si bloccò immediatamente appena riconobbe la donna dai lunghi capelli biondi di fronte a sè. Era strana con addosso quegli abiti mortali, eppure non aveva perso una brinciola della regale eleganza che sfoggiava indossando i ricchi indumenti di una regina.
"Madre..." Chiamò con uno filo di voce. 
"Loki," non c'era tempo per parole affetuose in quel momento, "cosa sigmifica tutto questo?"
Odino oltrepassò l'ingresso in quel preciso momento ed ebbe la decenza di richiudersi la porta alle spalle. Sospirò frustrato nel vedere la propria consorte, "avevo dato degli ordini ben precisi."
"Non mi hai scelta perchè ero brava a seguire i tuoi ordini," replicò lei con una freddezza per cui Loki si sorprese.
"Padre!" 
L'attenzione del giovane principe si spostò immediatamente sul fratello ma, se l'istinto l'avrebbe portato a corrergli incotro per assicurarsi che stesse bene, quel che vide tra le braccia di Thor lo scoraggiò dal fare anche un solo passo.
"Thor..." Mormorò incredulo.
La bambina si destò muovendo lentamente i piccoli pugnetti chiusi.
Il giovane Aesir sorrise incantato, "ha riconosciuto la tua voce!"
Loki sentì immeditamente gli occhi di entrambi i genitori su di sè, "che cosa stai dicendo, Thor?"
"La nostra bambina è innamorata di te," commentò Thor con orgoglio, "non reagisce alla tua voce come reagisce alla mia."
Loki si avvicinò studiando la creatura tra le braccia del fratello, "noi non abbiamo nessuna bambina, Thor."
Alle sue spalle, Frigga e Odino si scambiarono un'occhiata.
Il principe dorato rise, "sei stato tu a farla nascere da me, ricordi?"
Loki scosse la testa, "io non saprei nemmeno farla una cosa del genere."
La piccola allungò una manina nella sua direzione.
"Vuole venire da te," Thor gliela porse, Loki fece un passo indietro. "Che cosa ti prende?"
Il più giovane studiò il viso del fratello con attenzione, "Thor, guardami negli occhi..."
"Lo sto già facendo," rispose l'latro, continuando a sorridere alla bambina.
"Thor!" Loki gli prese il viso tra le mani, "guardami, ho detto!"
Qualcosa lo afferrò con forza scaraventandolo contro la parete opposta della stanza. 
"Che cosa gli hai fatto?!" Sbraitò Odino afferrandolo per il bavero del cappotto e costringendolo in piedi, "che cosa hai fatto, maledetto?!"
"Nulla di cui io sia al corrente!" Urlò Loki in risposta.
C'era dolore nelle iridi azzurre di Thor, "hai detto di amarmi... Lei è nata dal nostro amore, Loki."
Frigga lanciò un'occhiata ad entrambi i figli con occhi sgranati.
Odino fissò il minore in cagnesco.
"Mi sono concesso a te per provare ad avere lei..."
"Thor!" Esclamò Loki tentando, inutilmente, di liberarsi dalla stretta di Odino, "Thor, stai zitto!"
"Avevi detto che tu non l'avresti mai partorita ma che c'era sangue Jotun nelle mie vene e che, forse..."
"Non ho mai detto niente di simile, Thor!"
Frigga si premette una mano contro la bocca.
"Ti vergogni di dire davati a loro di aver fatto l'amore con me?" Domandò Thor con le lacrime agli occhi.
"Thor, per favore..."
"Oh..." Frigga cadde a sedere sul divano prendendosi la testa tra le mani, poi si voltò a guardare il figlio minore, "Loki..."
Odino, invece, lo fissava in silenzio.
"Ci siamo amati per più di un anno, fratello!" Esclamò Thor, "perchè vuoi negarlo? Perchè ti vergogni di noi?"
Suo fratello non era in sè, non ci voleva certo un genio per capirlo.
Doveva essergli successo qualcosa.
Quella straga ed il suo mostro dovevano aver creato quel picclo parassita tra le braccia di Thor per fargli il lavaggio del cervello. Fossero maledetti i suoi genitori ed il modo in cui avevano esposto il loro unico figli ad attacchi come quello, con la loro educazione basata sulla mera forza fisica!
"L'hai toccato?"
Odino lo avrebbe ucciso, ne era certo.
"Hai toccato mio figlio come se fosse la tua puttana?"
"Odino..." Implorò Frigga. Non voleva sapere, la regina di Asgard.
"Diglielo Loki!" Urlò, invece, Thor. "Voglio sentirtelo dire..."
Il giovane Jotun si morse il labbro inferiore, poi guardò negli occhi l'uomo che, un tempo, aveva chiamato padre.
"Non so come si tocchi una puttana, signore," confessò con fredda fermezza, "ho toccato vostro figlio come un amante, lo ammetto e non gli ho mai mancato di rispetto in quanto tale."
Le nocche di Odino divennero bianche, mentre stringeva il bavero del cappotto grigio, "maledetto..." Sibilò, poi lo sbattè con violenza contro il muro, "maledetto!" Lo fece ancora tre volte, "avrei dovuto lasciarti morire!"
"Odino!" Frigga gli strinse le spalle cercando di fermarlo.
"Avrei dovuto lasciarti morire!" Il re lasciò andare il giovane che era stato suo figlio.
Loki cadde a terra e si toccò la nuca per assicurarsi che fosse ancora integra.
La bambina piangeva e Thor era completamente perso nel tentativo di calmarla, "shhh... Va tutto bene, papà ed il nonno hanno solo litigato un poco, non preoccuparti."
"Torniamo su Asgard..." Odino trascinò Loki fuori dall'appartamento e pretese che la moglie ed il figlio lo seguissero, "ora!"
[Asgard, oggi.]

"Quanto è bella, la mia principessa..."
Loki non credeva che lo avrebbe mai detto ma non sopportava di vederlo così.
"Non hai idea di quanto ti amo, bambina mia."
Li avevano portati ad Asgard di nascosto e li avevano isolati nelle loro vecchie stanze, come se fossero portatori di una qualche malattia contagiosa. Loki, in fin dei conti, era bituato a ben peggio ma vedere Thor in quello stato era insopportabile.
Sanguinante, sconfitto, a terra su di un campo di battaglia... Quello sì, quello era il genere di fine che avrebbe potuto infliggergli lui stesso. Ma così... Folle, visionario, quasi demente.
No, non riusciva a guardarlo mentre versava in quella pietosa condizione.
Sapeva che Odino e Frigga provavano lo stesso ma il re era troppo codardo per affrontare la situazione di petto, mentre la regina non poteva fare a meno di comportarsi da madre.
"Dovrebbe mangiare," consigliò amorevolmente, mentre Thor muoveva la sontuosa culla per far addormentare la piccola, "cercherò una nutrice."
"No," Thor scosse la testa sorridendo amorevolmente, "non ha bisogno di mangiare, lei è speciale."
"Allora dovresti darle un nome..."
"Non ha bisogno di un nome," Thor non staccava mai gli occhi da quella maledetta creatura, "lei è speciale."
Loki non sopportò di udire quel ritornello per molto.
Dopo la prima settimana di reclusione, lasciò la stanza di Thor per dirigersi in quello che era stato il suo vecchio studio. Odino non si era mai interessato al suo lavoro con il Seiðr ed ora non sembrava riuscire a fare altro che sfogliare i suoi libri ed i suoi appunti alla ricerca di qualcosa che potesse accusarlo definitivamente e potesse aiutare Thor.
"È inutile," disse appoggiandosi all'architrave della porta, "non mi piace ammetterlo, ma non posso creare una vita dal nulla!"
Odino lo guardò di traverso, "ma hai conosciuto un potere capace di controllare le menti," replicò il re gettando un libro a terra ed aprendone un altro sulla grande scrivania in disordine.
"Se fosse un semplice controllo mentale, solo Thor potrebbe vedere la bambina, invece..."
"Non voglio sentirti pronunciare una sola parola di più," il tono di Odino era calmo e perentorio, "non so nemmeno che cosa mi spinga a lasciarti libero di respirare l'aria di Asgard."
Loki gli sorrise beffardo, "sapete cosa è oltraggioso, mio re?" Domandò, "che dopo tutto quello che ho fatto, ora riusciate ad odiarmi solo perchè ho sporcato il vostro erede dorato."
Odino sbattè un pugno contro la superficie di legno ma non alzò gli occhi nella sua direzione.
"Che cosa hai fatto per costringerlo a..."
"Non ho costretto nessuno," lo interruppe Loki, "è stato Thor a concedersi a me ed io non gli ho fatto nulla che non volessimo entrambi."
Odino si prese la testa tra le mani, "perchè dovrei crederti?" Domandò, "perchè non dovrei semplicemente pensare che hai violentato mio figlio e lo hai reso il povero demente che è ora?"
Loki sorrise tristemente, "forse, perchè Thor non è l'unico principe dorato ad aver ceduto ad una simile tentazione."
Odino inarcò le sopracciglia e non capì.
"Ho fatto un dono a Thor, un anno fa," confessò Loki con un nodo alla gola, "lui non lo sa, ma l'ho fatto per imitare il gesto di un altro giovane di Jotunheim... Uno che conoscevate molto bene."
Odino continuò a fissarlo in silenzio.
"Se volete che vi racconti ogni cosa dovete imparare a fidarvi di me," si voltò, "smettete di essere un codardo e chiedete a vostro figlio di quel dono. Poi, vedremo se avrete il coraggio di affrontarmi."
[Vananheim, secoli fa.]

"So quanto possa essere difficile," mormorò Bestla versando la pozione in un calice dorato, "è una strada su cui non si può tornare indietro."
Nàl si morse il labbro inferiore e non rispose. Gli occhi verdi fissi sulle braci che ardevano nel camino.
"Volevi che parlassi con le Norne, prima di farmi una proposta simile?"
"Volevo che comprendessi il mio punto di vista," rispose la regina appoggiando il calice sul basso tavolino di fronte al principe e sedendosi davanti a lui, "quando mi sono premurata che non concepissi un bambino, non l'ho fatto per crudeltà. Mi credi, ora?"
Il giovane si rifiutò di rispondere.
"Sei un bambino intelligente, Laufey," continuò lei, "Odino passerà il resto della sua vita a cercare una soluzione che non esiste. Tu hai già compreso che, qualunque cosa farete, siete condannati e vostro figlio con voi."
Nàl fissò il calice di fronte a sè.
"Farà male, vero?"
Bestla sospirò, "danneggerà i tuoi organi al punto che non potrai più partorire dei figli, non è una pratica indolore."
Il viso di Nàl nin aveva espressione, "perchè mi sento come se stessi per uccidere mio figlio?"
"Non puoi uccidere qualcosa che non vive ancora, Laufey."
"Loki è vivo," una lacrima gli solcò una guancia, "è vivo..."
Bestla sorrise tristemente ed afferrò il calice, "allora salvalo," disse porgendoglielo, "salva lui ed il tuo popolo dal giudizio senza appello."
"Il mio popolo..."
"Se impedisci al principe del Caos di nascere, Jotunheim può avere una speranza per risollevarsi agli occhi dei Nove. Gli Jotun non saranno, per forza, additati come mostri... Non era il rispetto che volevi per la nistra gente?"
"Ad un tale prezzo..."
Bestla depose, di nuovo, il calice sul tavolino, "Laufey, nessuno ti porterà via Loki... Continuerai a sentirlo vivo anche dopo, continuerai a vederlo in sogno e..."
"E finirò con l'impazzire realizzando che non potrò mai conoscerlo sul serio," concluse il principe di Jotunheim con un sorriso terribile, "voglio parlarne con Odino..."
"No!" Esclamò Bestla, "non capirà..."
"No, è vero ma se gli impedisco di diventare padre ne morirà."
"Esistono le concubine, sai?"
"Oh, certo! Dovrei lasciare che una decisione presa in relazione a fatti ancora non accaduti possa distruggere la vita mia e di tuo figlio!"
"Siete nati per essere re," replicò Bestla, "prima o poi farete cose giuste per molti e tremende per voi."
Nàl si alzò in piedi passandosi una mano tra i capelli, "ci devo pensare."
Bestla annuì, "è comprensibile che ti serva tempo," lasciò il suo posto e si diresse verso la porta, "ti lascio solo."
Nàl annuì aspettando che la donna se ne adasse, poi si avvicinò al letto facendo scivolare una mano sotto il cuscino che, di solito, usava lui. Sentì la stoffa del fazzoletto che vi era nascosto e chiuse gli occhi: c'era stato un momento in cui il per sempre di Odino aveva raggiunto il suo cuore di ghiaccio.
Ritirò la mano voltandosi verso il tavolino.
Ora, non c'era nessuno per sempre nel loro futuro.
Si avvicinò ed afferrò il calice con entrambe le mani.
Ora, c'era solo la Fine.
"Perdonami..."
Ma nemmeno lui sapeva a chi rivolgere quella supplica.

***
Varie ed eventuali note:
Spero che tutti abbiate passato delle belle feste!
I miei più sentiti auguri anche se in ritardo, come di norma!

Passiamo subito alle note che negli ultimi capitoli ho continuato a saltare.
Thrud, Magni & Modi: avremo modo di vederli meglio in futuro. Nella mitologia, sono i figli che Thor ha avuto rispettivamente da Sif e Jàrnsaxa. Le mie informazioni sulla madre di Modi sono piuttosto confuse, quindi non ci metterei la mano sul fuoco. Nei miti, Thrud è una bella fanciulla con i capelli biondi, qui viene presentato come piccolo Jotun intersex particolarmente assomigliante a Loki.
Freya: come già detto, ho usato il nome anglicizzato di proposito. È la figlia di Njord e di sua sorella (di cui le mie fonti non citano il nome), ha un fratello che avremo modo di approfondire più avanti. Viene spesso confusa con Frigga e sembra che in alcune versioni finiscano per divenire lo stesso personaggio. È una dea legata alla feritilità, alla sessualità e alla bellezza.
Skaði: nella mitologia è una Jotun ed una dea associata all'inverno e alle montagne. È la figlia del gigante Thiazi e moglie di Njord. Qui ha subito il tradizionale cambio di sesso ed è stato venduto dal padre al re dei Vanir come giocattolo sessuale. Nell'arco del presente è un curatore ancora fedele a Laufey.
Norne: vivono tra le radici di Yggdrasill, l'albero della Vita al centro del cosmo. I loro nomi sono Urðr, Verðandi e Skuld. Tessono l'arazzo del destino. La vita di ogni persona è una corda nel loro telaio e la lunghezza della corda è la lunghezza della vita dell'individuo. 
Jotun citati: tutti gli altri personaggi Jotun citati nei capitoli hanno ruoli pseudo-secondari che verranno approfonditi con il procedere della storia.
Safe & Sound: titolo dalla canzone cantata dal piccolo Thrud all'inizio del capitolo XVI.

Veniamo a noi.
Io continuo a rimandare delle scene per fare spazio ad altre ma qui vediamo tutti e quattro i protagonisti fare un grosso passo in avanti che vedrà le sue conseguenze nel prossimo capitolo e poi comincerà la seconda, traggica, ultima parte di questo dramma infinito. Non è un caso che il Ragnarok sia spuntato fuori proprio ora.
Lo so, Thor era una specie rara in via di estinzione ma per torturare meglio Loki, devo torturare un poco anche lui.
Non odiatemi per questo!

Grazie mille a tutti lettori e recensori.
Alla prossima!
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Preussen Gloria