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Autore: Piperilla    27/02/2014    0 recensioni
In un mondo come quello moderno, in cui l'unicità di ogni persona rappresenta un Universo a sé, le cose non sono mai o bianche o nere. Eppure, è così che appaiono Richard e Agathe: lui, ormai un uomo fatto, algido, composto, più simile a un gentiluomo d'altri tempi che non a un uomo d'affari e di cultura del ventunesimo secolo; lei, ancora adolescente, dal temperamento impetuoso e la lingua tagliente, con l'argento vivo addosso e a prima vista impossibile da fermare: non potrebbero essere più diversi. Come il bianco e il nero. Tra due estremi ci sono un'infinità di sfumature... quante ne servono perché due mondi - e due persone - apparentemente agli antipodi si incontrino a metà strada?
[Tratto dal capitolo 40]
«Non mi illudo che possa bastare così poco per legarti a me» replicò Richard. [...] «Anche se vederti questi gioielli addosso me ne dà la piacevole illusione ».
«Se ti assecondassi, finiresti per credere che sia la realtà» mormorò lei.
«No, mia piccola Agathe, mai» sospirò Richard contro la sua pelle. «Quest’illusione è amara e non mi appaga. Quello che voglio è che sia tu a legarmi a te. Sii pure la mia carceriera».
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Agathe odiava il lunedì mattina. Lo odiava davvero. Non che passasse l'intero fine settimana chiusa in casa a dormire, ma l'idea di rivedere il professor Davenport o peggio, Miss King, era qualcosa a cui non si sarebbe mai abituata. Anche per questo era felice di aver iniziato l'ultimo anno di scuola: ancora alcuni mesi e si sarebbe liberata di loro.
   Lara e Agathe abitavano proprio al centro di Hersham, in quello che veniva chiamato "otto": era, come si intuiva dal nome, un lunga strada curvata a formare un otto, ingabbiato in un reticolo di strade e attraversato, nel punto di congiunzione tra i due anelli, dalla via principale della cittadina. Tutte le mattine Lara si preparava e usciva da casa; percorreva quasi tutto l'anello in cui si trovava casa sua, arrivava alla via che tagliava l'otto e prendeva due caffè alla caffetteria all'angolo; poi entrava nell'altro anello, proseguiva per un breve tratto fino ad arrivare sotto casa di Agathe, dove la sua amica l'aspettava; una volta insieme, le due ragazze percorrevano il resto dell'anello, arrivavano alla strada e proseguivano nella direzione opposta alla caffetteria, dirette verso la scuola che frequentavano, la St. Margaret.
   Quel lunedì mattina non c'era niente di diverso dal solito: arrivata sotto casa Williams, Lara trovò ad attenderla una Agathe più imbronciata che mai.
   « Ehi Will, tutto a posto? » chiese cautamente Lara, porgendole il caffè. Era abituata ai malumori dell'amica - il lunedì mattina non era mai sorridente o allegra - ma quel giorno sembrava fin troppo arrabbiata.
   La risposta bofonchiata e pressoché incomprensibile di cui la gratificò l'altra non era un segnale incoraggiante.
   Dopo pochi metri, Lara decise di riprovare. « Will, sul serio, che c'è che non va? Hai una faccia tremenda stamattina ». Agathe non rispose, insensibile persino al soprannome che le aveva affibbiato il padre di Lara anni prima, e la sua amica le scoccò un'occhiata tagliente.
   « Non starai ancora pensando al tizio dell'altra sera! » sbottò esasperata. Lara aveva sopportato per tutto il fine settimana Agathe insultare a intermittenza lo sconosciuto che l'aveva urtata al Luxury quel venerdì sera, e non ne poteva più.
   « Non stavo pensando a lui » replicò Agathe. « Davvero! » protestò offesa di fronte allo sguardo scettico dell'altra. « È che venerdì sera ho perso un orecchino. Uno dei miei » spiegò, mettendo l'accento sull'ultima parola.
   « Oh! » rispose solo Lara. A chiunque altro sarebbe sembrato stupido prendersela tanto per un orecchino, ma Lara sapeva che gli orecchini di cui parlava la sua amica erano speciali: li aveva disegnati proprio Agathe un paio d'anni prima, quando aveva scoperto di possedere una vena artistica e di voler basare su quella il suo futuro lavoro. Lara stessa indossava sempre un braccialetto che l'amica aveva disegnato e fatto realizzare per il suo sedicesimo compleanno. « Non hai idea di dove possano essere finiti? » le chiese.
   « No » brontolò Agathe. « Ho controllato la mia stanza due volte, ho chiamato Luke e gli ho chiesto di controllare al Luxury, ho praticamente smontato la macchina, ma niente ».
   « Dai Will, vedrai che spunterà fuori » cercò di consolarla Lara.
   « Ormai non ci credo più neanch'io, ma grazie lo stesso » rispose Agathe.
   Le due ragazze bevvero un sorso di caffè, poi Lara parlò di nuovo.
   « Ma Agathe, perché non mi hai detto di aver perso l'orecchino? In fondo ho passato due giorni a sentirti imprecare contro quel tizio... ».
   Lara si pentì all'istante delle proprie parole: alla sola menzione dell'uomo che l'aveva urtata, infatti, lo sguardo di Agathe si era acceso di una luce maniacale.
   « Certo che ho passato due giorni a imprecare contro di lui » soffiò Agathe, « visto che è colpa sua se ho perso il mio orecchino! ».
   « Un'affermazione azzardata » si limitò a dire Lara in tono secco.
   « Meno di quanto tu creda » replicò l'altra. Tacque per un attimo, mettendo ordine nei propri pensieri. « Quando abbiamo lasciato la pista da ballo, mi sono sistemata i capelli e toccata le orecchie » spiegò. Lara annuì meccanicamente. Conosceva il tic dell'amica: si toccava sempre le orecchie. « E i miei orecchini erano ancora dove dovevano essere, cioè agganciati ai miei lobi. Poi quell'idiota » Agathe sputò l'insulto con particolare ferocia, « mi ha urtata - ha proposito, grazie per avermi salvata dall'abbraccio con il pavimento - e quando sono arrivata a casa, l'orecchino non c'era più ».
   « Quindi... » disse Lara, esitante.
   « Quindi è tutta colpa di quel CRETINO! » esplose Agathe.
   Lara decise di cambiare argomento con uno che, sperava, riuscisse a distrarre la sua migliore amica.
   « Mia madre ha mandato i vestiti per la cena di venerdì » disse. « Sono alla boutique di Londra, dovremo andare a provarli per essere certe che non ci siano aggiustamenti da fare ».
   « Ci andiamo dopo la scuola » promise Agathe.
   Chiacchierando, le due ragazze avevano percorso metà dell'anello; ora si trovavano proprio di fronte a casa Williams, ma dall'altra parte del grande prato circolare che riempiva il centro dell'anello. In quel momento qualcosa colpì entrambe allo stomaco, non così forte da far loro del male, ma abbastanza da costringerle a fermarsi.
   Due paia d'occhi percorsero lungo un lucido bastone da passeggio in mogano, indugiarono sul pomello in ottone stretto da cinque dita eleganti e affusolate, risalirono lungo un braccio fasciato in una costosa giacca su misura e si fermarono su un volto sottile, magro, adornato da un sorriso che pareva più un ghigno e incorniciato da capelli castani che sfioravano il bavero della giacca.
   « Miss Zimmermann, Miss Williams » salutò Richard Prescott.
   Agathe strinse gli occhi.
   « Che ci fa lei qui? » chiese, aggressiva.
   « Ci abito » rispose Richard dolcemente.
   La ragazza gemette di frustrazione.
   « Perché, perché, perché deve abitare proprio di fronte casa mia? » sbottò.
   « Miss Williams, io possiedo questa casa da ben prima che lei nascesse » le fece notare l'uomo.
   « E naturalmente io non potevo continuare a ignorare questo dettaglio! » ribatté lei. Cercò di spostare il bastone e andarsene, ma Richard lo impugnò più saldamente e si rivolse a Lara.
   « Porti i miei saluti a suo padre, Miss Zimmermann » la pregò. La ragazza lo osservò, perplessa.
   « Come faccio a portare a mio padre i saluti di un uomo di cui non conosco neanche il nome? » obiettò.
   « Gli dica che lo aspetto giovedì sera come al solito. Lui capirà » rispose Richard.
   « Adesso che ha messo su questo stupido teatrino, può togliersi di mezzo e lasciarci passare? » ringhiò Agathe.
   « Siete di fretta? » chiese, simulando stupore. « Andate a scuola? ».
   Agathe scoppiò in una bassa risata sarcastica.
   « No, stiamo andando a fare un picnic! » replicò. « Sono le otto e un quarto di lunedì mattina, indossiamo la divisa scolastica e siamo cariche di libri » snocciolò. « Cosa le fa credere che la nostra meta sia la scuola? » concluse, pesantemente ironica. « Adesso, perché non mi dice che cosa posso fare per lei e non si toglie dai piedi? ».
   Richard abbassò il bastone, infilandosi una mano in tasca.
   « Lei non può fare niente per me, ma forse io posso fare qualcosa per lei » replicò, estraendo la mano dalla tasca e aprendola: tra pollice e indice stringeva un lungo, sottile cilindro cavo, fatto da numerosi fili d'oro bianco e con tanti minuscoli rubini incastonati in ogni punto di intersezione dei fili.
   Le pupille di Agathe si dilatarono.
   « Quello è il mio orecchino! » esclamò.
   « Sì, avevo avuto la sensazione che potesse appartenere a lei » replicò l'uomo.
   « Certo che ce l'ha avuta » ringhiò Agathe in risposta, « visto che me l'ha rubato! ».
   « Rubato? Io? ». Richard la guardò simulando sorpresa. « Ma, Miss Williams, io non ho rubato nulla! Ho trovato quest'orecchino in un locale in cui lei non dovrebbe neanche poter entrare » disse in tono malizioso, insinuante, guadagnandosi un'occhiata tremenda da Agathe. « Certo, se quest'orecchino appartenesse davvero a lei e fosse finito in quel locale per magia, diciamo... e lei desiderasse riaverlo... ». Richard sorrise dell'espressione feroce della ragazza. « Non deve fare altro che chiedermelo ».
   Agathe studiò per qualche istante il proprio orecchino e l'uomo che lo teneva tra le dita, poi si strinse nelle spalle. « Sa cosa? Può tenerselo » rispose, stupendo tutti.
   Stavolta Richard la guardò con genuina perplessità. « Questo è un orecchino da donna. Che dovrei farci? ».
   « Ne faccia quello che le pare » replicò Agathe. « Lo conservi, lo regali, lo trasformi in qualcos'altro... per quanto mi riguarda può anche gettarlo via ». Afferrò Lara per un polso. « Andiamo, mezza tedesca, si sta facendo tardi. Signor Chiunque Lei Sia, addio » disse, trascinandosi dietro la propria amica.
   Richard restò immobile, a guardare le due ragazze allontanarsi con passo rapido. Strinse il delicato gioiello nel pugno, chiedendosi cosa avrebbe dovuto farne: magari quell'irritante ragazzina avrebbe cambiato idea e sarebbe tornata indietro a reclamare quell'orecchino, o magari avrebbe dovuto darle ascolto e gettarlo via, ma per un qualche motivo che neanche lui comprendeva, in quel momento non riusciva a prendere una decisione.
   Lanciato un ultimo sguardo all'angolo dietro cui erano sparite le due ragazze, Richard fece dietrofront e tornò in casa propria.

Fuori dalla St. Margaret, il custode della scuola occhieggiava impaziente l'orologio, pronto a sigillare l'entrata non appena fossero scoccate le otto e trenta.
   Lara e Agathe varcarono la soglia appena in tempo sotto lo sguardo malevolo dell’uomo.
   « Will, perché non ti sei ripresa l'orecchino? » chiese piano la prima mentre si sistemavano nell'aula.
   « Non lo so » rispose Agathe. « Quando me lo sono ritrovato davanti, mi sono resa conto di quanto fosse stato stupido darmi tanta pena solo per un orecchino. In fondo non è che un oggetto, ci sono cose più importanti ».
   Lara la fissò, non del tutto convinta dalle sue parole, ma decise di non insistere. Non aveva idea di cosa frullasse davvero nella testa della sua migliore amica, ma di qualsiasi cosa si trattasse, sapeva che Agathe gliene avrebbe parlato non appena si fosse sentita pronta. Così entrambe le ragazze lasciarono che la prima lezione della giornata attirasse tutta la loro attenzione.

   
 
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