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Autore: anfimissi    26/06/2008    17 recensioni
Quando la sfortuna al gioco sembra non voler affatto coincidere con la proverbiale fortuna in amore, non si può far altro che osservare il mazzo di carte con un misto di pena, rabbia e delusione. Ma cosa succede se in mezzo ad Assi di Picche, Re di Quadri e Regine di Fiori dovesse inaspettatamente spuntare un Cacciatore di Cuori?
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HEARTS' CHASER





Dedicata a Merryluna, la mia MS.

Perchè le rane sono verdi e hanno quattro zampe.
E perchè c’è un po’ di Esculenta, in ognuna di noi.






[Parte 1/3]

Era la quarta volta di fila che perdeva.
Non che il solitario fosse particolarmente complicato, affatto. Semplicemente, era solo questione di fortuna.
“Ci vuole culo” – avrebbero pittorescamente riassunto i suoi compagni di Casa.
Ma sebbene il suo fondoschiena non fosse poi così male, quel maledetto passatempo si ostinava a remarle contro.
“Sfortunata al gioco, fortunata in amore” – si disse mentalmente Hermion Jane Granger, mentre disponeva un’altra fila di carte coperte sul tavolo.
Fortunata in amore. Certo, come no...
Lei e il campo sentimentale si sposavano bene come Winnie Pooh e Morticia Adams.
In poche parole, un macello.
Stupida non lo era di certo. Divertente...d’accordo, in confronto alle oche che starnazzavano per i corridoi di Hogwarts poteva sembrare un poco bacchettona, ma per Merlino, anche lei di tanto in tanto rideva!
C’erano non poche persone in grado di testimoniarlo.
Il punto cruciale sembrava dovesse essere l’aspetto fisico. Il suo specchio aveva incrociato più e più volte il suo sguardo critico, riflettendo la sua snella figura in tutti i minimi dettagli, imperfezioni comprese.
Non sarebbe mai stata una strega da urlo, niente di lontanamente paragonabile alla Greengrass, va bene.
Ma non era nemmeno una caccola di Troll. Quella faccia da carlino di Pansy Parkinson era dieci volte peggio di lei, eppure sembrava non conoscere il significato della parola “single”.
Forse ciò che realmente non andava in lei era il tempismo.
O per meglio dire, l’assoluta mancanza di questo.
Tre bersagli, nessun centro.
Un motivo doveva pur esserci stato.
Il primo buco nell’acqua era stato Ron.
Si era presa una cotta per lui al quarto anno, e aveva passato settimane intere sperando che la invitasse al ballo. Ovviamente al rosso l’idea non era passata nemmeno per l’anticamera del cervello, e il risultato era stato che lei c’era andata con Krum, mettendo definitivamente un sasso sopra quel primo amore non corrisposto.
Poi era stato il turno di Viktor. Misterioso e affascinante, sebbene intellettualmente poco dotato, lei e il Cercatore di Durmstrang erano arrivati a scambiarsi qualche bacio. Uno addirittura con la lingua.
Avessero avuto modo di frequentarsi seriamente forse le cose avrebbero potuto prendere la piega giusta, ma intrattenere una relazione a distanza con uno che scriveva “Mi manchi” con due “h” era una cosa decisamente inaccettabile.
Si supponeva che l’amore con la A maiuscola comprendesse di tutto, anche la grammatica.
La terza e ultima catastrofe era targata Harry James Potter. Si era invaghita del suo migliore amico alla fine del quinto anno. Un colpo di testa che le era passato alla svelta, così come le era venuto, ma che l’aveva costretta ad autodefinirsi “un caso senza speranza”.
Aveva dispensato almeno il doppio dei suoi soliti sorrisi, e gli aveva addirittura permesso di copiare il compito di Trasfigurazione. Insomma, più chiara di così proprio non avrebbe potuto essere, no?
E invece quella testa dura sembrava non aver affatto recepito. Perciò, memore di quanto il suo silenzio avesse drasticamente ridotto a zero le possibilità di concludere qualcosa con Ron a suo tempo, si era infine decisa a giocarsi il tutto per tutto con una dichiarazione.
Un discorsetto ben studiato, che aveva ripetuto davanti allo specchio fino alla nausea.
E così, quando una mattina era scesa in Sala Comune prima del solito e lo aveva trovato da solo che camminava avanti e indietro per la stanza, aveva deciso di cogliere al volo l’occasione.
“Harry, devo dirti una cosa importante” – L’inizio non era stato male, questo glielo si doveva riconoscere.
“Anche io” – se ne era uscito inaspettatamente lui, sfoderando un sorriso raggiante prima di prenderle le mani nelle sue e guardarla dritto negli occhi – “Ieri sera io e Ginny ci siamo messi insieme. Oh, Herm, mi sembra di toccare il cielo con un dito! Volevo mandarti un gufo stanotte, non stavo più nella pelle...sai, in quanto mia migliore amica volevo che fossi la prima a saperlo...”
Splendido, no?





Il bello di stare in una scuola dove gli studenti preferivano il Quidditch, il sesso e i festini proibiti nella Sala Comune di turno allo studio, consisteva nel fatto che la biblioteca del suddetto istituto era deliziosamente e costantemente deserta.
L’eden personale della Caposcuola Grifondoro.
Seduta a gambe incrociate sulla panca di legno, i gomiti appoggiati al tavolo e la più seria delle espressioni dipinta sul volto, Hermione Jane Granger fissava con attenzione le carte scoperte che le stavano di fronte, le une embricate sulle altre a formare una piramide piatta.
Nella mano, il resto del mazzo, rivolto verso il basso.
“Non è difficile, devo solo fare dieci” – considerò ad alta voce – “E’ pur sempre matematica, alla fine”
Accanto a lei, una pila di libri che sembrava dovesse rovinarle addosso da un momento all’altro.
Il calcolo delle probabilità: casi possibili e casi favorevoli, I 40 solitari più belli di tutti i tempi, La Statistica e i numeri. E un’altra mezza dozzina di titoli affini.
Non si sarebbe mossa di lì finchè il solitario non le fosse riuscito. Ormai ne aveva fatto una questione di principio.
Scoprì la carta in cima al mazzo: un Jack di Picche.
Le serviva un Due.
Lasciò scorrere lo sguardo dorato sulla parte bassa della piramide, pur sapendo che non avrebbe trovato la carta che stava cercando.
“E ti pareva...” – sibilò seccata.
“Ih ih..”
A quel sogghignare per nulla discreto, le pupille di Hermione saettarono verso la carta che ancora teneva in mano, dove il Jack di Picche se la rideva sotto i baffi.
Indispettita, sbattè la mano sul tavolo a palmo aperto, avendo cura di premere per bene la tessera contro il legno.
“Ahia!” – strillò la carta – “Mi stai schiacciando!”
“Scommetto che ora ti è passata al voglia di ridere...” – frecciò, sollevando finalmente le dita.
“Ma sei fuori? Mi hai sgualcito l’angolo in basso a destra” – riprese a borbottare il Fante, incenerendola con lo sguardo prima di urlare – “Hai idea di quanto costi farsi rifare un angolo?”
“Cinque punti in meno al Seme di Picche” – decretò Hermione, lo sguardo severo – “In biblioteca è vietato alzare la voce”
Così come avveniva per le Case di Hogwarts, anche i Semi delle carte da gioco avevano il loro piccolo torneo a punti.
“Non è giusto, non puoi farlo!” – obiettò l’altra metà di quella figura speculare – “Soltanto il Jolly può assegnare o togliere punti”
“Bene, vorrà dire che appena mi capita in mano glielo riferirò” – concluse, mentre il Jack le rifilava un’occhiata a dir poco indignata – “Ora chiudi la bocca, mi stai deconcentrando”
E così dicendo rivolse la carta verso il basso, mettendola a tacere.
Ripristinato il silenzio, la Grifondoro riprese a voltare via via le carte rimanenti.
Un quarto d’ora dopo, tamburellava nervosamente le dita sul tavolo, il nervoso che saliva a mille davanti all’ennesima e inequivocabile sconfitta.
Era così arrabbiata che si era persino dimenticata di spifferare al Jolly quanto successo poco prima col Jack di Picche.
“Muoviti, Annie! Siamo in pauroso ritardo!” - E poi ancora – “Dici che lui ci sarà?”
La voce di una primina che camminava lungo il corridoio con una sua compagna giunse alle sue orecchie, distraendola dalle sue riflessioni sul magro risultato con il gioco delle carte.
“Penso di si” – rispose l’altra, che Hermione riconobbe come una Corvonero del secondo anno – “Ma non farti illusioni, Mary: ci prova solo con quelle più grandi”
“Oh, Merlino...non so cosa darei per avere diciassette anni” – sospirò la prima, mentre si allontanavano verso i sotterranei.
Le orecchie tese a carpire l’eco dei loro passi ormai attutiti dalla distanza, Hermione non dovette nemmeno sforzarsi per capire a chi si stessero riferendo.
Blaise Zabini.
Il Cacciatore per eccellenza.
E non era solo una questione di sport, anche se era indubbiamente quello il ruolo che ricopriva nelle partite di Quidditch.
L’affascinante Serpeverde dagli occhi blu cobalto era un predatore nato. In tutti i sensi.
Poco importava che si trattasse di pluffe o di belle ragazze.
Lui faceva sempre centro. Sempre.
Studentesse di ogni Casa e ogni età avrebbero camminato sui carboni ardenti per un appuntamento con lui. Si gettavano senza ritegno tra le sue braccia e lui...il più delle volte le lasciava fare.
Perchè mai avrebbe dovuto fermarle? Era pur sempre un mago di diciassette anni, dopotutto.
Hermione rimase a fissare il muro davanti a sè con aria sognante.
Blaise Zabini era pur sempre un Serpeverde, certo...ma che bel pezzo di Serpeverde!
Lo sguardo sognante fisso sul muro di fronte, Hermione si lasciò andare a pensieri che – ufficialmente – non aveva e non avrebbe mai fatto.
Così come la foto di lui in divisa da Quidditch apparsa poche settimane prima su una rivista di pettegolezzi che - sempre ufficialmente – non stava attaccata dietro l’anta del suo guardaroba.
Un quadratino di carta che lei aveva sapientemente ridimensionato grazie a un Engorgio, così che la figura del ragazzo dei suoi sogni assumesse dimensioni reali.
Quante volte aveva aperto quell’armadio alla ricerca di un vestito che non trovava ed era rifinita a fissarlo imbabolata per un buon quarto d’ora, lasciando scorrere i polpastrelli sul torace di lui, prima di portarsi due dita alle labbra, depositarvi un bacio leggero e quindi appoggiarle sulla bocca di lui.
Era diventato una sorta di rituale mattutino, serale, e di tutte le altre volte in cui, per un motivo o per l’altro, si ritrovava a dover aprire il guardaroba.
Un rito che – come tutto il resto – ufficialmente non esisteva.
Ammettere il suo debole per il bel Cercatore l’avrebbe messa sullo stesso piano di quelle galline starnazzanti e prive di cervello.
E benchè la sua vita sentimentale andasse di male in peggio – o forse era il caso di dire che non era mai nemmeno iniziata – le veniva spontaneo preservare il tipico e irriducibile orgoglio Grifondoro.
Ma d’altra parte...quante volte aveva immaginato di lasciare scorrere le dita tra quelle ciocche seriche e nere? O di bearsi di quel sorriso così caldo e splendente da illuminare anche la tempesta più buia? E la bocca...quella poi doveva essere dichiara illegale.
Carnosa, liscia, perfetta.
Maledettamente brava. Questo, soprattutto.
Blaise Zabini era il suo sogno proibito.
Irraggiungibile, certo. Nella realtà sarebbe stato il quarto e clamoroso buco nell’acqua.
Ma nei suoi sogni....lì poteva lasciare galoppare la sua fantasia, e immaginarlo al suo fianco, bello e seducente come sempre.
Ogni tanto la prendeva tra le braccia, riempiendola di baci.
Altre volte si limitava a guardarla negli occhi, e a sussurrarle cose come “Merlino, quanto mi sei mancata” oppure...
“Sanguisughe a ore due in fase di allontanamento. Speriamo che non mi abbiano visto...”
Hermione corrugò la fronte. Si, la voce corrispondeva, ma non ricordava di aver mai sognato che dicesse...
“Hey? Granger?” – una mano sventolava davanti ai suoi occhi – “Ti sei incantata?”
Oh, merda!
La Caposcuola chiuse gli occhi, attendendo con trepidazione che il pavimento si aprisse sotto di lei per inghiottirla, o che quanto meno si decidesse a renderla un elemento permanente delle sue piastrelle. Quando finalmente risollevò le palpebre, trattenne il respiro.
Blaise Zabini era di fronte a lei.
Non quello immaginario, l’affascinante mago che occupava i suoi sogni, no.
Il ragazzo che la stava fissando perplesso era l’altro. Quello vero, in carne ed ossa.
“Zabini?”
“Si?” – le fece eco lui, stirando inconsciamente le labbra in un sorriso.
Ma come faceva ad avere i denti così bianchi? Era senza dubbio merito di una formula magica...
Però erano così splendenti anche al primo anno. Possibile che sapesse già compiere magie di un certo livello?
La strega scosse la testa, cercando di racimolare un minimo di lucidità.
“Dimmi” – ripetè lui, appoggiandosi al bordo del tavolo.
“Eh?” – gracchiò confusa – “No, niente...mi hai presa di sorpresa, tutto qua”
Mi hai presa?
Pessima scelta di parole. Pessima.
“Ho notato” – rispose calmo il Serpeverde, prima di cambiare discorso – “Come mai non sei alla festa?”
“Festa?” – ripetè la mora a pappagallo. Di quel passo l’avrebbe certo scambiata per una ritardata mentale – “Intendi dire il festino che date a Serpeverde?”
“Proprio quello” – annuì Zabini – “Sai, non è niente male, dovresti farci un salto. E poi ci sono anche altri Grifondoro...credo di aver intravisto Thomas, prima, e forse anche Finnegan”
“Si, bene...bella idea, però...” – articolò a fatica la strega, mentre il profumo del dopobarba di lui giungeva infido alle sue narici, mandandole gli ultimi neuroni in corto circuito – “E’ che ho molto da fare qui, devo finire una cosa importante...”
Il Cacciatore abbassò lo sguardo sul mazzo di carte che lei stringeva spadmodicamente tra le dita.
“Vedo” – asserì divertito, mentre le guance di lei si coloravano di un soffuso rossore – “Il solitario della Piramide?”
Hermione annuì, le dita che le tremavano mentre mischiava le carte – “E’ un esperimento di statistica” – s’inventò di sana pianta, il tono un poco sulla difensiva.
L’attimo dopo, grazie a un movimento ancora più maldestro dei precedenti, le carte le sfuggirono di mano, sparpagliandosi sul tavolo e cadendo in parte sul pavimento.
Imbarazzata a dismisura, le radunò velocemente.
“Psst”
Le iridi dorate della Grifondoro seguirono quel lieve richiamo.
“Psst...Hey, dico a te!”
Rivolta verso l’alto, la Regina di Quadri cercava in tutti i modi di attirare la sua attenzione.
Hermione sollevò la carta, portandosela di fronte agli occhi.
“Cosa vuoi?” – sussurrò, mentre con la coda dell’occhio seguiva Zabini, abbassatosi a recuperare le carte finite per terra.
La figura animata si aprì in un sorriso smagliante – “Facciamo scambio?”
“Scambio?” – gli fece eco Hermione, confusa.
“Si, scambio” – ripetè la Donna – “Ti cedo l’appuntamento che ho strappato al Re di Picche, in cambio di quel bocconcino”
E così dicendo, occhieggiò all’indirizzo del Serpeverde.
“I-io non...cioè, lui n-non è...” – tentò di uscirsene fuori la strega, mentre sul volto della figura si dipingeva un’espressione offesa – “E poi, scusa, il Re di Picche non dovrebbe uscire con la Regina di Picche?”
La sensata obiezione venne accolta con una smorfia – “Oh, beh, quello succedeva prima che si sapesse in giro che lei è...” – mosse la mano, facendo segno di avvicinarla all’orecchio.
La strega ubbidì, portandosi la carta all’altezza dell’orecchio destro.
“Il Tre di fiori ha detto al Sei di Cuori che un paio di settimane fa lui e il Quattro di Quadri l’hanno vista entrare in quel posto....sai, dove ti rimettono a nuovo!” – spifferò.
“Fortuna che il Quattro non è uno spione come il Tre” – considerò Hermione, sovrappensiero.
“I Quattro non possono parlare, lo sanno tutti” – replicò la Donna con fare ovvio – “Ad ogni modo, la notizia ha poi fatto il giro del Mazzo, e il Re di Picche è venuto così a sapere che la sua Regina si era rifatta. Rifatta, capisci? Tutta la satinatura, da cima a fondo...è per quello che ha i colori così brillanti!”
Pettegolezzi tra carte. Ci mancava solo quello...
“Allora, questo scambio...lo facciamo o cosa?”
La Caposcuola lanciò un’occhiata al Serpeverde, intento a raccogliere le ultime carte – “Mi spiace, io non...”
“Si si, certo, come no” – tagliò corto l’altra, seccata per il rifiuto – “Almeno, buttami per terra”
“Scusa?” – Hermione la fissò stranita.
“Buttami – per – terra” – scandì la Regina, spazientita – “Così lui mi raccoglie, no?”
Sospirando, la strega lasciò andare la presa, accontentandola. Avrebbe accettato di tutto, pur di metterla a tacere.
Il gesto che doveva apparire assolutamente casuale e incredibilmente fluido attirò invece l’attenzione del bel moro, che sollevò lo sguardo blu su di lei, inarcando un soppracciglio.
“Ehm...ops!” – aggiunse pure, in netto ritardo, vergognandosi come mai prima di allora per quella messinscena per nulla credibile.
Lui non disse niente, limitandosi a raccogliere la carta appena caduta e unendola alle altre.
Non appena le dita del mago sfiorarono il profilo della tessera, gridolini estasiati si levarono da questa – “Ma che belle mani...e che presa forte...ho il bordo inferiore che è tutto un brivido..”
Hermione arrossì d’imbarazzo fino alla punta dei capelli, mentre quella stupida Regina si lasciava andare a commenti via via sempre più arditi.
Zabini sorrise alla carta, divertito, facendole poi l’occhiolino.
Dal silenzio improvviso che seguì Hermione dedusse che la Regina era probabilmente svenuta per l’emozione. Meglio così, si disse.
“Posso?” – Senza attendere la sua risposta il Serpeverde prese a mischiare le carte con l’agilità di un mazziere.
Le allargò poi con un rapido gesto della mano, aprendole a ventaglio – “Pescane una. Vedrai che indovino di che carta si tratta” – le promise.
Mentre un timido sorriso le si stendeva sulle labbra a sua insaputa, Hermione allungò la mano, afferrando una tessera a caso.
“Guardala” – la incitò.
Ben attenta a non mostrarla a lui, sollevò la carta.
Un Due di Picche.
Il destino aveva davvero un pessimo senso dell’umorismo.
Blaise Zabini che le rifilava un due di picche.
“Ascolta, non è che posso cambiarla? Questa proprio non mi piace” – domandò con un filo di voce, beccandosi un’occhiata perplessa per tutta risposta.
“D’accordo” – acconsentì il moro poco dopo. Hermione infilò nuovamente il Due di Picche tra le carte e ne scelse una diversa.
Sette di Fiori. Si, poteva andare.
“Bene, ora rimettila al suo posto” – affermò Zabini.
Lei obbedì e il mago riprese a mischiare il mazzo. L’agilità delle sue mani era a dir poco incredibile.
Gli occhi fissi su di lei, nemmeno aveva bisogno di guardare ciò che stava facendo.
Sì, Blaise Zabini ci sapeva proprio fare, con le mani.
A quel pensiero tremendamente fuorviante, Hermione avvampò nuovamente.
“Tutto bene?” – non potè fare a meno di chiederle.
“S-si” – balbettò – “E’ solo...è solo che qui fa davvero molto caldo...”
“Siamo a novembre”
D’accoro, l’obiezione possedeva tutta la logica del mondo, ma che altro avrebbe potuto dirgli?
“Stavo facendo pensieri osceni su di te?”
Ma per favore...
“Intendevo dire che questa è la stanza più calda di Hogwarts...cioè, rispetto alle altre...non nel senso che è calda di suo...voglio dire, relativamente parlando...” – farneticò a tutto spiano – “...Ho messo un maglione troppo pesante...”
L’ultima uscita fu la cazzata più grande di tutte, nonchè un errore madonarle.
Gli occhi di lui scesero infatti sull’indumento in questione, e lei trattenne il fiato, mentre quello sguardo incredibilmente blu sembrava volesse farle una radiografia.
Si avvicinò a lei, sporgendosi oltre al tavolo.
Labbra peccatrici che si accostavano pericolosamente al suo orecchio.
“Toglitelo..” – sussurrò.
Hermione sbiancò, poi arrossì e passo in rassegna tutti gli altri colori. Aveva sentito bene?
Zabini le sorrise seducente – “Fa tanto caldo, no?”
Lui, d’altronde, aveva addosso solo la camicia. La cravatta allentata e il primo bottone slacciato, per giunta.
“Non cambiare discorso” – un campanello d’allarme le risuonava incessantemente nella testa. Doveva trovare un rimedio, e doveva trovarlo alla svelta – “O potrei anche pensare che non sai indovinare la carta che ho pescato”
Lui non si scostò, ma il sorriso sulle sue labbra si allargò ancora di più.
Fece passare il mazzo dalla mano destra a e quella sinistra e viceversa per un po’ di volte, un ponte di carta che si costruiva e disfaceva di continuo. Poi, gli occhi sempre fissi su di lei, estrasse una tessera e gliela porse.
Hermione la prese, girandola.
Un Sette di Fiori.
“Ma come hai..?” – fece per chiedere, stupita, prima di venire interrotta da un singhiozzo.
E poi da un altro.
L’umidore improvviso che percepì sui polpastrelli la indusse ad abbassare lo sguardo.
Il Sette di Fiori piangeva che era una meraviglia.
“Ma...” – Il resto della frase lo riassunse in un’occhiata perplessa che rivolse al mago accanto a lei.
Zabini si strinse nelle spalle – “Non guardare me, io non gli ho fatto niente...”
“Voi non capite” – strillò la carta – “Nessuno mi capisce...”
E giù di nuovo a piangere.
Hermione prese un fazzoletto dalla tasca della divisa, tamponando delicatamente la superficie lucida della tessera – “Cosa c’è che non va?”
“Il Cinque di Cuori mi prende in giro” – piagnucolò – “Dice che ho i petali mosci...e che il mio pollice verde fa pena....Oh, sono così depresso...”
“Hn...” – soffiò il Serpeverde con fare saputo – “Certo, è ovvio...”
“Ovvio?” – ripetè Hermione, confusa – “Non è ovvio per niente. Illuminami, per favore..”
“E’ la Carta Incompresa” – rivelò lui – “Ogni mazzo che si rispetti ne possiede una”
“E quindi cosa facciamo?”
“Niente” – rispose serafico il Cacciatore.
“Niente? Ma non vedi com’è ridotta poverina?” – partì in quarta Hermione – “Forse possiamo aiutarla e...”
“Nessuno mi può aiutare!” – strillò la tessera ormai fradicia – “Voi non capite! Nessuno mi capisce..”
“Rimettila a posto” – suggerì il mago – “O finirà per allagare il resto del mazzo”
Hermione obbedì, infilando la carta singhiozzante tra le altre.
“Pessima scelta di carta” – considerò Zabini, prima di aggiungere – “Quella che avevi pescato prima, però, era anche peggio...”
Il cuore di Hermione cominciò a pompare a mille, mentre un ronzio fastidioso le invadeva le orecchie. Possibile che lui sapesse la carta che aveva estratto la prima volta?
“Fammi sparire” – pregò mentalmente, rivolta al pavimento – “Ti prego, ho un assoluto bisogno di sprofondare da qualche parte...”
“Hai fatto bene a cambiarla” – la sorprese invece lui, regalandole un’altro di quei sorrisi da capogiro – “Era alquanto inappropriata. E totalmente fuori strada...”
Un barlume di speranza illuminò per un attimo le iridi dorate della strega
“Sarà meglio che torni alla festa, o si chiederanno che fine ho fatto” – affermò quindi il Serpeverde, cambiando discorso.
“Ah” – si lasciò sfuggire lei, cercando in tutti i modi di mascherare la delusione – “Si, immagino che saranno preoccupati..”
Zabini rise, quasi avesse fatto chissà che battuta divertente – “So badare a me stesso”
E anche alle belle ragazze che ti ronzano sempre intorno – aggiunse mentalmente lei, con una punta d’invidia che avrebbe negato fino alla morte.
“Dovresti venire anche tu, sai? Sono sicuro che ti diverteresti...sempre meglio che passare la serata qui da sola con un mazzo di carte fuori di testa, no?”
Per Morgana, e quello cos’era? Un invito?
Un consiglio spassionato?
O solo un modo carino per dirle che quel dannato solitario non le sarebbe riuscito mai e poi mai?
“Zabini, io...insomma, ecco...” – tentò di articolare, senza successo.
“Blaise” – la corresse lui, la voce calda e tranquilla.
Vedendola spalancare gli occhi, scoppiò a ridere – “Coraggio, non è poi così difficile”
Si sedette meglio sul bordo del tavolo, sporgendosi ancora di più verso di lei. Ora i loro visi distavano meno di una spanna.
“Dai, ti aiuto io. Ripeti con me” – le disse, prima di muovere le labbra a rallentatore e scandire il proprio nome – “Blaise”
Come un’automa, Hermione si ritrovò ad accontentarlo. “Blaise” – ripetè, incerta.
“Ciao Blaise” – tornò alla carica lui, e vedendo che lei non reagiva aggiunse – “Se provi due o tre volte il risultato viene meglio”
“Ciao Blaise” – stavolta la voce di Hermione era arricchita da una mezza risata.
Bello e anche divertente. Ma dove lo avevano inventato un ragazzo così?
“Come stai, Blaise?”
La strega rise ancora di più – “ Come stai, Blaise?”
“Ci siamo quasi, ancora un tentativo e sarai perfetta” – assicurò, fissando gli occhi in quelli di lei – “Verrò alla festa con te, Blaise”
Rapita dai suoi occhi magnetici e ormai presa da quello strano gioco, Hermione non fece minimamente caso al senso delle parole che si apprestava a pronunciare – “Verrò alla festa con te, Blaise”
“Perfetto! Andiamo..”
Nemmeno il tempo di ripensare a ciò che aveva appena detto e lui l’aveva già presa per mano.
Una stretta decisa e al contempo delicata. La stretta sicura di uno che con le dita sapeva fare miracoli.
“Aspetta, io non volev...”
“Dai, Hermione, non fare la guastafeste” – la stuzzicò Blaise – “E poi è troppo tardi. La prima risposta è quella che conta”
Forse fu per il fatto che l’aveva chiamata per nome, per la prima volta.
O forse per quei sorrisi che sembravano non voler avere fine, e che le facevano girare la testa.
O magari ancora per quel maledetto Due di Picche, che campeggiava placido sul tavolo, disseminato tra le altre carte.
Un destino ormai disegnato, o piuttosto una sfida a cambiarlo?
Certo fu che quella sera Hermione Jane Granger si lasciò trascinare via dalla biblioteca da un Blaise Zabini quanto mai allegro e affascinante.
Dopotutto, non esisteva forse il detto “Cambiare le carte in tavola?”
Ebbene, per quanto la riguardava, quella serata era una partita ancora tutta da giocare.
  
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