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Autore: LaRagazzaConLaSciarpaRossa    05/03/2014    3 recensioni
AU!
Elena Gilbert è una giovane avvocatessa appena laureata che viene convinta dalla sua migliore amica Caroline a raggiungerla a New York dove lavora allo studio legale Somerhalder&Wesley. L'ultima cosa che le interessa è farsi coinvolgere da un ragazzo, ma quando conoscerà Damon Salvatore scoprirà che non è facile dire di no a due occhioni profondi.
Dalla storia "Prima di alzarmi dal letto quella mattina, rimasi avvolta dalle lenzuola leggere per dieci minuti buoni. Avevo sognato Damon. Oddio era così strano chiamarlo per nome. Mi dava l'impressione di conoscerlo. E questo non poteva assolutamente essere più stupido visto che avevamo scambiato appena qualche parola sull'aereo mentre cercavo ripetutamente di non vomitare. Ma dovevo essere onesta con me stessa: mi aveva colpito. All'inizio in modo negativo e dopo in modo molto, molto positivo. Era uno sconosciuto e si era preso cura di me in un momento in cui mi sentivo letteralmente morire"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6

Shot at the Night

 

Pov Elena

 

Le luci soffuse che illuminavano debolmente il salone mi permettevano di nascondere il rossore delle mie guance. L'imbarazzo per essere a pochi centimetri da Damon aveva deciso di presentarsi in questo modo sul mio viso.

Lui sorseggiava il suo whisky dal bicchiere a fondo largo con una disarmante tranquillità. E questo m'innervosiva ancora di più.

Spostai il peso da una gamba all'altra e dopo aver fatto finta di concentrarmi sulla pista dove Caroline e Stefan si muovevano sincronizzati decisi che era il momento di interrompere quell'atmosfera silenziosa e decisamente poco confortevole.

«Non credevo fossi il tipo da serate come queste» dissi guardandolo solo per qualche secondo. Dio! Perché era cosi difficile parlare con lui?

«Sono il tipo giusto per qualsiasi serata» rispose sorridente «Credimi». Non ero sicura se la nota di malizia che avevo percepito era dovuta alla mia personale paranoia sul motivo per cui Damon mi volesse a lavorare con lui o se invece era deliberatamente voluta. Probabilmente entrambe.

Roteai gli occhi in modo drammatico con l'intenzione che mi vedesse bene. Avevo davanti Signor Modesto e non potevo negare che un po' del mio divertimento derivasse da quanto ero capace di contraddirlo, o almeno tenergli testa.

«Tu, d'altro canto, sembri davvero fuori posto» commentò sprezzante.

«Prego?» domandai incredula. Non ero amante dei luoghi chiusi e affollati, ma da questo a dire che sembravo fuori posto ci passava di acqua sotto al fiume Hudson!

Posò il bicchiere e rivolse i suoi limpidi occhi sul mio viso. «Sono sicuro che sei pronta a giurare che il tuo imbarazzo non ha nulla a che fare con la mia presenza, perciò è evidente che non ti senti a tuo agio per queste serate, dico bene?».

Mi limitai a lanciargli un'occhiata scettica perché ero consapevole del fatto che qualsiasi cosa avessi detto non ne sarei uscita bene: ammettere che il nervosismo era dovuto alla sua presenza era controproducente. E inoltre sapevo che era questo quello a cui mirava.

«Una donna forte come te, che vuole crearsi la propria carriera senza riceve aiuti da nessuno, non riesce a gestire un locale affollato» continuò divertito «questo si che è imbarazzante».

«So gestire un locale affollato, e posso benissimo crearmi una carriera da sola, forse tu non lo sai, ma si da il caso che io mi sono laureata con il massimo dei voti a...» ero diventata una furia, ero molto protettiva verso i miei ideali.

«Al Whitmore college di Atlanta e i tuoi precedenti responsabili dello studio legale dove hai frequentato il tirocinio ti raccomandano caldamente per la tua “imbattibile voglia di mettersi alla prova , forza di volontà e la passione con cui segui i clienti che ti vengono assegnati” ».

Guardai Damon con sorpresa, la mia bocca era socchiusa e gli occhi seguivano interamente la sua figura mentre si metteva comodo – se fosse stato possibile – sullo sgabello davanti al bancone.

«Come sai queste cose?» gli chiesi a brucia pelo, non appena ritrovai l'uso della parola. Damon alzò nuovamente lo sguardo verso di me e accennò a un sorriso. Un sorriso diverso dal solito perché non c'era traccia del ghigno imperscrutabile che di solito lo accompagnava.

«Credi che ti abbia offerto di lavorare al mio fianco solo perché hai un bel sedere e delle belle gambe? O solo perché speravo in una torbida relazione con una mia collega?» alzò le sopracciglia divertito «È un peccato per una con la tua esperienza rimanere legata alla fotocopiatrice, volevo solo dare una mano».

Sorrisi leggermente. Damon Salvatore aveva un potere, non so se riusciva ad esercitarlo solo su di me o poteva estenderlo universalmente, però era in grado di farmi sembrare e sopratutto sentire una sciocca precipitosa. Lui voleva solo dare una mano, l'aveva detto così, come se facesse un favore al mondo oltre che a me.

«Immagino di aver commesso un piccolo errore di valutazione» gli concessi e lui alzò il bicchiere in segno di vittoria.

«Ora dovrai farti perdonare» sogghigno malizioso finendo il bicchiere in un ultimo sorso.

«Mmhh perché ho ferito il tuo animo puro?» ironizzai sbuffando.

«Non sai quanto» sussurrò alzandosi in piedi ed avvicinandosi velocemente verso il mio viso. Non distolsi lo sguardo dai suoi occhi per un secondo, troppo intenta ad osservare quelle venature chiare delle sue iridi. E in fondo anche perché volevo dimostrargli di poter tener testa a Damon Salvatore.

Ma l'atmosfera, quella incontrollabile e inaccessibile aria che ci avvolgeva, si era improvvisamente scaldata, sentii il mio corpo cominciare a sciogliersi lentamente e m'inumidii le labbra secche come per riflesso. Questo sembrò attirare la sua attenzione e scatenò in maniera incontrollata la mia immaginazione.

Cosa sarebbe successo se avesse eliminato la distanza che ci separava? Nella mia mente si stava creando un'idea ben precisa di cosa quelle labbra erano in grado di fare, e niente di tutto questo era adatto alla mia immacolata visione del mondo.

Si avvicinò ancora e io mi spostai in avanti come per incentivarlo ad esplorare la mia bocca. Il mio cervello, lo sentivo, era completamente andato e tutta la mia razionalità con lui. Si muoveva solo il corpo, lui sapeva cosa fare quando un uomo bellissimo era distante da te solo una manciata di centimetri.

Stavo per chiudere gli occhi e abbandonarmi a lui e magari alle sue labbra quando notai i suoi occhi spostarsi verso qualcosa alla mie spalle, qualcosa che aveva attirato la sua attenzione. Si allontanò di quasi cinquanta centimetri e io mi voltai per capire che cosa ci aveva interrotti.

Caroline stava agitando freneticamente le braccia per richiamarci mentre Stefan si sedeva in uno dei divanetti rotondi al lato opposto della sala. Avevano trovato posto per sederci.

Nel peggior momento possibile.

Damon mi guardò intensamente un'ultima volta e poi m'invitò a seguirlo verso Stefan e Caroline, che ridacchiavano divertiti per qualcosa che nessuno avrebbe potuto ascoltare da quella distanza.

Non mi ero mai sentita così frustrata come in quel momento. Nemmeno quando, a quattordici anni, ero l'unica delle mie amiche che non aveva ancora assaporato un vero bacio.

 

Pov Damon

 

Elena e Blondie non avevano nemmeno percorso metà della sala per raggiungere la toilette che Stef aveva già incominciato a deliziarmi con uno dei suoi discorsi noiosi.

«Perché ho la netta sensazione che tu non mi abbia ascoltato quando ti chiedevo di lasciare in pace Elena?» domandò alzando le sopracciglia, senza nascondere un leggero sorriso. Quando beveva riusciva ad essere quasi sopportabile.

«Perché sei intelligente?» risposi sorridente.

«Dico sul serio, lei non è una con cui puoi divertirti e basta».

Il sorriso che gli era spuntato prima era svanito.

«Lo so, questo minerebbe la tua amicizia con Blondie» dissi ironico.

Avevo passato buona parte della giornata a ripensare a quanto era accaduto quella mattina in ascensore. Ero rimasto sorpreso dalla conclusione che aveva tratto Elena dalla mia proposta. Mentirei se dicessi di non aver pensato che lavorare assieme avrebbe potuto portare ad ulteriori e più intriganti benefici, ma questo dipendeva più dalla mio genere che dalle mie intenzioni.

Si era arrabbiata parecchio. Mi aveva visto come una minaccia alla sua carriera. Non sbagliava a preoccuparsi, io più di chiunque altro dovevo tenere a mente che combinare le questioni – e relazioni – personali con quelle lavorative era pericoloso.

«Non preoccuparti, non ci sarà nessuna atmosfera sensuale a solleticare i nostri animi» continuai serio volgendo lo sguardo verso uno Stefan ancora poco convinto «anche perché con la tua presenza è quasi impossibile eccitarsi».

Stefan emise un suono di sdegno misto a ribrezzo «Ugh il mio cervello!» esclamò ad alta voce «non può reggere a queste immagini...dammi un colpo in testa ti prego...!».

Diedi una leggera spinta a Stefan proprio prima che Elena e Blondie tornassero.

Dio quelle curve. Elena non aveva idea di tutto il potere che aveva. Ancheggiava leggermente a causa delle scarpe con il tacco e quei pantaloncini di pelle le davano un'aria trasgressiva che per qualche assurdo motivo non stonava accanto al suo viso dolce e timido.

Era una gran contraddizione quella ragazza, poteva attirarti con una semplice camminata disinvolta ma ti conquistava con la grazia dei sui occhi. E se li guardavi attentamente eri perduto.

Blondie cinse le spalle di Stefan e gli sussurrò qualcosa all'orecchio prima di sederglisi accanto. Elena si avvicinò alla sedia libera accanto alla mia un po' impacciata. Stava guardando anche lei Stefan e Blondie, combattuta nel decidere che tipo di rapporto legasse quei due.

«Non fare caso a loro, quando sono in intimità fanno molto peggio di così» dissi a voce alta rivolto ad Elena che ridacchiò divertita.

«Ancora Damon?» sbuffò Stefan spazientito.

«Seriamente! Perché non puoi credere all'esistenza di un'amicizia tra uomo e donna?» chiese Blondie agitando la chioma a destra e a sinistra.

«Per quel qualcosa chiamato feromone, o potete dire, con tutta onestà, di non aver mai trovato l'altro attraente?» li provocai.

Entrambi rimasero in silenzio per qualche secondo. Ovvio segno che avevo ragione.

«Beh ma questo non significa nulla! L'amicizia conta di più dell'attrazione fisica, vero Stef?» strepitò Blondie e Stefan mi lanciò un'occhiata di assenso.

«Sbaglio o nessuno dei due ha negato niente?» chiesi ad Elena.

«Non sbagli affatto» sorrise complice lei.

Stefan e Blondie sbuffarono sonoramente.

«Ma avete la mia totale ammirazione se dopo tanti anni non vi siete frequentati sotto le lenzuola» feci l'occhiolino ad entrambi.

«Questo perché tu non sei capace di utilizzare la parte alta del corpo» asserì Stefan.

«Non lo nego, fratello. Non lo nego affatto» commentai e nel mentre mi accorsi che Elena si era irrigidita leggermente. «Faccio ancora in tempo ad imparare, comunque»

«Questo è lo spirito giusto» disse Stefan dandomi una pacca sulla spalla «Bisogna avere un sogno, anche se...non si realizzerà mai» continuò alzando le sopracciglia divertito.

Blondie ridacchiò divertita e anche Elena sorrise leggera. Stefan e le sue battute da comico di bassa lega, mi lamentavo sempre della sua serietà ma poi, quando decideva di sciogliersi un po', mi pentivo sempre di averlo incoraggiato. Diventava particolarmente imbarazzante. Per se stesso e per me, naturalmente. Era incapace di trovare una mezza misura, lui era tutto o niente. O restava mortalmente serio o diventava imbarazzante, o riusciva a far sborsare alla difesa milioni e milioni di dollari o perdeva rovinosamente.

Elena rise di gusto ad una battuta che mi ero perso e cominciai a sentire una strana, e poco sana, vena di gelosia per Stefan. Era riuscito a farla ridere, ridere davvero e io, che mi ritenevo sempre il pezzo da novanta nelle conquiste femminili, non potevo nemmeno minimamente avvicinarmi al pensiero di farla divertire così. Era una cosa che mi mandava in bestia perché, diavolo, quando rideva era tutta un'altra bellezza. Le guance arrossate,gli zigomi rialzati, gli occhi brillanti; era il ritratto della felicità, qualcosa che non ricordavo di aver visto da tempo e nel qualche avrei potuto benissimo naufragare.

«Oddio!» esclamò Blondie all'improvviso «Ma quella non è Annabelle? La figlia di Pearl?».

Mi voltai e riuscii a scorgere una figurina di un metro e mezzo seduta al bancone con una minigonna inguinale e un bicchiere in mano. Non era di certo succo d'arancia.

«Oh non di nuovo» bofonchiò Stefan posando il palmo della mano sulla fronte.

«Stefan dobbiamo tirarla fuori di qui prima che l'arrestino per la terza volta» disse Blondie alzandosi in piedi.

Stef non era molto entusiasta, infondo era la sua serata libera, ma lui e Pearl avevano lavorato spesso insieme e mio fratello non riusciva mai a tirarsi indietro quando si trattava di aiutare gli amici. E i fratelli anche, ma diventava un po' fastidioso in quel caso.

«Serve una mano?» chiesi, giusto per cortesia. Stefan si voltò guardandomi con un'espressione che era una via di mezzo tra l'incredulità e il sarcasmo, mentre Blondie accennò un ampio “no” con le mani alzate.

 

Pov Elena

 

«Ma quanti anni ha?» chiesi a Damon guardando Caroline e Stefan dirigersi verso il bancone del bar e più precisamente verso una ragazzina dai lunghi capelli corvini.

«Appena maggiorenne credo» rispose lui facendo spallucce.

Non riuscii a controllarmi: sgranai gli occhi e sbuffai. «Voi newyorkesi è questo che fate per divertirvi da teenager? Intrufolarvi in un club per adulti?»

«Solo quelli che possono permetterselo» mi fece l'occhiolino e io roteai gli occhi di rimando – era il mio modo preferito di comunicare con lui – «Oh andiamo, Elena. Scommetto che alla sua età facevi di peggio»

«No, affatto. Sono sempre stata una studentessa e una figlia modello» dissi con un certo vanto. Ma poi osservando Damon mi resi conto che forse non era proprio il massimo delle confessioni da fare.

«Non ci credo» replicò in tono solenne, quasi come un giudice.

«Ti dico che è così»

«Mai rubato il liquore a casa dei tuoi?» scossi la testa. «Andata a scuola ubriaca?»

«No» risposi allungando la “o” finale.

«Mai...vomitato su Blondie per troppa tequila?»

«Uuuh...pensi che saremmo ancora amiche se fosse successo questo?»

«Vero...fumato una canna?» continuò allungando il collo verso di me, per fissare analitico i miei occhi. Come se questi potessero indicare l'assunzione di qualche droga psichedelica nel mio lontano passato.

«Ovviamente no. E volendo abbreviare questa storia del “Hai mai?”: non ho mai rubato, non mi sono mai ubriacata fino a svenire o vomitare, non ho mai assunto droghe e non sono mai scappata di casa. E il fatto che tu me l'abbia chiesto mi fa venire la preoccupante sensazione che tu invece, sei stato campione mondiale di tutte queste attività durante il liceo»

«Ho ancora le medaglie a casa» sorrise compiaciuto. «Che cosa faceva allora l'adolescente Gilbert per divertirsi?».

«Guarda che solo perché non mi riempivo di tequila, non vuol dire che stavo rintanata in casa a leggere libri e guardare documentari» il più delle volte. «Ero molto popolare al liceo»

«Wow, quale piacere e onore si sta rilevando averti qui al mio tavolo, Miss Gilbert» mi prese in giro allegro. Io gli diedi una leggera spinta sulla spalla per difendermi. Toccarlo era strano, riuscivo a sentire la tonicità delle sue spalle e questo comportava inevitabilmente che un brivido freddo mi percorresse la spina dorsale. Lo guardai un secondo di più dritto negli occhi e poi scostai lo sguardo come scottata. Perché provavo tutte queste cose? Non mi era mai successo di agitarmi come un'imbranata quando incrociavo lo sguardo di un ragazzo, al contrario ero sempre stata sicura di me, qualcosa che Bonnie, la mia vecchia amica del liceo diceva di invidiarmi.

«Ti va di ballare?» mi chiese Damon dopo aver finito il suo bicchiere di Bourbon.

M'inumidii le labbra e mormorai un leggero si. Caroline e Stefan non si vedevano e non sapevo perché ma mi sentii sollevata. Stare da sola con Damon in quel momento, mi rendeva agitata sotto molti punti di vista e allo stesso tempo, per certi aspetti, mi piaceva e tranquillizzava, perché qualsiasi errore avessi commesso sarebbe rimasto tra me e lui. Ero un ammasso di sentimenti contrastanti uno dentro l'altro. Un ossimoro vivente. Elena Gilbert.

Damon mi trascinò fino al centro della pista da ballo. Eravamo circondati da coppie eleganti che si muovevano all'unisono con grazia e controllo. Molto diverso dalle discoteche provinciali che avevo frequentato durante gli anni del college.

Posò le mani sopra i miei fianchi. Era una presa delicata ma sicura. Allungai le braccia sulle sue spalle larghe e indirizzai il mio sguardo lontano, tra la folla, perché quegli occhi azzurro cielo erano troppo penetranti per guardarli.

«Allora...parlami di questa causa Walsh» mormorai. Volevo che la mia attenzione fosse catturata da qualcosa di diverso dalle sue labbra rosate.

«Troppo orgogliosa per chiedermi se ti voglio ancora sulla causa?» domandò e io strinsi le labbra in segno di assenso. «Sai non sono sicuro che sia ancora una buona idea»

«Perché no?». Il mio tono di voce era uscito più allarmato di quanto volessi far trasparire.

«Prima hai cercato di baciarmi e io sono assolutamente contrario alle relazioni sul lavoro».

Sbiancai circa cinque volte prima di ritrovare la parola «Non ho cercato di baciarti». Ma qualsiasi cosa sarebbe uscita dalla mia bocca non gli avrebbe tolto quel sorrisino beffardo ed estremamente divertito dal suo viso. Gli piaceva troppo punzecchiarmi e mettermi in difficoltà. Non avevo bisogno di uno specchio per capire che le mie guance erano diventate pomodori.

«Io credo proprio di si, invece» continuò allegro spostando il mio corpo verso destra «Avrò bisogno di una guardia del corpo»

«Ah ma smettila» e finsi di essere seria mentre lo dicevo, ma era difficile ragionare a quella distanza «Non so che colleghe hai conosciuto tu, ma io sono diversa».

Mi strinse e sé «L'ho notato» mi sussurrò all'orecchio.

Non avevo capito a cosa si riferisse con quella frase. Nell'immediato era l'ovvia risposta alla mia ambizione sull'essere diversa dalle altre che lo circondavano ma l'occhiata che mi aveva lanciato in seguito mi spingeva a credere che fosse più di questo. Che fosse una specie di complimento.

Dovevo stare lontana da questo tipo di pensieri, non mi facevano bene. Se volevo lavorare con lui dovevo imparare davvero a controllarmi. Perché era vero, non avevo fatto niente per impedirgli di baciarmi e non avrei voluto che qualcosa lo intralciasse.

«Però ora che siamo usciti insieme non sei più in debito con me» disse con voce rassicurante, permettendomi di tornare alla realtà «possiamo dire di aver risolto il piccolo screzio di questa mattina».

«Quindi lavoreremo assieme» conclusi per lui.

«Da lunedì».

 

Pov Damon

 

Facevo fatica a riconoscermi. Disteso sul letto con solo i pantaloni del pigiama, intento a ripercorrere la serata appena trascorsa. Sembravo una maledetta ragazzina di tredici anni mentre sogna il suo nuovo idolo del pop.

Mi ero controllato per tutta la sera, l'avevo stretta a me, accompagnata e cullata a ritmo della musica. Il tutto con una razionalità che non sapevo potesse essere mia.

Però l'istinto c'era, oh se c'era. Quelle labbra chiare, luminose per via del velo trasparente di gloss che si era concessa, erano una specie di mela proibita a cui mi stavo ossessionando lentamente.

Ma aveva ragione, lei era diversa. Non era una di quelle che sbatte le palpebre continuamente, che s'infila delle canottiere e le spaccia per vestiti all'ultima moda, che si sparge brillantini ovunque. No, lei apparteneva al genere di ragazze pericolose. Quelle che se non stai attento ti fanno innamorare davvero, per poi finire disperato come Stefan. Quelle a cui non avrei mai voluto avvicinarmi perché senza che me ne potessi accorgere avrebbero cambiato l'uomo che sono. E io amavo essere me stesso, con tutto ciò che questo poteva comportare.

Recuperai il cellulare dalla tasca dei pantaloni e composi un messaggio veloce.

Grazie piano Blondie.

Non credevo sarebbe mai accaduto, ma dovevo ringraziare quella massa di capelli biondi per l'idea che aveva avuto sulla serata. Mi aveva dato il tempo di parlare con Elena e sistemare le cose, e anche se aveva giurato di non essere interessata a far cadere Elena tra le mie braccia “sataniche”, cominciavo a credere che l'idea di far da Cupido non le dispiacesse affatto.

Il problema ora era capire se questa sarebbe stata la mia più grande disgrazia o più grande fortuna.

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Spazio Autrice.

È dura fare in modo che questi due sviluppino una relazione, perché partano da due livelli completamente differenti. Elena è matura, razionale, concentrata sul suo obiettivo e ho cercato (non so se ci sono riuscita) di darle anche una certa profondità. Ma in questo momento ciò che l'attira verso Damon sono le sue caratteristiche “fisiche”, il suo modo di parlare, i suoi occhioni a calamita, le spalle (e ha pure ragione dico io xD), okay c'è anche l'ironia di Damon che l'attrae però per ora è ancora nella fase da infatuazione primordiale dove ciò che domina è l'istinto.
Damon è impulsivo, orientato al divertimento e poco dedito al lavoro duro. Eppure vede in lei, non solo belle gambe e bel viso, ma anche tutto ciò di cui lui è privo e per la prima volta questo lo attira e non lo respinge. Ed è per questo che lui alla fine s'interroga molto, lo spaventa anche un po' perché mai uno come lui, può pesare che qualcuna abbia il potere di “cambiarlo”.
È un processo lento lentissimo, che sto cercando di curare al meglio e quando non ci riesco mi rende frustrata.
Tra questo e la montagna di studio che si accumula sulla mia povera scrivania sono diventata una frustrata cronica, perciò vi prego, perdonatemi per questo sproloquio non necessario!!
Grazie a tutte per i bellissimi commenti che mi fate sempre.
Un Bacione grandissimo! :*

  
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