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Autore: Mikayla    18/07/2008    2 recensioni
Desideri.
Ogniuno ha almeno un desiderio, nel suo cuore.
Un desiderio realizzato, uno abbandonato, uno impossibile, uno appena scoperto.
Hotaru vorrebbe solo vivere accanto a chi ama, Takashi desidera vedere la sua amata con i capelli bianchi, Shia vorrebbe un sorriso di sua madre.
Tre semplici desideri.

Raccolta di one-shot:
1. Tradition
2. Cherry
3. Twisted Smile
[ Della serie Tales of True Life. ]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hotaru/Ottavia, Nuovo personaggio
Note: What if?, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'e'
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Twisted Smile



{Buon compleanno, Shia-chan!
Che bella torta! Grazie kaa-chan.
Esprimi un desiderio
}

Camminavo nel parco, lungo il lago.
Le mani intrecciate dietro la schiena.
Osservavo il luccichio del Sole riflesso sull’acqua placida.

Ma non lo vedevo.

Non notavo i ghirigori che i raggi dipingevano sulla superficie.
Non notavo le preziose increspature create dal quieto navigare dei cigni e delle papere.
Non notavo il verde degli alberi fondersi con l’azzurro del cielo intrappolato nell’acqua.

Non notavo nulla.

Mi sembrava di essere cieca, mentre davanti a me c’era un intero e meraviglioso mondo.
E non potevo che dispiacermene.
Eppure per me, quel luccichio non era abbastanza.
Non era sufficiente, al mio cuore.

Perché io avevo avuto di più.
Sempre avuto di più.

Ma l’avevo perso.

« Shia-san? »

Mi voltai di scatto, e con gli occhi tornai a vedere.
Incrociai l’oro degli occhi di Helios, e sorrisi.
Perché quell’oro mi ricordava il Sole.
Mentre i capelli bianchi la Luna.

« Helios-kun! Ciao. »

Sorrisi.

[assomigliavo a mia madre,
in quel momento.
E ne ero orgogliosa
]

Sorrise.

« Ogni giorno diventi più uguale a Hotaru. »

Chinai leggermente il capo.
I miei occhi topazio si allargarono.
Piegai le labbra indentro.
Le morsi leggermente.

« Parli come se l’avessi conosciuta da tempo. »

Lui non si mostrò a disagio.
Annuì appena col capo e prese a camminare.
Mi affiancai a lui d’istinto.
Concordai il passo con il suo, e attesi.
Aspettai che parlasse, che mi spiegasse.
Helios aveva sempre conturbato i miei pensieri.
Fin dal primo giorno che lo vidi.
Allora ero convinta d’averlo già incontrato… in un sogno.
Ma anche dopo anni, per me rimaneva un mistero.

Scossi appena il capo e mi rivolsi al lago.
Tornai ad essere cieca.

« Cosa ci fai in un parco, Shia-san? »

Storsi il naso, lo arricciai.
Corrugai anche la fronte, alzando appena il sopracciglio.
Rallentai perfino il passo, restando indietro.

Che proprio lui, mi chiamasse Shia-san, mi dava fastidio.
Lui che mi sembrava di conoscere da sempre, se non da di più.
Lui che sembrava conoscere tutto e tutti da sempre.
Proprio lui, che per me era diventato un fratello; come Chibiusa era una sorella.

« Non mi puoi chiamare Shia-chan, Helios-kun? »

Lui mi fissò dritto negli occhi, e sentii un brivido corrermi lungo la schiena.
Mi fissò negli occhi, e io non potei fare altro che sperare che smettesse quella tortura. Che posasse quello sguardo dorato su qualcun altro. Chiunque altro.
Ma allo stesso modo desiderai intensamente che non lo facesse. Che riservasse quei due splendidi Soli per me soltanto. Egoisticamente solo per me.

« Soltanto se anche tu smetterai di chiamarmi così. »

Rimasi in silenzio.
Poi annuii.

« D’accordo, Helios-onii-chan. »
« Shia-chan. »

Sorridemmo.
Continuammo a camminare.
E sorridemmo.

« Cosa ci fai in un parco, Shia-chan? »

Ripeté la domanda.
Non con fare inquisitorio, era solo una constatazione.
Non c’era rimprovero, solo curiosità sincera.
Forse preoccupazione velata, ma non apprensione.

Sospirai.

« Non posso passeggiare in un parco? »

Sorrise.
Mi guardò appena di un quarto e sorrise.
§Senza voltarsi né fermarsi, sorrise.
Sorrise.

« Certo, nessuno te lo impedisce. Ma è strano. »
« Perché? »
« Non dovresti prepararti? »
« Sono cinque mesi che lo faccio. »
« E? »

Mi fermai davanti ad una panchina.
Lui assecondò il mio desiderio.
Mi sedetti sulla spalliera, come facevo da adolescente.
Lui si mise composto.

Una fogliolina color del fuoco planò lieve a terra.

Mi ricordò un’altra foglia.

Non mi domandai da dove venisse, anche se era estate.
Ma il mio sguardo s’intristì.
Divenne quasi cupo.
Non adatto a me, né a quella situazione: era del tutto fuori luogo.

Ma era sincero.

« Mi manca. »

Non seppi mai perché lo dissi, cosa mi spinse ad essere sincera ed ammettere qualcosa che nascondevo perfino a me.
Neppure con Takashi-otou-chan lo avevo mai detto.
Né l’avevo mai negato, però.

Helios non mi rispose.
Fissò davanti a sé il lago.
Io lo imitai, ma più mi sforzavo di cogliere qualche particolare meno vedevo.

Continuavo a essere cieca.

« Sarebbe strano il contrario. »

Annuii, e da sotto il mio sguardo sparirono i contorni indistinti di una libellula.

« Avrei voluto che fosse qui, oggi. »
« … »
« Gliene avevo parlato molte volte, sai? »
« Davvero? E cosa le dicevi? »
« Raccontavo del vestito che desideravo avere, dei fiori, della chiesa, dello sposo… »

Una lacrima solcò la mia guancia.
Unica e sincera, quasi disperata.

« Ho ottenuto tutto, Helios-chan. Tutto. Quel vestito, quei fiori, quella chiesa, Akarui… Tutto. Tranne una cosa. »

Un’altra lacrima seguì la prima.
Ora la mia guancia destra aveva due solchi.
Neri e grigi: mascara che colava.

« Qualcosa che non avevo desiderato, perché lo davo per scontato. »

Helios sapeva che stavo piangendo.
Certamente era lì per ordine di Chibiusa.
Una specie di “caccia alla sposa”.
Ma il suo stare in silenzio, lì vicino, lo faceva assomigliare di più ad un angelo custode che a un cacciatore pronto a riportare la preda per ricevere il premio.
Un fratello che mi proteggeva senza chiedere nulla.

« Mia madre. »

Lo soffiai appena, tanto che credetti non mi avesse sentito.
Era un tono triste, abbandonato, solitario.
Non avevo mai sentito mia madre usarlo, e me ne vergognai.
Lei era stata sempre forte, ed io mi facevo sconfiggere da… un desiderio.

Vorrei vedere mia madre che mi sorride dalla prima fila. Vorrei che mi lanciasse il riso e ridesse. Vorrei che avesse potuto conoscere il mio Akarui-chan. Vorrei…

« Hotaru ci sarà, in quella chiesa. »

[e adesso lo so]

« Lei sarà felice per te, e sorriderà. »

[e lo fece davvero]

« Ti accompagnerà e ti starà vicina, Shia-chan. »

[ed era la verità]

Si voltò verso di me e sorrise.
Mi prese una mano tra le sue e giocò con il mio anello.

In realtà era l’anello di Hotaru-okaa-chan.

« Sai cosa significa, questo anello che porti? »

Scossi il capo.

« Quando Haruka, Michiru e Setsuna si presero l’incarico di crescere Hotaru sancirono la promessa con quell’anello. Assieme alla promessa di accudirla espressero anche un desiderio: che potesse vivere felice. »

Lo guardai senza capirlo, e mi chiesi come potesse sapere quelle cose, che neppure io avevo immaginato.
Di sicuro Takashi le sapeva, ma io no.
Ero confusa, e desiderai non sapere di più.

« Hotaru ha vissuto felicemente, non trovi, Shia-chan? »
« Ma è morta giovane! »
« Ciò non toglie che quando era in vita era felice. »
« … »
« Aveva te e Takashi, le sue amiche e i suoi genitori. »

Poi mi ricordai di un album.
Di una foto.
Una in particolare, davvero semplice e innocua.
Mamma aveva diciassette anni, sedeva ad un tavolino e sorrideva all’obbiettivo.

Ma era un sorriso strano.

Era un sorriso rotto.
Un sorriso finto.
Un sorriso che non avevo mai più visto sul viso di Hotaru.
Un sorriso triste.

Non sospirai.

« Era felice. »

Ne ero convinta.
Hotaru-okaa-chan era felice.
Aveva vissuto una vita piena e meravigliosa.
Regalava sempre un sorriso sincero a coloro che amava.

E per me ne aveva sempre uno speciale.

Portai di nuovo lo sguardo sulla superficie del lago.
Notai un’increspatura.
Sospirai.
Sorrisi.

Avevo capito il perché della mia cecità.
Avevo compreso perché il luccichio del mondo non mi bastasse.
Non era sufficiente, per me.
No.
Avevo avuto quello di mia madre sempre rivolto verso di me, e quello valeva più di qualunque altro, per me.
Lei era la mia luce.
Come lo era sempre stata per mio padre.

[e sarà sempre]

Una lucciola che rendeva più vividi i colori.

Mi accorsi solo quel giorno ciò che avevo perso.
Ma fui felice di scoprirlo, perché ora potevo essere davvero felice.

Sentii squillare il cellulare, d’improvviso.
Recise in un istante i miei pensieri.
Non potei non immaginare Akarui in smoking, che chiamava perché non mi aveva vista.
Certamente Takashi lo rassicurava con il suo largo sorriso e la sua pacata tranquillità.
Possibile che stesse perfino raccontandogli degli aneddoti sul suo, di matrimonio?
Immaginai vividamente la scena.
Tanto bene che sorrisi.

Non risposi al cellulare e scattai in piedi.
Spolverai appena con una mano la gonna e strinsi al grembo la borsa.
Mi voltai verso Helios e sorrisi di più.

« Tu conoscevi mia madre. »

Lo affermai con forza.
Non attesi una risposta.

Non ne avevo bisogno.

Gli diedi le spalle e corsi fuori dal parco.

Il mio matrimonio mi aspettava, e con esso la prospettiva di una vita felice.

Avrei avverato il mio desiderio solo in seguito.
Ma aspettare non mi aveva mai causato problemi.

{Mamma!
Tesoro, se non stai ferma ti pungerai.
Ma… sono agitata…
Shia-chan, ogni sposa lo è
}


Parla l’autrice:
Purtroppo -o per fortuna, a voi la scelta- siamo di estrema velocità, quindi dobbiamo essere spiccie nello scrivere le ultime note a questa fic (ebbene sì, è finita!).
Dunque lasciamo perdere tutti I riferimenti ad alter storie, che non vi interessano. Una cosa va detta più che altro perché non ci siano equivoci: Shia non è innamorata di Helios! Per lei è come un fratellone, tanto che lo chiama nii-chan. Eppoi Helios è felicemente sposato con Chibiusa!!

Ultimissima cosa, davvero doverosa: ringraziamo moltissimo strega_morgana per il bellissimo commento, ci dispiace un sacco non avere il tempo di rispondere, ma sappi che ci ha colpito molto e ten e siamo grate! Un bacio.

Au Revoir!
   
 
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