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Autore: LadyKo e Brucy    28/07/2008    4 recensioni
Una vita passata a leggere manga. Fratelli gemelli per non dire siamesi, doraemon in libertà, grembiulini rosa, orsi vaganti, teppisti masochisti e oche formato parassita... ma di che manga stiamo parlando?!
L'Italia incontra il Giappone.

Da LadyKokatorimon & Brucy.
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1° CAPITOLO

 

Verde= Elettra Alfano

Viola= Vittoria Galieti

 

 

 

Tokyo.

Giappone.

Stanza imprecisata d’un imprecisato appartamento nel quartiere d’Ikebukuro.

Ore 5 e 44.

 

Quella cos’è?

Esisterà un campionato per la grandezza delle zanzare?

Guardo con occhio clinico l’insetto immobile al soffitto, svaccata sul letto alla Homer.

Dando uno sguardo all’orologio noto che sono ancora le cinque e mezza passate.. neanche l’alba…

Ma è una zanzara?

Continuo a chiedermi cosa possa essere quello schifoso essere attaccato al soffitto che ora inizia a muoversi sospettosamente.

Ma quanto è grosso?

Inizio a sentirmi leggermente in pericolo mentre quell’oggetto non identificato scende lentamente e si fa sempre più vicino.

Oddio quanto è grosso!

Mi schiaccio nel letto quasi fossi un lenzuolo io stessa

Ovviamente io non ho il terrore di animali più piccoli di me, figurarsi, però mi fanno altamente schifo e questo in modo particolare. Tra l'altro si sta facendo sempre più vicino..

Orrendamente vicino..

-Sis..- riesco a sibilare, mentre quel coso si avvicina sempre più e sempre più mostruosamente grosso.

È più grosso delle mie pantofole! Assolutamente NON è una zanzara!!!

-SISTEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEERRRRRRRRR!!!- urlo impazzita, vedendo che l’essere mi sta raggiungendo.

Un tonfo, come di qualcuno che è caduto dal letto, e un forte boato, che mi ricorda molto una corsa quasi frenetica di un bisonte, precede l’entrata trionfale, si fa per dire, e spettinata della mia coinquilina che esprime senza tanti convenevoli tutta la sua confusione nel vedermi così atterrita e nell'avermi sentito gracchiare.

-         Aiutami!- le ordino con tono disperato, rimanendo con lo sguardo sull’insetto.

Alzando il capo lo intercetta anche lei e rimane impalata. Spalanca occhi e bocca e inizia a sbiancare. In effetti non è stata una cosa intelligente cercare il suo aiuto e un sospetto si fa largo in me.

Pensandoci bene, ci sono tre cose che lei potrebbe fare:

a)     prendere la prima cosa che le capiti fra le mani e lanciarla, incurante se a beccarsela in pieno sarà il nemico o la sottoscritta;

b)     rimanere immobile per poi svenire e cadere a terra come un sacco di patate;

c)     correre via e lasciarmi da sola in balia degli eventi.

Chissà perché ma ho il presentimento che preferisca la terza opzione.. ma come per anticiparmi e per smentirmi vedo che la sua pelle si colora di una tonalità tendente al verde, quasi quanto la mia, e si affloscia a terra senza dare segni vitali.

Mi faccio coraggio e torno a osservare l’insetto, se così si può chiamare una zanzara grossa quanto uno scorpione, e cerco di pensare a sangue freddo.

Neurone ti prego inventa qualcosa!

Intimo al mio stesso cervello di trovare una strategia per salvarmi, senza però avere risposta. Arrivo perfino a minacciarlo , ma invano visto che continua a non dare segnali vitali proprio come la mia cara coinquilina che sembra essere diventata tutt'uno con il pavimento.

Oddio adesso mi mangia!!!

Chiudo gli occhi e spero che la mia sia una fine veloce e indolore, quando, dopo attimi di puro terrore, mi accorgo che non sta succedendo nulla e spinta da non so quale folle slancio di coraggio socchiudo un occhio per poi spalancare pure anche l’altro ed iniziare a guardarmi intorno.

Sono già morta?

Continuo a cercare qualsiasi indizio che possa farmi capire cosa sia successo, cominciando a pensare che forse sia avvenuto un miracolo senza che io me ne sia resa conto.

Non ci credo.. sono salva..

-          Pensavo di morire.- bofonchio con un sibilo impercettibile, riprendendo a respirare, e, finalmente in salvo, mi volto a guardare il corpo inerme della mia coinquilina, che ancora non ha notato che il mostro ha lasciato la stanza e che quindi il pericolo è passato.

Sarà viva?

Striscio barcollante avvicinandomi a lei, visto che l'ansia fa fatica a scemare, e raggiunta la sister mi abbasso per smuoverla leggermente con un dito, fino a quando i suoi occhi non si spalancano terrorizzati per fissarsi nei miei perplessi.

-          L’hai ucciso?- domanda con voce d’oltretomba.

-          Come avrei potuto?! Se n’è andato da solo.- rispondo mentre lei inizia a riprendere colore e a respirare normalmente. Ci alziamo e restiamo a guardarci nelle palle degli occhi per cinque minuti buoni, nel silenzio più profondo.

-          Che ore sono?-

-          Le sei.- dico, guardando la sveglia per poi tornare a guardarla negli occhi, quasi soddisfatta di riuscire a comprendere i suoi stessi pensieri.

-          Buonanotte!- diciamo all’unisono, mentre lei esce dalla stanza e io mi riaccoccolo tra le lenzuola. Mi giro a pancia in giù, e con la testa sotto il cuscino. Mi tasto più volte per cercare il lenzuolo ma non lo trovo.

Lascio perdere la caccia al tesoro e cerco di trovare la posizione adatta ordinandomi di prendere sonno e scivolare fra le braccia di Morfeo, senza avere ,purtroppo, concreti risultati.

Sbuffo spazientita, pensando alla mia coinquilina e invidiandola.

Sicuramente lei si è addormentata appena toccato il letto, anzi scommetto che mentre camminava già stava ronfando. Posso anche aggiungere di sentirla russare.. no, forse così esagero, però posso facilmente immaginare come se la stia dormendo bene.

Mondo crudele.

Alzo il busto mettendomi seduta con l’intenzione di andare in cucina e ingurgitare qualche sonnifero, ma ritorno sdraiata immediatamente visto che la mia immensa pigrizia mi intima di non muovere neanche un muscolo.

Le do ascolto perché in fondo non ho una forza di volontà molto grande e che, decisamente, se provocata, non può che cadere in tentazione.

Certo che questi ragionamenti sono proprio adatti di mattina presto.

Ringraziando che i mei pensieri rimarranno solo ed esclusivamente nella mia testa, mi decido ad alzarmi anche se tutto il mio essere grida di non volerlo.

Purtroppo però ho troppo caldo e, dicendo addio a un’ipotetica e vana speranza di poter ancora dormire, accendo il ventilatore attaccato al lampadario che inizia a muoversi portando con sé tutto il rumore che è in grado di provocare.

Non è che poi faccia così tanto caldo, il problema sono esclusivamente io.

Siamo solo a metà aprile, ma essendo io una di quelle creature rare che soffrono spasmodicamente il calore in generale, e appena la temperatura supera un tot di gradi ecco che inizio a sentire calare la pressione, sempre che sia possibile visto che l'ho già molto bassa, diciamo sotto le scarpe.. o anche definitivamente tre metri sotto terra, dove prima o poi finirò di certo.

Esisterà un modo per guarire da questa strana e stupida malattia?

Osservo il mio abbigliamento e, se prima avrei indossato pantaloni pesanti e maglietta a maniche lunghe, adesso non posso che adattarmi con dei pantaloni alle caviglie e maglia a mezze maniche.

Se penso poi a come mi sentirò a giugno.. per non parlare di luglio e agosto, dove ci saranno sicuro quaranta gradi all’ombra.. negli ambiti del clima non abbiamo fatto un buon affare a trasferirci in questo posto.

Meglio qui che altrove comunque.

Concordo con me stessa pensando che questa terra può anche rifiutarsi di accettarmi, ma non passerà mai per il neurone del mio omino del cervello l’idea di tornare da dove provengo, anzi da dove proveniamo io e la sis.

Appena in piedi mi stiracchio per bene, sentendo le ossa scricchiolare più del dovuto, ma evitando di farmi domande a proposito.

Meglio starne fuori.

Mi avvicino alla finestra spalancata e coperta dalle tapparelle e, in un gesto affranto, tiro leggermente su la corda per far entrare uno spicchio di luce. Mi blocco subito, visto che appena sveglia sono facilmente irritabile. Detesto la luce negli occhi di prima mattina e  sono già infastidita dal fatto di non esser riuscita a recuperare il sonno perduto.

Sospiro rassegnata.

Questa giornata deve ancora iniziare e già mi sembra insostenibile.

Facendomi forza e coraggio decido di andare in bagno, visto che la mia vescica non credo riuscirà a trattenersi ancora per molto.

Seduta sulla tavoletta del water, mi ritrovo pochi secondi dopo con la testa che ciondola sbattendo contro la parete.

Che faccia.

Mentre mi guardo allo specchio, strizzando gli occhi dalla stanchezza, non riesco a trattenere un gemito straziato nell’osservare quello che vedo, ossia un vero e proprio cadavere ambulante.

Esco dal bagno e ritorno in camera, attenta a non fare il minimo rumore per non svegliare la nee-san. Chiusa la porta mi ci appoggio con le spalle, sospirando per l’ennesima volta e insultandomi mentalmente.

Questa giornata sarà mooolto lunga.

Mi gratto la testa, spettinandomi ancor più la massa incolta di capelli che troneggia sul mio capo. Mi ributto poi sul letto, faccia al cuscino con l’intento di soffocarmi e finalmente suicidarmi, ma tempo due secondi e mi sono già spostata, riprendendo a respirare e mandandomi a quel paese da sola.

Con una strana ansia mi volto a guardare la finestra da dove ovviamente sarà uscito l’enorme insetto di prima, e ghigno sadica pensando che alla fine abbiamo avuto noi la meglio su di lui.

Ti sta bene schifosa sanguisuga!

Non so come faccio a non vergognarmi di questi pensieri indecorosi, ma forse vivere con me stessa per diciannove anni mi ha fatto abituare a cose del genere.

Mentre rimugino sulla mia vergognosa esistenza prendo in mano la mia sveglia, che punto solamente durante la settimana. Di domenica non la uso mai.

E ci mancherebbe!

Osservando il piccolo Mokona in miniatura rimango incantata dal suo colore scuro e dalla sua perla blu, da cui poi ho sempre difficoltà a spostare lo sguardo.

Passano i minuti, e capricciosamente sprofondo in un dormiveglia che sembra più la più tipica delle mie catalessi in cui cado ogni volta che qualcuno inizia a parlarmi di qualcosa di difficile e sostanzioso, oltre che noioso.

Passa un tempo interminabile, e quando mi ritrovo per terra, con la guancia premuta sulla sveglia decido che magari sarà il caso di alzarsi una volta per tutte.

Mi tiro su in piedi, ripoggio la sveglia al suo posto, ma faccio la cosa più sbagliata che potrei fare in questo momento, capace di mandare all'aria i miei profondi intenti.

Con la coda dell'occhio osservo il letto sfatto.. le lenzuola stropicciate e buttate a terra, il cuscino completamente schiacciato verso la spalliera.. una scena troppo invitante.

E infatti mi ricaccio a letto aggrappandomi al cuscino, e rannicchiandomi più che posso mandando a quel paese i buoni propositi dell'alzarsi definitivamente ecc.

Ma buonanotte, altroché!

 

Altra stanza dello stesso imprecisato appartamento.

Ore 14 e 23.

 

Chi aveva osato disturbare il mio sonno?

Avevo alzato un sopracciglio, profondamente e irrimediabilmente stizzita, per guardare i raggi del sole filtrati appositamente dalle persiane per interrompere il mio sonno, a mo’ di sasso dal peso piuma di una tonnellata o due.

But… Just a moment… avevo dormito?

Solita domanda che mi pongo da rincoglionita, quale sono, quando il giorno mi si apre davanti agli occhi con le sue mirabolanti meraviglie.

Mi ero ricordata perfettamente l’ultimo bicchiere di sakè ingurgitato prima di cadere tra le braccia di Morfeo, come se l’avessi bevuto esattamente un battito di ciglio prima.

Nel mezzo… il nulla.

M’ero stiracchiata dal torpore, che il mio cadaverico modo di dormire lascia addosso ogni volta che mi sveglio, aspettando che lo scricchiolio delle ossa mi avvertisse che le articolazioni erano tornate in funzione, e poi mi ero alzata.

Avevo sbadigliato ancora, ma mi era sembrato quasi che lo sbadiglio fosse provenuto dal letto che ancora mi chiamava.

Avevo socchiuso la porta e aspettato che il flusso degli eventi facesse il suo decorso, attendendo che una figura a me ben nota facesse la sua apparizione dalla porta che mi si era parata davanti.

La nostra telepatia non dorme mai.

Poi, tutt’ad un tratto, ho sentito qualche ostacolo nella trasmissione.

Ed ora sto qui a chiedermi, senza troppo impegno, cosa sia il dolore che sento sul fianco destro e cosa sia quella specie di astronave nera e ronzante che giace senza vita sul lampadario al neon che illumina il corridoio.

Ma tutto quello che riesco a pensare… è “cazzo.. davvero non lo voglio sapere”.

E probabilmente è anche meglio che ringrazi il fatto di non ricordarmelo.

Decido di rinunciare.

Ave al diritto inviolabile della privacy.

Dopo i soliti minuti di analisi dettagliata di quanto sia bella la vita, il rito finisce e senza una parola mi dirigo in cucina per preparare la colazione, mentre so per certo che la mia coinquilina si sarà infilata in bagno… ed anche nel cesso probabilmente.

Sono le due e mezza del pomeriggio.. constato con un occhiata all’orologio della cucina. Può avere senso fare colazione adesso?

L’ultima cosa che mi va di fare adesso è avere dei dubbi. Sgrunt.

Metto su la teiera con l’acqua, poi afferro gli infusi dal cassetto e do una breve occhiata alle due tazze che svettano impazienti di essere scelte sul ripiano sopra la mia testa. Quel che si suol dire l’imbarazzo della scelta, dato che le altre quattro giacciono ancora in toccate ed intoccabili sul lavello.

Puzzano anche un po’ di alcool.

Ma che ci posso fare se il sakè bevuto dalla mia adorata tazza diventa più buono?

Dopo quest’attimo di smarrimento finisco di preparare gli infusi, verso il liquido nelle tazze, ed estraggo i miei biscotti preferiti dal ripiano basso.

Cazzo… sembro un robot! Sono proprio lontani i bei tempi in cui non sapevo nemmeno come era fatta una teiera…

Dopo un tempo che, sinceramente, non riesco ad identificare, vedo la mia sister trascinarsi dal bagno verso di me.

Guarda, rinfrancata, la sua adorata tazza di Slam Dunk, che non riesco ancora a comprendere, dopo due anni di convivenza buoni, cosa cavolo ci trovi di così bello.

Do uno sguardo alla mia. È una tipica tazza giapponese, di quelle di ceramica laccata e striata coi cerchi concentrici, con un dipinto un grosso ideogramma disegnato a mano, almeno secondo il furbone che me l’ha venduta, che significa “Buongiorno”.

Cazzo quanto sono masochista. Fra un po’ vedrò gli ideogrammi salutarmi alla fermata della metro o farmi la danza usando come veli le pagine del libro di letteratura orientale.

La mia Sis ha fatto il suo ingresso esattamente un secondo prima che riesca a spaccarmi la scatola cranica sul lavello. Non che sperassi in un suo salvataggio, sia chiaro. Quelli che siamo in questo momento non si possono definire neanche esseri umani.

Elettra Alfano, ventun'anni portati non molto bene, non ama affatto vedere la luce del giorno. Diciamo che non ama vedere la luce in generale. Spero per lei che non esista il paradiso, lo spero vivamente.

-Mhm.-

-Hn.-

-Mh.-

-Hugh!- 

Non oso chiederle del cadavere che si avvia gioiosamente alla composizione sul lampadario del nostro corridoio, e ci sediamo simultaneamente. Addento un biscotto grande e croccante, e lo mastico con grande rumore.

Non siamo in Giappone da poi molto tempo, ma ho avuto tempo d’imparare che, decisamente, le abitudini giapponesi in fatto di colazione sono parecchio discutibili, dal nostro punto di vista. Quei pesci piccoli, perfidi e pieni di spine non li sopporterei a prescindere, poi.

-Ho sonno.- bofonchio.

-Dillo a me.- risponde, involontariamente senza mettermi subito davanti alla dura realtà dei fatti. Che poi non dovrebbe essere poi tanto dura.. almeno rispetto ad altri giorni.

-Fa caldo?-

-Molto, molto caldo-

-Sai che giorno è oggi.. vero?-

Mi viene il dubbio che, tutt’ad un tratto, le possa essere cresciuto il pomo d’Adamo, ma in realtà sta solo cercando di deglutire un pezzo di biscotto particolarmente grande senza raschiarsi la gola a sangue.

-Shimei no Nichiyoubi-

-Esattamente…- sorrido, in modo parecchio convincente -…che tradotto sarebbe?-

-Sisters’ Sunday-

-La ricordi la nostra lingua madre vero?-

-La domenica delle sorelle-

-Bingo!-

E so che non rifiuterai di farti un giro per le vie della capitale con me per festeggiare l’evento… vorrei aggiungere, ma penso di essere già stata abbastanza chiara.

Io, Vittoria Galieti, ventun'anni portati con tutta la fatica del caso, credo di non aver mai capito veramente il modo in cui siamo finite in questo paese senza perderci prima.

Sarebbe stato molto più facile da credere, ma tanto che ci siamo ringraziamo di essere qui, e lo facciamo ogni due domeniche.

Si, lavoro di domenica. Anzi, soprattutto di domenica.

In fondo, nessuna delle due aveva mai sperato che il Giappone sarebbe stato un grosso e gigantesco fumetto dove vivere spensierate tra onde energetiche e bei ragazzi da shounen manga a gogo.

Oddio.. forse un po’ in gioventù lo pensavo.

-Si esce di casa alle cinque meno dieci.. non un minuto di meno, non uno di più-

Annuncio. Sis annuisce senza troppi convenevoli, terminando il suo ultimo sorso di tè, e abbandonando la tazza subito dopo per andarsi a stravaccare sul divano.

E come sempre non posso non chiedermi se davvero abbia capito cosa le stessi dicendo.. o meglio, se davvero abbia capito che le stessi parlando.. lasciamo stare.

-Muovi il culo che fanno one piece-

Se ci fosse una multa per abbandono di stoviglie da lavare, credo che sia io che lei avremmo da pagare il quadruplo dell’intero debito pubblico del nostro bel paese.

La tazza mi riserva uno sguardo implorante ed un persistente olezzo di alcol.

-Volo-

E a mai più rivederci.

 

Quartiere di Shibuya.

Ore 17 e 13

 

 

È inebriante.

Siamo belle, giovani e con un segreto da nascondere.

Il nostro passato è sconosciuto a chiunque posso scorgere a migliaia e migliaia di chilometri. O yeah.. mi sento al meglio di me stessa.

Respiro l’aria del Giappone a pieni polmoni, accogliendola con tutte e due le braccia. Finalmente mi trovo nel posto dove sarei dovuta nascere fin dall’inizio prima che in cielo facessero quello stupido errore burocratico, facendomi nascere in Italia.

Finalmente sono dove dovrei essere.

Finalmente sono a casa.

Finalmente sono libera!

-Potresti smetterla di sbattermi quel braccio addosso per piacere?-

Mi rendo conto solo in questo momento di aver attirato l’attenzione di più di qualche passante. Solo per aver fatto un po’ di para para dance in pieno centro del quartiere Shibuya? Suvvia.. non sapevo che i giapponesi potessero essere tanto bacchettoni!

-Che avete da guardare voi?-

Insomma, so di avere dei bellissimi ricci castani che qui neanche osano di sognare, ma un po’ di contegno voglio dire! Non si fissa la gente in questo modo! Devo proprio sempre insegnare tutto io?

La gente dei dintorni si dilegua senza troppo sbattimento.

-Bene bene, dicevamo?-

-Orihime.. secondo te ucciderla con un colpo di Bazooka sarebbe troppo poco?-

Orihime Himitsu, ventun'anni, collega sul lavoro e nemica giurata della mia convivente e sorella acquisita. Il tema della sua imminente morte è parecchio inflazionato nei nostri discorsi, ma fa sempre bene al cuore parlarne. Un po’ meno averci a che fare, temo.

-Na.. troppo poco crudele, troppo costoso-

-Già, lo immaginavo.. impiccarla a testa giù e torturarla lentamente?-

-Appagante, ma pieno di problemi logistici.. ti mancherebbe il posto e il tempo, temo-

-Ho sempre tempo per fare del male..  specialmente a quella là-

-Lo so lo so- e non è difficile da immaginare.

Considero la nostra situazione corrente, mentre mi avvio all’entrata della nostra fumetteria di fiducia, rischiando quasi di far cadere una gigantografia in cartone di Goku sulla sua nuvola speedy.. ma quanto era più carino da piccolo?

Ma traballa leggermente, tornando al suo posto, e torno a ponderare.

Naturalmente in Giappone si sta molto meglio che in Italia, su questo ho pochi ma veramente pochi dubbi. Peccato di non aver immaginato che le persone potessero essere così dannatamente appiccicose da queste parti!

Sospiro affranta, guardando affascinata un bambolotto di Edward Elric che mi fissa come se gli avessi appena detto che è più basso del nano più basso del mondo.

Edward Elric, onnipresente e senza età, mio personaggio virtuale preferito, capelli biondi, occhi dorati e faccino a cui è impossibile resistere, con persistenti paranoie da bassa statura. Ma con questo, dall’alto del mio metro e settantacinque, riesco a conviverci più che bene.

-E Taro?-

Taroemon Arai, ventidue anni, mio collega di lavoro, figlio del mio datore di lavoro, mia piaga e mio schiavetto personale.. tutto ciò senza che nessuno gliel’abbia mai chiesto, per giunta.

Considerando ciò che succederà domani, m’immagino già per filo e per segno i suoi piagnistei.

-Come pensi che la prenderà il tuo Doraemon personale?-

Evito di appuntarle il fatto che lui preferisce di gran lunga essere chiamato solo Taro, dato che in ogni caso non penso se ne ricorderebbe così a lungo.

-Non lo so-

-Se vuoi puoi chiederlo direttamente a lui-

Taroemon Arai, ventidue anni…ah no, tutto questo l’ho già detto.

Taro mi sta proprio davanti, in questo momento, spostando lo sguardo da me ad Edward, che solo adesso mi rendo conto di aver afferrato con ben poca grazia per vezzeggiarlo violentemente. Più che prevedibile direi. E lui ci guarda con quella faccia da cane bastonato sul suo bellissimo viso proporzionato e un po’ femmineo e da sotto i fini capelli tinti di castano, con i bellissimi occhi antracite che sembrano dire ‘Perché ogni tanto non mi ami come ami lui?”.

Meglio per lui non conoscere la risposta.

-Ciao Doraemon!- lo saluta la Sis, mentre io e Edward siamo ancora imbambolati (lui ci riesce molto meglio di me, essendo una bambola per propria natura).

-Chiamami solo Taro- sorride, a disagio, visto che nonostante si conoscano da un po’  e nonostante le abbia già fatto presente di come chiamarlo, lei continua a usare quel nomignolo.. presumo lo faccia apposta.. anche se non si potrebbe mai dire, e magari semplicemente se ne scorda.

Che dire di Doraemon? Ehm.. Taro? Probabilmente è l’essere umano più alto del Giappone. Questo ragazzo ha mandato in frantumi tutti i miei stereotipi secondo cui gli orientali riescono ad essere alti solo nei fumetti (e pure là ogni tanto qualche difficoltà ce l’hanno di solito). Per creare qualunque tipo di costruzione alta del Sol levante gli architetti s’ispirano a Taroemon Arai. Ok, forse non del tutto.

Un metro e novantacinque di tutto rispetto, insomma.

Cosa che non gli ha impedito di soffrire della ‘maledizione di Doraemon’. Essere associato da tutta la vita ad un grosso gatto blu col naso rosso a palla, a causa del proprio nome, non deve esser stata una gran cosa per la sua virilità.

Ma di certo non è da me che avrà pietà.

-Salve, Vittoria san. Il tuo giapponese è sempre più perfetto!-

-Grazie ma.. tuo padre non ti ha tenuto a lavoro oggi?-

Padre di Taroemon Arai è Kuma Arai, cinquantatré anni portati con parecchi chili di troppo (su per giù un centinaio), vedovo, amante del cibo,  dell’atto di cucinare il cibo, dell’atto di mangiare il cibo, degli orsetti (in onore del suo nome che significa appunto ‘orso’), dei grembiulini da donnina del focolare, e della combinazione di queste due ultime cose. E, cosa più importante, proprietario dell’agenzia di guide turistiche in cui lavoro. Indi per cui non dovrei neanche trattare male suo figlio, credo. Ma la tentazione è troppo forte.

-Sono scappato.. volevo vederti, Vittoria san-

-Tanto lo sai meglio di me che di giorni liberi ne ho pochi..- comincio, un po’ stizzita, evitando di sbattergli in faccia la dura realtà dicendogli direttamente che la sua presenza evoca in me soltanto la fatica del lavoro -.. avresti potuto rivedermi tranquillamente domani pomeriggio! Sai, ho un turno di guida alla torre di Tokyo-

-Si lo so, Vittoria san..- evita di farmi capire che ha probabilmente girato tutte le fumetterie nei pressi del mio indirizzo con un altro sorriso.. tentativo vano -… ma io volevo DAVVERO vederti-

Il ghigno che si stende sulla mia faccia deve essere assolutamente affascinante per Taro, ed altrettanto assolutamente terrificante per occhi non innamorati. Taro, tra le altre cose, è forse anche la persona più indecisa ed assurdamente manipolabile sulla faccia della terra. Come potrei fermarmi dall’approfittarne?

-Togliti quell’espressione dalla faccia.. conosco quell'espressione-

Sibila Sis, avvicinandosi a me con fare cospiratore.

-Quale espressione, oh mia Sis?-

-Quella espressione con puro ghigno malefico che hai proprio in questo momento-

-Ah.. parli di questa?- dico, guardandola negli occhi –Tranquilla, lascia fare a me-

Ok, forse non dovrei sfruttare il figlio del mio capo solo perché si è innamorato di me a prima vista e fa tutto quello che gli dico senza battere ciglio. Non è molto corretto approfittarsi di chi non è in possesso di piene facoltà mentali.. come se poi dipendesse dal soggetto. Un'infatuazione su soggetti come Taro ha degli effetti molto tendenti al maniaco- ossessivo- compulsivo. Ed è una cosa di cui devo tenere conto.

-Taroooooo.. mi fai fare cavalluccio?-

Grido, in modo parecchio riconoscibile.

Lui sorride, con uno di quei sorrisi con una fila di denti bianchi e scintillanti che trasmettono la gioia pura e candida di un angioletto senza macchia.

Poverino, devo dire che mi fa pena.

Vedo la Sis rinunciare ad una conversazione di senso compiuto con me, mentre mi lancio a peso morto sulle spalle abbassate prontamente da Taro, dirigendosi verso un poster di Sanzo, sexy, biondo, ammiccante bonzo dalla pistola facile, con l’interessamento negli occhi grigi ora un po’ più luminosi.

-Fa un po’ come ti pare- la sento bofonchiare.

Io continuo a strillare come un ossessa –Cavalluccio, cavalluccio!- in italiano.

Per fortuna che gliel’avevo già spiegato che non sapevo come si diceva in giapponese, altrimenti la sua schiena non avrebbe mai potuto accogliermi in tempo!

-Su Taro chaaaaan! Fammi fare il giro di Tokyo!!!-

… su questo non sembra essere molto d’accordo.

 

Stanza imprecisata di un imprecisato appartamento del quartiere d’Ikebukuro… ancora.

Ore 20e 31

 

-          Ahumm..- gorgoglio felice quando il mio corpo sente la comodità e la morbidezza del divano sotto di sé e miei muscoli finalmente si stendono per la stanchezza.

-          Non mi dirai che sei stanca.- esordisce Vittoria alle mie spalle, mentre io le rispondo mormorando qualche verso incomprensibile persino per me . Evito, però, di risponderle in modo appropriato, visto che ritengo la risposta troppo ovvia da poterla anche solo citare.

Mentre lei si è fatta il giro di Tokyo, anche se non abbiamo visto proprio tutta Tokyo.. diciamo un po’ tutti i posti dove poterci far offrire qualcosa da Doraemon.. dicevo, mentre lei si è fatta Tokyo in spalla a quel demente, io ho dovuto camminare con le mie sole gambe ed è un'esperienza che non consiglierei neanche al mio acerrimo nemico.

No aspetta, se avesse le stesse conseguenze per Orihime a lei lo consiglierei volentieri.

Cioè ho dovuto CAMMINARE per un'intera giornata. E per la maggior parte del tempo sotto il sole.. no, dico SOTTO IL SOLE! Ma stiamo scherzando??

-          Io ti odio.-

-          Da quando di grazia?- chiede Vittoria distrattamente, mentre la sento armeggiare con qualcosa, ma sono troppo sfinita per poter alzare la faccia dal cuscino del divano per osservare cosa stia facendo.

E in sto momento non mi frega proprio.

-          Da quando mi hai costretto a girare sotto il sole per un'intera giornata.-

-          Tendo a ricordarti che dato che volevi sempre ostinatamente metterti a sedere, tra l'altro per poter anche mangiare o bere qualcosa ad ogni bar che incontravamo, e ovviamente facendotelo offrire da Taro, alla fine non abbiamo visto neanche la metà della metà di Shibuya.-

-          Cosa pretendi? Lo sai meglio di me che se potessi fingere di non utilizzare le gambe andrei in giro con la carrozzella piuttosto che a piedi. E per quanto riguarda il tuo caro Doraemon, bè mi sembrava il minimo. Nello Shimei no Nichiyoubi lui non c’entrava niente, doveva pagare penitenza tsk!- dico, prima di alzare lentamente la testa e osservare finalmente che cosa sta facendo la sis da quando siamo arrivati. Rimango perplessa quando la vedo armeggiare coi sacchetti pieni di oggetti promozionali che ci hanno regalato per le compere di oggi, sempre pagate da Taro.

-          Su questo hai ragione, e comunque non è "il mio caro Doraemon", intesi?-

-          Ehm.. vuoi una mano?- azzardo quando la vedo incartarsi con le scatole di pasticcini e gli spiedini.

-          Mi sembra il minimo! Prepara l'occorrente per stasera. Ricordi cosa abbiamo deciso di fare vero?- alza lo sguardo, per incontrare il mio che rimane sempre perplesso ma non lo da troppo a vedere.

-          Certamente.- rispondo con convinzione, mentre lei annuisce e si rimette al lavoro.

O cacchio, cos'è che dobbiamo fare stasera? Dai, omino, per favore cerca di ricordare! Se glielo chiedo ora mi sbrana viva e addio spiedini!

Il mio cervello si rifiuta sempre di collaborare e, ovviamente, stavolta non vuole fare l'eccezione quindi mi ritrovo ancora immobile sul divano non sapendo assolutamente cosa dovrei fare.

-          Perché te ne stai lì impalata?-

-          Ehm..-

-          Non sarà che non ti ricordi per niente cosa facciamo stasera e mi hai mentito solo per non dovermelo dire, vero?- alza un sopracciglio, assumendo un'espressione esasperata visto che, e presumo bene, di certo non riesce proprio a sopportare questo mio continuo dimenticare le cose.

-          Ma cosa dici mai? Certo che lo ricordo! Stavo solo osservandoti lavorare, e devo ammettere che sei davvero una brava casalinga!-

-          L’ultima cosa che dovevi fare era darmi della casalinga sai?- sibila stizzita, guardandomi negli occhi come cercando di leggermi nei meandri più profondi dell’anima… come se ce ne fosse bisogno.

-          Fila subito a preparare i dvd! Stasera si fa l'anime night, razza di sbadata che non sei altro!- mi sibila ancora, incazzata, visto che le è rimasto un dito incastrato nel fiocco di una confezione, e immagino pure che ci sia anche lo scotch a tenerglielo attaccato.

-          Vado.- dico alzandomi e sparendo in camera più veloce di Flash.

Mentre sono intenta a fare la conta per decidere che cosa guardare stasera inizio a pensare a una cosa che in tutta questa giornata non mi era ancora venuta in mente.

Quasi commossa per essermelo ricordato, torno in salotto carica di dvd di Saiyuki e trovo la stanza vuota, ma in compenso sento del rumore provenire dalla cucina. Poso la roba sul tavolino vicino il divano e raggiungo Vittoria, che trovo intenta a papparsi qualche spiedino mentre prepara il suo piatto e il mio.

-          Fatto?- mi chiede, senza neanche alzare lo sguardo. Noto con piacere che della bava le scende dalle labbra, segno di avere l'acquolina in bocca, e me ne rallegro visto che anche a me sta scendendo. A volte la nostra sintonia è quasi scioccante.

-          Ya, comunque prima di arrivare in salotto vedi di non scafarti tutti gli spiedini. Vorrei mangiare qualcosa anche io se non ti dispiace.-

-          Che cosa ti lamenti che hai mangiato come un maiale tutto il giorno?- mi chiede con un'espressione che in un anime prevederebbe la gocciolina sul capo.

-          Che c’entra? Quello l'ho fatto soprattutto per svuotare il portafoglio al demente.-

-          Sì certo come no. Prendi da bere va.-

Sedute a terra sul tappeto, dei cuscini sotto il sedere, un piatto di spiedini ciascuna sulle gambe, una bottiglia di chinotto ai nostri piedi, e Saiyuki in tv.

Questa si che è vita.

-          Sis, di solito non sono io che mi dimentico le cose importanti?- accenno quando sono finiti i primi episodi, mentre lei è intenta a cambiare dvd.

-          Veramente lo siamo entrambe.-

-          Sì, però.. mi sono ricordata una cosa, che però tu avresti dovuto ricordarmi di essermi dimenticata visto che riguarda soprattutto te.-

-          Potresti parlare in modo che anche io riesca a seguire ciò che dici?-

-          Sis, domani non è il tuo primo giorno di uni?- chiedo con tono leggermente incerto, mentre la vedo bloccarsi col telecomando a mezz'aria e sbarrare leggermente gli occhi.

-          E cacchio se è vero!-

-          Avevo ragione allora?! Mi sono ricordata di una cosa e tu no?! Non ci credo!! Ah, stavolta la sbadata sei tu eh?- mi elogio esultante, visto che non capita molto spesso una cosa del genere, ma non sentendo risposta dalla sua parte mi giro e la vedo ancora imbambolata col telecomando in mano e la stessa espressione di prima.

Forse davvero non si ricordava di dover ricominciare la scuola..

-          Sis?- la richiamo, mentre le tolgo il telecomando di mano, e le sventolo il braccio davanti la faccia ma vedendo di non avere successo opto per un metodo più concreto.

-          Che cazzo stai facendo?!- sbotta all'improvviso fermando la mia mano, intenzionata a colpiprle la guancia, e guardandomi stralunata.

-          Non ti svegliavi.- alzo le spalle, mentre ritorno seduta e lei mi imita.

-          Stavo solo pensando.. cioè domani ricomincia la scuola.. quindi non accadrà più la cosa del "tu lavori e io dormo" che mi piaceva tanto..- inizia a farfugliare, mentre io alzo un sopracciglio leggermente stizzita visto che a me invece la cosa non piaceva affatto. - E visto che la scuola ricomincia non potrà più succedere "tu lavori e io dormo" ma succederà "tu lavori e io mi sveglio più tardi"..- continua, mentre inizia a prendermi il comune tic all'occhio che solitamente mi prende quando inizio a sentirmi irritata davvero. - Poi pensavo che domani conoscerò altre persone, e visto che sono come te di certo potrai immaginare come mi sentirò.. sì insomma, tu sei così musona e intrattabile con le persone che preferisci ignorarle e tenerti tutto dentro, però io sono più influenzabile..- dice, alzando una mano a tirarsi i capelli indietro, mentre il mio tic all'occhio si fa sempre più insistente. - Cioè non che io sia molto diversa da te, in questo siamo davvero simili, però io dovrò starci a contatto con queste persone… per studiare, non come te che sei obbligata dai soldi.. a me non paga nessuno, quindi potrei decisamente comportarmi più liberamente, però se incontro gente appiccicosa come tu hai incontrato Orihime che faccio? Tu stai zitta per i soldi, ma io?- s'interrompe per riprendere fiato, mentre io inizio a giocare col telecomando tanto per tenermi impegnata e cercare di calmare la mia irritazione, e di conseguenza il tic. - Poi immagina se mi becco i prof più bastardi e a cui poi starò pure sulle palle… dio non ci voglio andareee!- conclude piagnucolando, mentre io sfinita da questo suo sproloquio di cui tra l'altro mi sono persa mezza parte, visto che ha parlato troppo veloce per i miei canoni, e ancora decisamente irritata le sbatto leggermente il telecomando in testa, facendola lamentare offesa e contrariata.

-          Che cazzo fai? Ma sei scema?!-

-          Mi hai decisamente insultato più volte, se non te ne sei accorta. Comunque, sorvolando questo, e valutando ciò che hai detto posso concludere che: sei un'idiota.-

-          E da cosa lo deduci questo?- incrocia le braccia, non contenta dell'insulto.

-          Dal fatto che hai detto tante di quelle stronzate che nemmeno io, in tutta la mia esistenza, sono riuscita a dire. In più hai pure invertito i ruoli, e la cosa non mi piace.-

-          Di che ruoli parli?-

-          La pessimista sono io, ricordi?-

-          Ah quello.. si è vero, però anche a me capitano momenti no, giusto?-

-          Certo, ma devono capitare per cose giuste e non derivare da cose stupide come l'inizio della scuola.-

-          Sis, mi spieghi perché parli come se sapessi tutto dalla vita?- mi chiede, con l'espressione da goccia sul capo, mentre io tossisco evitando di rispondere.

-          E poi queste cose, se davvero le pensi, ti verranno in mente domani appena prima di entrare all'uni quindi perché pensarci adesso?-

-          Non hai proprio tatto, eh?-

-          Già già.- concordo, mentre lei scuote il capo rassegnata. - Comunque per adesso guardiamoci i cartoni, poi ci sbronziamo e vedrai che domani non avrai tempo di pensare a ste cose perché, che ne so, magari starai facendo tardi e sarai più concentrata ad arrivare in orario piuttosto che pensare a cosa ci farai lì. Andata?- ghigno sentendomi soddisfatta di me stessa, visto che una soluzione migliore di questa non avrei potuto trovarla, mentre Vittoria continua a guardarmi come se davanti avesse una persona gravemente malata di mente.

-          Sbaglio o stai cercando di scialacquare il discorso?-

-          Non sbagli.- continuo a ghignare, mentre lei mi tira il telecomando in faccia, beccandomi in piena fronte, e sbuffando mi ordina di avviare il dvd.

Decisamente me lo sono meritato.. però adesso possiamo continuare a guardare Saiyuki.

 

 

 

SPAZIO AUTRICI!

Lady Ko’: Salve a tutti! Noi siamo Lady Kokatorimon…

Brucy: E Brucy o eyesice o come preferite! Hola a voi!!

Lady Ko’: Sigh sigh.. erano anni che progettavamo questa fic! Non posso crede che siamo riuscite a pubblicare il primo capitolooooooooo *piange*

Brucy: Non dovevi dirlo.. così mi fai.. così mi fai.. buuuuuuuuuuuuu

Lady Ko’: *Ignora* comunque, passando alle PRECISAZIONI SERIE, precisiamo che ci impegneremo a rendere verosimili i particolari riguardanti il Giappone, ma dato le nostre scarse risorse potranno esserci delle incongruenze o degli errori, e di questo ci scusiamo anticipatamente *inchino*

Brucy: Buuuu.. *inchino* zi comunque.. mi sento male.. ho le pulsazioni T.T non piacerà a nessuno quello che scrivo io… e finiranno per chiedere solo di te… e io finirò nella zona oscura del dimenticatoio… buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu

Lady Ko’: *continua ad ignorare* io considero un po’ questa fic come realizzatrice dei nostri sogni, in tutti i sensi XD infatti parecchie scene provengono da nostri sogni! Gran metodo lo so XD

Brucy: *stufa di essere ignorata si fa crescere corna e coda e con una forchetta infilza il sedere della socia* Sì in effetti dobbiamo quasi tutto ai nostri sogni, quindi direi sia il caso di ringraziare il caro Morfeo *applaude al dio*

Lady Ko’: Ma sicuramente anche ai nostri sogni come desideri! Ho sempre desiderato di essere corteggiata super insistentemente *sbava*

Brucy: a me veramente basterebbe anche solo averceli tutti vicino questi carissimi personaggi manga/anime così da sbav.. così da poterci sbrodolare sopra.. però di certo non mi dispiacerebbe averci a che fare in quel senso *çççççç*

Lady Ko’: va buo, evitiamo di tirarla troppo per le lunghe U-U come da tradizione fai tu i saluti finali *dorme sugli allori*

Brucy: oddio.. non puoi chiedermi cose simili.. sono incapace O_O cioè non è che ci voglia la laurea per fare i saluti, questo lo so, però.. T_T va bene, ci posso provare U.U coff coff.. Ebbene.. se potete commentate ç___ç però grazie lo stesso a chi ha avuto la forza, o il coraggio, di leggere questo capitolo ç___ç ..

Minna arigatoo *inchino*

 

 

 

 

  
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