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Autore: Gabx    07/06/2014    5 recensioni
Erin è una ragazza sui vent'anni nella Londra degli anni '50 e di mestiere fa la cameriera al piano. Viene assunta in una prestigiosa villa grazie a delle sue conoscenze. Incontrerà chi le cambierà la vita, una contessa londinese affascinante e misteriosa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Il Sole dopo la Tempesta
 
25 agosto 1953
 
Il giorno del funerale era arrivato. Con estrema riluttanza, mi ero preparata. Avevo pettinato i capelli, indossato gli abiti che si aspettavano tutti che indossassi e poi mi ero diretta verso la chiesa, tenendo per mano Arya.
Non aveva pianto.
Non una lacrima.
Mi chiedevo quando sarebbe scoppiata e quando lo avrei fatto anche io. Non potevo ancora credere che .. era una situazione così assurda.
 Tutto andava così bene! Ero finalmente felice. Avevo la donna che amavo al mio fianco e poi questo. Un colpo troppo forte da sopportare facilmente.
Con una camminata di cinque minuti raggiungemmo l’entrata della chiesa. I presenti, benché pochi, ci guardarono con grande tristezza. Vennero da me soprattutto per fare condoglianze e stringere mani, rievocare episodi divertenti, insomma per rievocare chi ormai non era più fra noi.
Arya mi teneva la mano e si stringeva a me. Mi rimaneva solo lei.
Finalmente il parroco iniziò la cerimonia e io e lei ci sedemmo in fretta nei primi banchi.
Al momento richiesto arrivò la bara e la  posarono al centro della navata in modo che il parroco potesse svolgere i sacri rituali.
Non dicevo una parola. Non conoscevo davvero bene le preghiere, anche se mi avevano sempre mandato in parrocchia la domenica. Così Arya. Non muoveva le labbra ma fissava con costernazione la bara. Doveva essere così dura per lei, così piccola com’era.
Terminata la funzione, i quattro uomini incaricati di trasportare la bara si fecero avanti e se la caricarono in spalle per uscire dalla chiesa. Il parroco conduceva la processione e  noi lo seguimmo da vicino.
Gli uomini l’avevano trasportata fino al cimitero che era affianco la chiesa e l’avevano lasciata scivolare all’interno della buca.
Di nuovo ci avvicinammo per gettare la terra sul coperchio e poi ci allontanammo.
 Non potevo perdere il controllo e piangere di fronte ad Arya. Dovevo essere forte. Per lei.
Una donna si avvicinò e mi guardò per bene. Aveva gli occhiali appannati e i capelli scarmigliati ma la riconobbi subito.
“Scusatemi, signore. Sapete dirmi chi voi siate? Non vi ho mai visto prima d’ora nel nostro villaggio e sono più che certa che mio fratello non vi conoscesse. Eppure tenete per mano sua nipote, che è anche la mia. Desidero sapere chi voi siate.”
Deglutii e senza sapere che dire, provai a trovare una scusa abbastanza plausibile.
“Mi chiamo Logan Stein e conoscevo suo fratello, signora. Quindi anche Arya.”
E sorrisi a mia sorella che mi guardava con i suoi occhi da cucciolo spaventato.
“Ovviamente la bimba verrà con me. Non ha più nessuno oltre a me. Sono la sola famiglia che le resta.”
La voce gracchiante della vecchina iniziava già a darmi sui nervi. Sapevo perché voleva la bambina. Per mandarla a lavorare e fare in modo di guadagnarci sulla sua pelle. Non lo avrei mai permesso.
“Mi spiace ma penso che questo non sia possibile. Ha una sorella maggiore e questa si prenderà cura di Arya, secondo accordi.”buttai lì l’ultima frase, sperando demordesse.
“Accordi? Non sapevo ci fossero accordi fra mio fratello e quella sciagurata di una nipote.”
“E invece sì. Verrà a prelevare la bambina oggi stesso dalle mie mani. Purtroppo il nuovo lavoro che ha trovato era troppo lontano per poter arrivare in tempo alla cerimonia. Quindi, la prego di non disturbare né la ragazza né la bambina. Buona giornata, signora Shadow.”
Tentò di formulare ancora  una frase di senso compiuto ma io ero mi ero allontanata dal cimitero insieme a mia sorella.
Dopo aver camminato per un pezzo, deviammo in un parco e ci sedemmo sulla prima panchina che trovammo.
Mi massaggiai il fianco dove la pallottola era entrata e uscita. Samuel, a quanto pare aveva studiato medicina, mi aveva curata e avevo potuto alzarmi abbastanza presto. Il fatto che la pallottola fosse uscita era stato un punto a mio favore. Ovviamente mi faceva ancora male e non potevo ridere troppo o fare sforzi.
Dopo qualche minuto di silenzio, sentii Arya piangere. Così mi voltai verso di lei e la presi in braccio. La lasciai sfogarsi liberamente sulla mia spalla. Povera piccola.
Avevamo perso i nostri genitori e ora anche l’unica figura paterna che ci rimaneva. Ma io non l’avrei mai abbandonata. Era mia sorella e mi sarei presa cura di lei. Insieme a Louise.
Quando ero stata ferita, non mi aveva mai lasciata per un momento. Sempre al mio capezzale ma ovviamente sapeva che dovevo andare al funerale da sola. In modo da affrontare il dolore della perdita.
Mentre venivo colpita dalla pallottola, mio zio ha avuto un infarto. Nessuno se ne è accorto nel marasma che era seguito allo sparo. Non avevamo potuto salvarlo. Quando era arrivato in ospedale, non c’era stato più nulla da fare. A quanto pareva, la caduta insieme alla paura causata dallo sparo ravvicinato avevano provocato l’attacco cardiaco.
Era tutta colpa mia. Se soltanto non fosse arrivato Michael, corroso dalla vendetta, a mio zio non sarebbe venuto un infarto o se doveva accadere comunque, avremmo avuto più tempo. Io avrei avuto più tempo. Ma nemmeno essere un Conte, poteva cambiare il passato.
Accarezzai i capelli morbidi di Arya in modo da calmarla e dopo un po’ mi accorsi che si era addormentata.
Senza svegliarla, la presi in braccio e salendo su un taxi, mi feci accompagnare fino a Villa Blake.
 
 
Ero stata in ansia per tutto il pomeriggio. Erin non si era completamente ripresa. Diamine, era stata ferita solo tre giorni prima e già pensava di essere guarita. Sapevo perché si comportava a quel modo. Non voleva che mi preoccupassi, cosa che avrei comunque fatto.
Avevo passato il tempo a leggere in giardino e a fissare con costanza il cancello nella speranza di vederla presto. Aveva detto che sarebbe tornata subito dopo il funerale insieme ad Arya.
Mi appoggiai meglio al dondolo e mi diedi una leggera spinta.
 Ripensai al giorno del mio matrimonio. Ma era mai possibile che ogni volta che le cose vanno bene, poi devono improvvisamente andare male? Insomma, perché?
Purtroppo non avevo risposte e dovevo accontentarmi.
Michael era stato arrestato: per tentato omicidio e per morte causata dalle sue azioni violente. Quindi sarebbe stato dietro le sbarre per un po’ per mia grande gioia.
Girai una pagina di Jane Eyre, il libro che stavo leggendo per la quinta volta, e mi coprii meglio il capo con il cappellino bianco. Era quasi settembre ma faceva ancora caldo.
Una macchina si fermò davanti al cancello della mia proprietà e da quel taxi scesero Erin e Arya.
Suonarono al campanello e senza aspettare che Burton arrivasse ad aprire loro, andai io.
Aprii il cancello e subito le braccia di Erin vennero a stringermi. Mi era mancata così tanto. Avevo avuto paura che le fosse capitato qualcosa. Ma era sana e salva e di nuovo con me.
Abbracciai anche Arya che aveva l’aria un po’ assonnata.
“Cos’ha?”chiesi ad Erin e lei mi sorrise cauta.
“Ha pianto tanto e si era addormentata ma poco prima di scendere, si è svegliata.”
“Può dormire nel mio letto.”
Erin annuì e prendendomi per mano, ci incamminammo verso la mia camera.
 Burton sembrava offeso dal mio comportamento ma decise di lasciar correre. Disse che avrebbe preparato del tè per i signori e ci fece l’occhiolino. Anche lui sapeva del piano e ci supportava con tutto il cuore.
Salimmo le scale e poi appena la porta si chiuse alle nostre spalle, feci stendere Arya nel mio letto e la lasciammo dormire.
Tornammo in salotto e ci sedemmo sui comodi divani. Erin si era seduta su un lato e mi aveva invitato a sedermi sulle sue ginocchia. Mi lasciai andare contro il suo fianco sano e la abbracciai.
Il suo profumo mi inebriò. Mi era mancata davvero ma davvero tanto.
“Ho deciso di prendere con me Arya. Non posso permettere che vada a vivere con quella sfruttatrice di bassa lega. Non voglio nemmeno vada in orfanotrofio. Sono sua sorella e la voglio proteggere. So che non sarai d’accordo ma io..”
“Io perché non dovrei essere d’accordo? Adoro Arya e nemmeno io voglio che finisca nelle grinfie di qualche istituzione sociale mal organizzata. La tireremo su come se fosse nostra figlia. Io voglio davvero essere tua e voglio appoggiarti in questo perché è giusto. Sarà nostra figlia.”
La vidi commuoversi alle mie parole sincere e iniziare a piangere.
“Abbiamo perso così tanto e ora che ho te, finalmente le cose iniziano ad andare per il verso giusto. Lo sai che ti amo e che mi innamoro ogni giorno di più e di più ancora? Sei davvero la mia anima gemella.”
Ora ero io ad avere gli occhi lucidi. Mi chinai verso di lei e iniziai a baciarla. Non era un bacio che la etichetta avrebbe detto casto ma non mi importava. Avevo ritrovato il mio pezzo mancante e non lo avrei perso mai più.
“Ti amo anche io, amore e davvero, non posso vivere senza di te.”le sussurrai all’orecchio dopo aver interrotto il bacio per bisogno di ossigeno.
“E io senza di te.”confermò lei.
Tornammo a baciarci ma dopo pochi istanti fummo interrotte da Burton che portava il tè.
Feci fatica e così anche Erin a non ridergli in faccia. Era diventato un peperone. Che tenero.
Prese congedo con un inchino imbarazzato e noi prendemmo il tè con i biscotti.
Ci rilassammo un po’ sul divano, qualche volta raccontandoci aneddoti e qualche volta baciandoci. Era davvero una bella vita se non si contavano le perdite e i dolori subiti.
Lei era davvero bella, anche vestita da uomo.
 Non vedevo l’ora di iniziare davvero la mia vita con lei.
 
Natale 1954
 
Erano passati un anno e quattro mesi da quando ci eravamo sposate. Le cose andavano davvero bene finalmente. Ci eravamo trasferite nella tenuta degli Stein, che gentilmente Samuel ci aveva regalato, e lì avevamo occupato l’antica villa.
Avevamo tutto quello che desideravamo: all’esterno un giardino ampio, una fontana, un gazebo e per quanto riguardava la villa, era una casa a quattro piani con stanze su stanze.
 Ovviamente avevamo con noi un valido aiutante: Burton. Ci aveva seguite con il permesso del Conte che ci faceva visita il più spesso possibile, come anche Samuel. Aveva trovato un piacevole amico nel nostro vicino, il Barone  di Levington, Marc Snowhill. I due erano da noi quasi ogni fine settimana e ci divertivamo molto.
Erin era stata ancora costretta ad usare quegli abiti da uomo se andava in paese o quando veniva Marc. Ma ben presto Samuel aveva messo a parte del segreto anche lui e quindi poteva essere libera di essere sé stessa anche nella sua casa.
Arya cresceva felice, circondata da animali e fiori e da giochi che le procuravamo nei nostri viaggi a Londra. Non che li chiedesse esplicitamente ma vedere la luce dei suoi occhi che si accendeva alla vista di magnifiche navi di legno o bambole di ceramica finemente decorate, era tutto per noi.
L’anno precedente eravamo andate a Londra, da mio padre, per festeggiare il Natale ma quest’anno ci eravamo riuniti tutti nella nostra villa, vicino al Distretto dei Laghi del nord.  
Eravamo pochi intimi: io, Erin e Arya, Samuel con Marc, mio padre e mia sorella.
Anche lei alla fine aveva saputo del segreto e dopo qualche iniziale reticenza, aveva deciso che se Erin mi faceva davvero così felice, allora lei non aveva niente da obbiettare.
 Suo marito era assente questa volta. L’anno precedente avevo chiesto ad Erin di vestirsi da uomo per quel Natale perché ci sarebbe stato anche il marito di Susan e lei aveva accettato. Jack era stato di un noioso assurdo. Non faceva che parlare di quanto fosse difficile lavorare al governo di questo periodo. Durante questo Natale era dovuto partire per l’India e aveva lasciato Susan da sola.
Ma lei non ci aveva  badato troppo e aveva pensato godersi il Natale, come era giusto.
La giornata era stata divertente. Avevamo passato il tempo giocando a palle di neve con Arya, a cuocere cibo e a mangiarlo ovviamente. C’erano stati regali per tutti e alla fine decretai la serata un successone.
Gli ospiti sarebbero rimasti per il week-end e così dopo la mezzanotte (Arya era già a dormire dalle 22) si ritirarono tutti nelle proprie stanze.
Erin si era già messa il pigiama e mi attendeva  nel letto con uno strano sorriso. Mi avvicinai a lei e mi sdraiai sotto le coperte, accostandomi al suo fianco.
Lei si sporse verso il comò e tirò fuori una busta.
Ci giocherellava e finalmente me la porse.
“Non ti ho fatto nessun regalo davvero importante e questo mi sembrava il minimo.”
La guardai interrogativa. Non avevo bisogno di regali se avevo lei con me. E lei c’era.
La signorina Louise Blake, Contessa di Blakelake, sposata al Conte di Stein, è sinceramente invitata ad unirsi ai suoi colleghi del secondo anno. Tutte le quote sono state pagate. Sinceramente Vostro Il Magnifico Rettore di Medicina di Londra, Marcus Tomson.”lessi ad alta voce.
 Poi rilessi ancora una volta incapace di crederci. Mi aveva pagato le rette per i miei studi. Non solo per quell’anno ma anche per quelli a venire.
Mi gettai al suo collo e lei si mise a ridere. Iniziai a baciarla ardentemente.
 Mi voleva far realizzare il mio sogno che avevo messo da parte per poter cominciare la nostra vita insieme. Dio, quanto poteva essere stupenda?
“Ti amo e non so come dimostrartelo. Tutto quello che sento qui – mi indicai il cuore con la mano- è troppo grande per poter essere espresso con delle semplici parole. Ma sappi che non ho mai amato qualcuno come amo te.”
Si avvicinò a me e mi baciò. Fu un bacio dolce e carico di significato.
“Lo sai, vero, che ti sto regalando anni di studio ed esami? Non ringraziarmi.”
Ci mettemmo a ridere e poi dopo aver spento le luci, ci addormentammo. Era mia davvero e io ero sua.  Saremmo rimaste insieme per sempre.
 
Oggi
  
Mi sentii scuotere la spalla da dietro. Lentamente aprii gli occhi.
“Che c’è..? Che c’è..? Sono sveglia.”replicai a bassa voce. Mi ero addormentata sotto la quercia dopo che Michelle si era affrettata alla villa per la festa.
“Ti eri addormentata, amore mio.”
Louise.
 Mi accarezzò i capelli e poi si chinò per posarmi un bacio dolce sulle labbra.
“Ti sono venuta a cercare. Non tornavi per il tè e così sono scesa nel giardino. Mi sono fermata un attimo a guardarti dormire. Sei sempre bellissima.”
Arrossii. Non mi capitava da un po’.
“Tu sei il mio sole,sai. Mi scaldi il cuore fin dal primo momento che ti ho vista. Ti ricordi? Sessant’anni fa ormai.”le ricordai, mentre la facevo sedere sulle mia ginocchia. Non ero più così giovane ma volevo ancora tenere fra le mie braccia l’amore della mia vita.
“Come potrei dimenticare? La nostra storia è unica al mondo.”mi disse e mi abbracciò caldamente.
“Noi lo siamo amore. E Arya e la sua splendida nipotina, Michelle.”
Le passai un dito sopra al ciondolo con il sole.
“Non passa giorno senza che io ringrazi la buona stella che ci ha fatte incontrare.”
“Anche io.”sussurrò Louise di rimando, i capelli bianchi a caschetto. Era sempre lei. Lei era per sempre.
“Ti amo, piccola.”
“Ti amo, cucciola.”
Rimanemmo in silenzio per un po’ e poi Louise si alzò.
“Penso che sia ora per il nostro tè e Michelle richiama la tua attenzione. Vuole una storia.”
Ridacchiai.
“E l’avrà.”
Le presi la mano e ci avviammo verso casa nostra.  
 
Fin
  
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