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Autore: SilviaDG    29/07/2014    4 recensioni
SIGNORI E SIGNORE, RAGAZZI E RAGAZZE, ECCO A VOI GLI HUNGER GAMES FRA SHADOWHUNTERS E NASCOSTI!
[...]Clarissa Fray- Imogen pronuncia con enfasi il mio nome,sento una stretta al cuore.
Alzo la testa e vedo e vedo tutti gli sguardi rivolti verso di me.
Mi faccio coraggio e guardo Simon,gli rivolgo un sorriso forzato,forse sarà uno degli ultimi che vedrà sulle mie labbra,andrò nell'arena. [...]
[...] Ho imparato che l'amore- stacca lo sguardo- è difficile, ma meraviglioso, perfetto, fa dimenticare tutti i problemi, illumina la notte, ecco. Senza stelle non c'è amore, senza amore non ci sono stelle.[...]
~ Dal testo~
[AU-Shadowhunters/ Hunger Games]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Clarissa, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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-È ora- annuncia una voce conosciuta e carezzevole mentre una mano dal tatto gentile mi accarezza con dolcezza il capo.
Non stavo dormendo, ma fingo di essere stata svegliata e sbadiglio teatralmente, poi apro lentamente gli occhi, li strabuzzo e mi metto a sedere con mosse rallentate e semplici.
Accanto a me, glorioso e affascinante come un angelo custode, gli occhi che brillano, come se il sole avesse regalato alle due iridi delle piccole parti dei suoi abbaglianti raggi, c'è Jace.
Mi sciolgo di fronte al suo sguardo sincero e amorevole e sorrido tristemente. 
-Come fai?- chiede, mentre mi circonda le spalle con un braccio.
Rabbrividisco pensando a ieri, a quello che è successo in questo esatto posto, nel punto in cui ci troviamo adesso.
Cerco di farmi forza, soprattutto per non far insospettire Jace, perché non voglio che si preoccupi troppo per me, perché, per adesso, ci sono pensieri più urgenti ai quali rivolgere la nostra attenzione. 
Forse, se il piano riuscirà e Jonathan morirà, gli rivelerò tutto.
-A fare?- controbatto con una domanda perché non ho realmente compreso il suo interrogativo.
-A essere così fantastica anche quando sei appena sveglia.- spiega, sorridendo- Pensavo che ti avrei trovata con i capelli tutti in disordine e l'espressione addormentata e che avresti gridato "oh no! Sono così brutta, non mi guardare!"- rivela, mostrando una pessima imitazione di una voce femminile. 
Muovo la mano e lascio un buffetto scherzoso sulla sua guancia e lui approfitta del mio piccolo slancio che mi ha fatto avvicinare per stamparmi un bacio dolce e pieno di desiderio, anche se un po' goffo.
Le sue labbra non sono come quelle di Jonathan, sono più delicate, e la sua lingua non è furiosa come quella di mio fratello, cerca la mia in modo passionevole ma dolce.
Scaccio quei pensieri dalla testa e mi allontano leggermente da lui, con movimenti cauti.
-È ora?- chiedo, ricordandomi improvvisamente del piano.
-È ora.- risponde lui, alzandosi e andando a chiamare Jonathan.
 
 
Quando i ragazzi rientrano, il cibo e l'acqua che abbiamo trovato negli zaini dei fratelli Lightwood sono già posizionati a terra.
In un altro momento sarei stata schizzinosa e non avrei mai poggiato qualcosa sul pavimento ruvido e lurido di una grotta che si trova in mezzo ad una foresta misteriosa, ma siamo dentro l'Arena e il cibo è essenziale, qualunque esso sia.
Inizialmente l'idea di mettere un foglio sotto i nostri viveri mi era sembrata abbastanza ingegnosa, ma poi ho pensato ad un'eventualità affatto divertente in cui una borraccia d'acqua cadrebbe dentro la carta davanti agli occhi stupiti di Jonathan.
Così è tutto sul pavimento, in bella mostra.
-Buongiorno- tuona Jonathan, sedendosi di fronte a me e facilitando, così, la riuscita del piano.
Lo avrei comunque convinto a spostarsi, ma meno ostacoli ci sono più le probabilità di riuscita del piano aumentano. 
Mio fratello sfoggia un riso mefistofelico e io cerco di ricambiare con uno altrettanto crudele, pensando a ciò che potrebbe succedere, pensando che presto sarà finita.
Jace si siede accanto a me, come da piano, ma mantenendo un po' la distanza. 
 Comincio a spizzicare in modo avido le provviste, trattenendole per un eventuale futuro, e anche Jace copia le mie mosse.
-Potete anche abbuffarvi! - esclama Jonathan, addentando un pezzo di carne secca- Presto uccideremo il prossimo tributo e prenderemo i suoi viveri- spiega con sicurezza- e comunque la fine è vicina, non vogliamo mica lasciare questo gustoso cibo agli strateghi, vero?-chiede, sarcastico.
Fingo un sorriso divertito e, per dargli ragione, acchiappo un po' di carne secca, inghiottendola in un sol boccone.
-Ragazzi- li richiamo poi, cercando di mostrarmi sicura.
Da ora, esattamente da questo momento, inizia la seconda parte del piano, quello che determinerà la sua riuscita. 
Devo essere convincente e mostrarmi innocua, o tutto andrà all'aria.
- So che non è luogo, ma...- abbasso lo sguardo- è da tanto che non disegno e tutto sta per finire- deglutisco- e vorrei...
-Certo- mi interrompe Jonathan- ovvio che puoi disegnare.
Alzo il capo, fingendomi quasi commossa davanti alla sua risposta positiva e poi rivolgo uno sguardo a Jace, il quale abbassa leggermente la testa in segno di consenso.
Quando siamo insieme a Jonathan, assume un comportamento di sottomissione, si finge quasi un servo e non prende parola, se Jonathan stesso non gli fa capire che deve esprimere dei pareri.
-Pensavo- prendo lo zaino- che potrei improvvisare la bozza di un ritratto- mi fingo imbarazzata- Jonathan, posso?- chiedo, guardandolo con un'aria da cane bastonato.
-Ma certo- sorseggia un po' d'acqua- smettila di porre richieste inutili e fa' ciò che devi.
Non credo che sappia ciò che in realtà ho intenzione di fare e, se lo sapesse, di certo non mi inviterebbe a continuare.
-Jace- lo guardo- potresti venire più vicino? Avrei bisogno di un assistente- sorrido. 
Lui si sposta leggermente, uccidendo la lontananza che ci divideva, mentre io apro la cerniera e sfilo l'album e il materiale da disegno dallo zaino.
Comincio ad abbozzando i tratti spigolosi del viso di mio fratello, accentuando il ghigno malefico, rendendo scuri gli occhi penetranti, sfumando con leggerezza i capelli candidi.
Qualche volta Jace mi consiglia di allargare le narici, di rifinire la bocca o di ricalcare le sopracciglia, tanto per non destare sospetti e per fingersi interessato e pronto ad aiutarmi.
Non so quanto tempo passi prima che diventi siddisfatta dello schizzo, ma, quando il ritratto sembra abbastanza accettabile, stacco il foglio dall'album, ritrovandomi davanti il mio amico bianco dove è riposto il primo pugnale. 
Fingo di non notarlo e giro il foglio dove è abbozzato il ritratto verso Jonathan, mostrandoglielo.
Lui lo studia per qualche secondo, come un professore intento a scegliere un voto adeguato da assegnare ad un allievo, poi sorride, quasi soddisfatto
-Sei davvero talentuosa- nota, quasi interessato.
-Oh, ho dimenticato un particolare! - dico poi, con la voce di qualcuno che ha scordato un elemento essenziale, come le chiavi di casa dopo essere usciti, o il regalo per un compleanno mentre si va alla festa.
Giro la matita fra le dita, quasi pensierosa, poi appoggio il foglio sull'album e aggiungo il dettagli finale, la ciliegina sulla torta, un mio riscatto, uno sfizio, anche se piccolo ed inutile, quello che non si trovava neanche nel piano.
Poi giro il foglio, in un istante, e gli occhi di Jonathan si spalancano, increduli, confusi, interrogativi.
Ma non fa neanche in tempo ad alzarsi.
Lascio cadere il foglio e sfilo velocemente il coltello dalla carta, impugnandolo per il manico. 
Dovrei passarlo a Jace, dovrebbe essere lui l'assassino, ma il mio istinto, la mia mente e il mio cuore mi dicono di agire da sola e, per la prima volta, nel mio pensiero naviga un termine nuovo: "vendetta".
Non tremo, non esito, sono sicura.
Forse sono così perché è la situazione che modella i miei comportamenti, forse è l'istinto di sopravvivenza, forse è la pazzia che si sta facendo strada verso di me, o forse è semplicemente che qui dentro sono cambiata più di quanto abbia mai fatto da quando sono nata.
Non sono più la Clary ingenua, quella che avrebbe voluto continuare l'attività della madre, quella che disegnava fumetti, quella che non reagiva agli insulti dei compagni, ora sono Clary la shadowhunter, la guerrira, l'assassina.
E so che compiendo questa azione il mio animo diventerà ancora più scuro, forse un giorno arriverà ad essere un pozzo nero e profondo, una scatola svuotata dalle emozioni, eppure voglio agire.
Devo, voglio, desidero ucciderlo, vedere il suo corpo inerme, il sangue che cosparge la grotta, il viso inespressivo non più attraversato da quel maledetto ghigno di sfida, ma dallo stupore per quello che avrò appena compiuto. 
Agisco, semplicemente, mentre una miriade di pensieri vagano per la mia mente, e lancio il coltello, come se fossi nata per fare ciò. 
L'arma si muove con velocità, colpendo con precisione la gamba destra di Jonathan.
Un fiotto di sangue inzia a farsi strada fuori dalla sua pelle e un urlo soffocato di dolore fuoriesce dalla bocca di mio fratello. 
Cerca subito di alzarsi, come un vero combattente, e, nonostante i movimenti rallentati e la fatica, riesce a mettersi in piedi, tenendosi dalla parete della grotta, ma non ha armi, o almeno è quello che credo.
Con mia sorpresa, comincia a sfilare con riluttanza il coltello dalla ferita, il viso bianco e sofferente, ma l'espressione ancora convinta.
Prima che abbia il tempo di agire, strappo il foglio ormai vuoto dove era riposta l'arma e prendo l'altro coltello, lo impugno e lo lancio.
L'arma si conficca, questa volta, nello stomaco di mio fratello, costringendolo a riccasciarsi a terra e facendo cadere sul pavimento, a poca distanza da lui, l'arma che teneva stretta fra le dita.
Jace, che in un momento in cui ero occupata ad attaccare si è alzato, ha recuperato il coltello sporco di sague e adesso è accanto a Jonathan, che cerca ancora, senza risultati, di alzarsi o di attaccare Jace.
-Sei sicura?- chiede Jace, il volto preoccupato.
Ha capito, ha agito senza sgridarmi perché non ho seguito il piano, si è adattato con dimestichezza alla situazione. 
-Sì- rispondo, mentre sfilo l'ultima arma.
Lui allora prende Jonathan, come fosse un fantoccio.
Il ragazzo cerca ancora di dimenarsi, mentre Jace lo costringe a posizionarsi davanti a lui, stringendolo in una morsa e puntando il coltello affilato alla gola.
-Siete dei traditori- sussurra lui, le forze che stanno per abbandonarlo.
Mi alzo, rendendomi conto di essere rimasta per tutto il tempo seduta, come se non fossi in mezzo ad una vera lotta, e mi dirigo verso mio fratello, che mi guarda con odio.
-Era tutta una falsa?- chiede, squadrandomi, mentre mi fermo a pochi passi da lui.
-Ieri- sibila- fingevi?- tossisce.
Vedo curiosità e confusione negli occhi di Jace, ma fingo di non notare. 
-Non ti ho mai amato e non potrò mai amare una persona come te. Nessuno ti amerebbe- rivelo- Sei un verme, non sei mio fratello.- confesso, sicura.
-Nessuno può insultarmi- dice, la voce flebile, ma ancora convinta- e nessuno riesce a battermi.
In qualche modo, si libera dalla stretta di Jace e prende il suo pugnale, anche se in una mano, non si sa in che modo, ha il pugnale che prima era nel suo stomaco.
Conficca un'arma nel petto di Jace, pericolosamente vicino al suo cuore, o nel suo cuore.
Non lo so, non capisco.
Lui barcolla come un ubriaco e si appoggia al muro della grotta, tentando di reggersi in piedi, ma cade ugualmente a terra, ansimante.
-NO!- urlo, in preda alla disperazione, ma non mi perdo in chiacchiere, la rabbia ribolle troppo dentro di me per farmi rimanere ferma.
Avanzo a cerco di compiere un affondo nel petto di Jonathan, che però para l'attacco con il solo pugnale, costringendomi a far cadere la spada corta e ad appiattirmi contro il muro della grotta, intrappolandomi.
Posiziona le mani sulle pareti, alla destra e alla sinistra del mio capo, tenendo ancora in una mano la sua arma.
-Cosa credevi di fare?- chiede, la voce sicura e suadente che grida "ho la vittoria in pugno".
Eppure si vede: è debole, fragile, come un esile ramo scosso da un vento impetuoso.
Riesce appena a reggersi in piedi e sposta con nervosismo il peso sulla gamba sana, riuscendo a sembrare forte grazie all'equilibrio che mantiene appoggiandosi alla parete.
In più, le due ferite sono ancora aperte e la tuta è squarciata in varie parti e anche il suo respiro, che incontra il mio viso, è affannoso.
Sì, è debole, e basterebbe solo un'altra piccola ferita, o semplicemente del tempo che aggraverebbe i mali già inflitti, per farle crollare.
-Tu e quel ragazzo da strapazzo non siete alla mia altezza- sussurra al mio orecchio, cominciando poi a morderlo e a baciarlo con foga.
Cerco di dimenarmi, di raggiungere con i piedi la mia arma, ma lui non me ne dà modo.
-Stai calma, sorellina- dice, tornando alla sua vecchia posizione, guardandomi negli occhi, avvicinando il suo viso al mio e fermandosi quando le nostre fronti sono una contro l'altra, anche se lui, per farlo accadere, deve abbassare leggermente il capo.
Mi stringe ancora di più contro la parete, avvicinando il suo corpo al mio, schiacciandomi ancora di più e facendoci quasi sembrare una sola persona.
La vicinanza, l'odore metallico e nauseante del sangue che sta macchiando i miei vestiti, il suo respiro caldo sul mio collo, il ricordo di ieri, i suoi occhi che ancora urlano desiderio, il pensiero di Jace ferito, dalla parte opposta della grotta, la consapevolezza che tutto sta per finire, la paura della morte...tutto mi gira intorno e,nonostante gli sforzi, una lacrima solalitaria solca la mia guancia destra. 
-No, sorellina, stai tranquilla, non ti ucciderò- dice- Voglio te, Clary, ti voglio.
Fissa la lacrima che scende per la mia guancia e la intercetta, non voglio sapere se per necessità o per sfizio, a metà del suo cammino con la lingua.
Un brivido percorre la mia schiena e urlo per la frustazione, scostando il capo e allontanandolo.
-Hai paura delle telecamere, Clary? Non vuoi dire a tutta Panem quanto mi ami?- sussurra.
Si avvicina di nuovo e appoggia di botto le sua labbra sulle mie, cominciando a morderle, poi comincia a giocare con la sua lingua.
No, non di nuovo.
Mi dimeno, cerco di urlare e di allontanarmi, ma la forza che ha in corpo mi assale e prendo consapevolezza del fatto che non riuscirò mai a batterlo.
Proprio quando sto quasi per cedere, quando ho intenzione di non lottare più, vedo gli occhi di Jonathan sbarrarsi e percepisco il suo corpo diventare improvvisamente rigido.
Cade a terra in un lago di sangue, il corpo inerme, il pugnale che era prima nel petto di Jace conficcato nella sua schiena e, dietro di lui, Jace, bianco in viso, rosso dove la ferita è aperta e un'espressione di dolore impressa nei lineamenti angelici.
Si ode il rumore di un colpo di cannone e il viso di Jace diventa improvvisamente più tranquillo e sereno.
Il ragazzo accascia a terra, ansimante, dalla parte opposta in cui si trova Jonathan, mentre sibila, incredulo e felice, "Ti ho salvata".
 
 
 
 
 
Vorrei cadere anche io a terra, piangere come una debole e urlare per la disperazione, ma il cuore batte con troppa fretta e il cervello pensa troppo velocemente per permettermi di fermarmi.
Nessun colpo di cannone, Jace è ancora vivo.
Per prima cosa prendo con riluttanza il corpo di Jonathan e lo lascio fuori, davanti alla grotta, così che l'hovercraft possa recuperarlo, poi rientro velocemente e mi dirigo verso il mio zaino.
"Stilo" è la parola che mi assilla.
Lo estraggo velocemente dallo zaino e mi dirigo accanto a Jace, disteso a terra, il sangue che ricopre il petto.
Cerco di ricordare il primo giorno nell'arena, Jonathan che mi medicava.
"Questa è una runa iratze, cura" aveva detto, dopo aver disegnato sulla sua ferita una specie di tatuaggio.
Sforzo la memoria, cercando di ricordare, e improvvisamente, come se stesse per accadere un miracolo, un simbolo mi appare davanti agli occhi: una specie di "E" stilizzata che continua verso il basso con una linea che finisce in un arrotondamento.
Dalla parte superiore della "E" inzia una linea flessuosa che somiglia ad una sagome ad una spada, che attraversa in diagonale la parte superiore della runa.
Non aspetto altro e poggio lo poggio lo stilo accanto alla ferita di Jace, vicino al cuore.
"Le rune sono più efficaci, se si applicano vicino al cuore" la voce di mio fratello rimbomba nella mia mente.
Disegno le linee del simbolo che ho appena visto, cercando di concentrare tutta la mia attenzione in quel minuscolo indispensabile gesto che potrebbe salvarlo.
Quando finisco, però, non accade nulla per qualche istante e il panico mi avvolge.
"Fa' che funzioni, fa' che funzioni" penso, gli occhi che lacrimano di nuovo, ricordandomi quanto sono debole.
Lentamente, la ferita sembra migliorare e il colorito di Jace torna alla sua sfumatura naturale.
Sospiro, sollevata, rendendomi conto di avercela fatta.
Quando alzo gli occhi dal corpo di Jace, vedo, accanto a me, il ritratto di mio fratello e ammiro il mio particolare, la scritta che fortunatamente si è avverata, quella che torreggia sulla sua figura, le lettere che dicono "Ave atque vale, Jonathan".
 
 
 
 ANGOLO ROTONDO:
Scusate il ritardo, ma abbiamo preferito preparare meglio il capitolo, prima di pubblicarlo, dato che è uno degli ultimi.
Gradiremmo, però, che esprimeste i vostri pareri, anche per dimostrarci che ci siete e che seguite.
Grazie mille.
Speriamo che arrivino più recensioni, questa volta♡
Alla prossima♡
~S&K~
  
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