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Autore: madelifje    16/08/2014    10 recensioni
Se nasci a Hoeden muori a Hoden. Te lo dicono da quando hai sei anni, così non ti illudi, e te ne rendi conto ogni giorno che passa. Non te ne andrai mai, non troverai mai un lavoro degno di questo nome e vedrai il mare solo da lontano. Le case cadono a pezzi, il clima fa schifo e le persone sono addirittura peggio. Trascorri le tue mattine a inventare cose interessanti da scrivere sul curriculum, i pomeriggi a fumare all’Anfiteatro e le sere sulla cima della diga, a inventare nomi per le stelle o a sputare la birra controvento.
Non hai superpoteri, non indossi tutine attillate, non ti cambi nelle cabine telefoniche; ma ti piace pensare che tu, ai supereroi, fai un baffo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il lessico è volutamente semplice e colloquiale. Se usassi un linguaggio troppo forbito, stonerebbe con il contesto.




BIG BAD WORLD

Capitolo uno: Cool kids never die
 


E sulla strada di casa trovano me un attimo prima
Di decidere, di scegliere, di scappare
-Lo stato sociale


Sono le ventitré e mezza di un mercoledì sera di inizio giugno.
Tre figure se ne stanno sedute sul camminamento in cima alla piccola diga di Hoeden, con le schiene appoggiate contro il muretto più a nord e le gambe distese in avanti.
Nell’aria c’è quel profumo tipico dei momenti che precedono un temporale, che si somma all’odore della sigaretta di Bjorn, ormai quasi finita. Colin tiene gli occhi chiusi e la testa scurissima appoggiata al muro, sembrando un messicano durante la siesta pomeridiana.
Tutti e tre sono stanchissimi, nonostante non abbiano fatto assolutamente nulla di produttivo, e la voglia di parlare è poca. Se non fosse per il vento forte che soffia dietro di loro, probabilmente ci sarebbe un silenzio quasi innaturale.
Lucas rabbrividisce e si strofina ripetutamente le mani sulle braccia magre. Fa caldo, tuttavia non abbastanza da starsene in maniche corte.
 

Sono le ventitré e mezza, circa la metà di uno dei mercoledì sera più improduttivi della storia.
Si trovano anche in quel momento della serata in cui Colin sente il bisogno impellente di lanciarsi in uno dei suoi discorsi filosofici, di conseguenza gli altri due devono cercare di farlo smettere, prima che li mandi fuori di testa.
“Ma ci pensate mai a quanto sia grande l’universo?”
“Dio, Colin” grugnisce Bjorn.
“No, sul serio!”
“L’universo si espande” sentenzia Lucas.
“Ma se l’universo è infinito, dov’è che si espande?”
“Lo chiedi a me?”
“E tu che gli dai pure corda!” sbotta Bjorn, facendo scoppiare a ridere gli altri.
Cala di nuovo il silenzio, durante il quale il ragazzo con i capelli castani ruba una sigaretta al suo amico, che fa finta di non accorgersene.
Lucas Owen non lo ammetterebbe mai, ma anche lui a volte si perde in quei pensieri assurdi sull’universo. Dopo un po’ però di solito gli gira la testa e si costringe a pensare a qualcos’altro.
Perché l’infinito è troppo grande, troppo… troppo per la mente umana, è impossibile riuscire a immaginarselo. E poi lui non è mica Colin.
“Oh” dice questi, a nessuno dei due in particolare.
“Eh” risponde Bjorn. Lucas ridacchia ancora.
“Secondo te il paradiso esiste?”
“Ma quanto hai bevuto?”
Tanto, vorrebbe rispondere Lucas. Prima, in quel locale, non ha mai visto il bicchiere di Colin vuoto. Bjorn non se n’è accorto perché era troppo impegnato a provarci con Lara, ma lui sì.
Lui non doveva fare colpo su nessuno.
Lo chiamano L’Inglese – sì, anche con l’articolo – nonostante si sia trasferito nei Paesi Bassi quando era solo un bambino di dieci anni ed abbia vissuto lì da allora. Lucas dice di odiarlo, ma in realtà essere lo straniero di turno comporta parecchi vantaggi. Non chiedetegli quali, sa solo che sono lì da qualche parte.
Hoeden non è un bel posto in cui vivere, lo sanno tutti.
Tanto per cominciare, le case non abusive si contano sulle dita di una mano e appartengono tutte ai ricconi di turno. Sono davvero un numero molto ristretto, d’altronde la stragrande maggioranza degli abitanti è composta da operai/disoccupati/lavoratori stagionali. Non è che possano aspirare a delle regge, loro, gli appartamenti occupati illegalmente vanno più che bene.
Hoeden è malfamato e anche i poliziotti hanno imparato a girare al largo – lo stesso vale per i turisti, naturalmente; Lucas si chiede sempre come mai l’unico albergo del paese non abbia ancora chiuso i battenti.  Senza forze dell’ordine tra i piedi, bisogna tenere sempre gli occhi aperti. Non puoi lasciare la casa vuota in piena estate senza chiudere porte e finestre in tutti i modi possibili, altrimenti qualcun altro potrebbe decidere di occuparla buttando i tuoi mobili giù dal quarto piano – oppure potrebbe tenerseli e allora tu saresti davvero nei guai. Non puoi dare fastidio alle bande. Non puoi fare concorrenza alle bande. Non ti devi meravigliare se senti degli spari. La scuola è, in sostanza, una presa in giro, così come gli altri enti pubblici.
Tutti gli abitanti di Hoeden sognano di andarsene da lì e Bjorn, Lucas e Colin non fanno eccezione. Peccato che quasi nessuno abbia i soldi per partire sul serio e cambiare vita.
 
 
Sono le ventitré e quarantacinque e i ragazzi sono ancora sulla diga. In teoria sarebbe vietato – lo dimostra il cancelletto che blocca l’accesso alle scale, lo stesso ammasso di ferro arrugginito che loro scavalcano da anni – ma in fondo chissenefrega.  Non hanno abbastanza soldi per scappare da lì, perciò si accontentano di guardare il Mare del Nord da lassù.
E Colin quando è particolarmente ubriaco si diverte a sputare acqua o Heineken controvento solo per vedersela tornare indietro, ma questa è un’altra faccenda.
“Se finisci la birra facendo così, ti ammazzo” lo avverte Bjorn, che stasera non è per niente in vena. Colin però è ubriaco, così non se ne accorge e fa per rovesciare tutto il contenuto della bottiglia verde dall’altra parte del muretto. La mano di Bjorn scatta per impedirglielo. C’è una collisione e la birra finisce inesorabilmente giù dallo strapiombo, bottiglia annessa.
“Merda” esclamano tutti e tre.
Segue il solito battibecco. - “Sei un idiota” “No, tu sei un idiota” “Ma se è colpa tua!” “Colpa mia?! Ma siamo impazziti tutti?!”. Ormai Lucas non ascolta più. Si appoggia al muretto sul lato opposto della diga rispetto agli altri due, quello che dà sul paese, e tiene lo sguardo fisso sulla bellissima stellata che c’è sopra la sua testa.
È costretto a guardare un po’ più in basso per scacciare una stupida zanzara e, quando mette a fuoco le sagome che attraversano la strada principale, gli si blocca la mano a mezz’aria.
“Inglese, di’ qualcosa!” sta protestando Bjorn, nel frattempo. “E se ripeti la parola ‘qualcosa’ giuro che ti-”
Lucas obbedisce. “Chi sono quelli?”
Gli altri due seguono la traiettoria del suo sguardo.
“A me sembrano delle roulotte” afferma Colin. “Forse è un circo, o una compagnia teatrale.” Sarà anche ubriaco fradicio, ma 'sta volta ci ha azzeccato.
Bjorn fa notare quanto questo sia strano, dato che solitamente circhi/compagnie teatrali/cantanti girano al largo da Hoeden. Gli altri concordano e la cosa finisce lì: tempo due secondi e la conversazione è già ritornata ai mondiali di calcio – perché tanto ormai si parla solo di quello – e nasce l’ennesima discussione su quale nazione sia la favorita.
Colin starà sicuramente difendendo la patria, Lucas potrebbe giurarci, anche se sta pensando ai fatti suoi. Invece Bjorn confida nel Brasile: i Paesi Bassi fanno abbastanza pena – qua scattano le proteste “Ma la finale contro la Spagna nel 2010, dove la mettiamo?” – e parlare così porta sfiga.
Lucas segue con lo sguardo la fila di roulotte fino a quando un boschetto non gli copre la visuale e allora fruga nello zaino eastpack che porta sempre con sé. Sta’ a vedere che magari si è portato un’altra birra.
Inizia a piovere.
 
 
Lucas ha lasciato una bottiglia vuota di birra sulla diga, ma non è abbastanza ambientalista da sfidare il temporale per andare a riprenderla e buttarla via. È però troppo presto per tornare a casa, perciò i tre si infilano nell’unico locale degno di questo nome del paese e ammazzano il tempo lì dentro. In un momento imprecisato della serata Colin si addormenta su uno dei divanetti. Gli altri due non hanno il coraggio – e nemmeno la voglia – di svegliarlo e lo lasciano russare in santa pace.
Senza Colin che straparla, possono discutere quasi in modo serio. E, vuoi per l’alcol, si ritrovano a sognare viaggi on the road in condizioni a dir poco pietose ma se ti trovi senza un soldo a fare l’autostop è più figo!. E poi basta andare via da lì, o no? Basta poter far finta di avere denaro, un titolo di studio quasi decente, la possibilità di trovare un lavoro, di prendere l’aereo, di vedere la finale dei mondiali dal vivo – “Ma tanto cosa te ne frega? L’Olanda non vincerà mai!” – di non marcire in quel buco fino alla fine dei tuoi giorni e nemmeno di morire a trent’anni perché al tuo vicino di casa tossicodipendente una mattina sono girati i cinque minuti e ti ha accoltellato.
Però sono stronzate, lo sanno bene. Hanno a malapena i soldi per pagare le due vodka lemon che hanno appena ordinato.
 
 
È l’alba.
Bjorn, il quale è ancora di cattivo umore, tira una gomitata a Colin e lo trascina fuori da lì, inveendo contro i taxi che a Hoeden non ci sono.
Lucas realizza di aver lasciato anche lo zaino sulla diga, a far compagnia alla bottiglia di birra.
In una piazzetta poco lontano, due ragazze attaccano un volantino a un lampione.
Ha smesso di piovere.
 
 
 
“Anya. Anya, sveglia!”
“Che diavolo vuoi, Pieter?”
“Siamo arrivati, Anya! Siamo arrivati!”
“Di già?”
“Sì! Dai, Anya, alzati!”
“Ma la pianti di ripetere il mio nome?”
“Ti dà fastidio, Anya?”
“Gesù!”
La ragazza spinge via il fratellino e finalmente si alza. Non ha bisogno di controllare l’orologio: se stanno per iniziare a montare il tendone, allora sarà mezzanotte. È sempre mezzanotte.
Scende dalla roulotte, seguita a ruota da Pieter, e inizialmente l’aria fresca di quella sera la fa rabbrividire. Non pensava che nel nord dei Paesi Bassi facesse così freddo. A giudicare dal cartello, sono giunti nel paesino di Hoeden. Mai sentito prima.
Pieter raggiunge in fretta i genitori, lasciando Anya libera di andare a cercare gli altri. Schiva Mangiafuoco, Zeke e i pali che trasportano, e vaga in giro per il loro nuovo campo cercando gli amici.
Clara, Nives e Marc non tardano a comparire.
Sono i più giovani del circo – tralasciando i bambini, ma questi ultimi ancora non lavorano – perciò è abbastanza naturale che abbiano fatto gruppo. Clara ha i capelli castano chiaro e una leggera spruzzata di lentiggini sul viso. Queste caratteristiche, a cui si aggiungono una voce sottilissima e le orecchie leggermente a punta, fanno sì che tutti tendano a… sottovalutarla. La considerano “la Piccola Clara”, quella dolce e amorevole, e non sanno quanto si sbagliano. Anche lei sa tirare fuori gli artigli quando vuole.
Marc saluta Anya battendole il cinque, abitudine che ha preso da quando il circo è stato nel nord della Germania. “Come se nel resto del mondo la gente non lo facesse”, sbuffano sempre gli altri tre. Ma dai pagliacci non ti puoi mica aspettare risposte sensate e comportamenti coerenti, no?
Sono riparati dalle roulotte, in modo da non essere visti dagli altri che invece stanno sgobbando.
L’unico maschio del gruppo si passa una mano tra i capelli corvini e accende una canna.
“Non dovremmo dare una mano?” propone Anya, indicando il resto del circo con un cenno del capo.
“Nah” rispondono immediatamente gli altri. “Sono già troppi, daremmo solo fastidio.” E , è palesemente una scusa. Rimangono a osservare tutti quelli che lavorano, montando il tendone, chiacchierando a bassa voce, proprio come sempre. All’alba avranno finito ed inizieranno ad appendere i volantini ai lampioni. Allora sì che i quattro dovranno collaborare.
“Avete sentito le storie su questo posto?” domanda Clara dopo un po’, rabbrividendo leggermente per il freddo.
“Saranno le solite stronzate” è il commento serafico di Nives. Nives è bionda. Risponde così quando le chiedono di descriversi e lo enfatizza schiarendo con lo schultz i capelli già biondi di loro. Quelli del gruppo sono abituati a Nives e al suo carattere difficile, ma il resto del mondo no. È bellissima, certo, e se vuole sa anche interpretare alla perfezione il ruolo della cocca di tutti, ma è anche un po’… come dire… Nives. 
“Pieter mi stava accennando qualcosa a cena” risponde Anya ignorandola.
“Non sono belle voci.”
“Clary, Clary, neanche su di noi circolano belle voci” fa notare Marc, ridendo. 
“Lo so, ma questo posto è-”
Marc! Porta qui il culo, che ci serve una mano” urla la voce di Mangiafuoco da uno dei camion.
“Vai, Marc” lo esorta Nives, notando l’aria abbattuta dell’amico. Marc la guarda con quello sguardo che è riservato solo a lei e la prende per un polso. “Però vieni anche tu.”
Nives finge di alzare gli occhi al cielo e lo segue, con un’eleganza che si acquisisce dopo tutta la vita passata a fare acrobazie con un nastro. Un po’ Anya la invidia.
“Che dici, andiamo ad attaccare volantini?” Anya non la vede, ma sente che Clara sta sorridendo.
 
 
 
In giro non c’è anima viva, ad eccezione del cane dell’edicolante e di qualcuno mezzo addormentato che torna dalla sua seratona. Bjorn ha trovato un pallone da calcio mezzo sgonfio in giro e adesso sta cercando di palleggiare, mentre gli altri due fumano e lo sfottono allegramente. Ammettiamolo, non è il nuovo Diego Armando Maradona. La palla gli sfugge inevitabilmente dopo appena due minuti, rimbalza via e rotola lungo la strada leggermente in discesa fino a scontarsi contro un lampione. Un lampione a cui due ragazze stanno attaccando un volantino verde chiaro.
“Palla!” urla Bjorn.
Quella con la gonna lunga e la giacca senza maniche di jeans dà un calcio al pallone e lo rimanda vicino a loro.
Bjorn ringrazia.
“Ma voi chi cazzo siete?” urla Colin, troppo ubriaco per ricordarsi quali comportamenti siano ritenuti accettabili nella loro società.
“Del circo” urla di rimando la ragazza con le lentiggini. “Venite allo spettacolo di domani sera!”
“Tesoro, io non butto via così i soldi” risponde prontamente Bjorn. Colin ride troppo sguaiatamente.
“Giusto, molto meglio bere.” La ragazza con la gonna lunga sorride.
“A mezzanotte, mi raccomando” continua l’altra, come se non avesse sentito i commenti.
“Ci saremo!” risponde Lucas. Le due ridacchiano e lasciano la piazzetta, per andare ad attaccare i loro volantini altrove.
“Tu sei fuori come un balcone, Inglese” commenta Bjorn. 



 


Buongiorno :)
Ho le valige già pronte, l'ipod che si sta aggiornando e assolutamente niente da fare. Così ho deciso di postare questa... "cosa" che da un po' vegetava nel mio pc. 
Non è stata scritta per essere pubblicata. È nata nella stazione centrale di Amsterdam un giorno di fine giugno ed ero sicurissima che me la sarei tenuta solo ed esclusivamente per me. Poi ho sentito la canzone "Youth" di Daughter, che sembra scritta appositamente per la trama che mi frullava nella testa e allora ho dovuto per forza continuare. Avete presente, no, quando vi viene quella specie di raptus? Ecco. Ho già pronti quattro capitoli e so esattamente dove andare a parare (lo so, sono a dir poco allibita anche io). 
Ci tengo tantissimo. 
È un contesto diverso dal solito e spero che anche la trama sia abbastanza originale. Non date niente per scontanto :) Questo capitolo voleva soprattutto presentarvi il trio: Lucas, Bjorn e Colin; i quali saranno un po' i protagonisti della storia. 
Boh, lascio la parola a voi :) Se tutto va bene dovremmo rivederci domenica prossima, quando sarò tornata dalle vacanze. 
Sotto trovate i miei contatti, nel caso vi venga voglia di fare due chiacchiere.

baci,

Gaia
 
 
  
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