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Autore: SaraJLaw    12/09/2014    6 recensioni
I distretti si sono ribellati contro la tirannia di Capitol City, guidati dal 13. Katniss Everdeen e Peeta Mellark sono dei ragazzi normali, che non hanno mai partecipato agli Hunger Games, e che sopravvivono alla distruzione del distretto 12. Costretti ad abbandonare la loro casa e a rinunciare a tutto ciò che avevano, riusciranno a conoscersi e ad amarsi, nonostante gli orrori della guerra che incombe su di loro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XI


Mia madre e Prim si scambiavano sguardi preoccupati mentre facevamo colazione, o meglio, loro mangiavano mentre io mi limitavo a osservarle. Da tre giorni non toccavo cibo e la notte non dormivo perché gli incubi mi tormentavano di nuovo; da tre giorni ero tornata a vivere una vita simile a quella di prima con la mamma e mia sorella; da tre giorni non avevo Peeta al mio fianco e non avevo idea di cosa fare. Lo vedevo lì, dall'altra parte della mensa, seduto insieme ai suoi amici del Distretto 12 e mi ignorava. Faceva male, e anche tanto: era come se il mio cuore fosse stritolato da una mano invisibile, creando una sensazione di oppressione che mi impediva di respirare. Dopo la discussione nella mia stanza, non avevo più versato una lacrima, convinta che potessi andare avanti da sola. Come avevo sempre fatto, del resto. Ero sicura di farcela, almeno all'inizio. Eppure la consapevolezza di essere così vicina a lui e allo stesso tempo così lontana, mi distruggeva; ormai sapevo cosa si provava ad avere una persona accanto, una persona che amavo e che mi ricambiava, e capii che mi era impossibile andare avanti come se niente fosse. E come se non bastasse, Gale era a Capitol City a rischiare la vita. Era troppo.

Katniss?”

La voce di Prim mi riportò alla realtà e subito alzai la testa per guardarla e quella che vidi sul suo volto era pura preoccupazione.

Io e la mamma andiamo in ospedale, tu cosa devi fare?”

Lessi distrattamente il programma tatuato sul mio avambraccio e aggrottai la fronte. “Qualcosa che riguarda la strategia militare, ma penso che andrò in giro per i corridoi.”

Se hai bisogno, sai dove trovarci.” disse mia madre, accarezzandomi i capelli.

Mi limitai ad annuire e loro si avviarono verso la porta. Inspirai profondamente e mi alzai a mia volta, camminando il più velocemente possibile. Posai il vassoio, sicura che avrei ricevuto un richiamo per aver sprecato il cibo, ma non mi importava. Mi voltai per uscire, in un certo senso felice di non aver incrociato Peeta, ma mi sbagliavo: lo vidi passarmi davanti, guardarmi dritto negli occhi per una frazione di secondo e voltarsi dall'altra parte, come se non fossi degna della sua considerazione. Si allontanò insieme ai suoi amici e io rimasi immobile, incapace di reagire. Senza rendermene conto, mi incamminai per i corridoi fino ad arrivare nella mia stanza. Una volta chiusa la porta alle mie spalle mi diressi verso il letto, urtando con il braccio lo spigolo del mobile che si trovava lì vicino; subito portai la mano sul punto dolorante, e anche se una parte di me sapeva che era stato solo un momento di distrazione, quella fu la goccia che fece traboccare il vaso della mia pazienza, della mia rabbia, della mia tristezza. Tirai un calcio contro il mobile, e poi un altro e un altro ancora, fin quando non sentii il piede farmi male. Non mi bastava. Cominciai a buttare in terra tutto ciò che trovavo davanti a me, che fossero il tavolo, le sedie o i materassi; intanto lacrime bollenti mi rigavano le guance e io non riuscivo più a trattenere i singhiozzi, le urla. Peeta aveva ragione a ignorarmi. Peeta aveva sofferto, Gale aveva sofferto, e la colpa era mia, della mia incapacità di esserci per qualcuno, per la mia eterna insicurezza che mi ostinavo a nascondere dietro un muro che pensavo di aver distrutto e che invece era ancora presente. Avevo fatto in modo che Prim e la mamma non morissero di fame nel 12, avevo chiesto le tessere per evitare che nell'urna ci fossero più striscioline con sopra il nome di mia sorella, ma chi volevo prendere in giro? Non ero onnipotente, non potevo controllare la sorte. Il fatto che il suo nome non fosse mai stato estratto era dovuto alla fortuna, non certo a qualche mio miracolo. Pur cacciando, spesso dovevamo andare a dormire a stomaco vuoto, avevo permesso che accadesse, avevo permesso che Prim premesse le mani contro la pancia per colpa dei crampi. Sapevo di essere dura con me stessa ma non mi importava. Gale era andato in guerra e sapevo che un po' era anche colpa mia. Peeta faceva bene a starmi lontano, a ignorarmi. Quando non trovai più nulla su cui riversare la mia rabbia, mi inginocchiai a terra e continuai a piangere silenziosamente, finché non ebbi più lacrime. Mi guardai intorno e mi resi conto che non potevo lasciare la stanza in quello stato. Nessuno doveva sapere, soprattutto mia sorella. Misi tutto apposto e uscii dalla stanza con gli occhi che ancora bruciavano. Passai entrambe le mani sul viso e nell'istante in cui la mia vista era oscurata, andai a sbattere contro qualcuno. Dall'imprecazione borbottata senza troppi complimenti, mi resi conto di trovarmi di fronte a Haymitch. Il suo cipiglio preoccupato si accentuò ancora di più quando mi riconobbe.

Che ci fai tu qui?” mi chiese bruscamente.

Ero in giro.” risposi senza abbassare lo sguardo.

Era come se sapesse qualcosa che mi avrebbe dato fastidio, ma a giudicare dalla sua espressione, quel qualcosa doveva essere grave. Il mio cuore cominciò a battere più velocemente.

Che succede?”

Non sono tenuto a dirtelo, ragazzina.” sbottò lui, passando di lato per proseguire verso il corridoio.

Gli corsi dietro e mi piazzai davanti a lui, ben decisa a non farlo andare via.

Haymitch. Ti prego.”

Lui fissò la punta delle scarpe, poi la parete alla sua destra, quella alla sua sinistra. Ovunque, pur di non guardare me. Quella fu un'ulteriore conferma.

Gale sta bene? Gli è successo qualcosa?”

Nessuna risposta.

Gli afferrai le braccia e lo scossi per incitarlo a parlare. “Rispondimi!” urlai.

Sono morti.” disse lui con un sospiro, chiudendo gli occhi.

No. Non è vero.”

La mia voce era un sussurro impercettibile ma Haymitch mi sentì e mi guardò dritto negli occhi, confermando quello che aveva appena detto. Feci dei passi indietro, mi voltai e poi iniziai a correre verso la stanza dove erano tenuti gli equipaggiamenti militari. Avevo scoperto quel posto durante uno dei miei giri di perlustrazione del distretto e sapevo che non ci sarebbe stato nessuno di guardia, perché la regola diceva che nessuno poteva toccare quelle attrezzature se non autorizzato. Però a me non erano mai piaciute le regole.

Accesi la luce, mi guardai intorno e cominciai a prendere tutto ciò che ritenevo necessario. Le mani mi tremavano e una vocina nella mia testa mi urlava che ormai non c'era più nulla da fare e che era tutto inutile ma la ignorai. Facevo talmente tanto rumore che non mi accorsi della porta che si apriva, che poi si richiudeva, e dei passi all'interno della stanza.

Smettila, Katniss.”

Mi voltai di scatto appena riconobbi la voce di Peeta, che era lì a due metri da me e mi guardava con gli occhi pieni di preoccupazione. Lo fissai a mia volta, senza sapere cosa dire, ma poi tornai a sistemare il giubbotto protettivo che avevo appena indossato, cercando di apparire meno sconvolta di quanto in realtà fossi.

Devo andare laggiù, devo-”

Tu non vai da nessuna parte.” mi interruppe lui, avvicinandosi a me e togliendomi dalle mani la sacca di tela che avevo appena preso dallo scaffale. “Non sei addestrata e poi non ha senso andare laggiù, è troppo tardi e lo sai.”

Come al solito, usai la rabbia per proteggermi dalla verità e gli diedi una spinta con tutta la forza che avevo.

E a te cosa importa, eh? Non fai altro che ignorarmi ma è giusto così!” urlai, ricominciando a piangere. “Perché io faccio soffrire tutti quelli che ho intorno. Prima Gale e adesso tu. Vado a Capitol City, così nes-”

Quella volta furono le sue labbra a interrompermi. Inizialmente non reagii, ancora sorpresa dal suo gesto, però lo allontanai spingendolo di nuovo indietro.

Che diavolo fai?” gli dissi con durezza.

Quello che avrei dovuto fare tre giorni fa. Mi hai detto di quel bacio e io me la sono presa, ti ho allontanata da me e non mi sono comportato bene con te, sopratutto oggi a colazione.” mi rispose lui con calma, avvicinandosi di nuovo a me e posando le mani suoi miei fianchi. “Appena sono uscito dalla mensa, mi sono pentito e ti ho cercata nel corridoio ma tu non c'eri. Stavo per andare via quando sei uscita dalla tua stanza e ti ho seguita fino a qui. Perdonami.”

Piansi di nuovo, e non solo per il dolore che provavo per Gale. Piansi perché, nonostante tutto, Peeta era lì a scusarsi per qualcosa di cui non aveva colpa, dimostrandomi per l'ennesima volta quanto mi amava.

Mi dispiace per il tuo amico, so quanto eravate legati”, continuò, “ma comportarsi in questa maniera non lo riporterà in vita. Finiresti solo col farti uccidere e questo non lo permetterò mai.”

Inaspettatamente, le mie labbra si piegarono in un sorriso. Portai le mani sulle sue guance e lo attirai a me per baciarlo con passione, riconoscenza, amore.

Cosa ho fatto per meritarti?” gli sussurrai appena ci separammo per riprendere fiato.

Peeta mi sorrise, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Non hai fatto nulla, e ti amo proprio per questo.”





Buon salve a tutti!!!

Scusate per questo terribile ritardo ma ho avuto tante cose per la testa e alla sera non avevo la forza mentale per scrivere XD Dunque, Gale e tutti gli altri sono morti... BUGIA!!! Anche nel libro i membri della squadra 451 vengono dati per morti dal governo, quando in realtà sono vivi e vegeti ;) Peccato che Katniss questo non lo sappia O.O La nostra fanciulla ha dato un po' di matto, sia per Gale sia per Peeta. Ma il nostro ragazzo del pane ha fatto ragionare Katniss e tutto tra loro è sistemato ora. Ora non ci resta che vedere come reagirà Miss Everdeen quando saprà che Gale è ancora vivo ;)

Un bacione, vi voglio beneee <3

Sara

  
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