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Autore: PaleMagnolia    10/10/2008    2 recensioni
Il giovane, benestante Keith Finnegan viene ritrovato, morto, nel garage di casa sua. Nè Richard, l'ex fidanzato, nè la sorella Nicole credono che si tratti di suicidio. Richard indaga in sordina, cercando al contempo di non perdere il posto di protagonista nell'opera Le Corsaire, ottenuto in parte grazie al suo talento e in parte alle raccomandazioni di Keith. Le cose si complicano quando Elizabeth, prima ballerina della compagnia, diventa una presenza troppo assidua nella vita di Richard...
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Grazie per essere venuto, Richard”

“Grazie per essere venuto, Richard”

Nicole era seduta ad uno dei tavoli esterni del bar; teneva la testa bassa, le mani intorno alla tazza di caffè. Il vento leggero le scompigliava i corti capelli biondi.

Richard vedeva Keith riflesso in ogni suo lineamento: il taglio degli occhi, la linea della mascella…

Cercò di non pensare a quanto somigliasse al fratello.

I suoi modi bruschi celavano un animo sensibile, come quello di Keith: erano sempre andati d’accordo, lei e Richard, durante la sua relazione con Keith; e lui aveva imparato ad apprezzare le sua battutacce, le pacche sulle spalle, le maniere dirette.

 Mascolina, energica, volitiva, Nicole Finnegan era riuscita dove il fratello aveva fallito: gestiva uno studio di fotografia di tendenza, che le rendeva bene. Periodicamente si organizzavano mostre dei suoi lavori, e lei era spesso invitata ai cocktail party e nei salotti-bene della città.

Richard chiamò il cameriere con un cenno e si fece portare un caffè a sua volta.

“Grazie a te. Stavo pensando di chiamarti, ieri sera, sai?, ma mi hai preceduto.”

Nicole ebbe un tenue sorriso. Era molto pallida; lo guardò di sfuggita.

“Sono sempre io la più veloce”

Si riferiva ad un vecchio scherzo: ogni volta che loro tre - Keith, Nicole e Richard - camminavano sul lungo vialetto della villa di famiglia, Richard e Nikki prima si guardavano di sottecchi, furtivamente, acceleravano il passo con indifferenza, e infine spiccavano una corsa per vedere chi arrivava per primo al cancello: come due bambini. Non sapevano come fosse cominciata la sfida, ma ogni volta che percorrevano insieme il vialetto, la gara si ripeteva.

Keith restava a guardare con le braccia incrociate, sorridente, scuotendo la testa con finta disapprovazione. Fanatica del jogging, Nikki vinceva quasi sempre: arrivava al cancello, le braccia alzate come una campionessa, fingendo di tagliare un immaginario nastro del traguardo.

Erano stati giorni felici.

La guardò ora. Finito il caffè, si stringeva nella giacca di jeans. Aveva le ciglia appiccicate, come se avesse appena pianto. Era più bella del fratello, gli occhi azzurri come il padre, i lineamenti delicati: ma vestiva in modo sciatto (jeans, sneakers, camicie da uomo), e teneva i capelli – chiarissimi, come quelli di un albino - in un pratico taglio corto.

“Pensi che si sia ammazzato?” Chiese d’improvviso.

Guardava altrove, la voce sorda.

“No.”

Nikki tirò su rumorosamente col naso.

“Neanch’io.”

Pausa. Un soffio di vento arruffò i capelli a entrambi.

“Nikki… Era di nuovo nei guai con la droga?”

“No!” Lei alzò la testa di scatto, rabbiosamente. “Non aveva più niente a che fare con quella roba, ne sono sicura. Lo sentivo spesso, negli ultimi tempi: me ne sarei accorta.”

“Davvero?”

“Ti dico di no.” Incrociò le braccia, ostinata.

 “Va bene, va bene.” Sospirò. “Allora. Tu hai qualche idea su cosa possa essere successo?”

“Speravo che ne avessi una tu, Dick. Ti ho chiamato proprio per questo.”

Richard fece un risolino scialbo.

“Santiddio.”

“Direi che siamo molto d’aiuto l’uno all’altro.”

“Richard sospirò. “Non aveva problemi di soldi. Non era malato. Non aveva nemici.” Si prese la testa fra le mani. “Non so cosa pensare, Nikki”

Rimasero entrambi in silenzio per un po’.

“Richard…” Nicole aveva di nuovo lo sguardo sfuggente, si mordeva un labbro.

“Cosa?”

Cincischiava l’orlo della giacca.

Cosa, Nikki?”

“Insomma, si vedeva con un tale, negli ultimi tempi. Non sapevo se dirtelo oppure no.”

L’interesse di Richard si risvegliò d’improvviso.

“Chi? Chi era?”

“Non lo so, Richard, l’ho visto sì e no due volte…” Sospirò al sopracciglio alzato di Richard. “Ok, ok. Si chiama Ben... Benjamin, credo. È un avvocato.”

“Benjamin come?”

“Non lo so! Te l’ ho detto, ci siamo incontrati un paio di volte.” Lo guardò, irritata. “Cosa pretendevi?, che gli chiedessi il numero d’assicurazione e il cognome da nubile di sua madre?”

“Va bene, va bene, va bene.” Disse Richard in fretta, conciliante. Nikki aveva la tendenza ad innervosirsi facilmente, per un nonnulla: una frase, un commento. Tanto facilmente quanto, poi, dimenticava l’accaduto. “Hai detto che è un avvocato, giusto? In che studio lavora? Ne hai un idea?”

Nicole fece spallucce. “Che ne so…” Giocherellava col tovagliolino di carta, appallottolandolo. Improvvisamente, però, sembrò colpita da un’idea. Alzò la testa.

“Aspetta. Non so come si chiama lo studio, però è sulla Sesta - sai, mi è venuto in mente perché una volta Keith doveva passare a prendere Ben, ed era irritato perché stavano ristrutturando la stazione della metro, e lui doveva allungare il percorso per aggirare il cantiere... E l’unico lavoro di questo tipo che hanno fatto ultimamente è stato sulla Sesta strada.”

“Benjamin. Avvocato. Sesta strada”, elencò Richard. “È già qualcosa. Grazie, Nik.”

Nicole lo guardò, sospettosa. “Non ti metterai a giocare alla signora Fletcher, spero?”

“No, no, no. Non mi ci vedo, con la permanente.” Schivò la pallottola di carta che Nikki gli aveva gettato addosso.

“Scemo”

“No, no, sono serio, sono serio. Voglio solo fare un po’ di chiarezza in questa storia. Magari questo Ben Comesichiama sa qualcosa che noi non sappiamo.”

Nikki si agitò sulla sedia, a disagio. Sembrava pensierosa.

“Richard… Gli volevo bene anch’io, lo sai.” Disse infine.

Lui la guardò, sorpreso. “Certo. Lo so. Perché mi dici questo?”

Nicole sorrise, con un po’ d’imbarazzo.

“Se vuoi andartene in giro a ficcanasare nella vita di mio fratello, violare la privacy della gente e metterti nei guai, beh, non sperare di farlo senza di me.”

Richard rise, un risolino triste.

“Grazie, Nikki.”

“Ok, allora. Sai dove trovarmi, se hai bisogno di me.” Lei si alzò dal tavolo, si abbottonò la giacca.

“Bene, è ora che io vada. Ciao, Richard.” Si incamminò, poi si girò di nuovo. “Ah, il funerale è domenica. Alle nove.”

 

  
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