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Autore: Koori_chan    15/10/2014    4 recensioni
[L’Ottobre del 1703 era uno dei più caldi che la gente di Londra ricordasse.
Per strada i bambini correvano scalzi schiamazzando senza ritegno, e sul mercato si vendeva ancora la frutta dell’estate; il sole, che già aveva incominciato la sua discesa verso l’orizzonte, illuminava i dock di un’atmosfera tranquilla, pacifica, quasi si fosse trattato di un sogno intrappolato sulla tela di un quadro.]
Quando un'amicizia sincera e più profonda dell'oceano porta due bambine a condividere un sogno, nulla può più fermare il destino che viene a plasmarsi per loro.
Eppure riuscirà Cristal Cooper, la figlia del fabbro, a tenere fede alla promessa fatta a Elizabeth Swann senza dover rinunciare all'amore?
Fino a dove è disposta a spingersi, a cosa è disposta a rinunciare?
Fino a che punto il giovane Tenente James Norrington obbedirà a quella legge che lui stesso rappresenta?
E in tutto ciò, che ruolo hanno Hector Barbossa e Jack Sparrow?
Beh, non vi resta che leggere per scoprirlo!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Swann, Hector Barbossa, James Norrington, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Quindicesimo~








La primavera si era fatta strada a spallate attraverso la spessa nebbia invernale, lasciandosi a poppa le coste del Vecchio Continente come un sogno sbiadito nei primi raggi del sole.
Cristal ormai aveva imparato a conoscere la Perla Nera, sgattaiolando fuori dalla cabina del Capitano ogni volta che la ciurma scendeva a terra per un po’. In quegli istanti rarissimi e preziosi si sentiva carica di energie, come un fulmine pronto a schioccare all’improvviso sulla superficie inconsapevole dell’oceano.
Sapeva che era pericoloso, che non avrebbe dovuto, che Hector sarebbe andato su tutte le furie se l’avesse beccata, ma non riusciva a resistere, il richiamo della brezza era troppo forte.
E così, silenziosa come un topo, sgusciava fuori dalla stanza e saliva le scale lentamente, sbirciando a destra e a sinista per assicurarsi che non ci fosse nessuno.
Solo allora si azzardava a procedere e raggiungeva il ponte di coperta; camminava scalza, affinchè i suoi passi non facessero rumore sul legno, e nulla più di quella sensazione riusciva a farla sentire libera.
Lei non era fatta per gli spazi ristretti, e nonostante attendesse con trepidazione le visite di Barbossa e adorasse i momenti trascorsi insieme, la cabina del Capitano era per lei al pari di una gabbia.
Aveva cercato di accontentarsi, di resistere, consapevole che se avesse preso una qualsiasi iniziativa senza la sua protezione con grandi probabilità se la sarebbe vista terribilmente male.
D’altro canto non aveva potuto evitare di stupirsi quando, quasi con noncuranza, il pirata dal grande cappello piumato le aveva fatto trovare sul tavolo una pila di libri un poco sgualciti.
- Al Capitano doveva piacere Shakespeare. Di solito preferisco l’oro, ma sai… - aveva borbottato cercando di celare l’intento di farle un regalo gradito, in lontananza le fiamme che si innalzavano ancora da ciò che rimaneva del malcapitato vascello che era finito sulla loro rotta.
Alla vista di quel dono inaspettato le sue labbra si erano tese in un sorriso spontaneo e grondante gratitudine.
- Oh, guarda! C’è La Tempesta! Che fortuna, è una delle mie preferite!- si era ritrovata ad esclamare con la stessa gioia di un bambino nel giorno del suo compleanno.
Tutta intenta com’era nello sfogliare i volumetti non si era nemmeno accorta del sorriso di soddisfazione sul volto dell’uomo in piedi di fronte a lei. Un sorriso orgoglioso, il sorriso di un padre.
Certo, nonostante gli assurdi tentativi di Barbossa di farla sentire a suo agio anche se chiusa a doppia mandata in quel bizzarro tipo di prigione, nemmeno le meravigliose rime di Shakespeare, che da bambina l’avevano fatta tanto sognare, erano sufficienti a sedare quel desiderio di brivido che la spingeva ad infrangere il tacito accordo e scivolare sul ponte per inspirare l’odore del sale nel vento.
Fu un pomeriggio a Veracruz che, troppo concentrata sull’odore del mare, non sentì i guai avvicinarsi alle sue spalle.
Un vivace chiacchiericcio la fece voltare di scatto, per ritrovarsi a tu per tu con un paio d’occhi e mezzo.
Erano gli strani individui che, settimane prima, si erano presentati in cabina con la sua camicia nuova e la bacinella d’acqua.
Vi fu un lunghissimo momento di silenzio scandito solamente dal gemere sommesso del sartiame, poi il più tozzo fra i due si azzardò ad aprire bocca.
- E tu che ci fai qui? – domandò saggiamente.
Colta dal panico, Cristal sgranò gli occhi ed esibì un sorrisetto teso e imbarazzato.
- Sorveglio il ponte! – spiegò, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
L’altro, quello con i capelli color paglia sporca, inarcò un sopracciglio e si sfregò l’occhio finto.
- Sorvegli il ponte? – ribatté, poco convinto.
La ragazza annuì con convinzione, mostrando l’intero ponte di coperta con un ampio gesto della mano.
- Così voialtri potete rilassarvi un po’! Quando stai tutto il giorno chiuso in cabina fare due passi sul ponte può essere dannatamente divertente, sì? – continuò, muovendosi lentamente in una direzione imprecisata.
- Stavi cercando di scappare. – replicò il compare grassoccio, le braccia conserte e una certa aria di superiorità.
- Niente affatto! Non penserete che solo perchè sono una donna io non sia degna di fiducia! – esclamò, fingendosi profondamente offesa.
Quell’insinuazione, però, portò con sé una considerazione che la lasciò vagamente turbata.
Il tizio aveva ragione, perché non aveva ancora cercato di scappare? Dopotutto, in momenti come quello, con un po’ di attenzione avrebbe potuto abbandonare la nave e far perdere le sue tracce nella città in cui avevano fatto porto.
Ma la verità era che lei non voleva scappare, non più. Si rendeva conto di quanto la ciurma della Perla fosse ben diversa da quella della Diablo, ma l’idea di lasciare la nave la metteva a disagio.
Aveva pensato a lungo alla faccenda della Maledizione, della collona e del Faucon du Nord, e solo adesso stava incominciando a capire le parole dal retrogusto provvidenzialistico del vecchio Ramirez.
Non poteva essere semplicemente un caso che proprio lei si fosse ritrovata prigioniera di colui che un tempo terrorizzava i sette mari sotto il nome di Faucon du Nord, e che il suddetto avesse deciso di risparmiarla.
No, non avrebbe potuto andarsene finchè non fosse stata capace di risolvere quell’enigma che sembrava riguardarla così da vicino.
Solo a quel punto si accorse che lo smilzo aveva preso ad osservare con insistenza il suo ciondolo e aveva tirato qualche gomitatina furtiva al compagno affinchè guardasse nella stessa direzione.
- Ma quella è… - balbettò, stupito.
Cristal ghignò appena e colse l’occasione al volo.
- Esatto. Apparteneva al Faucon du Nord, prima che la lasciasse in custodia a mia madre. Ora sono io la depositaria della collana, e non so quanto vi convenga torcermi anche solo un capello finchè sono a bordo di questa nave… -
I due si scambiarono un’occhiata fugace per poi esibire due grandi e ossequiosi sorrisi mezzi marci.
- Pintel e Ragetti al vostro servizio, Signora! – cinguettò quello basso, che a questo punto doveva essere Pintel.
La giovane annuì, decisamente soddisfata.
- Chiamatemi solo Cristal, dopotutto si è fra colleghi… - concesse loro con una complice strizzatina d’occhio.
Anche per quella volta l’aveva scampata bella…
Ben poco desiderosa di sfidare ulteriormente la sorte, prese congedo e tornò a passo spedito nella cabina del Capitano: quei due le sembravano, sotto sotto, brave persone, ma nulla poteva assicurarle che il resto della ciurma si sarebbe fatto tanti scrupoli, collana o no.
Quella sera la cena venne consumata in silenzio, Barbossa intento a dare un’occhiata distratta a una pagina della Tempesta che l’ospite aveva segnato con una piccola orecchia nell’angolo superiore.
- E così il ponte ti piace davvero tanto… - esordì il pirata dopo qualche minuto di lettura, gli occhi sempre puntati sul testo.
Cristal sobbalzò, sentendo il sangue affluire velocemente alle orecchie.
- Come? – cercò di bluffare, accarezzando Jack con movimenti meccanici e un po’ troppo freddi.
Barbossa alzò lo sguardo su di lei e scoprì i denti marci.
- Come se non mi fossi mai accorto delle tue passeggiate non autorizzate… - spiegò indulgente.
La ragazza boccheggiò appena, alla ricerca di una scusa qualsiasi, ma ancora una volta l’uomo anticipò le sue mosse.
- Per quale motivo lo hai fatto? – eppure nella sua voce non vi era accusa, ma curiosità.
La figlia del fabbro fece spallucce, ancora in imbarazzo nonostante fosse evidente che non sarebbe stata rimproverata per la sua condotta.
- Mi manca il Mare. – rispose semplicemente.
- E’ davvero tanto tempo che sono chiusa qua dentro, e l’idea di trovarmi a bordo di una nave bella come la Perla senza poter fare niente di pratico… - non concluse, nel timore di poter sembrare indelicata.
Adorava la compagnia di Barbossa, ma quella staticità l’avrebbe fatta impazzire, prima o poi.
Quello chiuse il libro e con cautela lo appoggiò sul tavolo.
- Quindi ti piacerebbe uscire sul ponte… In maniera ufficiale, intendo.- insinuò, la luce nei suoi occhi a smascherare le sue intenzioni.
Cristal drizzò la schiena e gli regalò un sorriso luminoso.
- Dici davvero che si potrebbe fare? Oh, sarebbe meraviglioso! –
Fu decisamente meno meraviglioso quando, la mattina dopo, la giovane si ritrovò fra le mani un vecchio straccio puzzolente e un secchio d’acqua putrida, mentre un energumeno dalla carnagione scura e dalle braccia muscolose, precisamente il primo ufficiale, le indicava il suo posto sul ponte.
- Pulisci laggiù, e vedi di farlo bene, principessa… -
Storse il naso, trattenendo un insulto a quelle parole di scherno, ma si avvide bene dal cacciarsi nei guai.
Sapeva che nessuno le avrebbe torto un capello finchè Barbossa fosse stato nei paraggi, ma su una nave potevano capitare “incidenti” di ogni sorta, e non aveva alcuna intenzione di andare a cercarsi il male come i medici.
- Rimarrete stupito, ve lo assicuro! – replicò con un sorriso accondiscendente, sgusciando verso la murata senza farselo ripetere due volte.
Certo, sulla Perla non si respirava la stessa aria serena che c’era a bordo della Diablo e più di una volta aveva sentito in maniera terribile e pungente la mancanza di Toby, ma anche sulla meravigliosa nave dalle vele nere, dopotutto, non aveva molto di cui lamentarsi, se non l’ostilità del resto della ciurma nei suoi confronti.
Se per Jack e Ramirez la sua persona non aveva generato alcun tipo di problema, fra l’equipaggio di Barbossa riusciva a udire, ogni tanto, la solita vecchia frase smozzicata: “donna a bordo porta male”…
Eppure era riuscita anche a stringere amicizia con qualcuno dei rozzi e terribilmente male assortiti pirati, e proprio come una volta spesso le capitava di trascorrere i turni di riposo seduta su un barile a raccontare vecchie leggende e avventure mozzafiato.
Generalmente inventava di sana pianta, ma sembrava che la sua irriducibile parlantina fosse stata capace di garantirle l’approvazione di una piccola parte dei suoi sventurati compagni di viaggio, specialmente Pintel e Ragetti, che pendevano letteralmente dalle sue labbra.
Per quanto riguardava il Capitano, sul ponte si aggirava un individuo completamente diverso dall’uomo dai modi di seta che Cristal aveva imparato a conoscere.
Implacabile e severo, con una semplice occhiataccia era capace di riportare il silenzio nel bel mezzo di una mischia, e raramente doveva alzare la voce. Anche in quel caso, comunque, la ciurma si zittiva senza più osare replicare.
Spesso, nonostante tutto, le permetteva di raggiungerlo al timone, dove discutevano di mille e mille argomenti.
Fu un giorno di Giugno che l’atmosfera di precario equilibrio che era riuscita a costruirsi a bordo della Perla Nera crollò all’improvviso, annunciando con la spessa coltre della pioggia un nero destino.
Avevano abbandonato ormai da diverso tempo le coste dell’Europa, alla ricerca dei medaglioni rimasti.
La loro caccia al tesoro li aveva condotti fino a Hispaniola, ed era proprio a poche miglia dalla costa che, un pomeriggio ventoso, avevano finalmente avvistato il mercantile che stavano cercando.
Agile e veloce, la Perla l’aveva raggiunto in poco tempo, mentre le nuvole si addensavano e gonfiavano il cielo di pioggia.
Quando il primo cannone fece sentire il suo boato, il nubifragio si scaricò sui due vascelli senza pietà.
Come ogni volta, improvvisamente fu il caos.
L’esito della battaglia era scontato, ma era comunque divertente vedere gli sguardi di terrore degli incauti marinai nel rendersi conto che i loro nemici non potevano morire.
Cristal, dal canto suo, non poteva certo rimanersene con le mani in mano a sbeffeggiare gli avversari: nessuna maledizione avrebbe potuto proteggerla, e doveva badare a se stessa molto più degli altri.
Caricata dal vento e dalla pioggia, roteava sul ponte menando fendenti mortali a destra e a sinistra, come se non avesse aspettato altro per mesi.
Perché davvero non aveva aspettato altro per mesi.
Come da routine, un gruppo di pirati si era intrufolato sul mercantile alla ricerca del bottino, e fu Ragetti a riemergere per primo, qualcosa di piccolo e lucente stretto fra le mani.
- Capitano! Abbiamo fatto! – gridò agitando la mano che impugnava la spada, mentre la Perla già sfuggiva veloce fra i flutti lasciando indietro il goffo e pesante mercantile.
- Capitano! – gli fece eco Pintel, ma nel caos della battaglia l’uomo non sembrava averli uditi.
Cristal si liberò di uno dei nemici e si voltò verso di lui.
- Barbossa, abbiamo…! – ma la voce le morì in gola, e il corpo reagì più in fretta del buon senso.
Si gettò in avanti e assestò una poderosa spallata al Capitano che, impreparato, barcollò in avanti.
Per un momento le parve che non fosse successo nulla, poi un terribile bruciore si espanse dal braccio destro fino al cuore, mentre le labbra sfioravano le assi bagnate del ponte.
- Cristal! – udì il suo nome gridato al di sopra dei tuoni, poi un colpo di pistola.
Si voltò trattenendo un gemito di dolore, per incontrare gli occhi sgranati del Capitano.
- Volevi farti ammazzare? – le gridò fuori di sé, mentre il mercantile, sempre più lontano, confondeva i suoi contorni nella pioggia.
- Stavano per spararti! – replicò indignata dalla necessità di dover spiegare l’evidenza, mentre la mano sinistra andava a posarsi sulla ferita grondante di sangue.
Intorno a loro il resto della ciurma si occupava dei nemici intrappolati a bordo, i fulmini ad illuminare il sangue che schizzava sul ponte, mentre il primo ufficiale si avvicinava a grandi falcate.
Barbossa aggrottò le sopracciglia, le pupille come due spilli nei suoi occhi d’oceano.
- Stupida! – esclamò.
La figlia del fabbro serrò le labbra, mentre lacrime indesiderate di dolore e di risentimento le facevano capolino fra le ciglia.
Improvvisamente il cielo si tinse di rosso, mentre il boato dell’esplosione faceva vibrare i fondali dei Caraibi.
- Io non posso morire… -
Fu poco più di un sussurro, e di nuovo Hector Barbossa tornò ad essere un uomo stanco e consumato, le ossa nude spazzate da un’amara consapevolezza come l’onda selvaggia spazza la costa.
Poi, come era arrivata, quella malinconia densa e graffiante svanì dalle sue iridi e la voce tornò tonante e decisa.
- Mastro Ragetti! Il medaglione! –
Il miserabile gli si avvicinò titubante, per poi porgergli il prezioso bottino.
Il pirata se lo rigirò fra le dita un paio di volte, poi un sorriso trionfante gli solcò le labbra come una cicatrice.
- Signori, la Speranza si avvicina! – esordì voltando le spalle a Cristal, che silenziosa e confusa continuava a lanciare occhiate preoccupate alla sua ferita.
- Recuperato anche l’ottocentottantesimo pezzo del tesoro, solamente due di questi infami medaglioni si frappongono fra noi e la nostra Libertà! –
Scomposte urla di giubilo si alzarono sotto la pioggia sferzante, mentre Jack la scimmia appariva dal nulla e balzava sulla spalla del suo padrone.
Solo il primo ufficiale non sembrava soddisfatto, sul volto nero come la notte uno sguardo torvo e malvagio.
Il discorso tuttavia proseguì senza curarsi di lui.
- Anni sono trascorsi da quando la sorte ci punì per un crimine mai commesso, abbiamo visto in faccia il diavolo in persona e siamo stati tenaci! Ancora uno sforzo e il torto sarà ripagato, ancora uno sforzo e nessuno potrà dire che Hector Barbossa non vi abbia ricondotti alla vostra Giustizia fino all’ultimo! – ancora esclamazioni, ancora approvazione, quel discorso era stato capace di infiammare quel poco che restava delle loro anime sferzate dall’odio e dal rancore.
- Ora tornate ai vostri compiti, schifosi topi di sentina! – sbraitò improvvisamente, mentre gli uomini si precipitavano alle loro postazioni in un formicolio di insulti e imprecazioni.
- E voi due, portate di sotto quest’incosciente. – sibilò poi, con un cenno della testa a Pintel e Ragetti.
Non degnò Cristal nemmeno di uno sguardo, ma la ragazza, camminando incerta verso la cabina, non poté impedirsi di notare l’occhiata cupa e torbida che si scambiarono Barbossa e il suo primo ufficiale.
- Non è stata una mossa tanto saggia, no, affatto… - commentò Ragetti, osservando la ferita sul braccio della giovane.
Per fortuna era superficiale, il proiettile l’aveva colpita solamente di striscio e c’era più sangue che danno effettivo.
- Lo so, ho agito d’impulso, avrei dovuto pensare che voi non potete… - ma l’occhiataccia di Pintel la mise a tacere.
- Non è di quello che si sta parlando. Davvero non te ne sei accorta, principessa? – fece, porgendo al compagno una vecchia benda pulita emersa da chissà dove.
La bionda inclinò la testa di lato, non riuscendo a trattenere un piccolo gridolino quando la stoffa grezza andò a sfregare contro la carne viva.
- La ciurma non è tanto contenta della tua presenza qui… - spiegò quindi Ragetti, cercando di completare la fasciatura il più delicatamente possibile.
A volte Cristal si chiedeva come un individuo così gentile avesse potuto finire in quella ciurma di dannati: lui e il suo compare avrebbero fatto decisamente più bella figura in quel serraglio di disgraziati che era la Diablo
- E’ che insomma… Non si può dire che il Capitano non ti tratti con un occhio di riguardo… - aggiunse, incassando appena la testa fra le spalle quasi avesse temuto una qualche reazione.
- State dicendo che c’è chi si lamenta di Barbossa? – domandò, un brivido a correrle su per la schiena.
La Perla Nera aveva già visto un ammutinamento, e lei non era certo nella posizione migliore per assistere al secondo.
Pintel fece spallucce e diede un colpetto sul braccio al collega.
- E chi ha detto niente? – fischiettò, allontanandosi con calma.
- Buon riposo, principessa. Recupera le forze! –
La ragazza rimase seduta in fondo alle scale, le gocce di pioggia che le picchiettavano sui capelli senza ritegno, poi si alzò e con un po’ di fatica raggiunse la cabina del capitano, andando ad arrampicarsi sul vecchio mobile a cassettoni con qualche sbuffo di dolore.
Quando tornò Barbossa, qualche ora dopo, la fanciulla si era addormentata.
L’uomo trasse un profondo sospiro e chiuse la porta senza fare rumore; si avvicinò al mobile, ma non osò svegliarla, anzi, rimase in piedi ad osservare il suo viso pallido e spruzzato di lentiggini.
Le sopracciglia sottili erano aggrottate in un’espressione vagamente corrucciata e le labbra appena dischiuse.
Uno strano calore si impadronì del suo cuore nero, asciugando tutti quegli anni di desolazione e odio che lo avevano reso incapace di essere ancora umano, ed Hector Barbossa si ricordò improvvisamente di essere stato un ragazzo, molti anni prima, di aver compiuto lo stesso gesto sconsiderato di quella piccola scellerata e di averci quasi rimesso un occhio.
Sovrappensiero, portò una mano alla guancia destra, dove la cicatrice sottile ancora marcava il territorio di ricordi remoti.
- Barbossa… -
Il flebile richiamo della prigioniera lo fece sobbalzare, non si era accorto che si fosse svegliata.
Posò lo sguardo sulla fasciatura arrangiata in maniera pessima e alzò gli occhi al cielo, facendole segno di sedersi dritta e di porgergli il braccio.
Quella fece come ordinato, gli occhi bassi e le labbra serrate, mentre le spalle si alzavano e si abbassavano aritmicamente: qualcosa la rendeva agitata.
Il Capitano non disse nulla, sapeva cosa si celava dietro quei piccoli gesti, perciò si limitò a sistemarle la fasciatura pulendola da tutto il sangue già raggrumato.
- Barbossa, io non posso più restare. – fece infatti lei dopo qualche secondo di religioso silenzio.
Quello tacque, per poi annuire piano.
- Lo so. – disse semplicemente.
- Sono stata così stupida, non mi ero accorta della ciurma…. Se solo fossi stata meno impulsiva… - blaterò, cercando di trattenere la disperazione che quella verità portava con sé.
Barbossa rise, una delle sue risate basse e divertite, poi indicò la sua cicatrice.
- Siamo tutti impulsivi, da giovani… - sentenziò dirigendosi verso il grosso tavolo, dove prese posto.
- Avevo ventitré anni e una persona cara da proteggere. Pensare è stata l’ultima cosa che mi sia passata per la testa. Ma in tutta onestà lo rifarei senza pensarci due volte… - sussurrò, rivolto più a se stesso che alla ragazza.
Quella scese dal mobile e andò a sedersi di fronte a lui.
Faticava a immaginere un Hector Barbossa della sua età, ma non aveva invece alcuna difficoltà nel figurarselo in un gesto simile.
Non era un uomo affettuoso, affatto, ma in quell’anno scarso di prigionia sulla sua nave si era sentita a casa, protetta, al sicuro.
Ed era stata proprio quella certezza di sicurezza a distruggere tutto.
Ingenua come sempre, aveva creduto che la protezione del Faucon du Nord sarebbe bastata a tenerla lontana dai guai, e non aveva minimamente preso in considerazione che il Faucon stesso avesse una reputazione da mantenere.
Non solo si era messa in pericolo con la sua scarsa accortezza, ma aveva messo in pericolo anche Barbossa.
Non che potesse morire, certamente, ma non osava nemmeno pensare quali assurdi tipi di torture avrebbero potuto escogitare i suoi nemici.
Fu una nuova considerazione di Barbossa a riportarla alla realtà.
- Devi prepararti a partire. Non potrà sembrare architettato. Anzi, sarà molto meglio se passerai per morta. – spiegò mentre Jack si dondolava dal suo trespolo.
Cristal annuì.
- Il momento migliore sarebbe durante un arrembaggio. Potrei sgattaiolare sull’altra nave e rubare una scialuppa. Nessuno se ne accorgerebbe! E se lasciassi le mie cose qui  a bordo crederebbero tutti che io sia semplicemente caduta in acqua o rimasta dall’altra parte. – propose.
- Ci porteremo più vicini alla costa. In questa zona c’è pieno di cale deserte dove si può approdare facilmente. – aggiunse lui, indicando un punto sulla carta spiegata sul tavolo.
Seguì un lungo momento di silenzio denso e pesante, pregno di mille domande inespresse, di mille desideri irrealizzabili.
Fu il pirata a prendere la parola per primo, nella sua voce seria e ferma l’ombra di un rimpianto, forse quasi senso di colpa.
- Cristal, ritengo che tua madre non ti abbia raccontato tutta la verità.– esordì.
La fanciulla trattenne il respiro, che volesse forse confessare la sua vera identità?
Ma ciò che udì la lasciò senza terreno sotto i piedi, vittima di un naufragio interiore che per un momento le fece mancare l’aria.
- Quella che porti al collo non è una semplice collana, così come il Faucon du Nord non era un pirata qualsiasi. Immagino tu abbia sentito parlare della Fratellanza di Shipwreck Cove… -
- Certamente… - esalò.
La Fratellanza, il Consiglio formato dai più grandi pirati in circolazione che si riunivano alla famosa e quasi leggendaria Baia dei Relitti. Cosa c’entrava tutto quello con la sua collana e con Barbossa?
- Al Consiglio possono accedere solamente i cosiddetti Pirati Nobili, distintisi per coraggio ed imprese e padroni –i più solo formalmente- di uno dei Grandi Mari. Quando un pirata raggiunge fama e notorietà particolari, può succedere che gli sia conferita la carica di Pirata Nobile e che gli venga attribuito un Mare. E’ ciò che è successo al Faucon du Nord, più di vent’anni fa. – raccontò Barbossa.
- Quindi il Faucon è un Pirata Nobile! –
- Regna sul Mare del Nord, e quella collana è il suo Pezzo da Otto, il simbolo del suo potere. E’ in realtà il Pezzo da Otto ad essere legato al titolo: chi ne entrasse in possesso potrebbe tranquillamente soppiantare il suo predecessore e impadronirsi del suo posto all’interno del consiglio. – aggiunse.
- E’ per questo che i Filippini volevano la collana! – si lasciò sfuggire Cristal, prima che un’altra consapevolezza le si parasse di fronte al cuore.
- Un momento. Ma questo significa che… Che io sono il nuovo Pirata Nobile del Mare del Nord?! – esclamò, sconvolta.
Non aveva senso! Perché Barbossa non si era riappropriato del suo titolo recuperando la collana che gli apparteneva di diritto?
Quello scosse il capo e poggiò i gomiti sul tavolo.
- E’ necessario essere Capitano per ricoprire la carica. Ma devo metterti in guardia: sono anni che il Faucon non si fa vedere a Shipwreck Cove. Credevamo tutti che fosse morto senza riuscire a tramandare il suo Pezzo da Otto e ora sei apparsa tu, ignara di tutta la faccenda. –
Quelle parole risuonarono nella coscienza della bionda come uno schiaffo sul viso.
Aveva sbagliato.
Il Faucon du Nord non era Barbossa.
Aveva sbagliato.
Quindi non era lui l’uomo che aveva incontrato sua madre. Quindi in tutti quei mesi era stata protetta semplicemente dalla fortuna.
Improvvisamente le tornò in mente, rapido come uno sparo, ciò che Bleizenn le aveva detto tanti anni prima nella vecchia bettola di Brest.
“Non è buona cosa parlare di ciò che non si conosce affatto”.
Aveva sfidato la sorte, e quasi il Mare avesse voluto proteggerla, tutto era sempre filato liscio.
Ma adesso? Se i membri dell’equipaggio avessero capito? Dopotutto Pintel e Ragetti sapevano dell’esistenza della collana e se, come aveva appena scoperto, Barbossa e il Faucon du Nord non c’entravano nulla l’uno con l’altro, niente avrebbe potuto proteggerla.
Notando che la giovane non accennava a ribattere, Barbossa andò avanti con il suo monologo.
- Ho conosciuto il Faucon du Nord prima che diventasse un Pirata Nobile. Diversamente da me, la sua ascesa è stata molto più spettacolare. Un pirata eccezionale, degno della più grande ammirazione, ma proprio per questo odiato e invidiato da molti. Avete moltissimo in comune, tu e il Faucon. Sei la migliore erede che potesse sperare di avere, e proprio per questo la strada di fronte a te non è semplice; devi stare all’erta. –
Ma quella non badò molto al suo consiglio, l’attenzione concentrata su un'altra parte del discorso.
- Vuoi dire che anche tu sei un Pirata Nobile?! – esclamò, gli occhi sgranati di stupore.
Il Capitano si alzò in piedi, un sorrisetto compiaciuto a increspargli le labbra.
- Siamo molto simili, Cristal Cooper. In entrambi vi è decisamente più di quanto non si veda alla vista… - e con quella frase enigmatica alzò il braccio destro in attesa che la scimmietta vi si abbarbicasse, prima di uscire dalla cabina e lasciare la prigioniera sola, un vento di tempesta a spazzarle i pensieri.
 
 




 
 
I giorni trascorsero lenti e carichi d’angoscia.
Nonostante il cielo fosse tornato limpido e terso e il vento in poppa facesse filare la Perla senza problemi, Cristal non riusciva a gioirne.
Da quella sera in cui tutte le sue certezze erano crollate, non era stata capace di impedirsi di pensare al momento della partenza, che sentiva avvicinarsi con sempre maggiore velocità.
Ossessionata da quella prospettiva, cercava di imprimersi nella memoria ogni piccolo particolare, anche i gesti più insignificanti del suo Capitano, i più trascurabili sorrisi, i momenti passati in silenzio in cabina, mentre Jack saltellava qua e là ignaro del più prossimo avvenire.
La verità era che non voleva andarsene.
Un anno prima si sarebbe odiata per una simile considerazione, ma adesso non poteva più mentire a se stessa.
Voleva bene a Barbossa, nel senso più stretto del termine.
Dal più profondo del suo cuore, sperava tutto potesse essere semplice nella sua vita, che ogni cosa potesse essere giusta e che nessun male potesse più raggiungerlo.
Era consapevole di avere a che fare con un uomo senza scrupoli, un assassino, un pirata, ma ormai lei stessa era una di loro, e si era resa conto già da tempo di quanto l’affetto fosse un sentimento imprevedibile e incondizionato.
Sarebbe stato immensamente più semplice se l’uomo l’avesse trattata male, dando segno di odiarla dal profondo delle viscere, o ancora meglio, se avesse provato indifferenza nei suoi confronti, ma nulla di ciò era mai successo.
Quasi dal primo istante il pirata aveva mostrato per lei una premura completamente fuori luogo, quasi i due fossero stati uniti da un legame molto più antico, quasi fosse stata la mano stessa del Destino a volerli unire in quelle circostanze così surreali.
Perché, e di questo ne era più che certa, il loro incontro non era stato casuale.
Non poteva essere stato casuale.
Accadde quattro giorni dopo il ritrovamento del terzultimo medaglione.
Poco dopo mezzogiorno la vedetta individuò una piccola fregata a dritta. Avrebbero potuto ignorarla e proseguire per conto loro, ma l’idea di un arrembaggio allettava tutti quanti. Dopotutto era da molto che non scendevano a terra, ed ogni scusa era buona per distrarsi dalla monotonia della vita di bordo.
Cristal e Barbossa si scambiarono un lungo sguardo silenzioso, il blu a riversarsi nel grigio come il mare si rovescia in un cielo di tempesta, poi l’erede del Faucon si diresse sottocoperta, alla volta della cabina.
Raccolse una carta spiegazzata dei Caraibi e raccattò una manciata di mele e una bottiglia di rum –acqua non ce n’era-, infine controllò di avere la sua vecchia bussola ancora appesa alla cintura e, prima di tornare sul ponte, ficcò tutto in una logora sacca di cuoio che nascose in un barile di mele mezzo vuoto poco distante dalla balaustra di tribordo.
I minuti gocciolavano densi come i grani di sabbia dentro una clessidra, lenti ma inesorabili.
Per non destare sospetti, abbandonò la sua postazione al timone vicino a Barbossa e si intrattenne a chiacchierare con Pintel e Ragetti, gli unici due che potesse definire davvero amici fra quella manica di manigoldi.
Le sarebbero mancati anche loro, dopotutto…
Il sole scese lento sulla linea dell’orizzonte, tingendo la costa poco distante di rosa e di giallo.
Ogni cosa era statica, persino i gabbiani, mentre la Perla Nera fendeva le acque andando incontro alla sua preda.
Raggiunsero la fregata poche ore prima che il sole si tuffasse fra i flutti e ognuno si precipitò a lucidare le armi e a caricare le pistole; nell’aria risuonavano grida eccitate e qualche vecchia canzone da osteria sentita talmente tante volte da non far nemmeno più ridere.
Cristal aveva la nausea, ogni cosa si srotolava davanti a lei come una pergamena consunta e già vista, nulla di nuovo, nulla di buono.
La lentezza esasperante delle operazioni di abbordaggio le faceva prudere le mani, ma doveva starsene ferma e paziente, o tutto sarebbe stato inutile.
Il primo colpo di pistola giunse dalla murata nemica, poi, come sempre, vi fu solamente una gran mescolanza di facce, di voci e di colori nella quale la ragazza si ritrovò a combattere senza intenzione, evitando i colpi avversari e facendosi strada verso la libertà con riluttanza.
Raggiunta la murata, un proiettile le fischiò vicino all’orecchio giusto in tempo per evitare che un marinaio le piantasse la sua sciabola nella schiena.
- E’ il momento, vattene! – le sibilò il suo salvatore, consapevole che nella mischia nessuno avrebbe badato a loro.
Lei si guardò intorno e trasse un profondo sospiro.
Raccolse la sua sacca fastidiosamente leggera e piantò per l’ultima volta i suoi occhi in quelli di Barbossa, due orizzonti in cerca di riscatto.
- Grazie… - sussurrò.
Non si voltò indietro. Afferrò una corda e, al momento migliore, raggiunse il ponte della nave che li avrebbe condotti entrambi alla salvezza.
Qualcuno la attaccò, ma riuscì a difendersi anche con una mano impegnata dalla sacca: nessuno dei suoi avrebbe potuto intuire le sue mosse, tutti avrebbero creduto che fosse lì solamente per razziare, come facevano sempre.
Si accucciò e, non vista, approfittò del fumo e delle ombre ormai lunghe per portarsi dall’altro lato della nave.
Calare la scialuppa da sola fu più difficile del previsto, considerando che il braccio destro le doleva ancora dall’arrembaggio precedente.
Doveva essere più veloce.
E se l’avessero vista? Se se ne fossero accorti? Se qualcuno avesse anche solo per un momento levato lo sguardo dove non avrebbe dovuto?
Ma anche il legno incrostato raggiunse la superficie dell’acqua e i rumori violenti della battaglia divennero un gorgoglio lontano, sciabordio di onde, stridio di gabbiani.
Le mani che ancora le tremavano, prese a remare verso la costa, cercando di non pensare alla ferita che bruciava più di centinaia di spilli, cercando di non pensare a cosa stava abbandonando, cercando di non pensare a niente.
Se avesse tenuto duro tutta la notte, al sorgere del sole avrebbe potuto sentire il tocco sottile della sabbia sotto i piedi, e finalmente avrebbe potuto lasciarsi tutto alle spalle.
Ore dopo, mentre la luna brillava nel cielo come un diamante sporcato dalle nuvole in rapido passaggio, il Capitano della Perla Nera lasciava i suoi uomini a spartirsi il bottino, diretto ai suoi alloggi.
Entrò in cabina ad occhi bassi e lasciò che Jack scorrazzasse e saltellasse qua e là, troppo stanco per badare a lui.
Fu un dettaglio insignificante ad attirare la sua attenzione.
Sul tavolo, accanto a un torsolo di mela, se ne stava aperto uno dei libri della figlia di Marion Hawke.
Incuriosito, lo raccolse e sbirciò velocemente il titolo. Fu un caso, lo sguardo gli cadde su un gruppo di parole vergate con inchiostro scuro e un poco grattato dal tempo, una battuta qualsiasi della tragedia di Shakespeare che la sua ospite aveva riletto per l’ennesima volta.
- Questa creatura delle tenebre, la riconosco mia. – sussurrò a fior di labbra.
Un sorriso grondante dolore gli solcò il viso come acido, mentre il vetro incrostato di sale rifletteva la sua immagine spettrale.
- Forse avrei dovuto dirglielo… - sussurrò alla luna chiudendo piano il volume e abbandonandolo sul vecchio mobile a cassettoni, ora vuoto e freddo come il letto di una sposa abbandonata all’altare.
Adesso, il cuore gonfio di rimpianti, Hector Barbossa si rendeva conto dell’entità della sua perdita.
Cristal Cooper, ignara dell’ultimo segreto, se n’era andata convinta di sapere.
Tutto ciò che aveva con sé, invece, era solamente un’altra mezza verità.





















 

Note:

Speravati di esservi liberati di me, eh? E invece no, eccomi qui ad assillarvi ancora!
No, seriamente.
Chiedo scusa a tutti i lettori per la lunga assenza, ma fra le vacanze, l'Università e il computer da rottamare non ho avuto davvero un secondo per scrivere e pubblicare... T.T
Insomma, ecco, se vorrete sottopormi al gatto a nove code affronterò il mio destino senza lamentarmi, mettiamola così! xD
Per quanto riguarda il capitolo, sono più o meno tre giorni che continuo a rileggerlo, aggiustarlo, cambiarlo, riarrangiarlo e chi più ne ha più ne metta.
La verità è che ho fatto davvero fatica a gestirlo, perchè qui abbiamo un Barbossa completamente diverso dal solito, e spero vivamente di non averlo mandato out of character.
Per quanto riguarda Cristal, invece, la nostra bimbetta idealista è diventata una ventenne dalle dubbie frequentazioni... Non vi dico che malinconia a ripensarla bambina sulla nave per Port Royal, quando era ancora tutto quanto un gioco...
Ma il tempo dei giochi è finito da un pezzo, e il mistero si infittisce.
Barbossa doveva essere il Faucon du Nord, e invece non lo è più.
Cosa vuol dire? Ha mentito? Riusciremo mai a venire a capo di questa matassa o Cristal invecchierà senza sapere a chi diamine appartenesse in origine la collana?
Nel frattempo abbiamo scoperto qualcosa di nuovo: Barbossa è un Pirata Nobile, e lasciarsi prendere dai sentimenti non è mai consigliabile quando si ha a che fare con una ciurma di rognosi -e gelosi- scheletri ambulanti.
Siamo a meno due medaglioni, e se per Hector e i suoi questa è un'ottima notizia... beh, noi sappiamo come andrà a finire...
Ma non dico altro, o veramente spoilero tutta la storia! xD
Spero di sbrigarmi a scrivere il prossimo capitolo, ma visto che si tratta di uno snodo delicato della storia non assicuro niente...
In ogni caso ringrazio come sempre chi legge/recensisce/segue/preferisce/blablabla... vi voglio un bene che non potete nemmeno immaginare! <3
Alla prossima! ~

Kisses,
Koori-chan
  
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