AGGIORNAMENTO
(09/01/2015) – cambio dell’impaginazione.
C
A P I T O L O
due
Neji chiuse la portiera della macchina
e ci si appoggiò sopra, abbottonandosi la giacca.
Faceva già freddo per essere agli
ultimi di ottobre, e lui si sentiva davvero uno stupido per non aver messo
qualcosa di più pesante. Ma non importava, sarebbero entrati in qualche bar a
parlare, o comunque non sarebbero rimasti all’aperto.
Tirò fuori il telefono dalla tasca per
guardare l’ora. Segnava le 17:29. Era in perfetto orario e la cosa lo faceva
sentire più tranquillo. Nel momento stesso in cui mise il telefono nei
pantaloni, una voce lo chiamò dall’altra parte della strada, costringendolo a
girarsi.
«Neji!» si girò e vide Tenten che,
saltellando sul posto, aspettava che il semaforo diventasse verde. Attraversò
le strisce pedonali quasi correndo e si catapultò ad abbracciarlo come una
bambina abbraccerebbe Babbo Natale.
«Mi dispiace non essere riuscito a venirvi
a prendere» le disse, lasciandole un bacio sul capo, stringendola forte a sé,
«ci tenevo davvero».
«Non preoccuparti, siamo state
fortunate con lo sciopero» gli afferrò le braccia per allungarsi a lasciargli
un bacio che Neji non rifiutò, stringendola per la vita. Le era mancata così tanto.
«Andiamo dentro? Fa freddo» consigliò
lui, e lei annuì.
― ♦ ―
«Allora, come va la convivenza con Lee
e gli altri?» domandò Tenten, inzuppando un biscotto nella cioccolata calda
prima di tentare di mangiarlo senza sporcarsi.
Neji incrociò le gambe sotto il
tavolo, legandosi i capelli prima di chinarsi a bere un po’ del suo caffè, «Lee
rompe le palle come sempre, si sveglia alle cinque per fare le flessioni o
qualche diavoleria del genere. Poi usa le pentole per svegliare tutti gli
altri, anche se abbiamo la sveglia» disse con un sospiro, «non ti dico la puzza
di ascella sudata che c’è in quella casa la mattina». Si vedeva lontano un
miglio che Neji faticava a mantenere la calma – ma si stava lentamente
abituando al caos di Rock Lee, sudore compreso, unito a quello del maremmano
gigante che lasciava peli ovunque, e al formicaio artificiale che non si poteva
neanche sfiorare con un dito. «Abito con
dei pazzi, che ci vuoi fare?» le disse, sorridendo da dietro la tazza.
«Beh, Rock Lee non era una persona
tranquilla nemmeno ai tempi del liceo» commentò, infilandosi il biscotto in
bocca, e Neji annuì.
«E con le ragazze come va?».
«Bene!» gli disse con la bocca piena,
ingoiando e bevendo un sorso della sua cioccolata, «sono in camera con Hinata,
conviviamo bene» e sollevò lo sguardo dalla tazza per osservare la reazione di
Neji nel sentir parlare di sua cugina.
«Sta bene?» chiese.
«Sta bene» gli fece eco. Non sapeva perché,
ma si aspettava una reazione più… emotiva? Si parlava
sempre di sua cugina, che diamine! E per quello che lei sapeva, a parte i primi
anni della loro vita, la loro reazione non era stata così cattiva, anzi. Aveva
spiato, una volta, il telefono di Hinata e sulla rubrica Neji era segnato come Neji-niisan e
lui, sul suo, l’aveva chiamata Hinata-sama. Eppure entrambi si ostinavano a far finta di
essere solo conoscenti – anche se le somiglianze fisiche erano tante. Beh, oddio, non vuole neanche dire che stiamo
assieme, pensò Tenten. A dirla tutta, in realtà, non le dispiaceva nemmeno
così tanto: meno domande, meno impicci. E ci mancava solo che qualcuno
iniziasse a tartassare Neji di domande sulla sua ragazza o Ino facesse domande scomode su Neji. Inoltre, fare tutto
così di nascosto rendeva la storia più eccitante.
«Oggi è morto il pesce di Naruto»
disse ad un certo punto, come per non farla pensare a qualsiasi cosa stesse pensando. «Ci ha costretto a vestirci come
per il funerale di una persona vera»
e scosse la testa, «ne uscirò pazzo da questa convivenza, Tenten. Pazzo»
continuò, borbottando, zittendosi con il caffè.
― ♦ ―
Ino sospirò, componendo un bouquet di
rose e girasoli, avrebbe voluto passare il pomeriggio con la sua migliore
amica, andare a fare un po’ di shopping,
ed invece sua madre l’aveva bloccata in negozio per tutto il pomeriggio.
«Ho
assunto un ragazzo che mi darà una mano» le aveva detto, «ma
ho bisogno che tu lo segua per un po’».
Speriamo
che sia almeno carino,
si disse annodando un grosso fiocco di foglie attorno ai gambi dei fiori,
quando la porta della bottega si aprì, seguita da quel irritante tintinnio di
campanelli.
«Buongiorno!» disse senza nemmeno
alzare la testa dal suo lavoro, ma una voce fastidiosa e familiare la costrinse
a lasciar perdere il bouquet.
«Ino! Quanto tempo che non ci
vediamo!» affermò il ragazzo biondo, poggiando il gomito sul bancone con fare
sicuro di sé, come se fosse lì per rimorchiare. Che diavolo aveva nella testa, quello lì?
«Naruto, non dirmi che sei tu il nuovo
apprendista di mia madre, ti prego», Ino supplicò lui e Kami che non fosse così.
Non era possibile. Sua madre non
poteva aver assunto Naruto, non era così vecchia e pazza da fare una cosa del
genere.
Naruto sorrise e indicò la porta, «no,
io ho solo accompagnato Sai, sta parcheggiando la macchina» le rispose, ed Ino
tirò un sospiro di sollievo. «Oh, eccolo qui!» aggiunse, e la porta si aprì,
lasciando Ino a bocca aperta e con una faccia da ebete.
Non lo aveva visto durante tutte le
vacanze estive, ma adesso le sembrava ancora più bello, più alto, più tutto.
Più
sexy.
«Ciao Sai…»
sorrise scostandosi dietro l’orecchio un ciuffo biondo, sfuggito alla coda di
cavallo, prendendo poi a giocare con i petali del girasole.
Sarebbe stato un fantastico pomeriggio,
ne era più che certa.
― ♦ ―
Sakura attraversò la strada di corsa,
avvolta nel suo montgomery rosso e seguita da Ino che, da quando era passata a
prenderla all’ospedale, non faceva altro se non ripetere che Sai era
bellissimo, e che avevano flirtato tutto il pomeriggio. Si erano pure scambiati
i numeri di telefono, di nuovo, dato che Sai lo aveva cambiato.
«Tu flirti con tutto ciò che è
maschile, Ino» la interruppe nel bel mezzo del suo racconto, «e se non ti
sbrighi la libreria chiuderà» aggiunse accelerando il passo, estraendo il
cellulare dalla tasca per controllare l’ora.
Avevano quindici minuti, ce la
potevano fare.
Ino la prese per il braccio,
accozzandosi al suo fianco, «devi assolutamente vederlo, Sakura» continuò,
ignorando completamente quello che lei le aveva detto, «è bello da togliere il
fiato, e intelligente, e frequenta restauro,
lo sai? Restauro è così sexy» e nella
sua testa si proiettò l’immagine di un Sai vestito con maglietta bianca e
salopette, sporco di tempera, che dipingeva su una tela enorme il ritratto di
lei. Ino sospirò, aggrappandosi al braccio dell’amica.
«Davvero?» non le importava un fico
secco di quello che faceva Sai, del suo taglio di capelli e della sua pelle,
voleva solo riuscire a comprare quel maledetto saggio di medicina prima che la
libreria chiudesse. Non le sembrava di chiedere molto.
«Gli ho detto che magari uno di questi
giorni facciamo una rimpatriata, e lui ha detto che può avvisare anche gli
altri», era insopportabile quando faceva così, ma oramai aveva imparato a
volerle bene nonostante il suo egocentrismo.
Sorrise guardandola da sotto il pelo
del cappuccio, «lo hai fatto solo per uscire con lui. Sei pessima, Ino» scherzò
avviandosi verso l’entrata del negozio. Era mezzo vuoto, ma ancora aperto. Ino
la seguì a ruota, farneticava qualcosa sul fatto che Sai fosse il ragazzo
perfetto per lei, che fossero anime gemelle, e che era stato il destino a farli
incontrare dopo tre mesi e più che non si vedevano.
Certo,
come no. Sakura annuì
cercando il titolo del libro sulle mensole, e quando finalmente lo trovò lo
prese e si diresse verso la cassa, seguita dall’amica che ancora non aveva
smesso di parlare e sospirare. Ma non le
si secca mai la lingua?
Aspettò davanti alla cassa che il
commesso finisse di sistemare qualcosa in uno scatolone. Di lui vedeva solo la
schiena avvolta nella maglia ocra della divisa e i capelli neri. Un pessimo
abbinamento di colore, ma lui non poteva farci niente – poverino. Ino non aveva detto niente riguardo al fatto che quel
colore gli stesse davvero male e
continuava a parlare di Sai e la sua perfezione e il fatto che non sapeva
quando chiamarlo. Forse era davvero presa, questa volta. Forse era la volta
buona che smetteva di cambiare ragazzo ogni fine settimana e smetteva di
collezionare foto di sesso maschile nel portafoglio.
Finalmente il ragazzo chiuse lo
scatolo, alzandosi da inginocchiato che era, pronto a farle pagare quello
stupido saggio e farla tornare a casa.
Il libro le cadde dalle mani. Ino si
zittì di colpo, e tutto attorno a lei sembrò cristallizzarsi.
Sasuke…
Non era sicura di aver parlato.
«Sakura?» la sua voce era così diversa
dall’ultima volta in cui l’aveva sentita, ma lui non era cambiato poi così
tanto, era solo diventato molto più alto, più grande, più uomo. Più sexy, avrebbe fatto notare Ino.
Più bello di come lo ricordava.
Erano quattro anni che non lo vedeva.
«Sas’ke… sei tornato?» doveva essere un’affermazione, non voleva
chiederglielo, era ovvio che fosse tornato, era lì davanti a lei, dopotutto, ma
la frase le uscì così. Forse perché era sorpresa di vederlo.
Ino le raccolse il libro
tossicchiando, posandolo sul bancone, «ciao Sas’ke, è bello che tu non mi abbia riconosciuto» disse, e gli
occhi d’onice del ragazzo si posarono su di lei per qualche secondo.
«Ciao Yamanaka», parlò prendendo il
libro, controllando poi il prezzo.
Sakura era paralizzata, si sentiva una
cretina: il cuore le batteva all’impazzata, sembrava voler forarle il petto e
saltar fuori.
«Sono 2200 yen» parlò ancora, ma Sakura non si mosse.
Voleva chiedergli perché non le aveva
scritto, perché non l’aveva avvisata che era tornato. Il suo numero di
cellulare lo aveva, no? E lei si era assicurata di far sopravvivere la sim per
tutta l’estate. Aveva aspettato fino all’ultimo per trasferirsi con Ino – il
tutto per continuare a essere reperibile per chiunque (specialmente per
Sasuke).
Perché? Era tutto quello che voleva sapere.
Eppure la risposta era così ovvia.
Ino le tirò una gomitata invitandola a
pagare, e lei aprì la borsa estraendo il portafoglio e poi le banconote.
Gliele porse in silenzio, cercando la
giusta cosa da dire, ma non ne trovò nessuna, nemmeno mezza che non suonasse
patetica ed infantile. Anche la violenza, che di solito adoperava con
personaggi quali Rock Lee e Naruto, non le sembrava la risposta adatta, in quel
momento.
«Sei tornato per l’università?» la
voce le uscì in un fastidioso mormorio mentre lui metteva il libro in un
sacchetto di carta.
«Sì, sono in affitto in un
appartamento con il dobe
e gli altri» le rispose porgendole il sacchetto.
Quindi Naruto lo sapeva e non glielo
aveva detto.
Quel dannato idiota, se lo avesse
avuto sotto mano in quel momento gli avrebbe strisciato quella testa vuota
sull’asfalto fino a consumarla.
Non aggiunse altro. Né lei, né lui. Il
discorso morì lì, rimase sospeso.
Ino la prese a braccetto
strattonandola verso l’uscita, «bene, Sas’ke, è stato un piacere rivederti» disse trascinandola
fuori, all’aria fresca che la investì, facendola tremare.
«Togliti quell’espressione da cane
bastonato dalla faccia, Sakura» le ordinò categorica, allontanandosi in fretta
dalla vetrina del negozio, «Ne abbiamo già parlato, Sas’ke non ti merita, ricordi?» aggiunse
cercando di farle il lavaggio del cervello.
«Puoi avere tutti i ragazzi che vuoi, fronte spaziosa, non puoi fra tutti
volere proprio quello che ti ignora!» continuò, il tono della voce esasperato,
«ti ignorasse per un motivo, poi»
continuò, borbottando come un vecchia nonna, «quello è svitato. Lo
sappiamo tutti».
«Me lo avrai detto cinquanta volte,
Ino» le rispose «e non è svitato, sei tu quella fuori di testa», continuò,
fingendo che non le importasse. Non voleva piangere, non doveva farlo. Aveva
già versato fin troppe lacrime per lui, non ne valeva di certo altre.
«Sì, ma tu non te lo ficchi mai in
testa, perché?» chiese trascinandosela per la mano mentre attraversa la strada.
Piacerebbe anche a me sapere il
perché, si disse Sakura mentre una macchina sfrecciò davanti a loro, facendole
il pelo.
«GUARDA DOVE VAI, IDIOTA PATENTATO!»
urlò Ino, peccato che fossero state loro a passare con il rosso.
Sakura sospirò liberandosi dalla sua
presa, infilando entrambe le mani in tasca.
«Quello che sto cercando di dirti,
Sakura, è che non puoi passare la vita aspettando un ragazzo che è partito
quattro anni fa e si è fatto sentire una volta sola» spiegò agitando le mani,
puntellandole l’indice contro la tempia, «ma la tua testolina non lo vuole
capire, ed io non capisco perché ti diverti a farti del male».
«Non mi diverto a fare un bel niente, maialina, e poi stai facendo tutto tu,
io non ho detto nulla» le fece notare con un sorrisino. Falso. Così falso che pure quell’idiota di Naruto avrebbe capito
che stava mentendo.
«Certo! Allora spiegami perché sei
improvvisamente diventata idiota quando lo hai visto» ribatté Ino facendo lo
slalom fra i passanti, «o forse sono diventata stupida io, perché a me è
sembrato che tu fossi diventa muta e paralitica».
Sakura non rispose, si limitò a
sospirare e a stringersi meglio nel cappotto.
Non le andava di parlarne. Non in quel
momento.
Ino fece un verso non identificato che
le parve un grugnito, «quel dannato Sas’ke, ogni volta che tento di fartelo dimenticare lui appare
dal nulla e BOOM, Sakura perde di nuovo il cervello! Sei tu quella pazza, non
lui!» strillò in mezzo alla gente.
«Se non la pianti faccio finta di non
conoscerti» le sussurrò, spingendola verso il portone della palazzina nella
quale vivevano.
― ♦
―
«Siete tornate!» disse Hinata,
accogliendole con un sorriso gentile. Seguì con lo sguardo Sakura che si
catapultò in camera, chiudendo Ino fuori. «Che è successo?» domandò poi,
preoccupata.
Ino si tolse il cappotto, agitando la
mano e sedendosi vicino a lei, «niente, niente, te lo racconterà lei se vorrà»
borbottò, allungandosi poi verso il portatile sulle gambe di Hinata, «che
guardi?» chiese, curiosa.
«Cerco un ristorante d’asporto che ha
visto Tenten oggi pomeriggio, mentre era in giro…»
rispose, mentre Tenten appariva da dietro, sciogliendosi i codini, «ha detto
che è un ristorante di carne e aveva un nome che aveva a che fare con il barbeque…» e
riprese a scorrere la pagina di ristoranti specializzati in carne a Konoha.
«È questo!» urlò la ragazza dietro di
loro, indicando con l’indice sullo schermo il nome BarbeQ. Hinata cliccò sul sito,
cercando il menù on-line.
A Ino brillarono gli occhi, «guance di
maiale!» si appoggiò sulla spalla si Hinata, tirandosi su e mettendosi in
ginocchio sul divano, «dobbiamo assolutamente provarlo!» si allungò ad
abbracciare Tenten, quasi ridendo, «grazie Tenten per aver trovato questo
magnifico posto mentre uscivi con…» si fermò di
colpo, «con chi uscivi?».
«Un amico» rispose, frettolosamente,
forse fin troppo.
«Un amico, eh?...» continuò con fare
inquisitorio, «e lo conosco?».
Tenten scosse la testa, facendo il
giro del divano per mettersi seduta con le altre, «non credo…
è del dipartimento di giurisprudenza e economia» sorrise, tenendosi per sé che
si trattava del cugino dell’altra inquilina e del loro compagno di classe,
«ordiniamo?».
«SAKURAAA!» chiamò Ino, guardando la
ragazza sbucare dalla porta, «vieni che ordiniamo da mangiare?».
Scrissero su un foglio i numeri
corrispondenti ai piatti che ognuna desiderava, mentre Ino frugava nel frigo
qualcosa da bere che non fosse acqua. Tenten passò il telefono a Hinata e, per
un qualche motivo, toccò a lei ordinare il cibo. Compose il numero, facendo un
bel respiro per non sembrare un’idiota al telefono.
«BarbeQ,
come posso servirla?» la voce dell’uomo era grossolana e spazientita.
«Buonasera, ecco…»
iniziò, cercando di mettere a fuoco le scritte del biglietto, «vorremmo
ordinare il numero tre, sette, dodici e tredici…» la
voce le andò calando e Sakura, seduta vicino a lei, accennò ad un sorriso
divertito.
La vedeva così in pensiero…
«Indirizzo?» domandò, e Hinata
provvide subito a darglielo, «arriverà per le 20:30».
«Va bene, arrivederci e grazie!»
rispose e, mentre spegneva la chiamata, sentì la voce della persona che aveva
preso la sua ordinazione urlare qualcosa come “sei in ritardo, Uzumaki!”.
Le sembrava impossibile che parlasse di quell’Uzumaki. E probabilmente aveva
sentito male: c’era stata un po’ di interferenza, più il trambusto del locale e
il respiro di quell’uomo che passava attraverso il microfono del telefono. Solo
a pensare all’aspetto di quel rozzo,
sentì un brivido attraversarle il corpo.
― ♦
―
Tenten e Sakura apparecchiarono la
tavola, mentre Ino era in doccia a lavarsi e Hinata poltriva sul divano in
pigiama, giocando con Tempura.
Il citofono suonò e, per rendersi
utile, fu la Hyuga ad alzarsi e rispondere, «sì? Chi
è?».
«BarbeQ» risposero dall’altro capo della linea, con
una voglia di vivere pari a zero.
«Quarto piano, e non funziona l’ascensore…» informò, sentendo il ragazzo delle consegne
borbottare. Aprì il portone e chiuse il citofono, aspettando che suonassero
alla porta. Forse avrebbe dovuto mettersi una vestaglia, dato che era in
pigiama. Ma non aveva voglia di correre in camera e infilarsela, dato che ormai
si era auto-incaricata di prendere l’ordine. In più aveva già in mano i soldi,
non aveva senso scappare dalla porta o chiedere a qualcuno di prendere il cibo
al suo posto.
Il campanello suonò con un driiin
prolungato, Hinata aprì la porta, stampandosi in faccia un sorriso cortese.
«Grazie dell’ordin―»
si bloccò subito quando, guardando in faccia il ragazzo delle consegne, si ritrovò davanti proprio quell’Uzumaki.
«Hinata!» Naruto aveva detto il suo
nome, l’aveva riconosciuta, «come sei
diventata… grande!».
Certo. Grande. Lei era in pigiama e sentiva le guance in fiamme, voleva
che il pavimento si aprisse sotto i suoi piedi e che lei precipitasse per
quattro piani.
«Naruto?» la voce di Ino interruppe il
silenzio imbarazzante, Hinata le diede il proprio portafoglio e andò a
chiudersi in bagno, mentre Tenten affiancava la bionda sulla porta di casa,
«non ci credo, anche tu qui?».
«Beh, certo!» e sorrise, tenendo il
cibo con una mano sola, «abito con Choji, Shikamaru, Sai e Sasuke, ora» disse
poi, contando i nomi dei coinquilini sulla mano libera, «e anche quello stupido
gatto di quello stupido teme» aggiunse, borbottando. «Comunque, ecco il vostro
cibo!» e tese le scatole verso Tenten.
Ino aprì il portafoglio di Hinata,
prendendo le banconote, e preparando nella sua testa una domanda che doveva
suonare come un «Come sta Sai?» ma –
in una strana sequenza di eventi che lei non riuscì a seguire dall’inizio alla
fine – Sakura si materializzò vicino a lei e diede una sberla sulla guancia di
Naruto. Nel silenzio che calò in quel momento la mano della sua compagna di
stanza sul viso del ragazzo produsse un sonoro clack. Da brivido.
Clack.
«Non mi hai chiamato nemmeno una
volta» la sua voce ricordò a Naruto quella di Shikamaru quella mattina.
La voce del diavolo, parte seconda.
«Perché non mi hai chiamata durante
tutta l’estate, brutto imbecille!» ringhiò come una tigre stringendo la stoffa
della sua giacca fra le dita, e Naruto impallidì massaggiandosi la parte
colpita.
Bruciava da morire. Ma ha le mani di piombo?
Vide la ragazza caricare un altro
colpo, ma prima che lo colpisse riuscì a bloccarla con una lunga serie di
pietosi «aspetta, non mi picchiare!» che gli uscirono in concomitanza con le
mani tese davanti alla faccia. «Ho fatto il bagno al lago con il cellulare nei
pantaloni ed ho perso tutti i numeri, non ti arrabbiare, stai calma» disse in
sua difesa, ma lei ancora non lo lasciò.
«Usare facebook?
Il computer? Troppo difficile?» ribatté lei, e Naruto si strinse un po’ nelle
spalle.
«Non ci ho pensato, mi sono detto: Ehy, la vedrò in giro prima o poi, e infatti
eccoci qua!».
Sakura lo lasciò libero e fece un
passo indietro. Era ancora arrabbiata, ma c’era qualcos’altro sul viso oltre
all’irritazione.
«Potevi almeno trovare un modo per
dirmi che Sas’ke era tornato…» mormorò, e finalmente Naruto comprese qual’era il
vero problema. Lui non l’aveva avvisata.
Quel
teme… chi lo capisce!
«Mi ha detto che ti avrebbe scritto»
le disse, «pensavo lo avesse fatto».
E invece non aveva fatto un bel
niente.
N O T E ♦ D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per
conto del Signore.
Prima di tutto un applauso a chi
coglie la citazione del «siamo in missione per conto del Signore». Detto ciò.
Eccoci, puntuali come un orologio
svizzero per la prima (e forse ultima) volta. Prima di dimenticarci, vi diciamo
subito che forse aggiorneremo venerdì 2 invece che sabato 3, perché ci piace di
più. Ma niente è sicuro, in tutti i casi sarete avvisati per tempo con un
amorevole messaggio di servizio della pubblicazione del capitolo (come quello
che vi ha condotto nelle nostre grinfie uvu).
Anyway, la ruota inizia a girare e la storia
ingrana, lentamente, ma ingrana. Le vicende saranno per lo più di tipo amoroso,
certo, ma speriamo di gestirle al meglio per farle sembrare il meno possibile
banali e favoleggianti (ci proviamo, eh). Tuttavia ci sono alcuni…
misteri? Da risolvere. Abbiamo mantenuto in parte la trama originale del manga,
e infatti Sasuke è andato via da Konoha (che
ricordiamo essere una città mediamente grande, provvista di tram e taxi e una
super università) per quattro anni e poi è tornato, senza dire niente a
nessuno, nemmeno alla povera Sakurina-chan che ci è
rimasta super male, ma se la prende con Naruto.
Abbiamo svelato inoltre qualche piccolo lavoretto che i nostri
protagonisti svolgono per mantenersi gli studi e la casa e speriamo che vi
facciano sorridere come noi abbiamo sorriso quando li abbiamo ideati.
Oh, sì. Informiamo che Kami significa
Dio, nel caso qualcuno non lo sapesse. E vorremo chiedere un minuto di silenzio
per Neji invaso dagli animali, povero tesoro.
Bene! ♥ per questo primo
aggiornamento è tutto, speriamo di non avervi deluso e di rivedervi nuovamente
alla conclusione di questo capitolo con i vostri pareri e le vostre impressioni
^3^ siamo state molto felici dal feedback ricevuto dal primo capitolo e ci
dispiacerebbe molto scoprire che non siamo state brave a mantenerlo ;____;
perciò ringraziamo tutti coloro che hanno già messo la fan fiction tra le preferite/seguire/ricordate e chi ci ha
recensito, siete tutti bellissimi ♥
Alla prossima!
papavero
radioattivo