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Autore: heliodor    14/03/2015    3 recensioni
Nel palazzo di Minosse si nasconde il mostruoso Minotauro, metà uomo e metà toro. Da quando la creatura ha preso possesso della reggia, una maledizione è calata sull’isola. Solo il sacrificio di un innocente potrà spezzarla. Teseo, l’eroe venuto dal mare, affronterà il mostro con l’aiuto di Arianna e Icaro.
Ma non tutto è come sembra.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Icaro e Arianna avanzano chinati in due per non urtare il soffitto di pietra.
― Questo condotto serviva a far passare l'aria ― spiega la ragazza.
― Lo so ― risponde Icaro.
― Come?
― Mio padre ― dice il ragazzo ammiccando. ― Ha progettato lui il palazzo. A casa abbiamo ancora tutti i rotoli che ha usato per...
Il viso di Arianna si illumina. ― Ma certo! Dedalo. Mio padre non ne parla spesso, ma ogni tanto qualcosa gli sfugge. Tu sei suo figlio?
Icaro annuisce.
― Cosa si prova a essere il figlio di un genio?
Icaro scrolla le spalle. ― È molto noioso, credimi. Lui vorrebbe che seguissi le sue orme. Ed essere la figlia di un re?
Arianna fa una smorfia. ― Se fosse per lui non dovrei mai uscire dal palazzo. Pericoli qui, pericoli lì. Lui vede solo le cose brutte del mondo. ― Sospira rassegnata.
― In fondo vuole solo proteggerti.
Il corridoio termina allargandosi in un passaggio più ampio che contente ai due ragazzi di camminare eretti.
Arianna si guarda attorno come alla ricerca di qualcosa. Quando l'occhio gli cade su di un punto, lo raggiunge di corsa.
Icaro la vede sparire nel buio. ― Dove vai? Qui non si vede niente ― esclama guardandosi attorno.
Arianna torna di corsa. Tra le mani stringe una corda.
― Dove l'hai presa? ― domanda Icaro.
― La uso per segnare la strada. Così non mi perdo.
― Semplice e ingegnoso. A mio padre piacerebbe di sicuro.
Arianna sorride. ― Grazie. L'ultima volta sono andata di lì ― dice indicando una scolta appena visibile nella penombra. ― Ma era un vicolo cieco. Proviamo dall'altra parte.
Imboccano il corridoio opposto inoltrandosi nella semioscurità.
― Parlami del mostro ― dice Icaro. L'eco della sua voce riverbera sulle pareti mischiandosi al rumore dei passi. ― L'hai mai visto?
― No ― risponde Arianna con espressione concentrata. ― Ma l'ho sentito.
― Secondo te è davvero così brutto?
― No.
― Ma tutti dicono che è enorme e ha delle corna mostruose e se ti sorprende di notte...
― Senti. ― Arianna lo fronteggia a muso duro. ― Niente di quello che hai sentito è vero, capito? Lui non è un mostro. Le voci che girano sono tutte sciocche superstizioni. ― Si tocca la fronte con le dita. ― Ecco, ora parlo come mio padre. Sei contento?
― Scusa ― risponde Icaro imbarazzato.
― Scusami tu ― dice la ragazza con tono dispiaciuto. ― Non volevo aggredirti.
― Tu lo conosci bene, vero?
Arianna si stringe nelle spalle.
― Quella roba è per lui?
― Tu vedi delle bancarelle qui attorno? O un fornaio? O un fruttivendolo? O...
― Ho capito, ho capito ― risponde Icaro. ― Non ti arrabbiare di nuovo. Stavo solo dicendo che...
Un ululato li fa sobbalzare.
― Questo era lui? ― sussurra Icaro.
Arianna annuisce e gli fa cenno di fare silenzio.
Un secondo ululato e poi un terzo, più forte.
Arianna getta a terra la sacca e si volta. ― Andiamo.
― Così? Non vuoi vederlo?
― No ― risponde lei seguendo la corda tesa attraverso il corridoio.
Icaro l'affianca. ― Non sei neanche un po' curiosa di sapere com'è fatto?
― No.
Un rumore di passi dal fondo del corridoio li fa voltare di scatto. Poi tessuto che viene lacerato e oggetti che vengono sparsi in giro.
― È sempre così? ― domanda Icaro.
Arianna scuote la testa. ― Non mi sono mai spinta così lontano dall'entrata.
Il silenzio piomba su di loro improvviso.
Icaro si tende per ascoltare. ― Secondo te gli è piaciuto?
Un grugnito squarcia l'aria l'eco che si riverbera sulle pareti di roccia. Il rumore aumenta d'intensità e volume col passare degli attimi.
― Sta venendo qui ― esclama Icaro.
Arianna gli afferra un braccio e lo tira. ― Andiamo.
― Cos'è andato storto?
― Non lo so. Forse non gli piace il formaggio. O è di cattivo umore.
Icaro si china in avanti e si aiuta con le mano nell'ultimo tratto di salita nel condotto. Dietro di loro un'ombra si staglia contro il fondo del passaggio. Un urlo rimbomba nel corridoio.
Arianna salta fuori dal buco e aiuta Icaro a issarsi oltre il bordo. Un attimo dopo sposta la pietra nella sua posizione iniziale e vi si siede sopra.
I due si scambiano un'occhiata lunga qualche istante, poi Icaro scoppia a ridere.
Arianna lo guarda sorpresa, poi inizia a ridere anche lei.
― È stato divertente ― dice Icaro singhiozzando.
Arianna annuisce. ― È vero. Che ne diresti di andare? Direi che per oggi è abbastanza, no?
***
Icaro si lascia cadere giù dal cancello.
Arianna atterra a un passo di distanza e si piega su di un ginocchio. Quando si rialza il viso è pallido e la bocca atteggiata in una smorfia di dolore.
― Ti sei fatta male? ― le domanda Icaro.
La ragazza si tocca la gamba. ― È una vecchia ferita. Da piccola mi sono rotta una gamba.
Insieme tornano sulla strada principale, dove Fulmine e Saetta attendono con aria annoiata.
― Io devo tornare a casa ― dice Icaro. ― Mio padre si starà chiedendo dove sono finito.
― Anche il mio ― risponde Arianna.
Icaro esita, indica il palazzo con un cenno della testa. ― Se decidi di andarci di nuovo e vuoi un po' di compagnia, fammelo sapere.
Arianna annuisce.
― Dico sul serio. Non sono un eroe ― Icaro gonfia i muscoli. ― Ma posso fare da esca.
Lei ride. ― Lo terrò presente. Sul serio.
Icaro si avvicina ai buoi e salta sul carro.
Arianna lo saluta con la mano alzata e si incammina nella direzione opposta.
***
La foschia aleggia sulle onde, un velo latteo di consistenza impalpabile che sembra ondeggiare al tempo con la brezza che spira e increspa la superficie del mare.
La punta di una nave emerge dal biancore latteo, seguita da remi che affondano nell'acqua seguendo un ritmo preciso. Su di un solo albero svetta una vela bianca ridotta a brandelli.
Un ragazzo dallo sguardo fiero, il petto gonfio di orgoglio, scruta l'orizzonte con occhi attenti. I capelli, biondi e fluenti, ondeggiando nella brezza leggera.
― Teseo ― grida una voce persa tra la foschia che confonde i particolari della nave. ― Dove sei finito, razza di scansafatiche?
Dalla nebbia lattiginosa emerge la figura sgraziata ed enorme di un omaccione sulla quarantina, muscoli potenti che si intravedono sotto il corpetto di cuoio che lo riveste dal collo alla cintola. ― Devi ancora finire di lucidare il ponte. Lisimaco ha rimesso la colazione e... per gli dèi, sei qui a perdere tempo mentre la nave va' alla deriva?
Il ragazzo si volta di scatto, un sorriso beffardo stampato sul viso. ― Gioisci, Piritoo. Tra poco mi acclamerete come il più grande eroe della nostra epoca.
Piritoo sbuffa contrariato. ― Prima che ciò accada dovrai far risplendere le vecchie assi di questo relitto come uno specchio. Comunque, solo per curiosità, cos'hai visto di così importante?
Teseo indica l'orizzonte. ― Guarda tu stesso.
Piritoo si sporge. ― Io non vedo niente.
― Lì, al di sopra della foschia, dove si intravede uno spicchio di cielo. Ci sei? Si vede il profilo delle montagne.
Piritoo sbuffa. ― Terra. Credevo che non l'avremmo più vista. Hai buon occhio, ragazzo. ― Rifila a Teseo una pacca sulla schiena così forte che il ragazzo deve aggrapparsi alla murata per non essere sbalzato in mare. ― Per una volta ti dimostri utile. ― Si volta verso i rematori. ― Uomini, c'è un approdo sicuro che ci attende. E che gli déi ci siano favorevoli. ― Afferra Teseo per la collottola e lo trascina via. ― Nel frattempo, datti da fare con secchio e ramazza.
Teseo spazza il ponte con la scopa. ― Un giorno diventerò un grande eroe, Piritoo. Sarò ricco e famoso e decine di ragazze ai miei piedi.
― Certo, certo ― risponde l'omaccione afferrando il timone della nave. ― Tutti i grandi eroi hanno iniziato dal basso. Sai quale fu il primo lavoro di Ercole? Consegnava sacchi di letame ai contadini. E di Ulisse? Oh, quello ti farà morire dal ridere. Prima di essere ricco e famoso avrai consumato questo ponte spazzandolo, te lo assicuro.
Teseo sbuffa e rivolge gli occhi al cielo.
***
Arianna si affaccia sulla porta. ― Padre?
Minosse è in piedi sul balcone, lo sguardo perso nel vuoto.
Arianna fa un passo oltre la soglia. ― Padre? Posso disturbarti o hai da fare?
Minosse sobbalza e si volta. ― Sei tu ― dice abbozzando un sorriso. ― Non mi disturbi affatto. Entra pure.
Arianna lo raggiunge sul balcone. Da quel punto è possibile vedere il porto con i moli che si protendono verso il mare. I marinai annodano le reti su di un paio di pescherecci ancorati ai pontili.
― Cosa stavi facendo?
Minosse scrolla le spalle. ― Ricordavo. Questo vecchio palazzo è pieno di ricordi. Ogni pietra, ogni corridoio mi riporta alla mente il mio passato. È stata la reggia di mio padre e dei miei antenati per molti secoli.
― Ho studiato anche io la storia.
― Ma qui è stata vissuta ― risponde Minosse indicando la città ai loro piedi. ― Pensavo di poter dare alla mia dinastia una reggia più sontuosa, ma ho fallito. ― L'espressione diventa triste.
Arianna si schiarisce la voce. ― Senti, volevo sapere che cosa hai deciso in merito a quella piccola questione.
― Quale questione?
― Non ti ricordi? Ne abbiamo parlato un paio di mesi fa.
― Davvero?
Arianna cammina con le mani dietro la schiena. ― Parlammo di quel viaggio che mi avevi promesso.
― Non ricordo di averti promesso alcun viaggio.
― Io ti chiesi un regalo per il mio compleanno e tu rispondesti che potevo chiederti qualsiasi cosa.
― Questo lo rammendo. Ma un viaggio...
― È quello che voglio ― esclama Arianna con le mani giunte in preghiera. ― Tu prego ti prego ti prego.
Minosse scuote la testa e le volta le spalle. ― No, non se ne parla. Nessun viaggio. Mai.
― Io voglio vedere il mondo.
― Il mondo è un posto troppo pericoloso per una ragazza dolce e ingenua come te ― dice Minosse deciso. ― Non ti lascerò andare.
― Io non sono così stupida e indifesa. So cavalcare un toro come e meglio di qualsiasi altro maschio dell'isola. Sono agile e veloce e...
― Cavalcare un toro non basta ― dice Minosse alzando la voce. ― Ti rendi conto che lì fuori ci sono pericoli sconosciuti, luoghi inesplorati e chissà quante e quali creature mostruose?
― Sì ― esclama Arianna felice. ― È proprio questo il bello, padre.
― Bello?
― Scoprire i posti. Viaggiare. Combattere contro creature mostruose ― mima un affondo con la spada. ― C'è questo libro che ho letto. È di un certo Omero e parla di viaggi verso terre sconosciute e...
― Che sciocchezze ― taglia corto Minosse.
― Ci sono eroi famosi che combattono una lunga guerra che...
― Basta così, ragazzina ― grida Minosse.
Arianna lo fissa stupita.
― Non andrai da nessuna parte. Il tuo posto è qui ― prosegue Minosse puntando l'indice verso il basso. ― Creta è l'unico posto sicuro per te. Su di noi pende una maledizione, lo hai dimenticato? Se tu lasciassi l'isola io non potrei difenderti dalla collera degli déi.
Arianna scuote la testa. ― Non è giusto.
― Giusto o sbagliato che sia, questa è la verità. Rassegnati.
― Ma cosa c'è per me qui a Creta? Tutti i giovani sono partiti in cerca di fortuna. Ci sono solo vecchi che raccontano sempre le stesse storie. Io non ne posso più. Sono stanca di vivere qui.
Minosse chiude gli occhi e trae un profondo respiro. Quando li riapre, col braccio teso indica il grande palazzo che occupa il centro della città. ― Una volta ero come te. Credevo di avere il mondo nelle mie mani. Ero sicuro che avrei fatto grandi cose. Guarda dove mi ha portato tutto questo. L'impero creato dai miei antenati è distrutto, l'isola che abitiamo è in ginocchio e la mia dinastia si estinguerà con me. Non mi rimane più niente... tranne te. Se ti perdo, il mio fallimento sarà completo. È questo quello che vuoi?
Arianna china la testa.
― Rispondi ― la incalza Minosse.
― No ― dice Arianna con un filo di voce.
― La questione è chiusa. Chiedi ciò che vuoi in regalo, ma non questo.
Arianna rialza la testa, apre la bocca ma poi la richiude.
― Volevi dire qualcosa?
La ragazza scuote la testa. Con gli occhi rivolti al pavimento fa per lasciare la balconata. Grodyon sembra apparire dal nulla e quasi la investe. Arianna si fa da parte, ma lui la segue con sguardo severo.
L'alto sacerdote veste una tunica viola ricamata con simboli floreali d'oro e d'argento. In una mano regge un bastone di legno ricurvo con la punta rinforzata col metallo.
Arianna lascia la stanza quasi in punta di piedi voltandosi una sola volta.
Grodyon esce sul balcone. ― Tua figlia è venuta a chiederti di nuovo di poter lasciare l'isola?
Minosse scuote la testa sconsolato. ― Ormai non pensa ad altro. E in fondo la capisco. Chiunque ne abbia la possibilità vorrebbe andarsene da questa isola maledetta.
Grodyon guarda il palazzo abbandonato. ― Basterebbe un tuo ordine. Una tua parola.
― No ― dice Minosse stringendo i pugni. ― Ne abbiamo già parlato.
― Minosse, mio re ― inizia Grodyon col tono di chi tiene una lezione. ― Ti sono stato accanto negli anni migliori del tuo regno e poi in quelli più bui, quando tutti quelli che una volta si reputavano tuoi amici, come quel Dedalo, ti hanno voltato le spalle. Sono qui oggi per parlarti come alto sacerdote, consigliere e soprattutto come amico. Il nostro regno è in ginocchio e solo tu puoi fare qualcosa. Per una volta, ascolta il mio sincero consiglio e acconsenti a...
― Ho detto di no ― risponde Minosse a denti stretti.
― Ti prego di riflettere...
― L'ho già fatto e non cambierò idea.
― Neanche davanti alla minaccia di una guerra?
Minosse gli rivolge un'occhiata stupita.
― Girano voci ― prosegue Grodyon. ― Di eserciti nemici che si preparerebbero a invaderci. Una vasta coalizione di popoli barbari pronto a sbarcare in massa sulle nostre coste e saccheggiare le nostre città... o ciò che ne resta. Ci sono ancora molti tesori che farebbero gola a certi pirati senza scrupoli.
Minosse si aggrappa alla balaustra. ― Non può essere...
― Tu sai che era solo questione di tempo ― sussurra Grodyon. ― Siamo deboli e impreparati. E gli déi non ci sono favorevoli. I nostri avversari lo sanno. Le nostre città non hanno mura.
― Sono le navi della flotta le nostre mura.
― E quali marinai le governeranno? La maggior parte dei vascelli giace nei porti o è affondata. Siamo senza difese, mio re.
Minosse vacilla. ― Che cosa posso fare, Grodyon?
― Lascia ch sia io a occuparmene. Tu non dovrai muovere un dito né dare un ordine. Chiedimi solo di salvare Creta e io lo farò. ― Grodyon si tocca il petto con il palmo della mano e si inchina.
Minosse sta per dire qualcosa, ma il suono di un corno gli fa morire in gola le parole. Un secondo suono gli fa sgranare gli occhi. ― Una nave ― dice voltandosi in direzione del mare. ― Sta arrivando una nave.
***
Al primo suono del corno Arianna si ferma in mezzo alla scala, il piede sospeso a mezz'aria. Al secondo richiamo scende i gradini a due a due, attraversa la sala del trono addobbate con le insegne del toro e della Grande Madre e raggiunge il cortile, dove le guardie si scambiano occhiate perplesse.
― Il corno ha suonato due volte ― dice un soldato incredulo.
― Nave in arrivo. ― Il comandante sembra un mastino che fiuta l'aria. Guarda Arianna. ― Principessa. Fareste bene a rientrare.
La ragazza annuisce e rientra nella sala, si infila in un corridoio laterale e lo percorre di corsa fino a una porticina di legno. Si guarda in torno e la apre, infilandosi nel passaggio. La stanza successiva è un magazzino dove sono ammucchiate spade e lance in grandi barili e armature e scudi rugginosi giacciono in un angolo.
Arianna ne sposta una sollevando una nuvola di polvere. Dietro di essa c'è un foro circolare che affonda nel muro. Senza esitare vi si infila dentro.
***
Il muro corre lungo la strada che fiancheggia il palazzo reale. Da un foro rettangolare posto a metà altezza sbuca Arianna sbuffando e aiutandosi con le mani.
Usando le pietre sporgenti, feritoie e sporgenze si cala verso la strada, dove atterra con un gesto agile. I pochi passanti sono rivolti verso il porto.
― È una nave? ― domanda un bambino alla madre?
La donna lo prende per mano e lo trascina via.
― Sono anni che non si vedono degli stranieri ― dice un vecchio.
― Chissà che cosa vogliono da noi.
Arianna si spolvera la tunica e si avvia con passo veloce lungo la strada. In lontananza si intravede la sagoma di una nave che sta attraccando a un molo.
***
Icaro ferma il carro davanti alla porta di casa. Dedalo lo sta aspettando sull'uscio, le braccia incrociate sul petto.
― Lo so, lo so ― dice il ragazzo saltando giù. ― Ma stavolta non è stata colpa mia. Non indovinerai mai dove sono stato oggi.
Il sono del corno li fa sobbalzare.
Dedalo e il figlio guardano nella stessa direzione di tutti quelli che sono in strada.
― È una nave? ― domanda Icaro.
― Sì ― risponde Dedalo cupo. ― E speriamo che non siano guai.


 
  
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