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Autore: Alsha    16/03/2015    4 recensioni
[undicesima classificata al contest "La Caduta dell'Inverno Boreale, ed altre storie"]
Svan è una valchiria.
O almeno, lo era. Ha perso il diritto di definirsi così quando è stata esiliata, anche se questo non sembra importare a nessuno.
D'altra parte la guerra è dura per tutti, e un nemico è uguale ad un altro, indipendentemente da quello che gli è successo.
Per questo vuole raggiungere il mare, per poter arrivare dove della guerra non importa a nessuno, dove può essere di nuovo libera.
Per tornare a volare.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TERZO: CIELO

Chissà che fine aveva fatto Hrìm.

La prima cosa che Dale pensò al suo risveglio fu esattamente quello.

Non che se era sveglio voleva dire era sopravvissuto all’incendio sulla nave, alle acque gelide del mare, a tutte le bestie che avrebbero potuto divorarlo,  alla tempesta che aveva squassato la nave, no.

La prima cosa che gli venne in mente fu che si era perso uno sleipnir che, tra l’altro, lo odiava.

La luce gli ferì gli occhi quando li riaprì cautamente, mentre il ronzio che gli riempiva e orecchie si trasformava in parole comprensibili.

Una volta che la vista divenne meno appannata si rese conto di essere in un letto, in uno stanzone con le pareti il cui legno impregnava l’aria dell’odore di resina. Seduti ad un tavolo sul lato opposto della stanza, c’erano un uomo vestito interamente di bianco ed una ragazza bionda con i capelli corti.

Dale provò a respirare più profondamente per provare a parlare, ma si sentì mozzare il fiato e si mise a tossire, ribaltandosi su un fianco e gemendo per via delle ferite.

La ragazza si voltò di scatto, sorridendo, e Dale vide che aveva gli occhi viola.

Vide che muoveva le labbra, ma le orecchie fischiavano forte e lui non aveva idea di cosa lei stesse dicendo, ma sinceramente non gliene importava.

Svan era viva, questo bastava.

 
°°°°°

-Avresti almeno potuto cercare di salvarmi. – il brontolio di Svan riscosse Dale dal torpore causato da un infuso che aveva dovuto prendere per attenuare il dolore, ma il cui unico effetto era stato ridurlo in uno stato di dormiveglia continua.

Per fortuna la valchiria, oramai più assorta dal ruolo di governante che da quello di generale, non lo abbandonava un attimo, se non altro per potergli ricordare di essere un idiota, per questo o quell’altro motivo.

-Fuoco. – biascicò, con la voce impastata di chi ha dormito troppo – Andava tutto a fuoco. Sei una fanciulla delle montagne del nord, quel caldo ti avrebbe stroncato. – concluse con un sorriso sghembo.

-Idiota. – Svan incrociò le braccia, voltando la testa con fare fintamente sostenuto. Sembrava che la permanenza presso quel villaggio di druidi, contadini, ex mendicanti, tutti estremamente altruisti e pacifisti, che tutti chiamavano “il Rifugio”, avesse fatto bene al senso dell’umorismo della ragazza, o forse era solo il fatto di non essere più incatenata.

Quando Dale aveva visto per la prima volta le caviglie fasciate della ragazza e nessuna catena attorno ad esse per poco non aveva pensato ad un’allucinazione. Quando poi gli avevano spiegato quanto facile fosse stato rompere i sigilli e rompere gli anelli aveva sfiorato il crollo nervoso.

Si era fatto in quattro per poter portare la valchiria sulla nave ed era quasi morto annegato (non che questo avesse qualche correlazione con la presenza di Svan a bordo) tutto per scoprire che con un po’ di tempo e con i libri giusti avrebbe potuto rompere quei sigilli persino lui.

Si vede che le nostre maghe non sono poi così esperte.” era stata la candida spiegazione di Svan quando glielo aveva raccontato “Dopotutto siamo soldati e artigiani, fare incantesimi non è quello che ci viene meglio.”

E dopo questo sapere che era stato Hrìm, misteriosamente libero da sigilli di ogni tipo, a riportarli a riva galoppando a mezz’aria come se nulla fosse non lo aveva sconvolto nemmeno più di tanto.

L’unico dubbio che gli era rimasto era perché il misterioso ospite avesse deciso di levare gli anelli di metallo che impedivano allo sleipnir di alzarsi in volo, perché, ne era praticamente certo, era stata la donna che viaggiava sull’Apokalypse a rompere i sigilli di Hrìm.

 
°°°°°

E si che di sorprese ne aveva avute a bizzeffe da quando si era svegliato.

Aveva visto di tutto, cose assurde persino per lui che viaggiando fin da piccolo aveva conosciuto razze e persone di ogni genere, ma quello che aveva davanti andava oltre ogni sua immaginazione.

Hrìm era tranquillamente steso per terra, come nessun cavallo normale avrebbe mai fatto, e si stava facendo intrecciare coda e criniera con perline e fiori di campo da bambine di diverse razze che gli stavano arrampicate sopra come se nulla fosse.

Probabilmente si stava davvero godendo il momento o più semplicemente era molto arrabbiato per quello che era capitato a lui e alla sua Legata, perché, quando Dale scoppiò a ridere, Hrìm aveva scrollato giù le bambine e poi lo aveva letteralmente caricato, spedendolo a terra con le ferite che urlavano tutto il loro disappunto da sotto alle fasciature pregne di erbe e magia e in un attimo si era ritrovato con lo sleipnir che nitriva inferocito tutta la sua ira a due centimetri dal suo naso.

-Perdi di credibilità con quella margherita sull’occhio, lo sai? – a quel commento Hrìm si lasciò cadere sul terreno con un tonfo sordo e solo allora Dale si accorse che lo sleipnir stava fluttuando a mezz’aria quando si era scagliato contro di lui.

-Hrìm. Spostati. Per favore. – mugugnò Svan aggrappata al collo dell’amico e lo tirava indietro puntando i piedi nudi sull’erba umida, cercando di indurlo a spostarsi da sopra il mezz’elfo.

Rimasero così per qualche minuto, con Dale che cercava di scivolare via da sotto a Hrìm e con lo sleipnir che irrimediabilmente riprendeva terreno trascinando con sé la valchiria che teneva appesa al collo, fino a che il mezz’elfo non si rassegnò ad invocare le scuse dello sleipnir per aver permesso che Svan cadesse dalla nave, che si tagliasse i capelli, che andasse in giro scalza e per tante altre cose di cui in linea di massima non aveva colpa. Un paio le aveva persino inventate per compiacerlo, dato che non sembrava soddisfatto di tutte le cose di cui si era scusato.

Solo allora Hrìm acconsentì a farlo rialzare, altra cosa per cui dovette prontamente chiedere perdono visto che rimase aggrappato a Svan per riprendere fiato per più tempo del previsto.

-Potreste lasciarci da soli? – sussurrò gentilmente la valchiria alle bambine, mentre a qualche metro di distanza Hrìm scrollava la testa, compiaciuto dalle richieste di perdono di Dale. Quelle la guardarono un po’ deluse, avrebbero tanto voluto continuare a giocare con quel grande cavallo nero, ma, chi più chi meno, si costrinsero a raccogliere le perline e i fiori più belli e a zampettare via, salutando Hrìm con le manine.

-Ci sono un po’ di cose che vorrei chiedervi. – annunciò Dale una volta rimasti soli, strofinando le mani sui pantaloni sporchi di terra. Era strano come un tempo l’idea di essersi praticamente rotolato per terra lo avrebbe fatto inorridire mentre adesso sembrava normale, quasi come le ferite che aveva addosso, i segni del pestaggio non ancora rimarginati e quelli ancora freschi della tempesta.

Svan si sedette per terra e Hrìm si piegò a terra, stendendosi di lato con la testa appoggiata in grembo alla valchiria, la prima guardandolo piena d’aspettativa, il secondo semplicemente scocciato. Tossicchiò un paio di volte, poi decise di sedersi accanto a loro, sospirando rumorosamente per il dolore delle ferite. Qualcosa gli diceva che sarebbe a stento riuscito a muoversi l’indomani.

-Adesso cosa facciamo? – esordì Dale una volta a terra, passando le dita sottili tra i ciuffi verdi e umidi di rugiada.

-Io pensavo di ascoltare cosa avevi da dire … - Svan gli regalò una smorfia divertita, seguita dal nitrito infastidito di Hrìm.

-Ma come siamo simpatiche oggi, milady. Forse la meravigliosa veste che indossate vi mette di buon umore? – la smorfia della valchiria si fece più appena accentuata prima che lei si mettesse a ridere: giusto quella mattina aveva detto che quell’abito di tela giallina era orribile e fastidioso, e Dale non aveva fatto altro che prenderla in giro per le sue lamentele da fanciulla dell’alta società, uno smacco per lei che era sempre stata la più rigida tra tutte le valchirie di sua conoscenza.

Smesso di ridere, Svan si lasciò cadere all’indietro e lo sleipnir sulle sue gambe nitrì di disappunto abbandonando la sua posa stesa e mettendosi accovacciato per terra con le lunghe zampe piegate sotto di lui.

-Pensavo di continuare a viaggiare. – sospirò, fissando trasognata il cielo, e si prese un ricciolo tra le dita – Ora io Hrìm potremmo andare ovunque senza impedimenti. Qui nessuno si è fatto qualche problema a stare con me nonostante io sia una valchiria.

Il mezz’elfo annuì, consapevole di quanto fosse ovvia la risposta che aveva ricevuto. Chi non avrebbe deciso di godersi appieno la libertà appena riconquistata, in un posto dove era solo una persona uguale a tante altre?

Un nitrito scocciato lo riscosse, e voltandosi vide Svan che ridacchiava.

-Ti eri incantato con la bocca aperta. – spiegò la ragazza, sorridendogli.

-Non sapevo cos’altro dire. – rispose lui, scrollando le spalle leggermente piccato per la questione.

-Tu senza parole? Dobbiamo festeggiare allora! – non ottenendo reazione di sorta, si sedette e gli si mise accanto, poggiando una mano sulla sua spalla – Dale, tutto bene?

-Devo tornare a casa. – disse dopo qualche secondo – Mia madre sarà preoccupatissima. E mio padre ha bisogno di aiuto con le merci. E poi …

-Vuoi andare all’accademia di Belle Arti, giusto?

-Si. Ma speravo che ci fossi anche tu. – arrossì all’improvviso, rendendosi conto di come suonassero quelle parole – Beh, ecco, non in quel senso … - Hrìm nitrì come a richiedere spiegazioni per sapere se doveva alzarsi e ucciderlo o meno – Ecco … immaginavo … Cioè io pensavo che tu … magari avresti preferito venire a vivere con me … No, ecco, con la mia famiglia. Lavorare per mio padre, magari frequentare una scuola … Cose così … Sai, non sei abituata a vivere qui … - il tono, all’inizio poco più che uno squittio, si fece via via più rilassato vedendo la ragazza sorridere e soprattutto lo sleipnir rimanere a terra, con gli intenti bellicosi leggermente sfumati.

-Sarebbe bellissimo. - Svan gli gattonò accanto, e lo abbracciò forte – Ma voglio vedere altri posti, conoscere altra gente … È tutto così diverso da come l’ho sempre immaginato …

Dale appoggiò il viso sulla spalla di lei, colpito dal tono trasognato e malinconico che aveva, ma si costrinse ad allontanarsi non appena vide lo sguardo omicida di Hrìm. Il mezz’elfo aveva in mente una strana visione dello sleipnir che si passava uno zoccolo sulla gola sogghignando malignamente. Sapeva che la fisionomia non glielo consentiva, ma l’impressione che lo avrebbe certamente fatto se avesse potuto non poteva essere semplicemente accantonata, così allontanò delicatamente la valchiria si tirò in piedi incrociando le braccia.

-Basta smancerie adesso! – esclamò – Abbiamo una missione da portare a termine prima di ripartire!

 
°°°°°

Non fu difficile, in una giornata, raccogliere le informazioni sufficienti a portarli a quella graziosa casina sul limitare del Rifugio.

Piccola, un po’ trascurata, come se fosse stata abbandonata a lungo, tutta di legno scuro e un po’ scorticato dalle intemperie, ma resa più graziosa dalle tende colorate alla finestra e dai fiori che spuntavano un po’ ovunque, quella casina non sembrava aver nulla di speciale se non fosse che, quando bussarono, fu un ragazzo con una cascata di riccioli neri alquanto familiare ad aprire la porta.

Dale era certo di averlo visto in giro nei giorni precedenti e aveva voluto togliersi il sospetto prima di partire, così come Svan voleva conoscere il misterioso ospite dell’Apokalypse; e nonostante fossero una comunità molto vivace, al Rifugio non si avevano molte occasioni di spettegolare, così con qualche domanda ben posta e il rispolverato sorriso da dongiovanni di Dale erano riusciti a racimolare sufficienti informazioni da ricondurli a quella donna che, a detta di alcune signore “molto informate sui fatti”, faceva un po’ troppo la superiore e al ragazzo ricciuto che la seguiva sempre come un cagnolino.

Il ragazzo non li guardò nemmeno da sotto alla frangia nera che gli copriva gli occhi, si fece da parte e fece loro cenno di passare.

-Entrate. – disse semplicemente – Immaginavamo che sareste passati.

Hrìm dietro a loro nitrì scocciato dal non poterli seguire mentre entravano nella casupola, e si piazzò davanti alla finestra per assistere, ignorando stizzito il cenno di commiato che gli regalò il ragazzo prima di chiudere la porta.

Mentre la porta si chiudeva, l’ospite si voltò sorridendo, invitandoli con un gesto della mano ad accomodarsi al piccolo tavolo, e la mandibola di Dale abbandonò la sua naturale sede per ciondolare liberamente a mezz’aria.

Avevano davanti una valchiria.

Alta quanto Dale e snella, non poteva avere più di quarantacinque anni, con i capelli biondi striati di grigio legati in una coda da cui sfuggivano ciocche ondulate, e gli occhi allungati con le iridi viola scuro e la carnagione pallida, non c’era la possibilità di sbagliare sulla sua razza.

-Ahia! – sbottò il mezz’elfo, riprendendo almeno parte delle sue facoltà mentali, quando Svan gli diede un pizzicotto sul fianco dove le ferite non si erano ancora rimarginate del tutto – Era proprio necessario?

-Ti stavi comportando da maleducato. – brontolò la ragazza accanto a lui, sedendosi con un fare stizzito che al giovane ricordava molto quello che aveva Hrìm quando lo si ignorava.

-Ero solamente accecato dalla magnificenza della nostra ospite. – replicò con un profondo inchino verso la donna ed ignorando gli occhi palesemente alzati al cielo di Svan.

-Questi trucchi non funzionano con me, giovane mezz’elfo. – la voce era la stessa che aveva sentito sulla nave, quella proveniente dalla stiva durante il naufragio, e la scoperta rinvigorì Dale, che sorrise e dopo aver fatto accomodare la donna come farebbe un gentiluomo che si rispetti, si accomodò di traverso, appoggiandosi al tavolo con lo sguardo più affascinante che avesse in repertorio.

-“Giovane mezz’elfo”? Rimaniamo sul formale quindi? – azzardò con un sorriso sghembo – Tra l’altro non mi pare di aver capito il suo nome, milady.

-E a me non pare di aver capito il tuo, mezz’elfo.

Lui sogghignò, lieto di aver trovato qualcuno che gli reggesse il gioco.

-Io sono Dale e mi chiedevo se è proprio necessario ribadire la mia razza in ogni frase?

-No, Dale. Io sono Vijsi e lui è mio figlio Koren. – i due sobbalzarono ricordando la presenza del ragazzo, fermo vicino alla porta con l’aria solerte di una sentinella -  La stupenda ragazza che siede al tuo fianco invece come si chiama?

-Mi chiamo Svan, signora. – rispose quella, raddrizzando la schiena e mantenendo l’espressione più fredda il possibile – La ringrazio per l’ospitalità che ci sta offrendo e …

-Non è necessario. Datemi del tu, e per cortesia smetti di fare il soldato, cara. Non sono mai stata un generale e non ho intenzione di diventarlo adesso. – a quelle parole Svan sollevò un sopracciglio, scettica, ma poi si sciolse appoggiandosi contro lo schienale – E poi non incontro una valchiria da più di vent’anni, ho dimenticato tutto il cerimoniale, se mai l’avevo imparato. Volete qualcosa da mangiare, ragazzi?

-No, grazie. – declinò cordialmente Svan per entrambi – Ma vorremmo chiederle, scusa, chiederti alcune cose.

La donna sorrise e cominciò a raccontare.

Era una novizia, le mancava poco per diventare sacerdotessa, quando era stata cacciata dalla sua città, una delle tante fortezze che le valchirie avevano disseminato nei loro territori. Esiliata anche lei, ma per aver espresso solidarietà con gli umani.
Vijsi aveva sempre ritenuto che uccidere fosse sbagliato, per questo aveva deciso di diventare sacerdotessa, per avere il meno possibile a che fare con armi e morte, ma la guerra l’aveva inseguita anche durante l’apprendistato.

Un prigioniero di guerra, un umano mandato ad esplorare i territori montuosi per trovare un passaggio e che invece aveva trovato la prigione. Lo avevano lasciato alle cure delle novizie, perché non morisse prima dell’interrogatorio, e a Vijsi era accaduto quello che non dovrebbe accadere mai ad una valchiria. Si era innamorata, tanto da rischiare la sua vita per liberarlo.

Ci era riuscita, lo aveva portato in salvo, ma l’avevano scoperta e catturata. Avrebbe potuto essere condannata a morte, ma era troppo giovane e si era salvata con la condanna alternativa, l’esilio.

Lasciò quella parola sospesa nell’aria, mentre sorvolava anni di racconto per passare ai viaggi nei territori ad est, dove aveva imparato altra magia, altri incantesimi, di livello superiore a quelli che aveva imparato tra le valchirie, incantesimi che l’avevano aiutata a sopravvivere in luoghi sconosciuti.

Si era soffermata a lungo su quando aveva incontrato l’uomo della sua vita, il padre di Koren, mentre era passata veloce su quando era morto, costretto a scendere in battaglia quando la guerra, dopo diversi anni dal suo inizio, si era allargata a tutti i territori confinanti.

-Poco tempo dopo ho saputo del Rifugio da un druido elfo venuto a sostenere gli umani e ho deciso di tentare. – concluse, rivolgendosi poi a Svan che aveva assorbito avidamente ogni parola della donna – Quando ho visto quello stupendo sleipnir sulla nave ho capito che eri stata esiliata, come me, e ho deciso di rompere i suoi sigilli. Avrei voluto fare lo stesso con i tuoi, ma la tempesta ci ha sorpresi. Per fortuna il tuo Legato ci ha portati in salvo prima di tornare a cercarvi, per questo gliene sarò sempre grata. Koren è tutto quello che ho.

Il ragazzo annuì, ancora fermo alla porta, si tirò i capelli indietro rivelando gli stessi occhi viola della madre e, per la prima volta, sorrise.

 
°°°°°

Vijsi e Koren divennero una costante nelle giornate che seguirono.

Dale e Svan, da una parte, trovavano d’obbligo cercare di aiutarli come potevano prima di mettersi in viaggio, mentre la valchiria si riteneva responsabile di quei due ragazzi e faceva di tutto per far si che stessero bene e che avessero tutto il necessario per la partenza.

Partenza che arrivò prima del previsto, nel pomeriggio di un giorno ventoso e soleggiato.

-Sicura di non voler venire a stare nella mia città? – domandò per l’ennesima volta Dale, stringendola nel settimo abbraccio che aveva definito “l’ultimo” da quando si erano preparati a partire.

-Svan ha già detto di no, Dale. – intervenne Vijsi pacatamente – Lo sai.

-Ti prometto che verrò a trovarti. – aggiunse la ragazza per tranquillizzarlo, accarezzandogli la schiena – E magari anche a frequentare una buona scuola o a lavorare per tuo padre, va bene?

Il mezz’elfo fece per rispondere ma lo scalpitare scocciato di Hrìm bloccò ogni possibile obiezione sul nascere.

Svan si staccò da lui per salutare Vijsi e Koren, mentre Dale allungò una pacca sul collo dello sleipnir.

-Tienila d’occhio, o finisce che la perdi. – borbottò, e si allontanò più in fretta il possibile prima di prendersi un’altra testata dall’animale. Poi si voltò nuovamente verso la valchiria – Ultimo abbraccio?

Quello fu davvero l’ultimo, e fu anche estremamente veloce. Dopo Svan montò in groppa a Hrìm, senza sella, con solo le briglie a cui tenersi e lo sleipnir si voltò verso il sentiero.

Poi iniziò a galoppare, e ad ogni falcata gli zoccoli appoggiavano su un piano immaginario a mezz’aria, sempre più in alto e sempre più veloce, fino a che Svan e Hrìm non furono solo una piccola sagoma all’orizzonte.

-Dite che dovrei seguirla?

Dale si voltò con un sopracciglio inarcato verso Vijsi e Koren, ed entrambi scossero la testa.

-Stai tranquillo, mezz’elfo. – disse la donna voltandosi per tornare a casa – Devi andare dai tuoi genitori adesso, non preoccuparti per lei. Conosco lo sguardo che aveva, tornerà. Prima o poi.



 
  
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