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Autore: effe_95    08/05/2015    5 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
8.Olimpo, Dioniso e Insalate.
Ottobre
 
Il locale del padre di Ivan era un misto tra un pub, un pianobar e una discoteca.
L’avevano chiamato Olimpo perché i panini e le bibite servite prendevano i nomi delle divinità e di tutte le restanti creature mitologiche. L’intero ambiente era stato disegnato riprendendo quell’atmosfera, così, quando si apriva la discoteca, sembrava di ballare in un tempio greco un po’ dissacrante, rumoroso e colorato.
Ivan non aveva mai capito perché suo padre e sua madre fossero fissati con la cultura dell’antica Grecia, almeno con lui si erano limitati a dargli per secondo nome Ettore, e non Iperione e robe simili.
Quella sera Italia non sarebbe voluta venire.
Di solito le piacevano quelle serata passate con i compagni di classe in un locale dove non servivano più di una birra o un bicchiere di vodka a testa, l’Olimpo era il loro posto di ritrovo, eppure quella sera non si sentiva affatto tranquilla, aveva il cuore in subbuglio.
Aveva accettato di andare solamente per accompagnare Catena e Romeo, la verità era che vedere Ivan  non le andava molto, da quando aveva visto quel tatuaggio e aveva posto quella stupida domanda, si era risvegliato qualcosa in lei, qualcosa che le provocava un grandissimo disagio. Anche se non sapeva spiegarsi cosa fosse.
Era da più di mezz’ora che se ne stava seduta al bancone sorseggiando la sua bevanda preferita, un freschissimo Dioniso, frappé alle fragole con pezzettini di lampone congelati all’interno. Non aveva niente a che vedere con il vino, ma era rosso, probabilmente era per quel motivo che gli avevano dato un nome del genere.
Catena se ne stava seduta al suo fianco, un po’ agitata, i capelli neri erano come al solito legati in una treccia troppo elastica che lasciava sfuggire alcune ciocche, il viso senza trucco era pallido sotto la luce di una lampadina azzurra e sembrava sprofondare nei suoi stessi vestiti talmente erano larghi e sproporzionati, le nocche nelle mani le si erano fatte completamente bianche a furia di stringere la tracolla della sua borsa di stoffa preferita, quella rossa con la scritte in tedesco sopra. “Hast du ein bisschen Zeit für mich?”. Hai un po’ di tempo per me?
<< Tra poco le mani ti cadranno a terra >> Catena e Italia sobbalzarono quando Romeo si appoggiò sul bancone proprio tra di loro, era stato così silenzioso che non l’avevano sentito arrivare. Il ciuffo decolorato gli cadeva sfacciatamente sugli occhi verdi un po’ arrossati, si era tagliato recentemente i capelli, ma sembravano solamente più asimmetrici.
Catena lo guardò come se fosse scandalizzata e non avesse capito le sue parole, Romeo le indicò le mani intrecciate introno alla tracolla della borsa. << Ti si è completamente bloccata la circolazione, se non la smetti le perdi davvero le mani, sai? >>
Catena lasciò andare immediatamente la presa e un formicolio fastidioso le serpeggiò per tutti e due gli arti, odiava quando le si “addormentava” qualcosa, ma era così agitata che non ci aveva nemmeno fatto caso.
Non capiva cosa avesse in mente Oscar, le aveva fatto chiaramente capire di venire, eppure non le aveva nemmeno parlato, solo un misero saluto accennato da lontano quando l’aveva vista arrivare.
<< Hai già bevuto la tua birra, Romeo? >> Domandò invece Italia, parlando per la prima volta, aveva appena staccato la bocca dalla cannuccia e un po’ di crema alla fragola e lampone le era rimasta sulle labbra ricoperte di lucidalabbra al cocco.  
Romeo sorrise a trentadue denti.
<< Si, e a dire la verità anche quella di Lisandro. Non la voleva, così me l’ha data. E’ davvero un bravo ragazzo, non trovate? >> Italia alzò gli occhi al cielo, Romeo era decisamente troppo brillo, Catena guardò la scena con le sopracciglia aggrottate, come faceva sempre quando era preoccupata o qualcosa non le andava a genio.
<< Te le sei scolate tutte e due di seguito? >> Chiese Italia incrociando le braccia al petto, Romeo le sorrise dolcemente con gli occhi a cuoricino. << Si >> Singhiozzò e scoppiò a ridere, come un bambino di due mesi che scopre per la prima volta l’esistenza di un singulto.
<< Devo dirne due a Lisandro >> Brontolò Italia tra se e se, mentre Romeo infastidiva Catena giocando con la sua treccia, la ragazza lo schiaffeggiava sulle mani e poi guardava con insistenza il piccolo palchetto dove Ivan, Oscar e Aleksej stavano parlando e sistemando gli strumenti. << Ehi Italia, sei sporca sulle labbra >> Mormorò Romeo con la voce impastata, girandosi verso l’altra ragazza, perché Catena aveva smesso di starlo a sentire blaterare.
Italia si girò e trovò il volto di Romeo un po’ troppo vicino al suo, lui aveva appoggiato il mento sulla sua spalla, un sorriso ebete stampato sulle labbra, gli occhi arrossati e l’alito che odorava di birra scura. Fece per pulirsi con un fazzolettino, ma Romeo vi posò sopra le sue labbra, Italia lo spostò leggermente un po’ sconcertata, lui le sorrise lievemente, e poi si assaggiò le labbra che avevano appena baciato quelle di Italia.
<< Mmmm … fragola, lampone e cocco >> Italia contrasse le sopracciglia e fece per replicare minacciosamente, quando un rumore assordante la interruppe.
Tutti gli occhi erano puntati su Ivan, che aveva lasciato cadere la chitarra sulla batteria come una reazione a catena. Il ragazzo si era immediatamente affaccendato a riparare il danno fatto, ma era rosso in volto. Ivan non poteva ammettere di aver sollevato lo sguardo proprio al momento sbagliato, proprio quando Romeo De Rosa aveva posato le labbra su quelle di Italia. La chitarra era caduta con un riflesso incondizionato, Ivan sperava vivamente che Oscar e Aleksej non se ne fossero accorti, e a quanto pare era proprio così, perché i due erano troppo impegnati ad imprecare in tutte le lingue che conoscevano.
Il cuore di Ivan martellava nel petto in maniera incontrollabile, e il ragazzo si maledì mentalmente per non aver detto si in quella stramaledetta cartolibreria, le cose probabilmente sarebbero andate diversamente quella sera.
Nell’angolo della sala con il palchetto, seduta nel poso più remoto, Beatrice pensava che fosse stata davvero una pessima idea andare in quel posto. Era la prima volta in assoluto per lei che era la nuova arrivata della classe, Ivan l’aveva invitata con molto calore, spiegandole che di solito andavano lì tutti i venerdì, dove il locale era riservato solo a loro con entrata gratuita, ma che per quella settimana era capitato il mercoledì.
Beatrice era stata entusiasta del modo gentile con cui il compagno di classe le si era rivolta, insieme a Giasone, le sembravano due tipi apposto, aveva atteso che quella sera arrivasse con serenità, fino a quando Enea Colombo non l’aveva spaventata a morte.
Beatrice sapeva benissimo che Enea stava scherzando, ma era stato più forte di lei, il passato l’aveva completamente travolta. E quella sera se ne stava nascosta in quell’angolo sperando che Enea non la notasse, perché avrebbe voluto sicuramente qualche spiegazione o l’avrebbe presa in giro spudoratamente davanti a tutti i suoi nuovi compagni di classe. Beatrice era stata tentata dal desiderio di non andare proprio, ma come nuova arrivata non avrebbe fatto una bella impressione, e poi sarebbe stato scorretto nei confronti di Ivan, che si era comportato così bene con lei. Si guardava ansiosamente intorno quando qualcuno si mise seduto accanto a lei, sobbalzò talmente tanto che Lisandro indietreggiò.
<< Scusami … non volevo spaventarti >> Disse il ragazzo, passandosi distrattamente una mano sui capelli cortissimi e castani. Lisandro sembrava molto imbarazzato e Beatrice non capiva il perché, così lo guardo accigliata. Lisandro scambiò quell’espressione per rabbia.
<< Ascolta Beatrice, mi dispiace veramente moltissimo per quello che ti ho detto la settimana scorsa >> Lisandro si contorceva disperatamente la maglietta tra le mani, Beatrice lo guardò ancora un po’ perplessa, cercando di ricordassi cosa fosse successo la settimana precedente, e poi ricordò la lite a casa del ragazzo e le cose cattive che le aveva detto.
<< Non ha importanza Lisandro >> Rispose lei abbassando lo sguardo, non le importava più nulla, se l’aveva dimenticato, voleva dire che non aveva davvero significato nulla per lei.
 Che le era assolutamente passata. Lisandro però sembrava mortificato lo stesso.
<< Invece ne ha! Non avrei dovuto permettermi di dire una cosa del genere, non ti conosco nemmeno, chi sono io per darti della rompiscatole? >> Beatrice scoppiò a ridere lievemente, dimenticandosi per la prima volta in tutta la serata la sua ansia e perché si stesse nascondendo. << Ma io sono una rompiscatole Lisandro! >> Esclamò ridendo ancora, Lisandro abbozzò un leggero sorriso e le porse un bicchiere di aranciata, che lei prese con gratitudine e sorpresa. << Brindiamo? >> Domandò il ragazzo, Beatrice lo guardò curiosa.
<< A cosa vorresti brindare? >> Chiese ancora divertita, Lisandro sollevò gli occhi per pensare e poi si illuminò. << Brindiamo alla nostra nuova amicizia, sei d’accordo? >>
Beatrice lo scrutò per un po’ in faccia, poi guardò le bollicine salire freneticamente dal fondo del bicchiere in superficie e annuì. << E sia >>
I due ragazzi sollevarono i bicchieri di plastica e li accostarono, nel contatto alcune goccioline frizzanti caddero sulle mani dei due, che bevvero il primo sorso ridendo.
<< A cosa dobbiamo tutta questa allegria rivoltante? >>
Al suono di quella voce Beatrice si gelò sul posto, Lisandro guardò Enea con ancora la risata sulle labbra, ignaro di tutto, ma Beatrice si stava maledicendo per aver fatto tutto quel baccano. Enea doveva essere appena arrivato.
<< Oh, ciao Enea, siediti con me e Beatrice! Stavamo brindando alla nostra amicizia >>
Raccontò allegro Lisandro, evidentemente si era tolto un bel peso dalla coscienza, perché era anche fin troppo sollevato. Enea non disse nulla, si lasciò cadere sul divanetto attorno al tavolino e teneva lo sguardo puntato su Beatrice, dall’altra parte, la ragazza faceva finta di non vederlo affatto.
Pessima mossa.
<< Ehi Lisa, non ho nulla da bere e non posso brindare con voi, mi vai a prendere un bicchiere anche a me, per favore? >> Beatrice sperò che Lisandro fosse abbastanza intelligente da capire che non era il caso di lasciarli da soli, ma il ragazzo non ci pensò nemmeno, si alzò allegro e rispose con enfasi: “ certo amico, torno subito!”.
Enea e Beatrice rimasero soli.
Lui continuava a fissarla ostinatamente, lei teneva lo sguardo basso sul tavolino.
<< Guardami! >> Sbottò lui infastidito, Beatrice non obbedì a quel comando, così Enea si alzò e andò a mettersi seduto dove poco prima c’era Lisandro, quindi esattamente ad un centimetro dal fianco di Beatrice, che sobbalzò spostandosi.
<< Non sopporto affatto ciò per cui mi stai facendo passare! >> Sbottò lui freddo e acido, Beatrice continuava a non guardarlo, aveva le sopracciglia aggrottate e le tremavano le mani, sperò che Enea non se ne accorgesse. << Per cosa ti starei facendo passare, scusa? >> Domandò contrariata, contorcendosi le dita, Enea le afferrò rudemente le mani e gliele separò.
Evidentemente si era accorto che tremavano.
<< Per un maniaco sessuale! >> Forse Enea alzò un po’ troppo la voce, perché Zoe e Fiorenza, sedute un po’ più avanti in compagnia di Sonia Castelli e Miki Giorgi, si voltarono a guardarli con una strana espressione sul volto. Beatrice diventò viola dall’imbarazzo.
<< Zitto! >> Bisbigliò scandalizzata, Enea fece un gesto di non curanza con la mano.
<< Non credi di essere un po’ presuntuosa nel pensare che io voglia metterti le mani addosso? >> Beatrice aprì la bocca per balbettare qualcosa, ma Enea la precedette. << Non provocarmi Beatrice, perché vincerei io >> La ragazza stava soffocando, così stretta nel suo angolino, il fianco destro premeva dolorosamente sulla parete, mentre tutta la mole di Enea si protendeva minacciosa verso di lei, si sarebbe messa ad urlare dalla frustrazione se Lisandro, il suo angelo custode, non fosse tornato proprio in quel momento.
<< Ecco la tua birra Enea … cosa state facendo? >> Lisandro li scrutava dall’alto con un’espressione perplessa sul viso, Enea si spostò con molta noncuranza, come se non fosse successo nulla. << Stavo cercando di convincere Beatrice che nell’insalata ci va meglio il limone che l’olio, lei sostiene il contrario >>
Beatrice lo invidiava per il modo e la capacità che aveva di cambiare argomento in così breve tempo, e poi a lei non piaceva nemmeno l’olio nell’insalata.


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Effe_95

Buonasera a tutti :)
Come prima cosa, volevo scusarmi con voi se in questo capitolo doveste trovare degli errori, purtroppo ultimamente non ho avuto molto tempo per correggerlo, avrei dovuto farvi aspettare ancora e ho preferito postarlo ugualmente. Sono un po' stressata ultimamente, e come ciliegina sulla torta oggi sono svenuta all'Università, a quanto pare io e Catena attiriamo disgrazie xD Ma a parte questo che non c'entra nulla, spero che il capitolo vi piaccia, comincio anche ad avvisarvi che da adesso in poi la situazione si farà un po' più movimentata.
Grazie mille come sempre per tutto e a tutti.
Alla prossima spero.
 
 
  
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