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Autore: effe_95    23/05/2015    5 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
10.Katerina, Rivelazioni shock e Cuore in subbuglio.
 
Ottobre
 
Gabriele adorava quando all’uscita della scuola il cortile era inondato dalla luce.
Il caldo era piacevole e accarezzava la pelle senza scottare o diventare troppo fastidioso. Quel giorno la 5 A era uscita un’ora prima perché il professore di filosofia, Enzo Palmieri, era influenzato. Aleksej era tornato a casa con l’autobus, mentre a Gabriele era toccato restarsene in cortile nella macchina ad aspettare la sorella.
Il ragazzo aveva acceso la radio, aveva chiuso gli occhi e si era lasciato letteralmente baciare dal sole. Stava quasi per appisolarsi quando qualcuno picchiò sul vetro del finestrino.
Gabriele aprì gli occhi di scatto e guardò fuori con le sopracciglia contratte.
Non era sua sorella Alessandra, ma una ragazzina.
Era china sul finestrino, i lunghissimi capelli biondi le cadevano di lato nel vuoto immortalati in una treccia morbida, il viso spigoloso era accarezzato da labbra carnose, occhi color grigio tempesta e sopracciglia sottili.
Katerina Scotti, la migliore amica di sua sorella e cugina di Aleksej da parte paterna.
Gabriele si raddrizzò sul sedile e aprì il finestrino, l’odore al cocco del suo shampoo entrò nell’abitacolo e profumò immediatamente l’ambiente.
<< Cosa ci fai tu qui? >> Domandò Gabriele, probabilmente più bruscamente di quanto avrebbe dovuto << Non è ancora finita l’ultima ora >>
Katerina continuò a fissarlo, senza il vetro sporco del finestrino era ancora più bella.
<< Mi fai salire? >> Chiese la ragazza senza rispondere alla sua domanda, Gabriele non capì immediatamente cosa intendesse, poi ricordò di aver inserito la sicura quando aveva chiuso gli occhi. La fece scattare e Katerina aggirò velocemente l’auto, salendo poi sul mezzo.
Da vicino l’odore allo shampoo al cocco era ancora più forte, Gabriele sentiva le mani prudere, così le strinse attorno al volante anche se non stava guidando.
<< Cosa vuoi Katerina? Non avrei nemmeno dovuto lasciarti entrare >> Commentò Gabriele con voce roca, guardando dritto davanti a se, guardando tutto tranne lei.
Gabriele e Katerina si conoscevano da una vita, perché nonostante non fossero parenti, avevano Aleksej e Alessandra in comune. Erano cresciuti insieme, Katerina aveva compiuto da poco quattordici anni e frequentava il primo anno di liceo.
<< Perché? Hai paura che possano pensare male? >> Replicò la ragazza con voce ferma, guardandolo dritto negli occhi, Gabriele strinse più forte le mani sul volante e si girò ad affrontarla. Desiderò non averlo mai fatto, perché al contrario della voce, Katerina lo guardava con occhi imploranti e lucidi.
<< Oh cielo Katerina, non guardarmi in quel modo! >>
Le lacrime cominciarono a scenderle sul viso struccato come un fiume in piena, Katerina non amava piangere, lo faceva raramente, così prese ad asciugarsi le guance con foga.  
<< Perché, come ti sto guardando? Con gli occhi di una ragazza che ti vuole bene? >>
Gabriele strinse le mani talmente forte che le nocche sbiancarono e gli si bloccò la circolazione. La situazione era precipitata quando Katerina aveva cominciato a crescere ed era diventata una donna, il corpo era cambiato, lei era cambiata e una sera Gabriele l’aveva baciata. Senza sapere che lei aveva sempre avuto una cotta per lui.
Gabriele non avrebbe dovuto baciarla, se n’era pentito un attimo dopo.
Katerina era la cugina di Aleksej e la migliore amica di sua sorella, se la storia fosse venuta a galla sarebbe scoppiato un putiferio. Era sicuro che suo padre l’avrebbe ucciso se avesse scoperto che si era innamorato di una ragazzina di quattordici anni, lui che ne aveva già diciannove compiuti.
<< Per l’amor del cielo Katerina, non dire mai più una cosa del genere! Ti ho già spiegato che non possiamo stare insieme. >> Sbottò Gabriele, sperando ardentemente che Alessandra uscisse e li raggiungesse in macchina, sfortunatamente per lui, mancava ancora mezz’ora all’uscita della scuola.
<< Ma perché?! Non … capiranno prima o poi! E poi sei tu, cosa mai potranno dire? Sei il ragazzo migliore che conosca e … >> Gabriele scosse furiosamente la testa e le parole di Katerina si spensero a metà. Entrambi si stavano fissando con occhi sofferenti.
<< Basta! Tu mi vedi così, ma io non sono il principe azzurro. E tu sei solo una bambina!>>
Katerina incrociò le braccia frustrata e guardò il parabrezza con le sopracciglia contratte.
<< Dimmi la verità Gabriele, mi passerà, dimmi che non mi vuoi bene e finiamola qui >>
A quelle parole Gabriele batté le mani violentemente sul volante e Katerina sobbalzò.
<< Maledizione Katerina, io non ti voglio bene, io ti amo! Ma non possiamo stare insieme, tu non hai nemmeno idea di quanto pesino queste due semplici parole >>
A quelle parole Katerina si protese in avanti per baciarlo, appoggiò una mano sullo schienale e l’altra sulla gamba di lui, Gabriele si sarebbe lasciato anche baciare se non fosse arrivata Alessandra. Katerina riuscì a vederla in tempo con la coda dell’occhio e si ritrasse alla velocità della luce, proprio mentre apriva la portiera posteriore.
<< Ehi ciao … cosa ci fai qui Katerina? >> Domandò sorpresa Alessandra, quando si accorse della migliore amica, Katerina sperò di non essere troppo rossa in faccia.
<< Stavo aspettando mio fratello Jurij, poi ho visto Gabriele e ho pensato che potessimo farci compagnia. Oggi non sono venuta a scuola >> Spiegò frettolosamente Katerina, sistemandosi una ciocca di capelli sfuggita alla treccia dietro l’orecchio, Gabriele era rimasto in silenzio per tutto il tempo, con ancora le mani strette attorno al volante e le nocche bianchissime. Katerina gli lanciò uno sguardo veloce.
<< Adesso vi lascio andare, ci sentiamo più tardi Ale. Ciao Gabriele. >>
Katerina scese frettolosamente dalla macchina, mentre Alessandra la salutava e prendeva il suo posto davanti, Gabriele sentì il profumo di cocco abbandonare l’abitacolo.
<< Ehi Gab, è successo qualcosa? Katja ti ha salutato, ma non hai risposto >>
Gabriele lasciò finalmente libere le mani, che formicolarono quando il sangue prese a scorrere correttamente, si voltò a guardare la sorella, con i suoi stessi occhi verdi e i lunghi capelli castano-dorati.
<< Non l’ho sentita >> Si giustificò con le labbra che bruciavano per l’assenza.
 
Quella sera Catena non si sentiva affatto a suo agio, e non le era mai successo all’Olimpo.
Lei amava quelle serate passate con i compagni di classe, soprattutto quando Aleksej e Oscar cominciavano a suonare la chitarra e Ivan cantava, aveva una bellissima voce.
Erano tutti seduti ai tavolini mentre aspettavano che i tre ragazzi preparassero l’attrezzatura sul piccolo palchetto, Italia e Romeo se ne stavano seduti al suo fianco.
Italia stava giocando distrattamente con la cannuccia del suo solito Dioniso e guardava Ivan senza nemmeno rendersene conto, con le sopracciglia contratte e l’espressione assente.
Romeo invece, faceva scattare ad intervalli di qualche secondo l’accendino, accendeva e poi spegneva in continuazione, anche lui distrattamente.
Il ciuffo tinto gli pendeva malamente sul viso, sembrava un po’ stanco.
Catena non aveva idea di cosa stesse succedendo ai suoi amici, ma quella strana sensazione che provava allo stomaco non la faceva stare tranquilla.
Spostò anche lei lo sguardo sul palchetto, dove i ragazzi stavano inserendo gli ultimi cavi e avevano già le chitarre in mano, notò Sonia avvicinarsi ad Aleksej e porgergli il suo cellulare.
Aleksej sembrava perplesso, guardava il cellulare con le sopracciglia bionde contratte, Sonia gli sorrideva affabilmente porgendogli con più insistenza l’oggetto. Si dissero velocemente qualcosa, Aleksej si voltò e chiamò a se Oscar e Ivan. I quattro ragazzi discussero per un po’, poi Catena vide Oscar afferrare il cellulare e collegarlo ad un cavo della voce.
Sonia tornò a sedersi accanto a Miki soddisfatta, con un sorriso che a Catena non piacque per nulla, era davvero curiosa di sapere cosa avesse detto ad Aleksej, Ivan e Oscar per convincerli a far sentire a tutti qualsiasi cosa avesse sul cellulare.
Tra i vari tavolini serpeggiava ancora un po’ di confusione, ma non appena Ivan batté leggermente la mano sul microfono per attirare l’attenzione, tutti gli altri tacquero.
Quello era il momento della serata che preferivano in assoluto.
<< Ehm … >> Cominciò Ivan un po’ imbarazzato << … prima di cantare, Sonia ci ha chiesto di farvi ascoltare un cosa con una certa insistenza! >>
Gli occhi dei componenti della 5 A erano tutti puntati sul palchetto e ben concentrati, Oscar e Aleksej si erano già sistemati sui loro sgabelli con le chitarre al collo. Catena aveva lo stomaco serrato senza nemmeno saperne il motivo, osservò con ansia Oscar afferrare il cellulare e far partire la registrazione. Inizialmente si sentirono dei rumori confusi, probabilmente stoffa che si muoveva, respiri, rumori di fondo.
‘E tu invece? Perché sei così pensierosa?’
La voce partì quasi all’improvviso, inaspettatamente, era roca per via del suono leggermente ovattato, ma si distinguevano chiaramente le parole.
Catena ci mise pochi secondi per realizzare che era la voce di Italia, ricordava perfettamente quella conversazione. Il cuore le si fermò in gola e si paralizzò completamente, mentre l’amica le volgeva uno sguardo preoccupato con gli occhi sgranati.  
‘E’ per Oscar, non capisco cosa voglia da me. Ti ricordi quando mi sono fatta male e abbiamo parlato da soli? Mi ha esplicitamente chiesto di andare all’Olimpo il mercoledì, ma poi non mi ha nemmeno rivolto la parola, se non un accenno stentato di saluto.’
La sua voce giuste ovattata a sua volta, un po’ più lontana di quella di Italia, leggera e carica di apprensione, proprio come si era sentita in quel momento. Catena vide lo sguardo di tutti posarsi su di lei e sulla sua migliore amica, ma non riusciva a sollevare gli occhi dal suo tavolino, era impietrita. Sapeva che Oscar la stava guardando, sentiva il suo sguardo perforarla completamente, ma era così sconvolta che non riusciva a muovere un solo muscolo. Non voleva che gli altri sentissero, voleva che la smettessero di ascoltare, ma non poteva alzarsi, urlare e fermare tutto, non ce l’avrebbe fatta.
‘Ma tu sei sicura che il suo fosse un invito?’
‘Non lo so … lui ha detto: Vorrei che venissi. Come lo devo interpretare?’
‘Lui ti piace, vero?’
Italia si riprese dalla sorpresa troppo tardi, vide le lacrime cadere copiosamente dagli occhi azzurri  e limpidi di Catena come un fiume in piena senza che la ragazza se ne accorgesse nemmeno, e scattò in piedi.
‘Tantissimo, Oscar mi piace tantissimo’
Ivan strappò l’apparecchio un secondo dopo che quelle parole vennero pronunciate.
Nella sala del pianobar non c’era mai stato così tanto silenzio, tutti fissavano il tavolo di Italia, Catena e Romeo, qualche sguardo era puntato sul palco, verso Oscar.
Catena cominciò a singhiozzare, si portò una mano sulla bocca sorpresa da quel rumore e la ritrovò tutta bagnata, sussultò e seppellì il viso sui palmi delle mani, piangendo.
Non era mai stata umiliata così tanto, lei che non era mai stava o voluta stare al centro dell’attenzione di nessuno.
<< Brutta stronza! >> Italia scattò immediatamente nella direzione di Sonia, che se ne stava seduta trionfalmente al suo posto con le gambe accavallate, le braccia conserte e un sorriso sfrontato sulle labbra rosse come il sangue. Italia l’avrebbe presa a schiaffi se Romeo non l’avesse afferrata per la vita, era inviperita. << Io ti denuncio! Ti denuncio, hai capito?! Sei solo una puttana, ecco cosa sei?! >> Sbraitava la ragazza, cercando inutilmente di liberarsi dalla stretta di Romeo. << Non hai un briciolo di dignità! >> Replicò a sua volta il ragazzo, guardando Sonia con uno sguardo disgustato e dispiaciuto allo stesso tempo.
Sonia si stizzì nel sentirsi scrutata in quel modo, come se facesse pena, saltò in piedi per affrontare i due con un sorriso ironico e cattivo sulle labbra, ma Ivan l’afferrò immediatamente per un polso e la strattonò.
<< Ti chiedo molto gentilmente di lasciare il locale Sonia >> Sbottò il moro ficcandole con malagrazia il cellulare nella mano. << Il tuo intervento non è stato affatto gradito come puoi vedere. Sei stata fuori luogo e, lasciatelo dire, davvero una grande stronza >>
Ivan era indignato per quello che era successo, avrebbe dovuto immaginarlo che non c’era niente di buono dietro l’insistenza di Sonia.
<< Ma che faccia tosta che abbiamo eh? >> La voce di Sonia era tagliente come la sua lingua, stava per replicare ancora quando Miki l’afferrò per il braccio.
<< Basta Sonia! Hai esagerato stasera, torniamo a casa >> L’espressione di Miki era diffidente, Sonia capì immediatamente che l’amica era arrabbiata, ma non avrebbe tollerato di lasciarsi trattare in quel modo. Non dalla sua presunta migliore amica, che aveva accettato senza nemmeno opporsi il fatto che lei avesse fatto sesso con il ragazzo che le piaceva.
Tutto sommato Sonia detestava le persone come Miki, ma se la teneva stretta perché le serviva qualcuno da comandare a bacchetta, e non sarebbe stato il contrario.
<< Zitta tu! >> Sbottò aggredendo l’amica.
<< Sonia, davvero, fai più bella figura a lasciare questo locale immediatamente >>
A parlare quella volta era stato Aleksej, che si era alzato in piedi e aveva riposto la chitarra, Sonia sfidò il suo sguardo con cattiveria e malizia.
<< Non ti conviene metterti contro di me Aleksej, oppure … >>
Sonia non riuscì mai a terminare la frase, perché Catena saltò in piedi all’improvviso rovesciando la sedia, aveva la faccia stravolta, gli occhi arrossati e il volto bagnato dalle lacrime, alcune ciocche di capelli erano sfuggite alla solita treccia.
<< Beh, Oscar, tu che cosa dici? >>
La voce di Cristiano Serra si levò sopra le altre, lui se n’era rimasto tutto il tempo a contemplare la scena con un sorriso ironico stampato sulle labbra e le braccia incrociate dietro la nuca, tranquillo. Catena spostò senza nemmeno rendersene conto lo sguardo su Oscar, che era ancora seduto sullo sgabello con la chitarra stretta tra le mani bianche.
Era in imbarazzo, lo si vedeva chiaramente dal suo viso, non appena i loro occhi si incrociarono lui abbassò lo sguardo.
Catena non poteva sopportare più quell’umiliazione, girò le spalle e se ne scappò.
<< Catena! >> La voce di Italia si perse dietro le sue spalle.
Quando Italia la vide andare via, non ci pensò due volte, afferrò la propria borsa e fece per lasciare la stanza, Ivan le si affiancò immediatamente.
<< Ti aiuto >> Si limitò a commentare, e i due lasciarono il locale ancora immerso nel silenzio, nell’imbarazzo e nella sorpresa.
 
Italia pensava che quella serata non sarebbe potuta finire peggio.
Quando lei ed Ivan aveva raggiunto Catena, l’amica si era attaccata al suo braccio e aveva pianto per tutto il tragitto fino a casa sua. Italia l’aveva accompagnata sopra, aveva trovato una scusa con la madre della sua migliore amica e poi era scesa giù, dove Ivan la stava aspettando accanto al muro.
All’Olimpo era stata trascinata dalle emozioni del momento, ma una volta passate quelle emozioni forti che aveva provato, si era resa conto che sarebbe rimasta da sola con Ivan, e cercava di evitarlo da un po’ di tempo. Non avrebbe sopportato un’altra figuraccia con lui.
<< Come … com’è andata? >> Domandò Ivan quando Italia lo raggiunse, i due ragazzi presero a camminare uno affianco all’altra con mezzo metro di distanza tra le loro spalle.
Italia notò che Ivan non faceva altro che passarsi le mani sulle braccia piene di tatuaggi.
<< Come puoi ben immaginare. >> Italia non aggiunse altro.
<< I-Italia … io, volevo chiederti scusa. Credo che in qualche modo sia colpa mia, non avrei dovuto dare l’ok a Sonia, avrei dovuto sospettarlo. Io … >>
Italia si fermò senza rendersene nemmeno conto nel sentire quelle parole, Ivan smise di parlare e la guardò con occhi mortificati, mordendosi insistentemente il labbro inferiore. Italia non poté fare a meno di pensare che Ivan fosse davvero bello sotto la luce di quel lampione un po’ fatiscente, i suoi occhi erano striati di azzurro.
<< Non scusarti Ivan, ti prego. Tu non c’entri nulla, perché … perché sei fatto così no? Vuoi credere che tutti abbiano qualcosa di buono nel cuore, vero? >>
Ivan sentiva le mani prudergli insistentemente, Italia era così bella sotto la luce di quel lampione guasta, i capelli caramello erano accarezzati dai riflessi blu fatiscente, gli occhi scuri nascosti dagli occhiali, così vivi. Stringeva la borsa con foga.
<< Ma questo non mi aiuta affatto a quanto pare >> Mormorò lui strofinandosi forte le braccia, nervoso, Italia fece un passo verso di lui, accorciando quel metro e mezzo che li separava.
<< Ascolta Ivan … domani … domani c’è una mostra di quadri, dovevo andarci con Catena, ma credo che non verrà. Vuoi … vuoi accompagnarmi tu? Ho io il suo biglietto. >>
Ivan aveva il cuore che martellava nel petto, era confuso, il bacio che aveva visto tra lei e Romeo gli graffiava ancora il cuore, ma non sapeva come interpretarlo dopo quella domanda.
 Italia non faceva altro che pensare a quegli occhi verdi che la scrutavano sorpresi.
<< Si … si, con piacere >> Replicò il ragazzo con un filo di voce. << Posso … posso accompagnarti anche a casa adesso? Non voglio lasciarti andare da sola con questo buio >>
Italia annuì senza nemmeno pensarci, non lo fece nemmeno finire di parlare.
Aveva il cuore in subbuglio.
 



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Effe_95

Buonasera a tutti :)
Devo dirvi che sono davvero sorpresa di essere riuscita a postare questa settimana.
Tra tedesco ed inglese non so davvero dove sbattere la testa, comunque, ultimamente ho la sensazione di scrivere davvero male, quindi non sono molto soddifatta di questo capitolo.
Spero vivamente di non aver combinato un disastro.
Ad ogni modo, conosciamo un nuovo personaggio, Katerina, e vediamo Sonia finalmente in azione.
Ecco, so che è stata davvero cattiva e che la reazione di Oscar probabilmente non è delle migliori, ma fidatevi di me ;) Grazie mille a tutti come sempre.
Alla prossima spero.
  
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