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Autore: alexluna    06/07/2015    4 recensioni
LEGAL DRAMA | mini-long di 7 capitoli
2023 - 25 anni dopo la sconfitta di Voldemort. Percy Weasley, Ministro della Magia uscente, istruisce un processo finale e inaspettato. Il Wizengamot con a capo Augusta Paciock dovrà giudicare un unico imputato: Draco Malfoy. Sebbene sia un momento complicato in famiglia, Hermione Granger, Magiavvocato della difesa, è pronta a dare del filo da torcere a Susan Bones, dell'accusa.
“[...] Ho fatto della Giustizia il mio obiettivo più sacro: per garantire a tutti voi, oneste streghe e onesti maghi inglesi, un presente giusto e un futuro sicuro. La necessità di un coprifuoco e la momentanea restrizione delle libertà personali sono dettate dall’esigenza di proteggere maggiormente la nostra comunità. Pensiamo ai nostri figli, il frutto dei nostri sacrifici e il tesoro più importante della nostra esistenza. Pensate ai pericoli e alle tentazioni malvagie che possono incontrare nel loro cammino, se lasciamo impuniti le streghe e i maghi che hanno usato la magia per scopi oscuri e razziali. E cosa impareranno da noi, i nostri figli, se lasciamo impuniti gli assassini dei nostri genitori? [...] Ricordatevi di andare a votare questa domenica. Percy Weasley: insieme per la giustizia!” - dal discorso di fine campagna elettorale
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Kingsley Shacklebolt, Percy Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Hermione, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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CAPITOLO III
(o di come sia consigliabile bruciare gli scheletri nell’armadio)

Mercoledì 12 luglio, Londra. Stamattina le porte dell’Aula Dieci del Ministero si apriranno, ma solo per la Corte Plenaria del Wizengamot, i Magiavvocati e l’unico imputato: Draco Malfoy. Per lui, una difesa d’eccezione, nome noto e rispettato dall’intera comunità: Hermione Granger.
In esclusiva per noi una breve dichiarazione del coniuge, Ronald Weasley, fratello dello stimato Ministro della Magia: “Appoggio la scelta di mia moglie. Sono note le sue battaglie per i diritti delle Creature Magiche. Sposa cause particolari, ‘perse in partenza’ le definisce giocosamente qualcuno. Trovo divertente che dopo anni sia ripassata dalla scrivania di un ufficio a quella di un tribunale. Ma, dopotutto, il lavoro è sempre lo stesso. Battersi per i diritti, intendo. Non vogliate leggere nelle mie parole della malignità. Non sto dando a Malfoy dell’animale. Mia moglie alla difesa, comunque, significa garantire un processo equo e rispettoso di ogni minimo aspetto della burocrazia. Un po’ ingessato, mi suggerisce il collega, ma io preferirei essere più elegante.”
[…] Un’edizione straordinaria della Gazzetta del Profeta sarà consegnata in tarda serata alle streghe e ai maghi abbonati per un riassunto della vicenda e interviste esclusive a esperti, Veggenti e reduci della Battaglia di Hogwarts. Per seguire in diretta gli sviluppi, basterà sintonizzarvi sulla frequenza radio della nostra testata: profezielive 777. […]

 

Cosciotti di pollo con cavoletti di Bruxelles e uno Zuccotto di Zucca dalla frolla un po’ bruciacchiata: la cena preferita di Ron, nonché l’unica che sua moglie sapesse dignitosamente cucinare, era pronta.
Hermione fece un passo indietro, incrociò le braccia dietro la schiena e sorrise. Poco dopo, il sorriso si trasformò in una risata aperta che pian piano raggiunse tonalità isteriche. Smise di ridere quando un singulto le smorzò il fiato. Si strofinò gli occhi col bordo pulito del grembiule e poi cercò di ricomporsi. Un’ora prima si era messa ai fornelli, perché l’idea di preparare da mangiare le era parsa naturale. Adesso si accorgeva dell’assurdità della situazione, giacché erano le due e trenta di notte.
Mise uguali porzioni nei due piatti disposti di fronte e andò a sedersi davanti a quello senza carne. Rimirò incantata quel servizio di porcellana. Lo aveva scelto assieme a Rose e lo utilizzava solamente per le grandi occasioni.
Con la forchetta schiacciò i cavoletti, creando una poltiglia poco invitante. Si versò un po’ d’acqua e bevve a grandi sorsi.
“Sai, Ron,” soppesò arricciando le labbra, “la prossima volta devo metterci meno sale. A te piacciono?”
Si alzò e andò a sedersi dalla parte opposta della tavola. Afferrò con le mani un cosciotto alla volta e ne dilaniò la carne; sempre senza utilizzare le posate, si mise con attenzione a spremere tutti i cavoletti di Bruxelles. Con le dita inzaccherate di olio e polpa prese un altro bicchiere, lo riempì di succo di zucca fino all’orlo, in modo che la bevanda fuoriuscisse bagnando la tovaglia di lino verde, che Hugo tanto adorava. Si dissetò senza prender fiato. Sbatté il calice ormai vuoto e trattenne a fatica un rigurgito.
“Erano troppo sciapi, questi cavoli, Hermione,” scimmiottò, scuotendo la testa.
Poi strusciò le mani sul tovagliolo e i pezzetti di cibo in eccesso caddero un po’ per terra. Abbrancò il tortino di zucca e se lo mangiò tutto, senza far caso alle briciole che le piovevano sui vestiti. Aveva una fame selvaggia e incontrollata, e quel misero Zuccotto non la appagò a sufficienza. Rimpianse i cavoletti che, a forza di cucinarne, le erano venuti a noia.
“Sai, Ron, mi spiace non poter digerire assieme a te,” disse, spazzolandosi via bruscoli di pastafrolla. Si alzò a malincuore e con un colpo di bacchetta fece sparire il cibo torturato, lasciando però il servizio sporco in tavola.
Prese la valigetta da lavoro appoggiata allo schienale di una sedia, ed esclamò a voce alta: “Devo tornare in ufficio a preparare l’udienza di domani. Non metterti subito a letto o ti sentirai male.”
Con uno schiocco delle dita le luci si spensero e lei uscì dalla sala da pranzo.
“Sono sempre la solita sbadata,” dichiarò un attimo dopo, tornando sui suoi passi per lanciare a terra il grembiule.
“Non aspettarmi sveglio. Ricordati la tisana diuretica e i fascicoli della separazione sul tavolino d’ingresso.”
In risposta giunse solo il ticchettare nervoso del vecchio pendolo.
 

Durante il tragitto fino al Ministero, a Hermione non sfiorò nemmeno per un secondo il cruccio di esser diventata pazza. Simulare quell’ultima cena con Ron era il suo modo per elaborare meglio la decisione presa. Si era Smaterializzata, era salita sul Nottetempo per tre fermate e si era lanciata giù per il gabinetto d’entrata del dicastero senza proferir parola. La sua unica preoccupazione era capire come stipulare l’accordo per il rilascio immediato di Draco Malfoy su cauzione.
Percy Weasley aveva da tempo quell’asso nella manica e aveva aspettato che la situazione fosse drammatica prima di tirarlo fuori. A pochi giorni dal richiamo alle urne, tutte le agenzie di stampa del Paese lo davano per sfavorito e Kingsley Shacklebolt, che aveva ingloriosamente provato a mandare in pensione, sarebbe stato eletto nuovo Ministro della Magia, privandolo di quella poltrona a cui lui era tanto attaccato. Non si era scomodato da lì neanche per i funerali del compianto Arthur Weasley. Mossa tremendamente sbagliata, quella, che aveva bruciato la poca empatia con gli elettori. Al tempo si era scusato adducendo come motivazione il fatto che, nonostante il terribile lutto, non poteva sottrarsi agli obblighi istituzionali, perché il bene della collettività veniva prima di ogni esigenza personale. Dopo quell’ulteriore sconveniente discorso, cambiò i responsabili della sua immagine e obbligò La Gazzetta del Profeta a pubblicare per un mese articoli e interviste sull’edizione del Torneo Tremaghi, che si sarebbe svolta due anni più tardi.
Nell’Atrium, il cancelletto d’oro dell’ascensore si aprì e una voce sonnecchiante e un po’ contrariata diede il benvenuto a Hermione, che si infilò nell’abitacolo tutta persa in un ripasso frenetico della giurisprudenza recente. All’ultimo momento si ricordò che quello era l’ascensore che la portava nel suo studio al Quarto Livello, e per la seconda volta dovette ritornare sui suoi passi. Aveva ottenuto in via del tutto speciale, e non senza qualche difficoltà, un misero bugigattolo d’appoggio al Secondo Livello, sede dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia.
Cambiò elevatore e questa volta fu accolta semplicemente da uno sfrontato sbadiglio. Il cancelletto del tredicesimo ascensore stava per chiudersi quando all’ultimo delle dita corte e tozze lo riaprirono.
“Un attimo, un attimo, per favore!” gridò senza fiato una strega, nascosta dietro un pilone pericolante di fogli.
Entrando, non poté non sorridere e spalancò, per quanto possibile, le braccia piene di fascicoli slegati. “Sono le quattro di notte, Granger.”
“Potrei farti la stessa osservazione,” fu il saluto che Hermione fece, raccogliendole una cartelletta scivolata nella foga.
“Ho della documentazione da rivedere,” spiegò la donna lanciando uno sguardo eloquente all’ammasso di carta. “Tu? Ultimi preparativi per l’udienza di stamattina?”
“Sì, misti all’insonnia.”
“Non sarai nervosa! Avanti, eri quasi brava quanto me durante l’Apprendistato. Mi hai dato del filo da torcere.”
“Se non ricordo male, Bones, ti ho superato di un punto nel giudizio finale.”
“Ma io ti ho battuto due volte durante le simulazioni.”
“Il mio collega di allora era terribile.”
Susan Bones improvvisò una fedele imitazione del loro compagno di corso, sciogliendo il nervosismo accumulato da Hermione in una risata di petto.
“Per Merlino, questo te lo concedo. Era tremendo,” terminò la Bones e cercò di farsi un po’ di aria soffiandosi sul labbro superiore. “Come sono andati i M.A.G.O. di Rose?”
“Bene,” rispose prontamente Hermione con orgoglio, “tutti Eccezionale e un Oltre Ogni Previsione in Alchimia.”
“Brillante come sempre. Spero che Amélie mi renda altrettanto fiera.”
“Ne sono certa. Loro li hanno alla fine del sesto anno, giusto?”
“Sì, a Beauxbaton funziona così. Avanti, Hermione,” aggiunse Susan Bones tornando seria, mentre uscivano dall’ascensore. “Eravamo compagne di banco a lezione e in biblioteca. Che cosa succede? Non ci credo che sia l’apprensione pre processo a tenerti sveglia, malgrado il tuo preoccupante livello di perfezionismo.”
Hermione tirò fuori dalla sua valigetta una copia immacolata della Gazzetta del Profeta e le brandì davanti agli occhi l’editoriale.
“Ho ricevuto l’anteprima del numero di oggi, leggi.”
“Accidenti,” commentò la Bones qualche minuto più tardi, “Weasley, ti sei fatto incastrare dalla stampa come un pivello.”
“No, Susan. Lui ha volutamente rilasciato queste parole. Il giornalista non ha rigirato nulla.”
“L’ultima volta mi avevi detto che le cose non andavano, ma non credevo fino a questo punto. Siete una coppia storica, voi due.”
“Forse è finito il nostro tempo,” glossò Hermione con un’alzata di spalle e cercando a fatica un tono spensierato. “Mi hanno assegnato alla stanza 210, è a sinistra o a destra?”
“Segui questo corridoio e poi giri alla seconda a sinistra. Che ne dici se, finito questo processo, tu ed io ci vediamo per un bel Whiskey Incendiario?”
“Mi sembra un piano perfetto. Buon lavoro, allora.”
“In bocca al drago, Granger!” le urlò dietro Susan, mentre imboccava il corridoio opposto.
 

Hermione alzò gli occhi da codici, trattati, manuali, regolamenti, breviari, commentari e saggi sulle teorie dell’interpretazione solo tre ore e mezzo più tardi, quando Shacklebolt irruppe nella sua stanza con una tazza fumante di tè nero.
“Da quant’è che stai lavorando, Hermione?”
Con aria quasi infastidita, lei abbandonò la piuma nel calamaio e tracannò l’infuso.
“Qualche soffiata dal Dipartimento?” domandò non appena si fu ripresa.
“Sono i cinque giorni bianchi: posso occuparmi solo di ordinaria amministrazione. A quanto pare, persino i miei fedeli sono stati allontanati da qualsiasi mansione anche solo indirettamente riconducibile a questo caso.”
“Harry mi ha detto che Percy stravede per Lisa Turpin. Potrebbe averlo dato a lei, l’incarico.”
Kingsley Shacklebolt rimase un po’ in silenzio a pensare, poi scrollò le spalle. “Non lo so. Non ha mai eccelso nei dibattimenti, la Turpin. È più un tipo da patteggiamento.”
“D’accordo, un Magiavvocato vale l’altro, per quel che mi riguarda. Mi preme di più conoscere il capo di accusa. King, quando ti eleggeranno–”
“Hermione!” la ammonì prontamente, stringendo forte l’amuleto che portava al collo.
Se ti eleggeranno,” si corresse lei, alzando gli occhi al cielo, “promettimi che la prima cosa che farai sarà revisionare dalle fondamenta il nostro sistema giuridico-processuale, perché così diamo solo terreno fertile alle ingiustizie.”
“Ti metterò a capo della Commissione.”
“No, no, ci sono maghi e streghe più illustri di me. Però sarebbe un onore contribuirvi in qualsiasi altro modo.”
Prima che Kingsley potesse rispondere, la porta dell’ufficio si spalancò e una strega dall’altezza esuberante entrò a passo di marcia. Anche se indossava un abito severo e il suo movimento era teso, la sua eleganza traspariva lo stesso.
Cos’è questa storia?”
Dietro di lei due ragazzi, altrettanto indignati, fecero il loro ingresso in un coro di proteste.
Nel corridoio si era radunato un capannello d’impiegati incuriositi da quel baccano mattutino. Bisbigliavano tra loro e si lanciavano occhiate significative. Sul volto di alcuni balenava l’ombra di una perversa soddisfazione, come se non aspettassero altro che una scenata nell’ufficio del Magiavvocato di Draco Malfoy.
“Albus!” fu la prima esclamazione di sorpresa che ebbe Hermione e fece segno a Kingsley di richiudere l’entrata. Scorpius Malfoy era la versione orientale di Draco a diciassette anni. I capelli biondissimi e impomatati, il fisico asciutto, le spalle strette. Solo la forma degli occhi era diversa. Nel complesso era un ragazzo affascinante e si chiese se Rose pensasse lo stesso.
Sia Harry che Ron avevano impedito ai figli di ospitarlo a casa loro, cosa che Hermione trovava sciocca e maleducata. Sapeva bene che quando Rose e Albus Severus partivano per misteriose escursioni in qualche foresta dell’Europa Settentrionale, in realtà andavano a casa dei Malfoy a trascorrere gli ultimi giorni di vacanze estive.
“Cos’è questa storia?” ripeté Astoria, guardando con aria accusatoria Hermione e rifiutando il suo invito ad accomodarsi.
“Sediamoci tutti e uno per volta cominciate a spiegare,” intervenne Kingsley, frapponendosi tra le due donne.
“Che cosa significa che in aula non sono ammessi neanche i parenti più stretti dell’imputato?” intervenne Albus, superando i toni rabbiosi dei Malfoy.
“Significa che sono dei miserabili pezzi di stronzo,” ringhiò con rabbia Scorpius, mentre stringeva la mano che l’amico gli aveva appoggiato sulla spalla. Quel particolare fu per Hermione come una doccia gelata. “Col cazzo che cinque grassoni,” continuò il ragazzo, “m’impediranno di vedere mio padre.”
Hermione si aspettò che la signora Malfoy intervenisse per rabbonire il figlio e condannare quel lessico colorito, ma lei continuava a guardarla con severità, ritenendola l’autrice di una simile irragionevole disposizione.
A porte chiuse significa a porte chiuse per tutti,” spiegò infine, stringendosi nelle spalle. Si sentì una sciocca a ripetere l’ovvio.
Scorpius sembrò sull’orlo di una crisi di nervi, si alzò e con stupore crescente di Kingsley si girò ad abbracciare Albus. La compostezza giapponese della madre non l’aveva certamente ereditata, osservò Hermione, che involontariamente si stranì per quella manifestazione d’affetto nei confronti del nipote.
“Li sventro tutti, Albee,” rantolava Scorpius, facendosi consolare. “Gli ficco la bacchetta su per il culo e gli stacco le palle a morsi.”
Albus scosse debolmente la testa in direzione di Hermione e lo portò fuori.
“Magiavvocato Granger, faccia in modo che alla fine di quest’udienza preliminare mio marito sia rilasciato su cauzione. Ogni cifra sarà pagata senza batter ciglio,” dichiarò Astoria Malfoy dirigendosi verso l’uscita, “altrimenti non lascerò tutto il divertimento a mio figlio.”
Quando la porta dello studiolo fu chiusa senza troppa eleganza, Kingsley Shacklebolt ebbe solo la forza di sussurrare un laconico: “Wow.”
 

Inquadrata dalla superficie sgombra e riflettente della scrivania davanti a sé, il viso le apparve più che mai in balia della corruzione del tempo. La pelle sotto il collo iniziava un po’ ad afflosciarsi e le palpebre si erano appesantite. Si passò una mano sulle gote cupree e credé per un istante di esser davanti a un’estranea.
“Ma è legale questo fatto che prima mi arrestano e poi mi indicano le accuse?”
Hermione s’immobilizzò sul posto; non aveva sentito la coppia di Auror buttar dentro l’Aula Dieci Draco Malfoy. In quel momento l’accento forte del sud, che apparteneva al suo cliente, le sembrò lievemente sardonico.
Draco indossava la tipica divisa di Azkaban: pantaloni e maglia a righe sulle tonalità del grigio, piuttosto sporca e stinta. La parte sopra era di qualche taglia più piccola, tanto che aderendo sull’ampio torace, s’intravedevano le fasciature. Gli occhi grigi come l’uniforme scrutavano Hermione da dietro la frangia incollata alla fronte.
“Sì, in questo caso sì,” gli rispose, mentre lui arrancava verso la sua postazione. “Sei stato imprigionato con l’accusa generica di criminale di guerra.”
“Venticinque anni fa lo sapevano che ero un Mangiamorte.” Questa volta non c’era nulla di sarcastico nella voce di Draco. Al contrario si era manifestato il nervosismo tipico del suo carattere impaziente e autoritario.
“Formalmente non eri presente a nessun attacco o rappresaglia o spedizione. Nessuno ti ha mai menzionato, perlomeno.” Hermione si morse la lingua per quell’avverbio sfuggito, che trasudava malafede, ma Draco sembrò non farci caso. “Potremmo definirti un Mangiamorte non attivo.”
“E quindi, cos’è cambiato?”
“Hanno delle prove che invece dimostrano la tua attività,” gli spiegò, ritornando a sistemare il materiale.
“Quali?”
Sospirò rumorosamente, stanca di ripetere le stesse cose. “Non lo so.”
“Ma non è il tuo lavoro saperlo? Non ti pago per questo?”
Hermione sbatté il codice che aveva in mano e lo fissò. Pur conciato com’era, con croste e lividi, non poté non riconoscergli il fascino di quella bocca come scolpita, che non aveva mai visto ridere, e che al più indulgeva in sorrisi cinici. Draco sostenne lo sguardo, irrigidendo il mento quadrato, ultimo baluardo della sua arroganza.
“No,” ribadì secca Hermione, “non mi paghi per infrangere il protocollo. È un segreto del Ministero. Se me l’avessero detto, mi sarei già data da fare per organizzare la difesa – cosa che loro, ovviamente, non vogliono. Pensavo di avertelo già spiegato esaustivamente le ultime quindici volte. Adesso entreranno–”
“I cinquanta matusalemme,” iniziò a elencare Draco per lei, “lo stoccafisso dell’accusa, e poi mi incatenano.”
“No, t’incatenano solo se pensano che tu sia pericoloso, e guardandoti…”
“Stai offendendo la mia virilità.”
“Non fare il prezioso. Intendevo dire–”
“Sì, che così mal ridotto al massimo ispiro un viaggio al San Mungo.”
“Smettila di interrompermi,” lo ammonì Hermione.
Il grande orologio disegnato sul pavimento al centro dell’Aula Dieci segnò le 8 e 59, e lei lanciò un’occhiata stranita verso la porta.
“Non mi dirai che senza catene, metto te in soggezione,” sospirò teatralmente Draco, male interpretando quella distrazione.
Hermione si girò di scatto e gli mise la punta della piuma sotto al mento. “Non osare.”
“A fare cosa?” domandò lui con un sorriso sornione, lasciandosi sprofondare sulla panca riservata ai Magiavvocati. “Sei una discreta Occlumante.”
“E tu un pessimo Legilimens.”
Quando la lancetta delle ore si spostò sonoramente sul grande numero 9, nel mezzo del quadrante si Materializzò un mago canuto, che si reggeva con fatica a un bastone più alto di lui.
“La Corte del Wizengamot!” annunciò con voce stridula e subito dopo comparvero un po’ alla volta tutti i membri dell’assemblea sugli spalti.
Draco scattò in piedi come se uno Schiopodo Sparacoda gli avesse morso il sedere e Hermione raddrizzò la schiena ancora di più, assumendo un’espressione grave.
Le streghe e i maghi più integerrimi d’Inghilterra, con rigidi cappelli a punta e avvolti in toghe viola, si accomodarono, ben compatti, disegnando un triangolo al cui vertice sedeva la Decana Augusta Paciock, che si guardava intorno per cercare di calamitare su di sé l’attenzione. La Vicepresidente della Corte, Artemisia Lufkin, omonima discendente del primo Ministro della Magia donna, raggiunse il cancelliere e batté tre volte a terra il bastone. Al centro della cavea comparve una sedia di ferro arrugginito, dai cui bracci pendevano catene pesanti e minacciose.
“Prego,” disse, invitando l’imputato a sedersi lì.
Hermione lo accompagnò e gli mise istintivamente una mano sulla spalla. A quel contatto, le spalle di Draco si rilassarono.
“Per favore, Magiavvocato,” prese parola Augusta Paciock, facendole segno di tornare alla sua postazione.
La porta principale dell’Aula Dieci si spalancò e una strega un po’ tarchiata corse verso la pedana a mezzaluna predisposta per l’accusa.
“Un attimo, un attimo, per favore!” proferì senza fiato, reggendosi forte alla balaustra del suo palchetto e facendo Levitare da una cartellina minuscola cinquanta rotoli di pergamena.
Hermione sembrava in preda a una visione e questo iniziò a far sudare Draco Malfoy su quello scomodo e freddo scranno delle torture, tanto che ebbe la suggestione che le manette attorno alle caviglie si fossero mosse, vogliose di mutilarlo.
“Imputato, se non sta fermo, la faccio legare,” dichiarò Augusta Paciock, chiaramente infastidita per il ritardo del Magiavvocato dell’accusa.
Draco riconobbe quella lunga treccia rossa e quel viso tempestato di efelidi. Cercò di comunicare con Hermione, ma lei era troppo impegnata a squadrare in cagnesco la rivale appena giunta.
“Magiavvocato Bones,” riprese la Decana finendo di leggere il documento che era volato fino a lei. “Al prossimo ritardo mi occuperò personalmente di sostituirla. Non m’importa se il Ministro della Magia le ha fatto fare tardi e le ha scritto la giustificazione come se stessimo a Hogwarts. Dieci Galeoni di multa e non provi a difendersi. Lei deve farsi trovare in aula prima dell’arrivo dell’assemblea. Le è chiaro?”
“Chiarissimo, Decana Paciock,” rispose compita Susan Bones, chinando umilmente il capo e allentando il nervosismo della Corte, sempre impreparata davanti all’intransigenza della sua collega più anziana.
“Ora potrebbe gentilmente esporre a quest’aula l’accusa precisa che il Ministero muove contro il signor Malfoy?” intervenne con affettazione un mago albino, seduto sui gradini più alti. Dal modo in cui tutti si protesero in avanti, per non perdersi nessuna parola del Magiavvocato Bones, si capiva che l’impazienza era forte.
Hermione cercò con insistenza un contatto visivo con la sua amica, ma Susan guardava con fermezza davanti a sé, ignorandola volutamente. La gola di Draco si seccò ma lui non osò provare a schiarirsi le corde vocali.
“Il Ministero della Magia,” declamò Susan Bones alzando la voce più del necessario, “accusa il signor Malfoy Draco Lucius, nato nella contea di Wiltshire, il 5 giugno 1980, dell’omicidio di Amelia Bones.”
Hermione ringraziò che la panca fosse proprio dietro di lei, perché le ginocchia le cedettero e si ritrovò fortunosamente seduta. Draco Malfoy si fece definitivamente pallido come un sudario e smise anche di battere le ciglia.
Sugli spalti si scatenò il finimondo. I maghi e le streghe si alzarono e iniziarono a confabulare tra di loro. La stessa Augusta Paciock sembrò scordarsi dell’autocontrollo e cominciò una fitta conversazione con Artemisia Lufkin e il cancelliere, che le sedevano dietro.
Susan Bones rimase immobile, fissando un punto non precisato davanti a sé. Solo le nocche pallide avrebbero smascherato quell’apparente distacco emotivo, se non fossero state nascoste sotto il ripiano della balaustra. Hermione, passato lo stupore iniziale, prese a scartabellare un fascicolo di vecchie deposizioni.
Amelia Bones era Direttore dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia e giudice ad honorem del Wizengamot quando venne brutalmente uccisa nell’agosto del 1996, per mano di un Mangiamorte ignoto.
Hermione sottolineò con rabbia la dicitura ‘Mangiamorte ignoto’ finché la spessa pergamena non si forò.
Amelia Bones era stata un’istituzione. Una strega rispettata da tutti e simbolo della resistenza contro Voldemort. Ed era anche stata la donna che aveva cresciuto Susan, quando il Signore Oscuro aveva sterminato la loro famiglia. Hermione ricordava benissimo il giorno in cui Susan le aveva mandato un gufo per informarla dell’assassinio della zia e della decisione di tornare a Hogwarts, perché ormai era rimasta sola al mondo e al castello, almeno, sarebbe stata circondata dall’affetto dei suoi compagni di Casata.
Dunque era stato Draco Malfoy a strappare la vita a quella potentissima signora. Hermione aggrottò la fronte e ricontrollò la data: 1996. Draco aveva appena sedici anni. Per le Leggi Magiche era minorenne e avrebbe potuto utilizzare quella strategia per evitargli la condanna a morte, semmai avesse trovato il coraggio di difenderlo ancora. Eppure c’era qualcosa che non le tornava. Com’era possibile che un mago di soli sedici anni fosse riuscito a uccidere una fattucchiera celebre come Amelia Bones?
Forse colpendola alle spalle, pensò poi. Quel modo di agire vigliacco rispecchiava il carattere di Malfoy a quell’età. Tuttavia, Harry le aveva raccontato com’era morto Silente nel 1997 e come quella serpe era rimasta paralizzata dinanzi alla prospettiva di dover uccidere. E, inoltre, lo stesso Silente avrebbe certamente saputo, se fosse stato Draco quell’ignoto Mangiamorte, e non l’avrebbe riammesso a Hogwarts.
“Magiavvocato Granger, mi sta ascoltando?”
Hermione si rialzò di scatto e guardò imbarazzata la Corte.
“I lavori riprenderanno domani,” seguitò Augusta Paciock, “e poiché è stato scelto il rito abbreviato straordinario, previsto per i crimini di guerra, tutte le prove e le documentazioni saranno spedite entro mezzogiorno, in doppia copia, ai cinquanta membri del Wizengamot e al Magiavvocato della difesa. Domani sera, giovedì 13 luglio, toccherà all’accusa esporre la sua arringa, mentre venerdì 14, la parola spetterà alla difesa. Il verdetto sarà letto alla mezzanotte di sabato prossimo venturo. Per l’assoluzione serve la maggioranza rafforzata, mentre per la condanna basterà la maggioranza semplice. In quest’ultimo caso, l’esecuzione avverrà subito dopo. La Corte si aggiorna per esaminare le prove dell’accusa.”
Come da protocollo, Susan Bones, uscì per prima ed entrarono i due Auror responsabili per il trasporto del detenuto fino ad Azkaban.
“Decana Paciock!” invocò Hermione, mentre gli altri membri della Corte scomparivano per andare a rilasciare interviste esclusive. “Ai sensi degli articoli 457-bis e 457-ter del Protocollo Internazionale Delle Streghe e Dei Maghi Detenuti Durante Un Processo Straordinario, chiedo il permesso per un colloquio in privato con il mio cliente, prima che questi sia riportato in prigione.”
“Acconsentito. Il comma ottavo dell’articolo 457-ter le dà cinque minuti esatti. Li sfrutti bene,” e si Smaterializzò.
Gli Auror, palesemente delusi, tornarono indietro.
“Guardami, Malfoy!” gli comandò Hermione non appena furono soli nell’Aula Dieci, raggiungendolo a grandi falcate.
Ci volle un po’ prima che Draco emettesse un profondo sospiro e si passasse una mano tra i capelli, troppo lunghi. Eppure quella lunghezza serviva a smussare i lineamenti spigolosi e i segni di una vita intensa e piena di scelte sbagliate.
Senza pensarci due volte, Hermione gli prese il volto tra le mani e lo obbligò a guardarla.
“Sei stato tu a uccidere Amelia Bones, Malfoy?”
“Mi difenderai ancora?”
“Rispondimi. Hai ucciso davvero tu, Amelia Bones?”
“Sì. Sì, sì, sì,” confessò afflitto, girando il viso dall’altra parte, per non dover sostenere un attimo di più lo sguardo severo di Hermione. “È tutto vero.”
Lei si aspettava uno scatto d’ira, un diniego nervoso, un monologo infarcito bugie: non un’ammissione così cruda di responsabilità. Forse fu per quello che il suo sesto senso la mise in stato di allerta. Quella storia le sembrava sempre più assurda.
“Come avresti fatto?”
Draco parlava guardando a terra, come se si rivolgesse alle catene arrugginite ai piedi della sedia. Teneva le braccia conserte, a sostenersi il busto; il collo insaccato nel risvolto scucito della maglia.
“Sbagliai una Pozione.”
“Che cosa?”
“Hai sentito. Feci un casino con le dosi di Grinzafico preparando la Pozione Restringente. Le si rimpicciolirono solo gli organi vitali e…”
“La Pozione Restringente si studia al terzo anno, Malfoy,” lo bloccò freddamente. “Sei sempre stato il più bravo dei Serpeverde in quella materia. Il Grinzafico va semplicemente sbucciato e buttato nel calderone. In che modo avresti sbagliato la dose? Non mi prendere per il culo. Sarai pure tu il Pozionista tra noi due, ma io ricordo a memoria gli ingredienti di tantissimi filtri magici.”
“Ero nervoso, ne buttai due. Non mi ricordo.”
Gli Auror rientrarono proprio in quel momento e portarono via di peso di Malfoy. Esausta, Hermione raccolse tutto il materiale e si diresse verso l’ascensore. Aveva bisogno di silenzio e di studiare con attenzione tutta la documentazione che Susan Bones le avrebbe inviato. In particolare la cartella legale.
La sala circolare del Decimo Livello era deserta. Nessuno aveva il permesso di aspettare su quel piano, eppure una figura giunonica uscì dall’ombra e la raggiunse.
“Lei crede forse che mio marito non mi abbia detto tutto?” l’aggredì Astoria Malfoy, prima che lei potesse proferir parola. “Che io non sappia le atrocità che ha dovuto compiere? Pensa che avrei sposato un uomo senza prima conoscere tutto di lui? E mi creda, non è stato neanche così complicato. Lui doveva scaricarsi la coscienza e in me ha trovato l’unica persona che l’avrebbe ascoltato senza giudicare.”
Hermione non interruppe il racconto nervoso di quella donna, nella speranza di ottenere almeno da lei una versione coerente dell’omicidio Bones.
“Quando mio padre gli ha sottomministrato il Veritaserum, come da tradizione prematrimoniale delle famiglie Purosangue,” narrò Astoria, appoggiando la schiena contro la parete, “io sapevo già ogni cosa. E stia pur certa, signora Granger, che quella tale Bones non morì per mano di Draco.”
“Suo marito sostiene il contrario.”
“E lei sarebbe la brillante strega, che, a sentir suo nipote, ha salvato Harry Potter una miriade di volte? Mi lasci dire che sono profondamente delusa da lei, avvocato. Non si è accorta dal primo incontro che lei deve assolvere Draco da se stesso? Questo processo rappresenta per lui una scappatoia. Vuole essere condannato a morte per espiare le sue colpe. Risarcire il dolore che ha causato agli altri e ripulire l’onta che crede di aver gettato su suo figlio. Lei deve aiutarmi a curare questo suo senso di colpa che sfocia nelle manie di persecuzione. Tutti quegli atti vandalici fuori casa, quei simboli fallici che degli stupidi ragazzini omofobi si dilettano a inventare, per esempio, non sono diretti a Draco. Sono diretti a nostro figlio, a Scorpius. Scavi e faccia fino in fondo il suo lavoro, altrimenti non perda tempo a rassegnare le dimissioni. Si consideri licenziata.”
 

Il cielo era una voragine cobalto che spegneva le striature color zafferano. Hermione ormai rincasava a orari assurdi e non ricordava più il periodo in cui si addormentava senza preoccupazioni.
Plectrude l’aspettava appollaiata sul cornicione dell’ingresso. Vedendola, la civetta planò con delicatezza sulla sua spalla e si fece scivolare dal becco una lettera.
“E tu ora che ci fai qui?” chiese Hermione dandole due buffetti sul capo bruno. “Spero che uno dei miei figli si sia ricordato di avere una madre.”
Appena aprì la missiva, con disappunto scoprì che non era né di Rose né di Hugo. Riconobbe invece la scrittura minuta di Harry.
 
Oggi non è andata benissimo, ma conosciamo il modo di giocare a Scacchi Magici dei Weasley. Amano l’attacco doppio per metterti pressione e condizionarti. Malfoy, a sedici anni, al massimo preparava impacchi per curarsi l’acne. Non ce lo vedo a seviziare e uccidere Amelia Bones – pace all’anima sua, era una donna eccezionale, per quel poco che ho potuto conoscere!
Non lasciarti demoralizzare, Hermione. Sei il Magiavvocato migliore del mondo. Sono sicuro che farai tu scacco matto.
Sempre tuo,
HP
 
Hermione strappò perfettamente in due l’epistola e Plectrude iniziò a beccarle sulla spalla.
“Plectrude, smettila. Non ho bisogno di un discorso d’incitamento, ma della sua testimonianza. Ora, se fai la buona, ti do qualche biscottino.”
La civetta volò via, offesa. “Tale piumato, tale padrone,” sospirò mettendosi in tasca i fogli stracciati.
Quando spalancò la porta d’ingresso, restò completamente sconvolta.
“È uno scherzo, vero?”


 
 

Stavolta ho lasciato per ultimo le note. Grazie per essere passati di qui a leggere la storia. Un abbraccio particolare a Charlie, Mary, Zoe e Giorgia che commentano sempre. <3 Se non fosse per i vostri riscontri, starei ancora a mangiarmi le unghie.
Il prossimo aggiornamento è previsto, in linea di massima, per il 25 luglio, causa sessione estiva. Mi spiace se non ho rispettato l'appuntamento della settimana scorsa, ma il capitolo è stato più complesso del previsto. Spero che questa storia vi stia appassionando, sono piena di dubbi a livello di trama, stile e dialoghi... mi piacerebbe un po' sentire la vostra.
Ho creato una pagina personale su fb, ove parlare di fanfiction e libri, quindi vi aspetto con piacere anche lì:
Alexluna
Un saluto a: allebasi Aries Malfoy Granger cleomery danysherlocked herm85 aya_85 fenice cremesi misseyre PrimrosePotter99 defechira elizabethbennet96 Eruanne grieth kiakkia12 Luthien Felagund Martilampi MartyMars nefastia Nikki Black Pisocor Raphaen risa lilian badwolf roby90 Zindziswa

   
 
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