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Autore: effe_95    09/07/2015    7 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
17.Con il cuore, Una sciocchezza e Matematica.

Novembre
 
Aleksej decise di aprire la porta solamente perché era esasperato.
Si rendeva perfettamente conto che tornare a casa e rinchiudesi in camera senza salutare nessuno non fosse stata una buona idea, ma sicuramente quella situazione non dava il diritto a sua madre di bussare incessantemente alla porta fino a fargli venire un esaurimento nervoso.
Sollevò la testa dal cuscino, appoggiò i piedi nudi sul pavimento freddo e si apprestò ad aprire, rituffandosi immediatamente sul materasso per nascondere la faccia.
<< Smettila di bussare! Sei fastidiosa >> Brontolò prima che Claudia Ivanov potesse dire qualcosa, Aleksej aveva il viso nascosto, ma percepì benissimo il peso dell’esile corpo della madre sul materasso e le sue mani appoggiarsi sulla sua spalla e accarezzargli la testa.
<< Era l’unica soluzione per farti aprire quella porta. Sei come tuo padre, non hai un briciolo di pazienza >> Sentendo la sua voce calda, Aleksej si sentì subito meglio.
<< Ti detesto quando fai così >> Continuò a borbottare il ragazzo, mentre Claudia si infilava sotto le coperte insieme a lui, appropriandosi di uno spazio che lui le avrebbe concesso difficilmente di sua spontanea volontà. << Ehi, cosa stai facendo?! >>
<< Oggi fa particolarmente freddo non trovi? Quest’anno è arrivato proprio all’improvviso. Ah, e poi uno dei miei figli non mi ha degnato nemmeno di un saluto, e non l’ha mai fatto prima! >> Il tono scherzoso nella voce della madre fece sorridere Aleksej, che aveva ancora la faccia nascosta sul cuscino e le dava sempre le spalle.
Lui aveva sempre sopportato poco il caldo, a Marzo se ne andava già in giro a mezze maniche o in canottiera, cosa che faceva infuriare Claudia, anche in quel momento avrebbe dovuto dargli fastidio il calore della donna contro il suo corpo, ma Aleksej non poteva fare a meno di sentirsi protetto, di sentirsi sicuro.
<< Ho avuto una giornata un po’ storta, tutto qui >>
Non trovava il coraggio di dirle la verità, Claudia non era la sua madre biologica, Aleksej era stato partorito da una donna che era morta dandolo alla luce, ma fin da quando aveva memoria, era stata lei a crescerlo. Si sarebbe vergognato da morire nel dirle la verità.
Nel dirle cos’aveva combinato e come si era comportato con Miki.
I suoi genitori si sarebbero vergognati di lui, e come avrebbe potuto biasimarli?
<< Stava per venire tuo padre, sai? Forse … preferisci parlare con lui di certe cose? >>
<< Che significa “certe cose”? >> Sbottò Aleksej sollevando finalmente il viso, puntando su di lei l’espressione più imbronciata e imbarazzata di cui fosse dotato, il viso sottile di Claudia era aperto in un caldo sorriso divertito.
<< Si, insomma … dai Aleksej, non farmelo dire! So tutto di te e Miki >>
Aleksej cadde bocconi sulle lenzuola quando sentì quelle parole, non poteva credere che sua madre avesse saputo la verità per tutto quel tempo, avrebbe voluto che il terreno si aprisse sotto i suoi piedi in quel preciso istante.
<< Lo … lo sa anche papà? >> Si azzardò a chiedere, ingoiando con fatica.
<< In realtà è stato lui a farmelo notare. >> Aleksej boccheggiò a quelle parole << Sai Alješa, se non vuoi farti scoprire, non lasciare la scatola dei preservativi nello studio di tuo padre. Gli è venuto un colpo poverino. >> Claudia ridacchiò, trasportata da qualche ricordo, ad Aleksej quelle parole non provocarono alcuna ilarità, lo avvilirono ancora di più.
<< Si è agitato come poche volte nella sua vita. Ci è rimasto male perché tu non gli hai detto nulla, poi ha cercato di capire con chi avessi perso la verginità … e io gli ho detto che era per forza Miki, perché avevo trovato sotto il tuo letto uno dei suoi bracciali >>
<< Ohi, basta! >> Sbottò Aleksej al massimo dell’imbarazzo, Claudia parlava con una naturalezza tale che l’imbarazzo aveva raggiunto i livelli massimi di sopportazione.
Tutta la verità però non l’aveva capita, e Aleksej ne era sollevato.
<< Ehi Alješa … >> Lo richiamò Claudia dopo qualche minuto di silenzio.
<< Che c’è?! >> Brontolò il ragazzo, incrociando le braccia al petto e le gambe.
<< Se c’è qualcosa che non va con Miki, se hai dei problemi, puoi dirlo a me e a tuo padre sai? Siamo i tuoi genitori, se hai paura, siamo dietro le tue spalle a proteggerti >>
Aleksej guardò allungo il sorriso di sua madre, riuscì a tenere per poco il broncio e  l’abbracciò appoggiando la testa sul suo seno, come quando era bambino.
Le raccontò tutto quello che non le aveva detto, tutto quello che non aveva detto a nessuno in così tanti particolari, nemmeno a Gabriele, perché dopotutto lei era sua madre.
Claudia ascoltò in silenzio, senza smettere nemmeno una volta di accarezzargli i capelli.
<< Sei delusa da me, vero? >> Aleksej trovò il coraggio di porgerle la domanda più difficile che gli stava ronzando in quel momento nella testa.
<< Sarei delusa da te se non reagissi, Alješa. >> Commentò la donna pizzicandogli una guancia, Aleksej la guardò con le sopracciglia aggrottate. << Hai sbagliato, è vero. Ma tu vuoi bene a quella ragazza, no? Perché non glielo dici? >>
Perché ho paura.
Quelle parole Aleksej non le pronunciò ad altra voce.
<< E come? >> Brontolò, stringendosi un po’ di più a lei.
<< Con il cuore >>
Aleksej e Claudia non parlarono più per un bel po’, e rimasero abbracciati fino a quando Claudia non decise che era arrivato il momento di andare a preparare la cena.
Quando ebbe lasciato la stanza, trovò il marito appoggiato allo stipite della porta.
<< Cavolo come mi assomiglia >> Fu il primo commento di Yulian Ivanov, Claudia gli sorrise pizzicandogli il braccio.
<< Proprio perché ti somiglia reagirà … e verrà anche a parlare con te >>
<< Lo aspetterò >>
 
Beatrice era tranquilla prima di entrare in teatro.
Si era accordata con Enea perché ogni mercoledì si incontrassero dalle tre alle quattro, per provare le scene e cercare di intonare le loro voci il più possibile. L’idea di passare altro tempo con lui non la entusiasmava, ma ormai ci aveva più o meno fatto l’abitudine.
Quando aprì le porte del teatro credendo di essere sola, si sentiva riposata , tranquilla.
Raggiunse con passo cadenzato il piccolo palco per aprire le tende, ma non appena oltrepassò le quinte una risatina catturò il suo orecchio.
Guardò con le sopracciglia aggrottate il lungo corridoio buio, aveva ancora le mani sollevate per tirare la cordicella della tenda, le abbassò velocemente e fece qualche passo verso il buio.
<< Abbassa la voce Sonia! >> Beatrice si immobilizzò quando riconobbe la voce di Enea.
<< Tanto non ci sente nessuno >> Il commentò di Sonia arrivò immediatamente, accompagnato da un’altra fastidiosissima risatina, Beatrice fece qualche passo avanti, raggiunse l’interruttore della luce e la accese.
Quella era davvero la scena più disgustosa che le fosse mai capitato di vedere.
Enea e Sonia erano aggrovigliati uno addosso all’altra, seduti su una sedia, lui aveva le mani infilate sotto la maglietta di lei, completamente sollevata sulla schiena, Beatrice notò che il reggiseno di Sonia era slacciato.
Enea era scombinato, la camicia sbottonata sui primi bottoni e i capelli arruffati.
Beatrice si lasciò scappare un verso di disgusto quando si rese conto di quello che stavano per fare.
<< Beatrice, che ci fai già qui?! >> Sbottò Enea, cercando di ricomporsi, cosa difficile con Sonia ancora avvinghiata addosso, nel tono della sua voce Beatrice percepì una sorta di stizza mista all’imbarazzo.
<< Uffa, torna più tardi, dai! >>
Il commentò fuori luogo di Sonia fu la goccia che fece traboccare il vaso, Beatrice provò una rabbia ed un disgusto tale da voler immediatamente lasciare quel luogo. Lanciò uno sguardo schifato ad Enea e lasciò velocemente le quinte, accelerò il passo verso la sedia dove aveva lasciato la sua roba e afferrò la borsa decisa a lasciare il teatro il prima possibile.
Sentiva una morsa allo stomaco e la voglia di vomitare.
Era intenzionata ad aprire la porta con tutta se stessa quando qualcuno le bloccò i polsi, il profumo di Enea le arrivò immediatamente alle narici, Beatrice si girò ad affrontarlo indiavolata, e vederlo con quella camicia sbottonata e quei capelli arruffati non servì a calmarla affatto. << Toglimi immediatamente quelle schifose mani di dosso! >> Sbraitò indignata, cercando in tutti i modi di liberarsi dalla ferrea stretta di Enea.
<< Oh andiamo, calmati Beatrice! Perché urli così tanto? >>
Beatrice fece per replicare, quando vide Sonia spuntare da dietro le quinte tranquilla e rilassata, sistemandosi la maglietta e i capelli.
<< No infatti, non urlo più. Lasciami andare immediatamente, ho notato che hai altre cose da fare in questo momento >> Era nera di rabbia, e indicò con il mento Sonia, che li fissava con un sorriso sadico sulle labbra e le braccia incrociate, Enea sembrava anche troppo tranquillo.  << Sarà Sonia ad andarsene. Devo provare con te adesso, no? >>
Sonia accennò un sorriso divertito, mentre si sporgeva verso una sedia per raggiungere la cartella, Beatrice si sentì una stupida per non averla notata prima, si sarebbe risparmiata  quella situazione imbarazzante e fuori luogo.
<< Vi saluto. >> Sonia se ne andò immediatamente, lasciandoli soli nel teatro.
Enea lasciò immediatamente la stretta e Beatrice sentì formicolare i polsi, lì dove il sangue aveva ripreso a scorrere liberamente e senza più ostruzioni. Le dava immensamente fastidio quel sorriso sfrontato che attraversava il volto di Enea mentre la guardava con quei suoi occhi chiari riabbottonandosi la camicia.
<< Non ti sembra di aver avuto una reazione un po’ esagerata? Sembravi … gelosa >>
Beatrice si sentì punta sul viso da quell’affermazione, le guance le pizzicarono per il rossore improvviso che le accarezzò, era arrabbiata, stizzita, ma rimase scioccata quando si rese conto che il problema era proprio quello.
Il fastidio che provava era davvero gelosia.
Quando si rese conto del suo pensiero, si morsicchiò il labbro inferiore e strinse le braccia al petto, mentre un antico dolore si faceva largo nel suo petto. Lei non voleva più provare quei sentimenti, non l’avrebbe fatto di nuovo, non ne valeva la pena.
Enea, che fino ad un momento prima l’aveva guardata con sufficienza e malizia, notando quel cambio d’espressione smise di sorridere, si appoggiò con la schiena ad una delle sedie e incrociò le braccia al petto. Improvvisamente provò una sorta di fastidio nell’essersi fatto beccare da Beatrice in una situazione simile, si sentiva sbagliato e sporco.
<< E’ che … io non capisco come lo si possa fare in quel modo >> Replicò ad un certo punto Beatrice, sollevando lo sguardo accigliato su di lui, Enea lesse una tempesta in atto in quegli occhi grigi, troppo profondi e osservatori.
<< Beh, senza sentimenti è facile Beatrice. Non si prova nulla, se non effimero piacere >>
Commentò Enea scostando lo sguardo un po’ imbarazzato, Beatrice lo guardò a lungo, con quelle braccia incrociate al petto e la camicia azzurra che metteva in risalto la sua muscolatura asciutta, le mani grandi e affusolate, il profilo affilato.
Perché doveva innamorarsi sempre di quelli come lui?
Perché doveva innamorarsi dei ragazzi che dicevano quelle cose?
<< E tu … tu non provi nulla? Assolutamente nulla? >>
Enea tornò a guardarla nel sentire quella domanda, Beatrice sembrava così piccola e minuta stretta nelle sue stesse braccia. Enea provava l’incontrollabile desiderio di proteggerla, lo stesso desiderio che l’aveva spinto ad iscriversi a quel corso di teatro per starle più vicino.
Guardandola, si rese conto sgomento che con lei avrebbe provato qualcosa.
<< No. Con Sonia non provo nulla, è un’amica di letto o qualcosa di simile, chiamala come vuoi. Io e Sonia non abbiamo nessun tipo di rapporto, se non fisico. >>
Beatrice si sentì stringere lo stomaco, nel sentire quelle parole che le erano così familiari.
<< E questa cosa … non ti distrugge? Non ti disgusta? >>
Enea non riuscì a guardarla negli occhi, perché se l’avesse fatto probabilmente le sarebbe saltato addosso e non poteva permetterselo, non poteva assolutamente lasciarsi trasportare da quelle strane emozioni che gli agitavano il cuore per la prima volta in vita sua.
<< Cosa?! Che sciocchezza è questa? >> Sbottò con troppo zelo, sorridendo amaramente e con imbarazzo. Beatrice tacque per quelle che ad Enea sembrarono delle ore interminabili, quando raggiunse l’esasperazione e sollevò lo sguardo, la trovò in lacrime.
Il corpo minuto era scosso dai singhiozzi, aveva le mani sulla bocca e lo sguardo perso.
<< Ehi Beatrice! Che succede? >> Chiese Enea allarmato, facendo un passo verso di lei.
Beatrice scosse il capo e si fece automaticamente indietro.
<< Per voi maschi è solo una sciocchezza, vero? >> Mormorò, poi si asciugò velocemente il viso e scosse la testa. << Oggi non mi va di provare, lo faremo direttamente domani >>
Enea non ebbe il coraggio di seguirla, perché quella frase non gli era piaciuta per nulla.
Perché aveva paura di scoprire la verità.
 
Telemaco detestava studiare con Igor.
Avevano cominciato insieme una versione di latino un’ oretta prima, lui era rimasto al decimo rigo, litigando furiosamente con un ut di cui non capiva la funzione, mentre Igor aveva appena finito di mettere il punto finale.
Telemaco lanciò uno sguardo stizzito al quaderno dell’amico, un’altra cosa che detestava con tutto se stesso era la sua calligrafia precisa e immacolata, non riusciva a capacitarsi di come facesse a tradurre senza sbagliare o cancellare o imbrattare tutto il foglio come nel suo caso. Telemaco si affrettò ad abbassare gli occhi nell’istante esatto in cui Igor sollevò i suoi, fingendo di cercare qualcosa sul vocabolario.
<< E’ una finale >> Telemaco trasalì quando sentì la voce tranquilla e calda dell’amico, che stava lentamente posando i libri di latino per prendere quelli di matematica.
<< Come? >> Igor allungò un dito pallido e picchiettò il polpastrello sull’ut che stava mandando in crisi Telemaco.
<< E’ una finale, puoi tradurla anche con un semplice “ affinché” >>
<< Potevi anche dirmelo mezz’ora fa >> Brontolò Telemaco, abbandonando la penna al centro del quaderno per stiracchiarsi. Igor lo guardò velocemente, poi riportò la sua attenzione al libro di matematica e a tutti quei numeri e lettere incomprensibili.
Seguirono cinque minuti di silenzio, dove si percepì solamente lo girare delle pagine del vocabolario e lo scribacchiare della penna, quando Telemaco si passò per la terza volta la mano tra i capelli esasperato, Igor gli allungò in silenzio il suo quaderno di latino, continuando a tendere gli occhi fissi sull’esercizio di matematica.
Telemaco lo afferrò senza dire una sola parola, lasciandosi sfuggire un sorriso che si andò specchiando anche sulle labbra di Igor, in un gioco di complicità che facevano da anni.
Igor aveva appena finito il primo esercizio di matematica quando bussarono al campanello, i due ragazzi non vi badarono molto, entrambi distratti, ma quando la porta della camera si spalancò di botto, sussultarono spaventati.
Igor lasciò scivolare la penna e macchiò il quaderno con una lunga striscia nera, Telemaco invece chiuse di scatto il vocabolario, come se fosse stato beccato a copiare dal professore in persona.  << Ma guarda come studiano diligentemente! >>
Igor rischiò di affogarsi quando vide Zoe entrare nella sua camera con passo danzante, dietro di lei se ne stava una Fiorenza piuttosto imbarazzata.
Zoe era andata a casa di Igor una sola volta, quando avevano dovuto collaborare per il progetto di scienze, una sola volta in cui si erano scambiati più di tre parole e Zoe aveva finalmente imparato come si deve a pronunciare il suo nome.
<< Che cosa ci fate voi due qui?! >> Scattò immediatamente Telemaco, guardando con aria d’accusa prima Zoe e poi Fiorenza, che non la smetteva di mordersi la guancia.
<< Ci ha fatto entrare la sorellona di Igor. Davvero una bella ragazza , comunque …. Ho bisogno del tuo aiuto Igor >> La voce di Zoe si fece improvvisamente lamentosa e agitata, Igor la guardò con le sopracciglia contratte mentre lei avanzava verso di lui e gli afferrava un braccio con fare possessivo, come se fosse abituata a toccarlo. << Domani ho l’interrogazione di matematica con il professor De Santis. Non ci capisco niente di tutte quelle formule, e tu invece sei praticamente un genio. Puoi aiutarmi? >>
Igor credeva fortemente di aver perso la lingua, doveva sembrare uno stupido, seduto alla scrivania composto, con la schiena diritta, le mani appoggiate sulle gambe, i quaderni ordinati per colore e grandezza.
Telemaco aveva tutta l’intenzione di replicare con veemenza, ma poi si rese conto che per la prima volta in cinque anni Zoe si era avvicinata ad Igor di sua spontanea volontà, sarebbe stato stupido da parte sua rovinargli quel momento.
<< Ehi tu! >> Sbottò in direzione di Fiorenza, che sussultò e si voltò a guardarlo, Telemaco rabbrividì per quanto fossero diventati estranei, sembravano ritornati al periodo prima del fidanzamento, quando a malapena si rivolgevano uno sguardo. Era stato lui a volerlo, non se ne pentiva, ma gli faceva ugualmente uno strano effetto. << Anche tu devi fare matematica con Igor? >> Telemaco si sarebbe pentito molto presto della sua domanda se Fiorenza avesse negato, ma doveva aiutare Igor a tutti i costi.
<< No >> Replicò la ragazza, Telemaco saltò immediatamente in piedi e chiuse bruscamente il libro delle versioni, facendo sobbalzare tutti.
<< Allora accompagnami a casa, ho bisogno di parlarti >>
In realtà Telemaco non aveva nulla da dirle, non voleva sentire la sua voce, era ancora arrabbiato e lo sarebbe stato per i mesi successivi fino alla conclusione della scuola e anche durante e dopo l’esame probabilmente. Sapeva benissimo che le avrebbe dato solo false speranze, ma non trovava un altro modo per lasciare Igor e Zoe da soli.
<< Te ne vai? >> Domandò Igor con le sopracciglia contratte, era ovvio che non avesse capito nulla, ma Telemaco pensò fosse meglio così.
<< Si, ci sentiamo più tardi, va bene? Il quaderno me lo porto a casa, finisco di copiare e domani te lo ridò >> Igor annuì leggermente, ancora accigliato, mentre lo vedeva preparare la cartella e infilarla velocemente a tracolla.
<< Bene, così puoi concentrarti meglio su di me! >> Cantilenò allegra Zoe, prendendo il posto che un secondo prima era stato di Telemaco.
<< Andiamo! >> Sbottò afferrando un braccio di Fiorenza. << A domani >>.
Quando si richiuse la porta alle spalle con Fiorenza al suo fianco, Telemaco pregò che andasse tutto bene e Igor non ne combinasse una delle sue.
Lui e Fiorenza raggiunsero frettolosamente il portone e si ritrovarono sulla strada, Telemaco si sentiva fortemente in imbarazzo, non aveva pensato nemmeno ad una scusa per liquidarla.
Lei gli lanciò uno sguardo penetrante, studiandogli il viso, cosa che Telemaco detestava.
<< Direi che adesso possiamo anche finirla qui, no? >>  La domanda di Fiorenza lo lasciò interdetto, senza parole, la ragazza sorrise, stringendosi un po’ nel cappotto << L’ho capito che volevi lasciare Igor e Zoe da soli, possiamo anche finirla qui >>
Telemaco infilò le mani nelle tasche dei jeans guardandola dritto negli occhi, come non faceva da un bel po’ di tempo, gli erano sempre piaciuti quegli occhi, quei capelli, quel viso, quelle mani, quel corpo, tutto.
Almeno gli aveva risparmiato il brutto compito di scaricarla.
<< E come hai fatto a capirlo? >> Domandò giocherellando con la stoffa all’interno delle tasche, Fiorenza sorrise e gli lasciò un buffetto affettuoso sulla spalla.
<< Lo so che tu l’hai dimenticato, ma dopotutto sono la persona che ti conosce meglio, no? A domani. >> Telemaco si irrigidì quando sentì quelle parole, Fiorenza sollevò una mano e lo salutò con un cenno, dandogli presto le spalle per prendere la strada completamente opposta. La rabbia lo aveva accecato per tutto quel tempo, e non aveva fatto altro che desiderare di ferirla, proprio come aveva fatto in quel preciso momento, Telemaco non voleva cascarci di nuovo.
<< E allora perché diavolo mi hai tradito?! >> Sbottò quando lei aveva quasi raggiunto l’incrocio, Fiorenza si girò accigliata, stretta nelle sue stesse braccia.
<< Non l’ho fatto >> Replicò a voce alta, sicura.
Telemaco non riusciva a crederle, si sentiva uno stupito e già immaginava la risata divertita di Cristiano se l’avesse perdonata, l’avrebbero preso in giro per tutta la vita.
Strinse forte i pugni, si morse il labbro inferiore fino a sanguinare.
<< Ma tu non mi credi, vero? >>
Telemaco non trovò il coraggio di rispondere e Fiorenza svoltò l’angolo.
Il ricordo di quel sorriso triste, lo tormentò per tutta la sera.


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Effe_95

Buonasera a tutti :)
Oggi ho ufficialmente terminato gli esami del semestre e vado anche io in vacanza! 
Siccome sono felice e soddisfatta, ho deciso di farvi questo regalo e pubblicare prima il capitolo.
Allora, la prima parte volevo proprio scriverla, qualcuno che finalmente desse ad Aleksej la spinta per farsi avanti ed affrontare la situazione come un uomo, e non ho trovato figura migliore di Claudia ( dopotutto la mamma è sempre la mamma, anche se non è biologica) ;).
La parte di Enea e Beatrice è significativa per entrambi, ecco, lo so che probabilmente in questo capitolo Enea vi ha fatto storcere il naso, ma Beatrice non si sarebbe mai accorta dei suoi sentimenti se non fosse stata risvegliata bruscamente.
Sulla terza parte non ho molto da dire, spero vi sia piaciuta.
Nel prossimo capitolo avremo finalmente l'altra parte del segreto di Oscar.
Grazie mille a tutti come sempre, se non fosse per voi, avrei davvero poca voglia di lavorare con il cuore.
Alla prossima. 


  
    
  
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