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Autore: Utrem    03/08/2015    4 recensioni
1980: Voldemort è all'apice del suo potere. Cosa sarebbe successo se Piton fosse riuscito ad orecchiare una frase in più della profezia annunciata da Sibilla Cooman ad Albus Silente? Dal testo:
'"Chi mai potrei designare come mio eguale?! Io, che domino incontrastato su tutti i Maghi per abilità e per ingegno?! Che cosa posso o dovrei invidiare?! Un potere, un potere... quale potere, se mi sono personalmente occupato di possederli tutti?! Cosa mi sono perso? Cosa?!"
[...]
"L'amore, mio Signore. Penso sia l'amore"
Voldemort sobbalzò[...].
Conosciuta la causa della sua inadeguatezza, tornò a concentrarsi su sé stesso e non badò più a Piton, in lacrime per lo sforzo appena compiuto.
"Amore?! Amore?! Un altro mago... con le mie stesse abilità... ma in grado di amare?!"
[...]
Voldemort si fece guardingo nella sua riflessione, quasi paralizzato.
Ci volle un tempo infinito, gli parve, perché riuscisse a giungere a un'adeguata conclusione.
L'unica cosa che gli mancava era l'amore: ergo, doveva amare l'amore, e siccome questo s'incarnava nel suo nemico, che altri non era che una forma migliorata di sé stesso, avrebbe potuto amare solo e solamente quel bambino che sarebbe nato, al termine del settimo mese.'
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Tom O. Riddle, Voldemort | Coppie: Harry/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'amore di Voldemort'
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L'amore di Voldemort











Era la mattina del 25 dicembre del 1932 e, come ogni anno, Londra si fermò: i marciapiedi e le strade, già resi impraticabili da giorni di ininterrotte nevicate, si svuotarono del tutto e parvero intimare a quei pochi che osavano circolare ancora di ritornare a casa a festeggiare con i propri cari il Natale.

In particolare, a subire con pesantezza questo monito erano tre distinte e anziane signore, una più impettita dell'altra, che si muovevano a passi brevissimi, quasi stessero partecipando a una gremita processione religiosa  —cosa a cui peraltro erano ben abituate.

Nonostante si fosse verificato quella mattina un consistente rialzo della temperatura, tutte e tre convenivano riguardo al fatto che il freddo era intollerabile e a ogni passo affondavano un po' di più la testa nelle loro pellicce.

Non si premuravano, tuttavia, di procedere più velocemente; anzi, a tratti pestavano un tacco e voltavano la schiena per rivedere rimpiccioliti in un angolo della lente degli occhiali i quartieri a cui appartenevano.

Percorse vie tortuose e stradine in competizione col gelo in fatto di procurare brividi, raggiunsero finalmente, al termine d'una lunga via, un alto edificio di recente costruzione, ma i cui mattoni mostravano già alcuni segni d'erosione.

Il frontone era scuro ed imponente, macchiato del bianco della neve sugli spioventi.  Al centro di questo c'erano le lettere, spennellate in vernice dorata in buona conservazione, che componevano l'insegna.

"Wool's Orphanage. È questo" chiarì la signora Kleeman, la più giovane delle tre, dopo un minuto d'attenta lettura e contemporaneo esame preliminario del luogo.

Sul cancello proliferava la ruggine, assieme a cristalli di gelo, che creavano piccoli ponti irregolari fra le sbarre. Un riquadretto dopo l'ultima a destra di queste, su una delle due murate di mattoni che incorniciavano l'inferriata, ospitava un pulsante bianco e rotondo. La signora Kleeman si guardò attorno un'ultima volta, assicurandosi che le altre due la seguissero, e poi lo schiacciò con l'indice.

Non aveva ancora ritirato la mano che la porta dell'orfanotrofio s'aprì e ne uscì di corsa la signora Cole, la giovane governante, tenendo le braccia incrociate sul petto per proteggersi dall'ondata di gelo.

"Buongiorno, signore! Benvenute! Mi spiace che siate venute oggi... è Natale, in più fa così freddo, ma sapete, io non potevo prevedere..." borbottò a capo chino, girando i battenti del cancello.

"Suvvia, Meg! Proprio perché è Natale non posso desiderare di meglio che rivedere le facce di quei poveri bambini!" s'oppose con forza la signora Kleeman, adagiando un guanto su un'anta per entrare.

"Venite" le esortò allora la signora Cole con un cenno, facendo un rapidissimo dietrofront e dirigendosi verso la porta a passo sostenuto: per l'ansia di ritardare a farle entrare non aveva indossato un cappotto e sentiva il freddo costringerle il corpo in morse sempre più strette.

Al contrario, le tre signore non rinunciarono a un ritmo contenuto e varcarono la soglia molto più tardi, obbligando implicitamente la signora Cole a tener loro la porta aperta tutto il tempo. Soltanto dopo che anche il recalcitrante tacchetto dell'ottuagenaria signora Gardner colpì il pavimento dell'edificio, poté finalmente sbattere il portone e serrarlo.

L'ingresso consisteva in una piccola stanza rettangolare dalle pareti bianche e spoglie, arredata con quattro poltrone con bracciali in legno disposte a cerchio e al centro un tavolino basso con su sopra una lampada accesa, che emanava un chiarore giallognolo sufficiente ad illuminare quasi tutta la stanza.  In estate, tuttavia, le due finestre che affiancavano la porta principale si rivelavano assai più utili. 
La camera era completamente sprovvista di tappezzeria, se non si considera il tappetino consunto e umido alla soglia, in cui le tre signore batterono più volte le scarpe per nettarle dei residui della neve; non c'era neppure ombra di un caminetto o del più rustico focolare, cosa che in quel momento Margaret Cole, essendo stata esposta al pungente freddo per diversi minuti, rimpianse particolarmente. Il pavimento era in mattonelle dure e di solito brulicava di giocattoli che rendevano costante il rischio d'inciampare, ma quella mattina delle pulizie tempestive lo avevano reso lucente ed immacolato.
Oltre alla porta principale dell'orfanotrofio, l'ingresso dava accesso ad tre altre stanze: la camera di servizio, tramite la porta a sinistra rispetto a chi entrava, vicino all'appendiabiti; la grande mensa, tramite la porta a destra, sempre rispetto a chi entrava, e alle ampie scale che conducevano alle stanze dei bambini tramite la porta in alto.

"Oooh! Ma è magnifico! Meg, qui si sono fatti dei progressi ENORMI!" esclamò la signora Kleeman, mentre la signora Cole le sfilava le pelliccia per appenderla "Quando avevi detto che ti saresti data da fare mesi fa non pensavo che saresti riuscita a fare COSÌ tanto per questo posto!"

"Ho fatto quella che ho potuto, signora Kleeman, ma non può finire qui..." commentò debolmente Margaret, seguendo la signora che si avviava verso le poltrone "Innanzitutto avremmo bisogno d'installare un caminetto-"

"Un caminetto, dici? Potresti aver ragione... ma ti dirò che questa stanza, proprio perché è così piccola, pare trattenere bene il calore. Io stessa senza pelliccia mi sento a mio agio, seppure abbia camminato per quasi un chilometro con questo tempo! Voi che ne dite, Bessie, Rosie?"

"Il caminetto non è necessario in questa stanza" rispose la signora Gardner, l'ottuagenaria, con un tono inflessibile nella sua voce rauca "È decisamente troppo piccola per ospitarne uno. Queste poltrone sono più che adeguate, e..."

"Capisco quello che dite, signore, ma vi assicuro che i bambini hanno freddo! Ogni tanto qualcuno si alza molto presto e si ferma qui ad aspettare la colazione e non passano cinque minuti che chiedono qualcosa per riscaldarsi..." spiegò la signora Cole, sollevando una ad una decine di copertine ammassate sulle poltrone.

"Be', onestamente non vedo il problema. Può dir loro di aspettare a letto e rimandarli nelle loro stanze" replicò ancora la signora Gardner, scrutando severamente Margaret con i suoi occhi acquosi.

"Effettivamente... questa potrebbe essere una soluzione" ammise sincera la governante, evitando con zelo gli occhi dell'anziana "Ammetto di non averci pensato. Tendo ad essere un po' troppo buona con i bambini..."

La signora Kleeman e la signora Gardner si scambiarono uno sguardo d'intesa, e la prima cinguettò:
"A me questo spazio piace molto. Prima c'erano solo due poltrone, ricordo, e difatti non era la stessa cosa. Per dire, non c'era neppure l'appendiabiti! Hai fatto ottimo uso dei fondi che avevo messo a tua disposizione, Meg"

"Non solo i suoi, signora Kleeman. In questi mesi lo Stato si è deciso a darci qualcosa cosicché potessimo andare avanti..."

"Lo Stato!" tuonò Kelly Kleeman, con un movimento grandioso delle braccia "Non ne posso più, Meg. Se cominciassi a citare tutti i loschi affari in cui ho sentito si sono immischiati certi politici(incluse persone di mia conoscenza), finirei il Natale prossimo! È scandaloso, ti dico: scandaloso. Invece di finanziare le nostre scuole, i nostri ospedali, i nostri orfanotrofi, si occupano di armi, di guerra e colonialismo! Si pensava che dopo i danni della Grande Guerra queste seti di potere si sarebbe placate una volta per tutte, e invece l'uomo ricade sempre nelle stesse trappole! Provo un'indescrivibile repulsione. Guarda, Meg, è davvero meglio che mi fermi qui... io, poi, ritenendomi coinvolta avendo certi parenti... ma basta, lasciamo stare!"

Margaret annuì col capo, risentita per le ingiustizie declamate dalla signora, e cercando di attirare nuovamente gli sguardi delle altre due disse:
"Era anche un mio progetto sostituire queste mattonelle con la moquette... i bambini, come sapete, corrono spesso e cadono ancora di più e quindi, mi pareva una buona idea-"

"Moquette, dici? Mmh... non hai torto però, pensavo, non sarebbe difficile da pulire? Vista la vicinanza con la mensa e l'abitudine dei bambini di versare il cibo, temo che sareste costrette a faticare a vuoto tutti i giorni, sfregando macchie con la spazzola, per poi dover ripulire tutto daccapo il giorno seguente! Demoralizzante a dir poco... no no, ci vorrebbe qualcosa di diverso... oh oh, ho trovato! Non si potrebbero utilizzare invece  dei cuscini? Metterli tutti per terra, l'uno vicino all'altro? Non si otterrebbe lo stesso risultato? Perlopiù si divertirebbero anche a camminarci sopra, scalzi!" ribatté la signora Kleeman, con un grande sorriso.

"Be', questo è ottimo! È davvero ottimo! Non c'avevo pensato..." si complimentò la signora Cole, anche se con palpabile amarezza.

"Visto? Questi confronti sono sempre così fruttuosi! È proprio vero che essere d'aiuto è gratificante come poche altre cose... inavvertitamente, peraltro! Ti giuro che l'idea mi è venuta così, su due piedi! Comunque, passando oltre... ci  fai vedere la mensa?"

"Sì, certo! Entrate, signore, entrate." 

La signora Cole aprì loro la porta a destra e di nuovo attese con pazienza che tutte fossero entrate per richiuderla.

La mensa era più o meno grande il doppio dell'ingresso. Al centro campeggiavano due tavoli, posizionati in modo che il lato lungo corrispondesse al lato lungo della stanza e viceversa. Accostate, in perfetto ordine e l'una equidistante dall'altra, c'erano una trentina di sedie per tavolo. Rasenti il centro dei lati più corti della stanza c'era una fila di termosifoni, mentre la luce era offerta da un lampadario a tre bracci che pendeva al centro del soffitto, del tutto insufficiente ad illuminare il vano per intero. Inoltre qui, diversamente dall'ingresso, che, si ricorda, corrispondeva all'incirca alla metà della mensa, non c'era l'ombra di finestre e pertanto, in estate come in inverno, il refettorio si trovava in uno stato di perenne semioscurità.
Sulla parete più lontana rispetto alle donne, in alto, v'erano due porte: quella a sinistra conduceva alla cortile esterno, quella a destra alla cucina.

"Che ordine! E che pulizia!" commentò Kelly Kleeman, apparendo quasi più entusiasta di prima "Mi piacciono queste superfici. Molto meglio dei tavoli di prima, Meg, molto meglio. E le sedie? Guarda i cuscini! Beate quelle piccole pesti. Chissà voi invece quanto vi scoccerete a doverli lavare in continuazione! Hai proprio-"

"AAAGH!"

L'apologia dell'orfanotrofio della signora Kleeman fu interrotta sul più bello dall'urlo della signora Truman, che era disgraziatamente inciampata su una scarpa della signora Gardner, capitolando rovinosamente a terra. L'incidente era avvenuto in un cupo angolo della stanza, talmente buio che nemmeno una persona con cinque decimi in più della signora Truman sarebbe riuscita a discernere qualcosa.

La signora Cole commentò subito l'accaduto, con opportunismo solo parzialmente consapevole:
"Oh! Signora Truman, mi dispiace tantissimo! Non s'è fatta male, vero?"

"No... c-credo di no" borbottò l'anziana, che non riuscì a non mostrarsi indispettita, mentre veniva aiutata dagli sforzi congiunti della stessa Margaret e della signora Kleeman.

Improvvisamente, la porta che conduceva al cortile cigolò e trafelata una ragazza si precipitò ad aiutare la benefattrice. 

"Che è successo? Oh, signora Truman! Tutto bene? Signora Truman?! " s'assicurò, col terrore negli occhi. 

"Sta' tranquilla, Martha" la redarguì la signora Cole, facendole segno di tornare dai bambini. 

Con le gote rosse d'imbarazzo, la giovane si congedò velocemente e se n'andò con la stessa rapidità con cui era arrivata.

"Che cara ragazza!" non si trattenne dall'osservare la signora Kleeman "Sei fortunata ad averla, Meg!"

"Sono desolata, davvero. È che c'è davvero pochissima luce qui e capita spesso di cadere... anche tra i bambini ci sono stati numerosi incidenti. Ultimamente sto risparmiando soldi così da averne per bucare il muro e far costruire almeno una finestra-"

"Una finestra per avere maggiore luce? Ma non le sarà d'alcuna utilità d'inverno" obiettò la signora Gardner "Inoltre, la stanza si raffredderebbe e aumenterebbero i rischi di una cattiva digestione da parte dei fanciulli."

"Mi trovo costretta a concordare con la signora Gardner, Meg. Non potresti provare a sistemare delle lampade sui tavoli?"

"CI HO PROVATO, signore, ma il risultato è stato quello di vederle frantumate per terra lo stesso giorno in cui ho provato a metterle" rispose la signora Cole, che stava perdendo la speranza "Per avere una luce più diffusa qui servirebbe rivedere l'intero sistema elettrico-"

"Meg, capisco la tua frustrazione, ma ritengo che sarebbe sconveniente dover far pernottare i bambini in un'altra struttura, anche solo temporaneamente. Non solo non si sentirebbero a loro agio, ma probabilmente vivrebbero in condizioni ancora peggiori-"

"HA RAGIONE, signora Kleeman, ma io confidavo nel fatto che voi, avendo buone conoscenze, avreste potuto aiutarli, nel breve periodo dei lavori..."

"Con piacere, cara, ma sessanta bambini sono un po' troppi. Le poche persone che conosco disposte a fare un sacrificio del genere esigerebbero delle spese, onestamente, un po' troppo rischiose e che non saremmo in grado di accollarci a cuor leggero."

Sentito l'ennesimo rifiuto, la signora Cole si ammutolì. D'un tratto tutti i suoi progetti persero consistenza ed ogni sua richiesta le apparve insulsa: credette davvero di star chiedendo troppo ed essersi inimicata le poche benefattrici disposte a tenerla in considerazione. 

Non aveva più nulla da dire e lasciò che il collo si piegasse abbastanza da far sì che il suo sguardo non incrociasse più il loro, neppure per errore.

"Meg, non ti sarai forse offesa? Spero che tu abbia capito le mie ragioni. Io, noi tutte abbiamo molte responsabilità e purtroppo non possiamo fare miracoli. Piuttosto, non ho ancora avuto il piacere di vedere l'albero di Natale! Ne avete uno, vero?"

"Sì, è qui fuori" si risvegliò di colpo Margaret, ricordandosi dell'unica cosa cui davvero non poteva rinunciare "Vado a prendere le vostre pellicce"

In un lampo, la governante fu di ritorno con le pesantissime pellicce sugli avambracci. Una per volta, le signore le presero e le indossarono. 

"Venite, i bambini vi stanno aspettando"

Con l'usuale lentezza, le tre senili donne attraversarono la mensa, mentre Margaret corse subito davanti alla porta che conduceva al cortile e, aprendola abbastanza perché le si vedesse il viso, annunciò a Martha e ai bambini:

"Le signore stanno arrivando! Mi raccomando: comportatevi bene, TUTTI!"

Nel lasso di tempo che le signore impiegarono a finire di percorrere la stanza, Martha sopperì alla bell'e meglio a tutti i piccoli problemi di condotta e nasi gocciolanti insorti negli ultimi minuti e rimise in fila come si deve i bambini che intendevano fare delle domande alle donne.

Quando queste finalmente raggiunsero lo spiazzo all'aperto, furono sorprese da un vero abete, piantato in un vaso, decorato con innumerevoli palline decorate dai bambini con pennarelli e matite colorate e festoni di cartapesta, ma tanto curati e sgargianti da impressionare l'occhio più critico. Sulla cima svettava una stella di metallo dorato, che pareva assorbire tutta la fioca luce di quella mattina d'inverno.

Ma l'aspetto dell'albero diventava molto meno attraente quando si notava che sotto non c'erano regali: questo secondo il principio per cui, non riuscendo a realizzare i desideri di tutti e onde evitare bisticci,  a malincuore non si accontentava nessuno.

Anche per questo, i bambini nelle due file fremevano di gioia all'idea di poter chiedere qualcosa alle tre gentili benefattrici: uno di loro, per l'emozione, s'era addirittura fatto la pipì addosso, con la spiacevole conseguenza di venir deriso da tutti e dover andare a cambiarsi i pantaloni, diventando così l'ultimo della fila. 

Non tutti i bambini però volevano chiedere un regalo: dietro le due file e separati da esse c'erano infatti quelli che avevano rinunciato a ricevere qualcosa. Appartenevano a quest'ultimo gruppo quasi tutti i più grandicelli, ma non mancava anche qualche bambino piccolo, che aveva lasciato la fila all'ultimo minuto, scoraggiato dal freddo o dal pensiero di tutti i regali che avrebbe potuto avere se solo avesse avuto una mamma e un papà. Avrebbero voluto volentieri starsene nelle loro stanze, al calduccio, ma erano stati costretti dalla signora Cole a indossare i cappottini e 'farsi comunque vedere dalle tre brave signore'.

Al di là dei sessanta bambini, di Martha, della signora Cole, di Nancy, che era stata governante prima di essere sostituita da Margaret a causa della veneranda età ma che s'era rifiutata con forza d'abbandonare l'orfanotrofio quando le era stato chiesto, e dell'abete, il cortile era vuoto. Era un semplicissimo spazio aperto pavimentato, più o meno delle dimensioni della mensa, senza portici o simili architetture.

"Ma è spettacolare!" trillò la signora Kleeman, spostando in continuazione lo sguardo dai bambini all'albero "Lo avete fatto voi, questo?"

Subito si levò un vocio di 'sì' entusiasti, uniti a qualche isolata protesta da parte dei ragazzini e le ragazzine più grandi. Martha provvedette a sedarlo subito, mentre Nancy, che non aveva sentito la domanda, si limitò a guardare perplessa la signora.

"L'ho fatto impiantare in un vaso da fuori Londra tramite mio zio ed i bambini hanno partecipato con entusiasmo ad addobbarlo per le feste" spiegò per loro la signora Cole, sollevando un po' la punta del naso.

"È spettacolare, davvero! È spettacolare vedere come ti prodighi per tutti questi meravigliosi bambini! Sì, perché siete tutti bellissimi! E vestiti anche molto bene, complimenti!"

"Mia sorella è una sarta. Se n'è occupata lei, insieme a mia madre" chiarì con voce tremante Martha, le mani incrociate sull'addome.

"Davvero due sole donne hanno cucito tutti questi bei vestitini?!" la signora Kleeman pareva esterrefatta.

"N-non solo loro. A-altre sarte si sono unite a loro, conoscendole e sapendo che lavoro f-faccio..." biascicò Martha, il cui faccia rotonda era diventata rovente dall'imbarazzo.

La signora Kleeman scosse la testa, incredula, senza mai smettere di indossare lo stesso sorriso che portava sin da quando aveva oltrepassato il cancello.

"Cotanta buona volontà è spiazzante, davvero. Mi solleva sapere che esistono persone laboriose, umili e appassionate come voi in una società come quella odierna. Mancano proprio... le parole. Ma! Parliamo dunque dei vostri adorati, l'oggetto di tutti i vostri sofferti sacrifici. Mi sembra che abbiate qualcosa da dirmi, non è vero? Vedo dei fogliettini e tanti bei rincuoranti sorrisi. Allora, chi è il primo?"

La prima della fila a sinistra fece un passo avanti. Era una bambina alta e secca, che dimostrava più o meno otto anni; aveva due codini bassi di capelli biondi che le solleticavano il collo, grandi e seri occhi grigi, un nasetto vivace pieno di lentiggini e labbra sottili che celavano un incisivo mancante. Portava un vestito beige dalle maniche lunghe ricamato con motivi di filo rosso, un paio di calze bianche che accentuavano la magrezza delle sue gambe e lucidi sandali neri, che forse erano un po' troppo stretti. Pareva molto spigliata e non dava alcun segno d'incertezza davanti alle sconosciute. Iniziò con una voce molto nasale ma decisa:

"Buongiorno, signore. Mi chiamo Holly White. Volevo dirvi di una cosa che voglio da tanto, tanto tempo e che la signora Cole mi aveva promesso che avrebbe preso per me, ma che non ha mai preso.  È più di un anno che la chiedo, perché continuo a vederla nelle riviste, a sentirla alla radio e so che tutte le bambine ce l'hanno. È una bambola che fa a Londra in un negozio un giocattolaio e che mi piace tanto tanto. Ha i boccoli biondi e un vestitino azzurro. In realtà non so come si chiama, perché alla radio non dicono il nome e sulle riviste non c'è, però io la vorrei, con tutto il cuore la vorrei e la signora Cole lo sa. Per favore"

La signora Gardner guardò subito in tralice la signora Kleeman. Quest'ultima infatti aveva ben presente di che bambola si trattasse, in quanto l'aveva regalata a tutte le sue nipotine. Era una bella bambola di porcellana, con riccioli d'oro e un vestitino di vero raso. Il giocattolaio, proprietario del più prestigioso negozio di giochi a Londra, ne aveva fabbricato un numero limitato, e Kelly Kleeman non aveva sinceramente idea riguardo al fatto se potesse essere o no ancora disponibile. La signora Gardner, tuttavia, fu inflessibile, e così la signora Kleeman rispose:

"Carissima Holly, conosco benissimo il giocattolaio di cui parli. Purtroppo non ce ne sono più e il giocattolaio non ne fabbricherà di nuove. Però, se vuoi, posso sceglierne una simile e portartela! Che ne dici?"

"NO! IO VOGLIO QUELLA! QUELLA! QUELLAAAA!" 

"Holly!" Martha accorse a calmare la bambina, che aveva cominciato a riversare fiotti di lacrime e a sporcare con esplosioni di muco il bel vestitino.
Dopo un po' di scene e di esclamazioni accorate della signora Kleeman, la bambina abbandonò la fila per lasciare spazio a chi era dopo di lei.

Si trattava di un bambino più piccolo di Holly, con una testa di capelli scuri e mossi molto ordinati, fin troppo ordinati per un bambino della sua età, due enormi e penetranti occhi scuri, il naso lievemente all'insù e una boccuccia che pareva disegnata, ma perennemente costretta all'immobilità da un cipiglio severo, che faceva trapelare una prematura arroganza.
Era quasi vestito meglio di Holly, con un cappottino di feltro marrone scuro fatto su misura, pantaloni neri di tessuto e scarpine di cuoio degne di un Lord. 

"Buongiorno, signore. Mi chiamo Tom Riddle e voglio esprimere un desiderio per Natale-"

"Tom Riddle! Io ti ho già incontrato l'altra volta, vero? Ma sei ancora più bello dell'ultima volta che ti ho visto! Davvero, Meg, la compostezza e il faccino di questo bimbo sono qualcosa di impressionante! Dimmi, Tom, ti ascolto."

"Voglio esprimere un desiderio per Natale" proseguì Tom, come se non l'avesse sentita "Volevo chiedere, per favore, se una di voi potesse adottarmi"

Alla signora Kleeman andò la saliva di traverso, mentre la signora Gardner e la signora Truman s'impettirono ancora di più del solito.

"Ma... lo chiedi proprio a noi?" 

"Sì. Non c'è migliore cosa che potrei desiderare perché io odio questo posto. Mi adottereste, per favore? Prometto che sarò buono" ripeté Tom con voce candida.

"Tom..." la signora Kleeman cominciò, sorridendo "Mi piacerebbe tanto sai, ma io, Bessie e Rose siamo troppo vecchie per-"

"Anch'io vorrei essere adottato!" esclamò il bambino dietro Tom, alto circa il doppio di lui. 

"Anch'io!" s'aggiunse Holly, 

"Anch'io!"

"IO, IO!"

Così si scatenò la baraonda: i bambini uscirono dalle file e cominciarono correndo a spingersi davanti alle tre donne e cercare di sovrastare gli altri con la voce. Il bambino che s'era fatto la pipì addosso, che si chiamava Dennis Bishop, rimase travolto da tutti gli altri e per poco non si ruppe un braccio, mentre Tom iniziò ad urlare irato a tutti quelli che tentavano di sorpassarlo:

"Non mi copiate! L'ho detto prima io! Aspettate il vostro turno! L'ho chiesto IO! IO!"

"Calmati, Tom! Voi, bambini, rimettetevi a posto per favore!" li supplicò Martha, che balzava da un lato all'altro del cortile senza riuscire a concludere nulla. 

Dal canto suo, anche la vecchia Nancy cercò di riportare l'ordine, toccando i bambini uno ad uno e convincendoli a stare zitti ed aspettare, finché però l'emozione non ebbe la meglio su di lei e rivolse la parola direttamente alle benefattrici:
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    
"AMMETTETE CHE A VOI NON IMPORTA NULLA DI QUESTI BAMBINI! PRENDETE LA PORTA E ANDATEVENE! SUBITO!"

La signora Gardner e la signora Truman ebbero un fremito di rabbia a quelle parole e furono sul punto di prenderla a parole, mentre la signora Kleeman, dopo qualche attimo di estraniazione dalla pessima situazione, chiese con calma:

"C'è qualcun altro qui che vuole esprimere un desiderio?"

 Così, tra i bambini che urlavano ancora supplicando se potessero essere adottati ne spuntò uno dal fondo delle due file, basso e mingherlino, ma che doveva avere all'incirca la stessa età di Tom, dagli scompigliati capelli corvini e dai luminosi occhi verdi. Teneva il capo chino, le mani dietro la schiena e un piede davanti all'altro, tanto che pareva che avesse acquisito il coraggio di parlare solo perché gli altri erano distratti. 
Immediatamente la vecchia Nancy gli si fece vicino per ascoltare.

"I-io... m-mi chiamo Harry H-Harper... vorrei... volevo chiedere... se poteste... i-io l'anno prossimo vado a scuola... vorrei a-avere tutti i libri e l'inchiostro e la carta e le p-penne per la scuola... come gli altri bambini"

"ADESSO ABBIATE IL CORAGGIO DI DIRGLI DI NO!" gridò con voce rauca alle tre benefattrici, esortando con mano gentile il piccolo Harry ad alzare la testa.

La signora Kleeman ci pensò per un po', le mani incrociate sull'addome in uno sfoggio di imperturbabilità; poi gli rispose con voce soave:

"Sì, Harry. Avrai i tuoi libri"

Nancy interpretò queste parole come una resa e sfidò Kelly Kleeman con lo sguardo a mantenere la promessa, mentre il bambino ebbe finalmente il coraggio di alzare il piccolo mento come mai in vita sua e sorridere tanto sino a sprizzare gioia. Mai e poi mai avrebbe sperato di riuscire a far avverare il suo più grande desiderio! Avrebbe avuto un suo calamaio, una penna d'oca, della bella carta, un abbecedario e tanti libri pieni di illustrazioni colorate... avrebbe imparato a leggere e a contare...  avrebbe visto e toccato col dito il mondo nelle cartine degli atlanti... iniziarono a scendere le lacrime, senza che lui potesse fermarle e disse: "G-grazie" alle tre signore.

Tuttavia, gli altri bambini, che, risvegliatisi dai loro schiamazzi, avevano assistito alla scena, cominciarono a protestare con vigore, gelosi. Primo fra tutti Tom, che si parò proprio davanti a Harry e lo accusò:

"Non vale! Non è giusto! Non puoi avere solo tu il regalo! Se lo ricevi tu allora lo devono ricevere tutti! E poi tu eri anche dopo tutti gli altri! Stai barando! STAI BARANDO! Non dategli i libri! NON DATEGLI I LIBRI!"

"Tom!" lo redarguì la signora Kleeman, ansiosa di ridarsi un contegno. Nel frattempo, un bambino più grande spinse Harry per terra e gli sferrò un calcio nello stomaco. "Mi dispiace tanto, caro. Se vuoi, anche tu puoi avere i libri per la scuola"

"NO! IO. VOGLIO. ESSERE. ADOTTATO!" rincarò Tom, con una tale convinzione e una voce così tonante che rimbombò per tutto il cortile.

"Temo che questo non possa accadere, Tom" ammise desolata la signora Kleeman, che iniziava ad essere seriamente scocciata da quel piccolo prepotente.

Inaspettatamente, questo non le rispose gridando più forte, bensì distese il viso, sgranò gli occhi e mise le braccia conserte. La signora Cole, che da tempo aveva perso del tutto il controllo della situazione e non sapeva da che parte girarsi, si precipitò ad afferrare il bambino per le spalle per farlo indietreggiare e riportare l'armonia fra Harry e quello che la stava picchiando.
Dopodiché, si voltò giusto per assistere alle tre signore andarsene alla chetichella.

"Signore! Aspettate! Non andate via così presto!" le supplicò, raggiungendole di corsa.

"Non siamo gradite qui, a quanto pare" asserì la signora Gardner, barcollando sui suoi passi per la fretta e lanciando un ultimo sguardo velenoso alla vecchia Nancy.

"Ritorneremo, Meg, non ti preoccupare. Faremo pervenire i libri al piccolo Harry Harper. Buon Natale a te, a Martha e a tutti i tuoi bambini!"

Kelly Kleeman aveva appena raggiunto la porta, quando questa, come trascinata da una bufera, sbatté con inverosimile forza contro il suo viso, facendola volare a ritroso per un bel tratto e cadere a terra battendo la testa.

La signora Cole urlò come mai avrebbe pensato d'essere capace d'urlare, gettandosi su di lei e cercando di rianimarla, mentre la signora Gardner tirò fuori dei sali dalla tasca della pelliccia e li fece oscillare sotto il suo naso e la signora Truman fece del suo meglio per inginocchiarsi ed esaminare l'enorme livido che copriva la faccia dell'amica. Nancy, che era una gran brava donna, si sentì terribilmente responsabile e propose di farla pernottare nel suo appartamento nell'orfanotrofio tutti i giorni necessari a farla rimettere in sesto.  Martha, che era altrettanto brava, non poté però esimersi per un attimo da pensare a un'opera del Karma e fu l'ultima a soccorrerla.

Dovettero pensarci anche i bambini, insieme ai ragazzini che non s'erano inseriti nelle file, perché scoppiarono in una grandissima risata. Alcuni addirittura si scompisciavano e caddero a terra da quanto faceva loro male la pancia, adombrati dal maestoso albero di Natale. Dopo un po' d'esitazione, anche Holly White si mise a ridere di gusto, le guance ancora rigate delle lacrime di prima. Rise persino il piccolo Dennis Bishop, che non appena aveva saputo della possibilità di far esaudire un desiderio quella mattina s'era fatto la pipì addosso.

Harry Harper, però, non rise. Infatti, nonostante fosse stato a terra e con la polvere negli occhi, aveva visto Tom Riddle fare un veloce gesto della mano un attimo prima che la porta sbattesse contro la faccia della signora Kleeman. Sapeva che era stato lui, e non il Karma, perché ogni volta che parlava o si muoveva gli pareva di sentire uno scintillio strano, come lo sbatacchiarsi insieme di campanelline di Natale, che però emettevano un suono molto stridulo, metallico; quando gli veniva vicino poi sentiva un ronzio persistente, come se gli fosse entrata un'ape in ciascun orecchio, unito a un'insolita sensazione di bruciore latente sul viso. Harry sapeva che Tom era uno di quei bambini da cui era meglio stare sempre alla larga  —aveva sempre più giochi di tutti gli altri e persino Billy Stubbs, il bambino che gli aveva dato dei calci nello stomaco, non gli dava quasi mai fastidio — ma che allo stesso tempo aveva qualcosa in più rispetto a questi bambini, e non si capacitava di come mai gli altri non se ne accorgessero. Aveva provato a parlarne con Nancy, con la signora Cole, con Martha, ma tutte avevano parlato di sue "fantasie" e gli avevano detto di "stare tranquillo".

Harry ci provò anche in quella circostanza, finché non vide Tom guardarlo allo stesso modo in cui aveva guardato prima la signora Kleeman, sgranando gli occhi e mettendo le braccia conserte. Rimase un attimo fermo a fissarlo, poi voltò la schiena. Così, in quel momento, Harry capì che quella sera sarebbe dovuto andare a letto prima del solito.

   
 
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