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Autore: _apefrizzola_    12/11/2015    5 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Capitolo 1


 

L'IMPROBABILE CAPOSCUOLA



 



Liv trascinò con poca accortezza il baule sulla moquette crema dei gradini e l’espressione contrariata sul volto segnato da qualche ruga di suo padre, fermo alla base della scala, la fece rallentare fino a posare con delicatezza il pesante bagaglio sul tappeto sotto le scarpe dell’uomo.
«Pronta» esordì afferrando al volo la giacca in pelle dall’appendiabiti prima di acciuffare con dita frettolose la tonda maniglia in ottone della porta d’ingresso. Suo padre però la bloccò immediatamente, stringendole un braccio ed indicandole con un cenno della testa la cucina accanto. Liv sollevò lo sguardo al soffitto; non sarebbe servito a niente, lo sapeva. Lo sapeva ma lo fece lo stesso.
«Ciao... mamma!» sbottò, soltanto per accontentare l’uomo che con i limpidi occhi azzurri scrutava il fondo del corridoio come se stesse pregando di fronte ad un altare di una chiesa.
Liv aveva smesso di usare quello sguardo speranzoso da parecchio tempo, ormai, e senza sorprendersi dalla cucina non arrivò nessuna risposta ma soltanto lo sbatacchiare di forchette e padelle.
Aveva provato più volte, ogni anno, a mettersi nei panni di sua madre. Lo fece anche in quel momento, mettersi nei panni di una donna che aveva scoperto di essere sposata ed aver generato una figlia con un essere innaturale ed immondo dopo il matrimonio e dopo la sua nascita. Ma ancora una volta non riusciva a provare empatia per la distanza e l'odio che le aveva gettato addosso da quando aveva capito che anche lei era un essere immondo. Esistevano tantissime persone con una madre babbana che non rinnegava la propria figlia o figlio, quella di Remus ne era un esempio tra centinaia a scuola.
Ancor meno capiva suo padre e il suo aver abbandonato la magia per quella donna che l'aveva accettato soltanto in quel modo. Suo padre l'amava davvero senza amare se stesso, lei non amava ciò che lui era davvero e per Liv era sempre stato tutto così sbagliato e triste da provare rabbia nei confronti di entrambi.
Suo padre voleva farle fare la stessa cosa, ma lei non l'avrebbe fatto mai; preferiva accettare di non essere più una figlia piuttosto che abbandonare il suo essere strega, ciò che era.
Portò lo sguardo su suo padre visibilmente frustrato e non aprì bocca, continuando a trascinare il baule. S’infilò il giubbotto in pelle ed aprì di scatto la porta inondando il piccolo atrio d'accecante luce mattutina.
«Torno presto, Margaret!» salutò Edgar portando una mano sotto alla giacca per accertarsi di avere la bacchetta, prima di affrettarsi a seguire la figlia.
Lanciando sguardi attenti ad ogni angolo della tranquilla strada residenziale alberata, Edgar scese i gradini di fretta per raggiungere il cigolante cancelletto nero che richiuse con accortezza ed un gesto furtivo della bacchetta, infilandola subito sotto la manica di tweed.
Aiutò Liv a caricare il baule nella Morris Minor parcheggiata davanti, prima di salire al posto di guida accendendo il motore senza distogliere lo sguardo attento dalle ordinate e strette villette a schiera tutte uguali.
Liv, affianco a lui, diede un'ultima occhiata alla finestra a bovindo del soggiorno di casa sua e sprofondò sul sedile senza fiatare.
La stazione di King's Cross era distante da Clifton Hill, c'era l'immenso Regent's Park da raggirare e suo padre conosceva bene il frenetico traffico di Londra.
Al primo stop, infatti, le auto e gli autobus a due piani cominciarono a scorrere dietro il vetro del finestrino bianco di sole che Liv aprì, socchiudendo gli occhi per la brezza data dalla velocità. 
Non vedeva l’ora che quell’asfalto e quei lampioni si trasformassero in distese di verde e alberi fitti; che il ritmico sferragliare del treno soffocasse quello fastidioso e vuoto delle padelle della cucina.
«Cerca di prendere meno punizioni possibili, quest’anno» esordì Edgar, incapace di trattenersi. Nella sua voce, Liv percepì la nota di rabbia mista a preoccupazione che la sera in cui aveva visto Black l'aveva fatta tuonare all'ingresso di casa ricordandole che non si poteva gironzolare per il quartiere come se niente fosse, di quei tempi.
«É l’ultimo anno. Per quanto mi stia simpatica Minerva McGrantitt, non voglio ricevere nemmeno una lettera da lei, intesi?» riprese suo padre svoltando alla destra di un incrocio particolarmente intasato.
Liv si mordicchiò le labbra pensando alla fitta corrispondeza postale che suo padre e la professoressa McGranitt avevano avuto negli anni a partire dal formale: "Sua figlia, per essere una ragazzina undicenne, ha un incredibile e nobile senso della giustizia che apprezzo. Preferirei, però, non vederla attaccare in modo sconsiderato studenti anche molto più grandi di lei senza pensare alle conseguenze che di questi tempi risultano alquanto pericolose. Credo abbia capito a cosa mi riferisco, signor McAdams. Sono consapevole che la signorina agisce per una buona causa, ma deve capire la gravità della situazione"; fino al più confidenziale: "Le tolgo punti, la metto in punizione, la minaccio con l'espulsione a due mesi dai G.U.F.O. eppure continua ad usare la bacchetta per difendere chiunque, combattendo le ingiustizie e la violenza con altra violenza. Le dia un minimo di buonsenso da ex studente Corvonero!".
«Ti sto mandando soltanto perchè è importante che tu apprenda tutto ciò che Hogwarts ha da insegnare, anche se la cosa più saggia sarebbe scappare e lo sai benissimo dato che non faccio altro che ripetertelo ogni estate e Natale, da anni».
Liv sospirò pensando che lo sapeva benissimo, sì, ma non riusciva proprio a mettere in pratica quella saggezza; non se essere saggi significava lasciare il suo mondo nel caos e le sue due amiche in mezzo ad una guerra.
Ogni volta che ci pensava, la saggezza andava a farsi benedire accecata dalla stessa rabbia che la spingeva ad usare la bacchetta davanti a persone come Avery, Mulciber, Piton.
«Nessuno di noi tre è al sicuro, qui, nemmeno tu» continuò Edgar, deciso. «Sei una Mezzosangue, Liv, ma di madre babbana e padre Sanguesporco».
«Non usare quella parola» sbottò lei scaldandosi come ogni volta che sentiva quella schifosa parola uscire dalle labbra di qualcuno.
«Ci chiamano così e voglio che tu capisca fino in fondo la gravità della situazione».
Liv sospirò pesantemente, sprofondando sul sedile. Proprio per quei motivi lei voleva combattere, ma suo padre non capiva la differenza tra scappare per salvarsi e restare rischiando di morire per difendere i diritti dei maghi e delle streghe come lui, come loro.
«Stiamo rischiando, sappilo» le mormorò suo padre schiettamente con durezza e occhi carichi di paura e tensione che dalla strada si spostarono su di lei per un breve attimo. Accostò l'auto, proprio per poter inchiodare lo sguardo su quello di Liv.
«Stiamo rischiando grosso a stare un altro anno qui. Lo faccio solo per te»
«Ho capito, papà» esalò lei con voce non del tutto rabbiosa nonostante fosse furiosa, perchè la gola le si stava stringendo in un magone. Non voleva lasciare la Gran Bretagna, non voleva lasciare le sue amiche, non voleva vedere una guerra da lontano mentre le persone morivano.
«Sono già le undici meno un quarto» gli fece sapere, infastidita più per la strana e spiacevole sensazione data dall’occhiata terrorizzata del padre che per la ramanzina del primo settembre.
C’era qualcosa in lui che negli ultimi due mesi di vacanza Liv non aveva visto. Il senso d'oppressione e pericolo imminente nei familiari occhi azzurri davanti a lei poteva quasi sentirlo avvinghiarsi ai polmoni. Aveva passato l'estate a litigare con lui per la questione ''guerra" e per le loro idee opposte a riguardo: Liv voleva restare a combattere dopo i suoi esami, lui preferiva scappare portandosi dietro l'intera famiglia contro la sua volontà.
Liv spostò lo sguardo cupo da suo padre al finestrino, scrutando attentamente la strada come se da un momento all’altro la signora anziana con le buste della spesa sul braccio potesse trasformarsi in un uomo incappucciato.
Edgar le lanciò un’ultima occhiata guardinga e ripartì.
Il silenzio invase il piccolo abitacolo dell’auto almeno fino a quando l’uomo non dovette frenare di nuovo davanti alle famose strisce pedonali che un alto ragazzo slanciato con un giubbino in pelle nera e degli stretti anfibi da motociclista ai piedi stava attraversando in tutta calma trascinando senza difficoltà un grosso baule molto simile a quello che avevano dietro, nel cofano.
Sirius Black sorrise sardonico al centro della strada sollevando pigramente una mano con sigaretta annessa, in segno di saluto. 
Liv gli rispose semplicemente alzando il dito medio fuori dal finestrino, sotto l’occhio sconcertato del padre.
«Liv!»
«Se lo merita»
«Lo conosci?»
«Sì»
«É Grifondoro?».
Edgar fece per afferrare la manovella ed abbassare il vetro quando Liv si protese verso di lui, fermandolo con entrambe le braccia.
«É il barbone sotto casa, non lo vedi? Cosa gli vuoi dire? Lascialo in pace, poveretto» gli disse sbrigativamente ma l’espressione per nulla convinta del padre la colse di sorpresa.
Edgar girò velocemente la manovella affacciandosi con tutta la testa e un braccio, richiamando con veemenza Sirius.
«No, papà!»
«RAGAZZO!»
«Se fai salire lui scendo io».
La minaccia non servì a niente. Così come non servì ignorare il largo e sghembo sorriso di Sirius nello specchietto retrovisore quando la macchina ripartì come se niente fosse.
«Abbiamo riconosciuto il baule» esordì in un sorriso Edgar continuando a guidare tranquillamente.
«É stato molto gentile, signore» rispose Sirius in un tono educato che Liv- aggrottando la fronte in un cipiglio sospettoso- giurò di non aver mai sentito uscire da quelle labbra insolenti nemmeno con il preside davanti.
Lo scrutò dallo specchietto arcuando un sopracciglio e lui, comodamente seduto al centro dei sedili posteriori, ricambiò l’attenzione con un’ammiccante occhiata divertita illuminata dal sole.
«E bella automobile, complimenti» continuò, rilassato.
«Grazie, ragazzo! La mia prima vera auto, anno 1956» fece Edgar, compiaciuto e gioviale.
«Wow!» commentò sinceramente colpito Sirius guardando con rinnovata meraviglia gli interni.
«Finalmente qualcuno che apprezza le auto d'epoca!» esclamò l'uomo alla guida «Liv mi ossessiona con quella mini di quel tizio dei Beatles, quel McCartney...»
Sirius rise capendo il riferimento a Paul McCartney. «Non male anche quella, certamente più moderna» disse posando lo sguardo piacevolmente sorpreso ed interessato su Liv, sempre più irrigidita e scioccata dalla situazione. 
«Liv dice di conoscerti» continuò in tono furbo Edgar controllando a destra e sinistra ad uno stop.
«Siamo compagni di Casa dello stesso anno» si affrettò a precisare acidamente lei, spiazzata da quell'assurdo breve dialogo tra suo padre e Sirus Black. «Lo conosco per forza»
«Non gli hai mai parlato di me, Olivia?» chiese fintamente ferito Sirius arpionando entrambe le lunghe e magre mani ai due sedili davanti per avvicinarsi a loro.
«Oh!» esclamò Edgar sinceramente sorpreso sentendo il nome intero della figlia vibrare nell’aria con così tanta naturalezza come nemmeno lui sapeva fare. «Sei davvero un Grifondoro, ragazzo»
«Sirius, signore» fece lui porgendogli sfacciatamente la mano destra che l’uomo strinse, mollando per qualche secondo il volante.
«Sirius, come la stella. Va bene. Chiamami Edgar, Sirius» rispose divertito sotto gli occhi sconcertati di Liv che, al suo fianco, lo fissò spalancandoli sempre di più.
Lui le sorrise in risposta, facendo spallucce come se non avesse appena fatto amicizia con ‘Il nemico’.
Entrando di fretta in stazione, tra schiamazzi e annunci dei treni, i tre raggiunsero la barriera tra i binari nove e dieci.
Rimasero in attesa lì davanti, cercando di camuffare come potevano il grande baule, e quando nessun babbano sembrava attento verso la loro direzione, attraversarono il muro di mattoni uno dopo l'altra ritrovandosi sull’affollato binario nove e tre quarti.
L’Hogwarts Express, con il suo scintillante rosso scarlatto, liberava denso fumo grigio invadendo l’intero marciapiede; un odore familiare che a Liv invece di dare fastidio faceva stare bene insieme al vociare di ragazzi e genitori unito ai versi striduli degli animali chiusi nelle gabbie.
Le labbra le si curvarono nel primo sorriso sincero dopo settimane di broncio, nonostante la triste ed anomala rispetto agli precedenti presenza degli Auror del Ministero ormai sempre di guardia in ogni luogo magico affollato.
Si voltò verso Sirius e suo padre, notando che anche loro avevano la stessa piega felice sul viso, nonostante l'aria tesa. 
Non osò soffermarsi su quella del Grifondoro inspiegabilmente ancora al suo fianco e rimase incantata a quella del padre a cui doveva davvero mancare davvero tanto la magia. 
Liv molto spesso dimenticava tutto quello che suo padre faceva per lei ed era in momenti come quello che si sentiva vicino a lui più di chiunque altro.
«Grazie per il passaggio, Edgar» spezzò il silenzio Sirius allungando ancora una volta la mano verso l’uomo che ricambiò la stretta calorosamente.
«É stato un piacere conoscere un amico di mia figlia, Sirius»
«Non è mio amico»
«Ci vediamo sul treno, Ollie! Ti occupo un posto! É questo che fanno gli amici, no?» infierì Sirius allontanandosi da lì a ritroso con un sadico sorriso indirizzato a Liv che si trattenne dallo schiaffeggiargli in faccia un altro dito medio.
«Stai attenta» mormorò suo padre richiamando la sua attenzione tra le voci attorno della gente in fermento per la partenza. 
Liv portò gli occhi su di lui, incrociando quelli azzurri di nuovo serissimi.
«Io sarò al sicuro a Hogwarts, papà, stai attento tu piuttosto» gli disse lasciando che la sua voce prendesse una tonalità più morbida. 
E l’uomo l’abbracciò, stringendola forte a sè come poteva fare raramente. Liv serrò gli occhi contro la sua giacca di tweed marrone, inspirando piano il buon odore su quella stoffa familiare che da bambina l'aveva sempre confortata, desiderando segretamente che suo padre cambiasse idea.
«LIV!» la voce di Lily riuscì ad arrivare alle orecchie della ragazza nonostante il chiasso attorno.
La folta chioma rosso scuro dell’amica ondeggiava tra braccia che si protendevano dai finestrini per gli ultimi saluti, gabbie in bilico sui bauli e persone che si accalcavano e abbracciavano con fare frettoloso ed eccitato.
In un attimo Liv fu sommersa da una cascata di profumati capelli vermigli, stretta da due esili ma calorose  braccia candide.
«Finalmente!» la salutò Liv ricambiando l’impetuoso abbraccio.
«Buongiorno, signor McAdams!» fece radiosa Lily, sciogliendo la presa per stringere vigorosamente la mano all’uomo che sorrise di rimando.
«Buongiorno, Lily. Pronta per l’ultimo anno?» le chiese, allegro.
«Più o meno, sì» rispose lei in un’aperta risata contagiosa facendo brillare i suoi grandi ed espressivi occhi verdi verso una Liv visibilmente più rilassata.
Il fischio acuto del treno li fece sobbalzare tutti e tre.
«Forza! Salite!» le fece smuovere Edgar consegnando il pesante baule alla figlia «E mi raccomando, siate prudenti».
 Liv gli sorrise e seguì Lily tra la marea di gente. Si rigirò verso di lui un’ultima volta, prima di salire sul treno, e una strana sensazione le bruciò lo stomaco vedendolo salutarla con la mano da lontano.
«Vieni, lo scompartimento che ho scelto è di qua» la informò Lily guidandola nello stretto ed affollato corridoio della locomotiva piena zeppa di studenti chiassosi. «Ti ho visto con tuo padre, da qui, fuori dal finestrino».
Liv la seguì con difficoltà per colpa del baule che continuava a sbattere e ad incastrarsi su persone e altri bagagli. Per poco non scaraventò a terra senza volerlo un bambino del primo anno con un baule più grosso di lui.
«Mary?» chiese a Lily dopo essersi accertata che l'undicenne fosse tutto intero e stesse bene. 
«Non l’ho ancora vista, ma sai che è sempre in ritardo» le rispose serenamente Lily facendo scorrere la porta dello scompartimento che aveva occupato.
Sistemarono il baule di Liv sulla grata e presero posto nei comodi sedili proprio quando il treno cominciò a muoversi. Oltre il vetro, genitori e parenti si sbracciavano per salutare i propri figli, fratelli e sorelle con sorrisi e occhi lucidi. Oscurando la visuale, il fumo aumentò così come la velocità del treno che ben presto si lasciò alle spalle il binario nove e tre quarti.
«Allora?» esordì Liv, spezzando il malinconico silenzio che si era venuto a creare. «Questa spilla?» chiese a Lily che rise piano davanti a lei; la vide armeggiare con la sua borsa a tracolla per poi tirare fuori da una tasca il brillante distintivo d'argento nuovo di zecca, una grande C sopra lo stemma di Hogwarts.
«È proprio vera» commentò Liv tenendo l’oggettino come se scottasse. Lily rise, divertita.
«E vale molto di più di quel che tutti pensano, Liv, almeno per me» le rivelò in tutta sincerità pensando a quella responsabilità non di poco conto, in un anno come quello. Scacciò via i pensieri sulla mole di studio che avrebbero avuto prima degli esami finali, sull'aria che si respirava a Hogwarts da due anni a quella parte, perché aveva accettato quella spilla anche per quel motivo.
L'aveva accettata per essere il bersaglio principale di quelli che se la prendevano con i Nati Babbani anche dentro il castello, l'aveva accettata per proteggere e far valere tutti quelli come lei. Per il fuori, invece, Lily non sapeva ancora come fare ma l'idea era la stessa anche senza un distintivo addosso.
«Mary ti ha scritto che sarà lei il nuovo Prefetto, al mio posto?» chiese, più per liberare la mente che per parlare dell'innocente disperazione dell'amica.
Liv annuì con la testa, restituendole il distintivo. «Lily mi ha ucciso accettando la spilla da Caposcuola! Tu mi sei testimone, sappilo!” Quella lettera dobbiamo appenderla in camera subito dopo il banchetto» annunciò in un mezzo sorriso che Lily colse al volo, riproponendo qualche passo della pergamena che il gufo di Mary le aveva portato a casa in estate.
«”Lily Evans, hai ucciso e dovresti sentirti terribilmente in colpa! Prepara il discorso da fare in chiesa e anche davanti al Wizengamot!”» esclamò imitando l'amica ancora assente. Le risate in contemporanea di Lily e Liv si mischiarono nel piccolo ed accogliente ambiente bianco di luce e fresco per il vento ancora estivo che entrava con la velocità del treno dal finestrino mezzo abbassato.
«Beata te che potrai vederla alle prese con Remus» fece Liv in tono ironico.
«Io le ho scritto di non preoccuparsi perché Remus sarà il mio, di collega» sentenziò Lily con una certa radiosa sicurezza tanto da far arcuare un sopracciglio scuro di Liv. «Che c'è? Potrebbe. Prefetto, diligente, ottimi voti... certo, avrebbe potuto scrivermelo nella risposta alla mia lettera di settimane fa, ma non voglio pensare a nessun'altro al mio fianco» disse Lily portandosi distrattamente una lunga ciocca di capelli rossi oltre una spalla.
«Tipo Piton?»
«Tipo Piton, sì»
«Be', se avremo Remus come Caposcuola, Mary avrà come collega Potter, Black o Minus» le fece notare Liv cambiando appositamente argomento per sviare la chiacchiera da quel nome ancora troppo ingombrante nonostante fosse passato più di un anno da quando aveva smesso di uscire dalle labbra di Lily.
«Mary lo preferirebbe, senza dubbio» commentò Lily arricciando il piccolo naso lentigginoso con fare pensieroso. «E sempre Mary dovrebbe rivedere il suo metro di giudizio del pericolo che le fa pensare che Potter e Black siano persone da avere al fianco prima di Remus».
La porta scorrevole si aprì di scatto, facendo comparire proprio Mary con il suo caschetto biondo spettinato e le guance rosse dallo sforzo che stava facendo per trascinarsi dietro il pesante bagaglio.
«Buongiorno» esordì lanciando sguardi infuocati verso Lily attraverso la frangia che le sfiorava gli occhi nocciola.
«Allora sei viva, che ti avevo detto?» rispose al saluto Lily mordendosi una guancia per non scoppiare a ridere. «Esigo delle scuse». Fece per alzarsi dal sedile e andare ad aiutarla, ma lei la fermò alzando una mano autoritaria.
«Liv, potresti dire a Lily che il baule non mi servirà più perché quando scenderemo da questo treno io sarò morta?»
«Ci sei mancata anche tu, Mary. Hai passato una buona estate nel tuo mare, in Cornovaglia?»
«Chiedi a Lily se ho passato una buona estate, Liv»
«Mary, per piacere, non hai nulla di cui preoccuparti...»
«Non avete sentito?»
«Cosa? La tua voce rabbiosa invece di un “Amiche mie, non vedevo l'ora di rivedervi”?»
«Che Potter è l'altro Caposcuola»
«Scusa?»
«James Potter è Caposcuola, Liv, e Remus quindi resta Prefetto»
«Non dire sciocchezze»
«Non sto scherzando, Lily»
«Certo che stai scherzando»
«No che non sto scherzando» ribadì Mary ammorbidendo il tono di voce con aria divertita nel vedere gli occhi scuri di Liv spalancarsi. A Lily invece sfuggì uno sbuffo di risata incredula.
«Ma che stai dicendo, Mary, dài»
«L'ho sentito venendo qui, nel corridoio del terzo vagone»
«Potter si sta vantando in corridoio, immagino»
«Non l'ho nemmeno visto. Lo stava dicendo Alan Morgan, il cacciatore della squadra di Quidditch, a McLaggen e Johnson».
Ma la faccia fermamente scettica di Lily e il suo rosso sopracciglio sarcasticamente sollevato non cambiarono di un millimetro.
«Io lo sapevo» sibilò Mary puntandole un dito contro. «Potter... studente brillante»
«Questo è vero» ammise Liv senza problemi. Lily le diede ragione mentalmente. Non aveva mai avuto niente da ribadire riguardo l'intelligenza di James Potter, anzi, per lei era fin troppo capace e più volte l'aveva sorpresa e messa in seria difficoltà con gli incantesimi, soprattutto di Trasfigurazione, lanciati nei corridoi addosso ad altri studenti, a Piton. «Non è un Prefetto, Mary, bisogna essere stati Prefetti per ricevere la carica»
«O avere un distintivo in generale, Lily. Potter è Capitano della squadra di Quidditch dall'anno scorso ed è forse anche il migliore di Hogwarts»
«Vengono prima i Prefetti delle altre Case...»
«Non è vero. I Capiscuola sono i migliori della scuola, a prescindere dalle spille da Prefetto»
«In teoria»
«Potter è uno dei migliori della scuola e si è anche dato una calmata dall'anno scorso, anche se non l'hai mai ammesso»
«Senti, Mary, Potter non può essere Caposcuola» stroncò la conversazione Lily facendo ridere Liv davanti a lei. «Remus, Bones di Tassorosso e quel pomposo Goldstein di Corvonero... sono loro i prescelti, chiaro?»
«Chiaro» l'assecondò ironicamente Liv mentre Mary incrociava le braccia al petto davanti a quella che era a tutti gli effetti una fase di negazione nei confronti di James Potter e, soprattutto, di Severus Piton.
«Non esiste nessun'altro Grifondoro a parte Remus Lupin»
«Nessun'altro»
«Abbiamo lavorato benissimo per due anni interi, io e Remus, la professoressa McGranitt e Silente l'avranno certamente messo in conto»
«Certamente»
«Non assecondarmi, Liv» la rimproverò Lily lasciandosi andare ad un sorriso divertito, non capendo però l'improvvisa agitazione per l'ipotesi di avere Potter come collega.
Non si scontrava con James Potter da quel maledetto pomeriggio di giugno dell'anno prima, poco lontano dalla riva del Lago Nero; lo stesso Potter che aveva passato l'anno precedente lontano da lei.
Lily aveva vissuto tutto il sesto anno senza più il suo migliore amico e senza il caos ambulante fatto a persona che le era sempre stato attorno per cinque lunghi anni, in un modo o nell'altro.
«Non è così, è ridicolo!» riprese sentendosi spiacevolmente messa alle strette da una sensazione indecifrabile ferma nello stomaco. «Hogwarts ha sempre avuto stupide voci di corridoio»
«Non siamo ancora a Hogwarts, Lily»
«Mi hai capito, Liv»
«I tuoi toni soavi fanno sempre comodo quando ti cerco, Lily» esordì Remus facendo capolino dalla porta scorrevole ancora aperta, proprio alle spalle di Mary che sussultò spostandosi di lato. «Ragazze» salutò affabile facendo un cenno a Liv e lanciando un timido sguardo a Mary semi-pietrificata sulla porta.
«Fammi vedere la spilla, Remus» gli disse Lily avvicinandosi a lui con aria curiosa. Remus sollevò entrambe le sopracciglia castane cercando di trattenere un sorriso che però riuscì lo stesso a stirare le sue pallide labbra segnate da qualche cicatrice. Ficcò una mano nella tasca del pantalone babbano tirando fuori il distintivo rosso con la grande P dorata sovrapposta al leone di Grifondoro dall'aria vissuta ed anche un po' esausta. Mary fece un mugolìo impercettibile e Lily restò impassibile.
«L'altra, Remus. Questa la darai a Potter come io ho fatto con Mary, giusto?»
«No, Lily. In effetti, ti stavo cercando anche per dirti...»
«Per quale apocalittico motivo Potter è Caposcuola?» lo bloccò lei apparentemente calma. «E sopratutto... perché accidenti non me l'hai detto nella lettera?»
«Non ho scelto io James» si giustificò pacatamente Remus grattandosi distrattamente un lato del naso per camuffare la risata trattenuta. «E non te l'ho detto per evitare che rifiutassi la spilla, te la meriti» aggiunse gentile osservandola alzare un sopracciglio, interdetta.
«Potter non ha mai avuto il potere di influenzare la mia vita e mi sembra di saperlo tenere a bada»
«Non intendevo... »
«E comunque continuo a non crederci» fece sapere lei in tono di nuovo tranquillo mettendosi comoda sul sedile imbottito. «Vi conosco, conosco i vostri scherzi» spiegò facendo spallucce, l'ombra di un sorriso divertito sulle labbra. «E conosco te, Remus, che non sai dire di no a Potter e Black»
«Stai attento a dove metti i piedi e il naso, Mocciosus». L’urlo di Sirius in corridoio fece socchiudere gli occhi di Liv, subito in allerta.
«Stai attento tu, Black! É il mio baule quello che stai scavalcando come l'animale quale sei». La voce scontrosa di Mulciber seguì subito quella del ragazzo che in un attimo fece la sua imperiosa comparsa nello scompartimento già troppo affollato.
«Ci rivediamo anche quest'anno, signore!» esordì Sirius facendo un'elegante riverenza ma con voce piuttosto alta ed ironica. «Piaciuta la bella notizia?». Lo sguardo beffardo e ridente tra i ciuffi di capelli neri che si scostò con un distratto gesto della testa passò in rassegna tutti i presenti, per poi tornare su Liv con maggiore attenzione.
«I ruoli da Capiscuola erano troppo appetitosi per non approfittarne, Black, vero?» gli chiese serenamente Lily dal suo posto. Sirius aggrottò le sopracciglia nere, confuso.
«Cosa stai dicendo, Evans? E dove sei stata in vacanza quest'estate, in Transilvania? Sei più bianca di un unicorno»
«Puoi benissimo smettere di fingere. So che è uno scherzo e non è nemmeno di quelli divertenti. Mi aspettavo di più, da voi, come inizio dell'ultimo anno»
«Fa sul serio, Lunastorta?»
Remus scosse la testa alla domanda dell'amico, come a dirgli di lasciar perdere. «Stiamo aspettando te, Lily, nella carrozza dei Prefetti» le fece sapere, paziente ma sempre più internamente divertito. «Non possiamo dare inizio alla riunione senza entrambi i Capiscuola»
«Che saremmo io e Potter»
«Sì, tu e James»
«Mh, mh»
«Lily, dico sul serio»
«Potter è già lì?»
«Certo»
«Vedremo, Lupin».
Liv seguì con occhi ridenti ed increduli l'amica alzarsi con sfida dal sedile davanti rivolgendole uno sguardo piuttosto scettico, per poi passare tra Remus e Sirius ed uscire.
«A dopo, Liv, forse» la salutò Mary prima di sparire anche lei in corridoio seguita a ruota da Remus che sorrise affabile in segno di saluto facendo scorrere la porta.
Sirius si lasciò cadere con elegante disinvoltura accanto a Liv, guardandosi le mani con noia, e lei incrociò le braccia al petto fissandolo con impazienza
«Be'?» sbottò per attirare la sua attenzione.
«Be', cosa, Olivia?» rispose lui pigramente.
«Cosa ci fai ancora qui?»
«Perchè dovrei andarmene, scusa? Sto comodo» fece Sirius portando i suoi provocatori occhi grigi su di lei, più accesi ed ardenti del solito.
«Ci sono altre centinaia di sedili comodi esattamente come questo in altri scompartimenti» gli ricordò.
«Lo so» replicò Sirius, rilassato «ma quelli non sono sotto al mio sedere adesso» spiegò con tranquillità.
Liv, un sorrisetto nervoso a stirarle le labbra, fece per ribattere ma si fermò soltanto per osservare la porta scorrevole aprirsi di nuovo facendo sbucare la faccia tonda di Peter Minus.
«Felpato, sei qui!» esordì a dir poco sconvolto dall'evidente corsa che si era sicuramente fatto lungo tutto il treno. «Ti stavo aspettando nel nostro scompartimento, ti ho cercato ovunque!»
«Accomodati, Codaliscia! Fai come se fossi a casa tua» gli diede un pomposo benvenuto Sirius, indicando i sedili di fronte con un gesto del braccio.
«Accomodati?» scattò Liv guardando Sirius con aria sempre più fastidita. Non aveva nessuna intenzione di passare il viaggio con quei due, li conosceva fin troppo bene. L'unica cosa che voleva era starsene tranquilla, possibilmente in silenzio. «Questo non è il tuo scompartimento, Black. Dovete andarvene, entrambi. Non si è mai visto un viaggio con voi due, qui» continuò puntando Peter, seminascosto dalla porta scorrevole, e poi di nuovo Sirius che però non si mosse dalla sua confortevole postazione.
«Dato che quest'anno sei sola, volevamo farti compagnia» fece lui mentre Peter gli scoccò un'occhiata spaesata con gli occhi celesti, come se non si riconoscesse in quel plurale; negli occhi grigi posati su di lei, Liv ci lesse una lampante e limpida sincerità che la fece stare in silenzio per diversi istanti.
Non era la prima volta. L'aveva vista dopo averle detto di mettere bene i paraorecchie ad Erbologia al secondo anno, per esempio, o tutte le volte che appendeva a testa in giù Piton prima che potesse farlo lei.
Si era preso diverse punizioni al posto suo, Sirius, soprattutto da quando la McGranitt aveva minacciato di farla espellere se avesse continuato ad usare la bacchetta per "portare giustizia a Hogwarts con altra violenza".
Il fatto che la professoressa non avesse minacciato anche Piton per il suo modo di far piangere Lily più volte, dal primo anno al quinto, o Mulciber per il suo usare Mary come cavia preferita, si aggiungeva alle ingiustizie.
«Perdonala, Coda. Sai com’è fatta, una bambina capricciosa ed immatura» scherzò Sirius, con finta aria di sufficienza, incoraggiando l’amico a sedersi sul sedile vuoto davanti.
«Io sarei una bambina immatura? E voi cosa siete allora quando vi chiamate a vicenda con quei nomi ridicoli?» replicò Liv poggiando la schiena sul sedile che vibrava allo sferragliare del treno ormai in aperta campagna. «Felpato, vieni qui... aspetta un attimo, Codaliscia, hai visto Ramoso!?... Io no. Tu, Lunastorta!?» scimmiottò, alterando la voce per imitare quelle dei quattro amici. Sirius si trattenne dal ridere di gusto, divertito.
«Dietro a quei nomi ci sono gesti ed intenzioni da eroi, signorina» l’ammonì Sirius con finta aria oltraggiata lanciandole un'occhiata vibrante ed accesa, le labbra sollevate in un sorriso aperto.
«Si, come no» fece lei, sarcastica. «Siete due eroi se adesso ve ne andate da qui. Mi salvereste proprio la giornata».
Ma Sirius e Peter non se ne andarono e quando arrivò mezzogiorno erano ancora lì a spezzare con le loro chiacchiere il ritmico sferragliare del treno, le voci fuori dallo scompartimento degli amici che si ritrovavano dopo due mesi di vacanza, le risate e il vuoto che Liv aveva sentito addosso appena suo padre l'aveva salutata. Sirius sembrava essersene accorto, ma Liv non vide il suo sguardo grigio che la sbirciava ogni tanto, spesso, posandosi su di lei discreto ed intenso come se si volesse assicurare che stesse bene; il suo sorriso spuntava accennato ogni volta che lei distoglieva lo sguardo pensieroso dal paesaggio oltre il finestrino per rispondere a tono alle sue provocazioni o domande.
«Oh, Black, è una stupidaggine» se ne uscì Liv ad un certo punto, lasciando perdere il campo arato che sfrecciava dietro il vetro illuminato di sole; la Gazzetta del Profeta abbandonata sulle ginocchia con in prima pagina l'ennesimo annientamento di una famiglia di Nati Babbani che l'aveva di nuovo fatta incantare a quel paesaggio con il cuore in gola e una rabbia mista ad angoscia rivolta a suo padre. Non voleva lasciare la Gran Bretagna, non voleva lasciare quel posto, quelle persone.
«Perché? James dice che prima o poi torneranno alti in classifica»
«Lo stesso James che tifa i Puddlemere»
«Vero. Ma in attesa che i Cannoni ritrovino il senno...»
«Per piacere» sbuffò Liv in un sorriso che non riuscì a controllare. Sirius sorrise di riflesso, vedendolo.
«Qualcosa dal carrello?» esordì la gentile voce della donna in corridoio dietro il vetro della porta sorrevole, illuminando il viso di Peter che subito si frugò nelle tasche dei pantaloni per afferrare un galeone e qualche zellino prima di uscire di corsa dallo scompartimento.
«Ecco, Black, lui è un eroe. Vai, diventa un eroe anche tu» esclamò ironicamente Liv. Sirius rise, sinceramente divertito.
«Vedrai che tornerà a breve» si limitò a dire, sprofondando sul sedile con aria rilassata sotto gli occhi scuri di Liv, per niente convinti.
La seconda entrata di Peter nello scompartimento la fece ricredere.
«Wow, quest’anno c’era di tutto! Quel carrello sembrava Mielandia!» squittì Peter con le braccia cariche di dolciumi colorati*.
Sirius sorrise sornione a Liv, rimasta a bocca aperta non riuscendo proprio a capire come aveva fatto a comprare tutte quelle cose in meno di tre minuti.
Seguì con lo sguardo il ragazzo mentre lasciava cadere sui sedili di fronte caramelle, Cioccorane e pacchetti di ogni forma e consistenza.
«Queste per esempio...» farfugliò Peter, voltandosi verso di loro con in bocca tre stecche di liquirizia dai colori sgargianti. «Non c’erano l’anno scorso. Ve lo posso assicurare».
Liv lo guardò allibita. «Non metterò mai più in dubbio il tuo sapere riguardo il carrello dei dolci»
«A quanto pare» provò a cambiare il discorso Sirius, portandosi le mani dietro alla nuca per mettersi ancora più comodo. «Tutti quelli del nostro anno Grifondoro sono Prefetti o Capiscuola, eccetto noi»
«E quindi?» fece Liv, già intuendo dove Sirius volesse andare a parare.
«E quindi significa che noi siamo lo ‘scarto’. Tu sei la violenta...» cominciò infatti a spiegare serenamente lui, assorbendo lo sguardo improvvisamente nervoso di Liv. La sentì borbottare qualcosa sottovoce che lo fece ridere piano.
«Come?» chiese, facendo finta di non aver sentito.
«Preferisco usare la bacchetta per zittire persone che non sanno ascoltare altro se non quella, piuttosto che avere una spilla lucente al petto» ripeté a voce un po' più alta Liv dicendo la semplice verità che non aveva mai nascosto a nessuno, nemmeno a suo padre che l'aveva sempre voluta Prefetto, invano. Liv tentò di soffocare il senso di colpa e continuò.
«Gente come Mulciber se ne frega di punti e punizioni. E non avere un distintivo non significa essere idiota, è un pregiudizio bello e buono quanto ''I Serpeverde sono tutti cattivi". Quindi sono felice di essere ''lo scarto''»..
Sirius sorrise sincero guardandola, appoggiando con tutto se stesso ogni frase.
«Qualcuno deve pur fare il lavoro sporco che alla fine fa comodo anche a chi ci critica, a quegli ipocriti che ridono sotto ai baffi quando rimettiamo al loro posto idioti che si fanno beffe dei punti tolti» convenne con lei facendo spuntare un sorriso anche sul viso di Liv dagli occhi improvvisamente più aperti e profondi immersi nei suoi.
L'adorava anche per quello, Sirius, da sempre. Liv aveva le sue stesse priorità da quel punto di vista e la mancanza di paura nei confronti di tutti i razzisti, figli di Mangiamorte compresi, quando si trattava di difendere se stessa, le sue amiche e gli altri. Per gli altri era ''violenta'' e per lui invece era schietta, genuina, leale, autentica, giusta. Forse era piena di difetti, la rabbia in primis, ma piuttosto che pararsi il culo si prendeva le sue responsabilità e le punizioni. E Sirius aveva sempre odiato chi si parava il culo*.
«Coda è il mangione...» riprese ad elencare restando però a guardarla con occhi intensi mentre Peter quasi si strozzò con la metà di una Cioccorana, al sentire il suo ruolo.
«E tu chi saresti? Sentiamo» lo incitò Liv notando il labbro superiore di Sirius che cominciava a curvarsi in un sorrisino furbo. Sfilò la bacchetta dai jeans, preparandosi; una risata divertita incastrata tra il petto e la gola.
«Io sono il genio incompreso, soltanto dopo la mia morte Silente capirà che...»
Quelle furono le ultime parole di Sirius Black prima che Liv lo Schiantasse e lo trascinasse fuori dallo scompartimento con parecchia difficoltà, chiedendo aiuto a Peter rimasto paralizzato dalla paura sul sedile carico di cibo.

 
 

 

 

 

 *



 


Lily si ricordò soltanto in quel momento, mentre camminava spedita nel corridoio del treno in corsa, di non avere la spilla da Caposcuola appuntata al petto come invece avevano Remus e Mary alle sue spalle, immersi in un imbarazzato silenzio. Non le diede molto peso, almeno fino a quando non fece scorrere la porta del vagone Prefetti trovando James con la sua, nuova di zecca ed appuntata storta su una maglia babbana che ineggiava all'anarchia, già vista più volte addosso a Black.
«Evans» esordì in tono rilassato lui senza muoversi dal sedile, una mano a sistemare gli occhiali rotondi sul naso e poi tra i neri capelli arruffati senza nemmeno rendersene conto. «Caposcuola anche tu, presumo» aggiunse gettando un'ironica occhiata volutamente provocatoria al vuoto sulla camicetta a fiorellini di Lily che restò a guardarlo senza allarmarsi: la spilla da Caposcuola scintillante sul petto di Potter come una spaventosa e assurda visione era di sicuro un sasso trasfigurato.
«Se stai cercando di farmi venire un infarto, Potter, sappi che dovrai impegnarti di più» commentò mentre scrutava con attenzione il distintivo da lontano. «Cerca degli scherzi più credibili perchè questo è a dir poco ridicolo ed è un peccato perché ti rovina la carriera proprio adesso. Insomma, questo sarà il nostro ultimo anno e, come ho già detto a Black, mi aspettavo qualcosa di più». Potter era sempre stato bravo in Trasfigurazione, il migliore della classe, e il fatto che quell'oggettino fosse perfettamente identico a quello che lei teneva in borsa era dovuto soltanto a quello, ne era certa.
«Non scherzerei mai su una cosa così importante, Evans» ribatté James tradendo il tono apparentemente serio con un largo e divertito sorriso.
«Credo di più al professor Kettleburn quando dice che le Salamandre sono innocue e carine» replicò Lily, convinta.
James rise di gusto, schiarendosi poi la voce con ostentata e finta pomposità, e Lily sentì qualcosa muoversi dalle parti dello stomaco dopo un anno intero di stasi totale.
«Controlla tu stessa allora, avanti» la incitò alzandosi dal sedile portando una grande mano sulla maglia per togliersi il distintivo e porgerglielo con un'irriverente e sfidante curva delle labbra.
Lily lo squadrò per un lungo attimo, guardinga, perché quella sicurezza non era affatto indice di sincerità quando si trattava di Potter. Potter che sapeva mentire senza un minimo d'imbarazzo, che sorrideva in modo sfacciato in qualunque situazione, anche quelle peggiori; Potter che si sarebbe trovato a suo agio anche a rubare un uovo di un drago inferocito a cavallo della sua adorata scopa.
«Come vuoi, Evans» disse James ritirando il braccio, e Lily scattò afferrandolo per prendere la spilla; ridusse gli occhi verdi a fessura quando, dopo averla picchiettata più volte con la punta della bacchetta, quella non cambiò forma. Lo sguardo di Lily saettò in direzione di Remus, sorprendendolo a guardarla a braccia conserte con un sorrisetto indecifrabile a metà tra l'esilarato e il mortificato. Mary invece, lì vicino, non aveva niente d'indecifrabile e Lily sentì tutto il suo “Te l'avevo detto” arrivarle dritto in fronte.
«Preferivi Piton?» le chiese a bruciapelo James, trafitto immediatamente dai grandi occhi verdi di Lily che non rispose limitandosi a guardarlo meditabonda. Le ci volle soltanto un istante per rendersi conto, a pelle, che non avrebbe mai preferito Piton a lui.
«Ma tanto siamo uguali, io e lui, no? L'hai detto tu, un anno fa» continuò James, un sorriso sfacciato a pungerla nell'orgoglio facendole sentire una fastidiosa sensazione di colpa.
Lily non ebbe nemmeno il tempo di ribattere perché i Prefetti del settimo anno cominciarono ad arrivare a coppie per Casa.
«James Potter? Sul serio?» chiese incredulo e leggermente alterato il Prefetto Corvonero entrando nello scompartimento insieme a Marlene McKinnon dall'aria stranita ma ridente sotto i ricci biondi legati in un alto chignon spettinato.
«Goldstein, è la stessa domanda che mi sono fatto io al quinto anno quando ti hanno dato quella spilla»
«Potter» bofonchiò Lily al suo fianco mordenosi le labbra per camuffare un sorriso divertito.
«Ma allora è vero!» esclamò invece un entusiasta Edgar Bones seguito a ruota da Elizabeth Truman, il distintivo giallo-nero di entrambi a riflettere la faccia giocosa di James intento a scarmigliare i capelli rossi del portiere dei Tassorosso. Remus e Mary si sedettero affianco ai due Corvonero come due statue di sale, e quando anche Deanne Stevens entrò da sola nell'abitacolo aggiustandosi la spilla verde e argento sul cardigan, James proferì parola per primo.
«Ci siamo tutti del primo gruppo, sì? Possiamo iniziare» sentenziò senza guardare Lily e il suo viso seminascosto dai capelli rossi, un impercettibile sorriso a stirarle le labbra al suo ignorare la mancanza di Piton.
«Qualcuno ha portato gli Scacchi?»
«Potter».

 

 

 

 

 

 

*

 

 



 


Fuori dal finestrino la selvaggia campagna scozzese scorreva ormai immersa nell’oscurità della sera, nel piccolo scompartimento illuminato dalle lampade Liv osservò Lily abbottonarsi in fretta la camicia della divisa scolastica. Non lo trovò strano, sapeva che quando Lily era nervosa, specialmente dopo un battibecco con Potter, era meglio lasciarla sfogare. Di strano trovò soltanto il fatto che non sembrava nervosa e non aveva di certo discusso con Potter o nelle orecchie avrebbe avuto la sua voce stizzita a rimbombare con insulti ogni volta diversi; Lily sembrava semplicemente meditabonda, più meditabonda dell'anno precedente.
Erano quasi arrivati a destinazione e da quando era tornata dall'ultima riunione con i Prefetti del quinto anno, a metà pomeriggio, non aveva fatto altro che stare in silenzio mangiucchiando Cioccorane, facendo cruciverba sulla Gazzetta del Profeta sdraiata sul sedile e leggendo la rivista di Alchimia Oggi prima di far partire una partita a Sparaschiocco con la ragazza di Xeno Lovegood, passata a salutarle.
«Perché hai Schiantato Black, stavolta?» esordì lanciando un’occhiata a Liv prima di far sparire il volto e la chioma rossa dentro al maglione.

Mary, chiudendo l’ultimo bottone della gonna, si scambiò con Liv un veloce sguardo divertito prima di continuare a vestirsi.
«Chi te l'ha detto?» rispose Liv sistemandosi la cravatta rossa e oro al collo.
«Jane Phillips»
«Ah, quella... »
«È davvero necessario usare sempre la bacchetta?»
«Stava facendo il cretino come sempre e quindi, sì, è necessario usarla sempre»
«La prossima volta stai più attenta a chi hai attorno, soprattutto ai Prefetti come lei» le ricordò Lily appuntandosi la spilla da Caposcuola sulla tunica nera osservando il suo stesso riflesso con aria turbata sul vetro del finestrino.
Il buio paesaggio dietro cominciò ad avere sempre più forma mentre il treno cominciava a rallentare e il chiasso e la confusione presero il sopravvento nelle carrozze.

«Non spaventarti, Mary. Credo che questo sia il momento peggiore per un Prefetto, a parte le emergenze. Ma ti giuro che una volta arrivati a scuola sarà una passeggiata. Potrai anche entrare nel bagno dei prefetti»
«Mi stai prendendo in giro, Lily?»
«No, perché? Dovrai solo stare attenta a chi infrange le regole durante il giorno e unirti agli altri Prefetti per le decorazioni di Halloween e Natale... oh, già, Remus»
«Già»
«Be', non è andata così male prima»
«Non è proprio andata».
Per la prima volta, dopo anni, la questione Prefetti e Capiscuola creò un certo fastidio a Liv che si ritrovò completamente sola mentre scendeva dal treno e si infilava nella massa di studenti sullo stretto e buio marciapiede della stazione di Hogsmeade.
«PRIMO ANNO DA QUESTA PARTE!» esclamò il vocione dell’enorme Hagrid sovrastando gli schiamazzi dei ragazzi che si accalcavano l’uno +sull’altro. «PRIMO ANNO TUTTI QUI DA ME!».
Liv lanciò una veloce occhiata a Mary che le mimò un Ci vediamo alle carrozze!’ prima di andare in soccorso ad un disorientato gruppetto di bambini del secondo anno.
Aspettò le sue due amiche davanti alla prima carrozza libera che trovò, non rendendosi conto che si trovava proprio affianco a quella di Avery, Mulciber e Piton. Sentì addosso il tagliente sguardo di Severus, riuscendo a reggerlo senza scomporsi più di tanto.
Ormai era abituata a quegli occhi neri che le lanciavano fulmini e fiamme ogni volta che se li ritrovava di fronte; si era ripromessa già da tempo che l’avrebbe semplicemente ignorato per non rendere ancora più complicata la situazione spinosa che ogni tanto gettava nello sconforto la sua migliore amica, e spostò così lo sguardo su un ragazzo dai capelli neri che si dirigeva spedito e deciso verso il gruppetto dei Serpeverde, la spilla da Prefetto ben appuntata alla divisa. Regulus Black le lanciò una sfuggente occhiata sprezzante passandole di fianco prima di congiungersi con i suoi amici. Nessuno capiva come quel ragazzo serio e rigido come un colletto inamidato potesse essere il fratello minore dell’esuberante e casinista Sirius.
«Violenta!». Proprio la voce di Sirius le arrivò alle orecchie come se fosse stata chiamata, fastidiosa come lo stridere del gessetto sulla lavagna.
Liv si voltò dalla parte del ragazzo alzando il braccio per mostragli il dito medio ma la mano scattante di Lily lo afferrò con prontezza, riabbassandoglielo prima che potesse fare qualcosa.
Sirius rise di gusto a quella scena, portando indietro la testa e inciampando su Peter che aveva alle spalle.
«‘Genio’ incompreso!» lo sbeffeggiò ironicamente Liv mentre veniva spinta con la forza da Lily dentro la carrozza che poco dopo seguì le altre, avanzando in una lunga fila nel tortuoso e buio viale sterrato.
Il maestoso e imponente castello di Hogwarts, con le sue torri che svettavano nel cielo stellato e le tremolanti luci che brillavano come piccole fiammelle nell’oscurità, diede il benvenuto a tutti dall’alto della sua scogliera affacciata sul Lago Nero.
La fioca luce azzurrina della mezzaluna alta nel cielo colorava le montagne intorno, disegnando le punte degli abeti della vicina Foresta Proibita che dondolavano leggermente sotto il tocco dell’aria fresca che sapeva di brughiera.
Le carrozze oltrepassarono l'alto cancello aperto in ferro battuto, tra i due cinghiali alati in pietra, e risalirono la strada fangosa fino ad arrivare al cortile della illuminato dalla luce delle torce che dal portone d'ingresso si riversava sui gradini esterni accogliendo la calca di studenti ridenti ed eccitati.
Il tepore del castello li avvolse scaldandoli piacevolmente appena misero piede dentro, ma un brivido corse sulla schiena degli studenti del settimo anno varcando la grande porta della Sala Grande: la consapevolezza che quello era l'inizio dell'ultimo anno pareva essersi fatta più concreta sotto la volta che rispecchiava il cielo stellato fuori dalle alte finestre ad arco acuto, sotto le stesse candele che avevano galleggiato sopra le loro teste per sei lunghi anni, vedendoli crescere.
Il Cappello Parlante stupì tutta la Sala Grande quando, appena la professoressa McGranitt posò a terra lo sgabello, iniziò a cantare dallo strappo vicino al logoro bordo sfilacciato senza fermarsi alle solite descrizioni delle qualità appartenenti alle quattro Case di Hogwarts, com'era solito fare ogni anno. Nessuno l'aveva mai sentito dare consigli alla scuola, a parte forse il Preside e qualche professore che non sembravano affatto sorpresi. Perfino Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma che aleggiava a metà tavolo Grifondoro, aveva l'aria tesa ma non stranita. James e Remus gli scoccarono un'occhiata di traverso mentre trapassava metà testa di entrambi, gelandoli.
«Non è la prima volta*» gli sentirono dire apppena la filastrocca si spense, tra il borbottare degli studenti misto agli applausi. «Il Cappello Parlante si sente in dovere di dare consigli necessari ogni volta che avverte periodi di enorme pericolo per la scuola».
Peter percepì un lungo brivido percorregli la schiena, non di certo dato dal fantasma dato che non l'aveva nemmeno sfiorato, ma dalla spiecevolissima sensazione di delusione rivolta a quello che aveva sempre creduto "il posto più sicuro di tutti".
La nuova filastrocca non fu per niente allegra e i piccoli ragazzini del primo anno, raggruppati in piedi davanti ad un’austera professoressa McGranitt, erano visibilmente terrorizzati da quelle parole che mettevano in guardia e sottolineavano l’importanza della collaborazione tra Case: "Restate uniti, siate forti dall'interno!".

Quelle stesse facce spaurite divennero ancora più pallide quando la professoressa cominciò a chiamare i loro nomi in ordine alfabetico, dando così il via allo Smistamento per la ‘semi-felicità’ di Peter Minus che già da mezz’ora aveva cominciato a massaggiarsi la pancia brontolante.
«Io non ce la faccio più...» mormorò il ragazzo dopo un po', accasciandosi sul tavolo ancora vuoto mentre una ragazzina bionda veniva accolta con entusiasmo dal tavolo dei Tassorosso. 
«Ti sei mangiato praticamente l’intero carrello dei dolci in treno, Peter, come fai ad avere ancora fame? Non lo capirò mai» sbottò Sirius a bassa voce, seduto al suo fianco. 
«Guardate il nuovo professore di Difesa» sussurrò Remus portando lo sguardo verso il tavolo dei professori mentre la McGranitt chiamava un altro nome. «Sembra in gamba»
«Io punto su...» cominciò James, fermato dalla voce del Cappello che smistava la bambina mora tra i Serpeverde. Tra gli applausi e i fischi d'eccitazione al tavolo più lontano dal loro, Remus sollevò gli occhi al cielo per la tradizionale Scommessa di inizio anno. «Un bolide di Harrison dritto in testa alla prima partita del campionato che lo renderà scemo per il resto della sua vita» completò James.
«Io dico invece che la Piovra Gigante lo porterà con lui negli abissi del lago, poco prima della gelata» scommise Sirius poggiandosi al tavolo con entrambi i gomiti per poterlo vedere meglio.
«E se sarà quasi ucciso da una di quelle piante della Sprite?» ridacchiò Peter mentre Quirinus Raptor* diventava un Corvonero. Il magrolino bambino leggermente più alto degli altri raggiunse frettolosamente il tavolo blu-bronzo in festa con le guance e le orecchie in fiamme.
«Quello è quasi successo al quinto anno, Peter, dopo i G.U.F.O. Peccato, quella professoressa mi stava simpatica» farfugliò Sirius osservando l'ennesimo ragazzino minuscolo sparire sotto la falda del Cappello Parlante. «GRIFONDORO!» gridò subito quello, e la McGranitt si affrettò a liberare la testa dell'undicenne spettinato che saltò giù dallo sgabello con entusiasmo, correndo verso di loro.
«Basta» li fermò Remus tra gli applausi scorscianti del tavolo che vibrava sotto i suoi gomiti per via dei pugni energici che tutti, attorno a lui, stavano dando sul legno per festeggiare. «Ogni anno la stessa storia. Sono sicuro che siete voi a far succedere le disgrazie a tutti gli insegnanti di Difesa con queste vostre ipotesi» sentenziò guadagnandosi finte occhiate oltraggiate da parte dei sui tre migliori amici.
Lo stomaco di Peter dovette aspettare ancora un bel po', il discorso di Silente durò il doppio del solito, non solo perchè le raccomandazioni di Gazza erano aumentate, ma anche perchè anche lui, come il Cappello, si era voluto soffermare sulla questione ‘Guerra’.
Quando finalmente diede il ‘Buon Appetito’, osservando con occhi ridenti gli studenti da sopra gli occhiali a mezzaluna, tutti i quattro lunghi tavoli si riempirono di una miriade di gustose e ricche prelibatezze che fecero brillare gli occhi non soltanto a Peter ma anche a tutti gli studenti che in un attimo ci si fiondarono sopra, affamati.
«Che diamine vuole, Lumacorno?» bofonchiò Sirius scrutando con cipiglio indagatore il grosso professore che dalla tavolata degli insegnanti sollevava il suo calice verso la loro direzione.
«É per Evans» commentò James con astio prima di infilarsi in bocca tre patate arrosto. «Che uomo insulso».
In effetti, Lumacorno stava sorridendo a Lily, rossa come una Pluffa. Rispose incerta al saluto sventolando debolmente la forchetta che stava usando per mangiare l’agnello.
«Una rottura» mormorò a Liv, seduta alla sua destra intenta a versarsi del succo di zucca nel bicchiere.
«Anche quest’anno parteciperai a quelle stupide feste?» le chiese prima di berne un sorso.
«Certo, come faccio a dirgli che non mi piacciono? Non ci riesco» rispose Lily addentando un cavolino. 
«Certo che ci riesci, Lily» disse Mary, afferrò del pane al volo e le scoccò un'occhiata vivace da sopra il vassoio levitante. «Come quando gli gridi contro che non vorresti mai e poi mai essere della sua Casa quando lui te lo chiede». Le risate delle tre si mischiarono alle confuse e chiassose chiacchiere che riempivano la calda e accogliente Sala Grande.
Soltanto dopo aver finito anche l’ultimo bignè ripieno, Peter risollevò lo sguardo dal piatto con un sorriso soddisfatto. 
«Hogwarts non delude mai» commentò, dando una pacca a Sirius che annuì convinto. 
«Ben detto, Pete. Sarà dura andarsene» affermò, guardandosi attorno con già una leggera malinconia negli occhi chiari.
«Sarà dura davvero, con quello che c’è fuori» aggiunse Remus poggiando il bicchiere davanti al piatto ormai vuoto. Vide James raddrizzare la schiena sistemandosi gli occhiali rotondi sul naso con sguardo pensieroso prima di accenderlo di contagiosa allegria come faceva sempre quando gli occhi degli altri diventavano così cupi da far paura.
«Ehi, non pensiamoci adesso» cercò di alleggerire l’atmosfera nonostante sapesse benissimo che il ‘fuori’ detto da Remus stava diventando un vero inferno. 
Ne aveva parlato con Sirius dopo aver letto i titoli in prima pagina della Gazzetta del Profeta che suo padre leggeva a colazione e dopo aver visto sua madre uscire a fare la spesa con la bacchetta sotto al mantello e non in borsa come aveva sempre fatto, da quel che ricordava.
Sapeva anche che quella situazione, a parte essere infernale, era anche profondamente ingiusta e proprio per quell’ingiustizia sapeva che prima o poi a quel ‘fuori’ ci avrebbe dovuto pensare seriamente eccome. Voleva pensarci perchè se aveva scelto di seguire Erbologia nonostante le piante assassine e Pozioni con Lumacorno più bavoso delle lumache cornute tra gli ingredienti c’era un motivo; se aveva messo da parte il sogno di giocare a Quidditch e scelto di fare l’Auror era perchè esisteva un modo per fermare quell’ingiustizia e lui l’avrebbe messo in pratica.
Ma anche se i suoi occhi non avevano nessuna voglia di ridere, adesso dovevano farlo perchè vedere i suoi migliori amici sorridergli era l’unica cosa che lo teneva in piedi.
Sirius, Peter e Remus infatti sorrisero.
«Abbiamo la Mappa da migliorare...» mormorò con gli occhi rivolti a Sirius che sollevò un minimo il sorriso, nello sguardo l'ombra di un Regulus sempre più vicino a quel ''fuori''.
«Convincere quella statua ad aprirsi...» sussurrò Peter sfregandosi le piccole mani.
«Trovare l’uscita di quel passaggio al quarto piano...» aggiunse piano Sirius. 
«I M.A.G.O. da superare» fece invece Remus con voce normale, scoppiando poi a ridere davanti alle facce improvvisamente disperate dei tre.

«Che c’è!? Avevate detto già tutto, più o meno» si difese lui, continuando a ridere.
«Potter» la voce improvvisa di Lily fece sobbalzare i quattro, e anche tutti i nuovi e piccoli Grifondoro in fila dietro Mary. 
James e Remus si alzarono di scatto dalla panca, quasi facendo cadere i loro vicini.
«Ma guarda, Evans, mi stavi forse cercando?» chiese James, i capelli arruffati e l'espressione interrogativa resa per niente innocente dal solito sorriso che Potter sfoggiava sempre dopo ogni suo ''no''. Lily ne era convinta: non era offeso, semplicemente, si sentiva superiore e doveva mostrarlo, ogni volta.
«Senti, so che ce l'hai con me per quella storia di te e Piton e che forse hai aspettato un anno intero per sputarmela addosso» esordì, schietta. «Ma non ho intenzione di passare il resto dell'anno a subire i tuoi punzecchiamenti dato che dovremo lavorare insieme»
«Me e Piton?» ripeté James in una mezza risata passandosi una mano in testa senza accorgersene.
«Grifondoro primo anno, seguite me e il Prefetto Lupin» s’intromise Mary indicando Remus che sorrise imbarazzato come per chiederle scusa.
«Chiamatemi solo Remus» disse lui facendo segno di seguirlo. E la disordinata fila di ragazzini spaesati si allontanò insieme ai due Prefetti mentre Liv ne approfittò per raggiungere Lily, ancora con gli occhi verdi fissi su Potter.
«Dobbiamo organizzarci per controllare i Prefetti, Potter. Tu quelli di Grifondoro e Corvonero, io gli altri» spiegò proponendo la soluzione più pratica in base ai dormitori. Ma James sembrò non apprezzare.
«Quindi tu seguirai i Serpeverde e i Tassorosso?» chiese, arcuando un sopracciglio nero sopra la rotonda montatura.
«Se continuo a stare a discutere inutilmente qui con te, no, saranno già nei loro dormitori da un pezzo» ribattè lei, ironica.
James sorrise, ancora, e Lily si ricordò perché fino a quel pomeriggio del quinto anno aveva passato le giornate a dargli del “Tronfio” e del “Bullo arrogante e prepotente”.
«Vado io con i Serpeverde e i Tassorosso» affermò deciso, già facendo un passo avanti per dirigersi verso le Case scelte, ma Lily lo trattenne per una manica della tunica.
«Nemmeno per sogno, so già come tratteresti i Serpeverde»
«D'accordo» la sorprese James, accettando. Qualcosa sul suo viso e nei suoi occhi nocciola, però, la lasciò interdetta. James sembrava volesse dirle una marea di cose che tenne però per sé, come per tutto l'anno precedente, e qualcosa le suggerì che c'entrasse ancora Piton.
Senza dire altro, gli diede le spalle per allontanarsi a passo svelto verso i Prefetti di Tassorosso e Serpeverde.
«Evviva la tradizione» commentò Sirius, per niente entusiasta, alzandosi dalla panca seguito da Peter. James, un capello rosso di Lily sulle lenti degli occhiali, portò lo sguardo leggermente frastornato su Liv che sollevò le mani in segno di neutralità.
«Bentornato a Hogwarts, Potter» disse solamente con espressione eloquente cominciando a camminare verso l’uscita intasata della Sala Grande.
A metà scala del quinto piano la sua camminata perse tutta la decisione assomigliando a quella di un bradipo ferito; non sapeva nemmeno lei come stava riuscendo a fare i gradini, per inerzia, molto probabilmente.
Aveva superato già da un po’ l’allegra comitiva dei Corvonero del primo anno che faceva il suo giro turistico, e voltando dalla parte opposta aveva cominciato con una nuova rampa.
Maledisse Godric Grifondoro per aver scelto la torre al settimo piano come posto per la sua Sala Comune e salutò le persone dei quadri che ormai conosceva a memoria, e proprio quando stava mettendo piede sul pianerottolo del settimo piano, la scala decise di muoversi. Fu un miracolo se riuscì a non cadere di sotto.
Col cuore in gola per lo scampato pericolo, sentì un fischiettare tranquillo e spensierato arrivare alle sue spalle. Voltandosi vide Sirius e Peter in fondo al corridoio, belli rilassati e per niente stanchi, davanti al ritratto della Signora Grassa che si aprì lasciandoli entrare.

Com’era possible che quelli ogni volta sembravano sparire e ricomparire in tutt’altro luogo, freschi e riposati come dopo una bella dormita?
Liv se l’era chiesto molto spesso negli anni precedenti.
«Geranio Zannuto» scandì a chiare lettere la parola d'ordine alla Signora Grassa che le sorrise prima di farla entrare.
Nella circolare e luminosa Sala Comune rossa e oro c'era un piacevole tepore, a Liv bastò respirare una sola volta per sentirsi effettivamente a casa dopo due mesi di assenza.
Com’era prevedibile, le invitanti poltrone rosse davanti al grande camino acceso erano occupate, così si lasciò cadere con un sospiro su quella libera più vicina per mettersi comoda e aspettare le sue due amiche.
Chiuse gli occhi, sprofondando sui morbidi cuscini, ma dopo qualche secondo il fischiettare che aveva sentito prima in corridoio le arrivò all’orecchio, così forte che la fece sobbalzare.
Sirius, ancora chino su di lei con lo sguardo particolarmente penetrante che vagava per tutto il suo viso, rise apertamente contagiando anche Peter alle sue spalle.
«Vaffanculo, Black» ringhiò Liv scansandoselo di dosso con un calcio non troppo amichevole. Si alzò dalla poltrona con aria piuttosto infastidita prima di marciare dritta verso la scala dei dormitori femminili sotto l'intensa e maliziosa occhiata divertita di Sirius.


 

 

 

 

 

*

 

 

 




James mollò sul comodino il distintivo da Caposcuola quasi con stizza sotto lo sguardo analizzatore di Remus che restò a guardarlo allentarsi la cravatta rossa e oro al collo come sicuramente aveva fatto per tutta l'ora precedente, in aula professori. Era stato con Lily, cercarcando di mettersi d'accordo con lei su chi, tra loro due, avrebbe dovuto pattugliare i piani superiori per l'ora dopo lo scoccare del coprifuoco, prima di darsi il cambio con Gazza che avrebbe controllato il castello con Mrs. Purr per il resto della notte. Non sarebbe stato un anno facile per lui, si disse Remus senza distogliere lo sguardo divertito e leggermente preoccupato da lui.
«Quanto mi siete mancate» annunciò James aggrappandosi alle tende rosso scuro del suo letto a baldacchino.
«Non sono i capelli di Evans, quelli, Ramoso» lo stuzzicò Sirius, ridendo apertamente quando James si staccò dalla pesante e vellutata stoffa con espressione fintamente schifata.
«Non è un cervello quello che hai dentro la testa, Gramo» ribatté lui spintonandolo per farlo cadere sul letto.
«Perchè non le dici che ti è mancata?» rise Peter, andando a sistemare il suo spazzolino in bagno.
«Forse perchè non mi è mancata?» disse James mentre Sirius gli sfuggiva dalla presa.
«Forse perchè sa che così facendo si prenderebbe una fattura micidiale sul sedere?» ipotizzò Sirius, appendendo alla parete il nuovo calendario lunare che Remus gli aveva appena lanciato dalla parte opposta della stanza. «Questo sarà l'anno decisivo per un “sì”, Ramoso, vedrai» continuò in tono ironico.
«Perchè è l’ultimo?» chiese ridente Remus richiudendo il suo baule.
«Anche il terzo doveva essere quello decisivo!» urlò Peter dal bagno.
«E il quarto, il quinto...»

«Ammazzeremo la Piovra Gigante e non ci saranno più rivali» sentenziò Sirius lanciando un cuscino a James l'afferrò al volo con prontezza.
«Vi devo ricordare i ‘dolci’ aggettivi che ha usato per descrivermi un anno fa?»
«’Tronfio’?» suggerì Peter uscendo dal bagno e guadagnandosi il cuscino di James in piena faccia.
«’Bullo arrogante e prepotente’» infierì Sirius sollevando il mento per imitare una Lily quindicenne stizzita.
«’Sei così pieno di te che non so come faccia la tua scopa a sollevarsi da terra’» completò Remus incrociando le braccia al petto.
«Grazie» fece James guardando tutti e tre con aria ironica. «Ecco, non ci tengo proprio ad uscire con un essere umano che mi vede uguale a Mocciosus» mise in chiaro il concetto che per tutto l'anno precedente l'aveva fatto tenere a debita distanza da Lily Evans e da Piton. Sentirsi dire da Lily Evans che lui era uguale a Severus era stato come ricevere due bolidi al centro del petto tutti in una volta. Lui, uguale a Piton. No, nel modo più assoluto, no e ancora no. C'erano un'infinità di cose che lo differenziavano da lui, prima fra tutte l'odio per le Arti Oscure che Piton invece sembrava venerare.
Sapere che Lily lo riteneva identico a lui l'aveva stravolto, completamente.
«Sappiamo e sai benissimo che non lo sei» ribattè gelido Sirius sedendosi sul letto, lo sguardo perforante tipico di Sirius quando difendeva uno dei presenti in quella stanza circolare che chiamava casa.
Remus sorrise brevemente scrutando James fare altrettanto con una curva delle labbra finalmente sincera.
«C’era anche: ‘Mi dai la nausea’» ricordò Peter, illuminandosi. E in un attimo, James allungò una gamba per raggiungere il suo baule.
«Forse, però, se ti lasciassi crescere i capelli senza lavarli riusciresti finalmente a tenerli giù... non ti azzardare, Ramoso!» lo minacciò già divertito Sirius sapendo benissimo le intenzioni del suo migliore amico.
James infatti, chino sul suo baule, tirò fuori il suo Mantello dell’Invisibilità sparendoci sotto in un attimo.

«Chi sarà il primo di voi tre ad essere attaccato, stavolta?»














Note:

*Peter e i dolci. Clichè, direte voi. E io potrei anche darvi pienamente ragione. Però ho deciso di dargli i dolci come punto debole per un motivo (non perché nei libri viene descritto sovrappeso. Questo sì che sarebbe clichè).
Nel primo viaggio in treno di Harry e Ron, Crosta (Codaliscia/Peter) morde Tiger o Goyle perché stanno rubando i dolci sul sedile di Ron, con Draco davanti. L'ho preso come un ''molla quel cibo!" e non un odio per quei due perché Peter non li ha mai visti in vita sua (magari ha conosciuto i padri Mangiamorte, ma perché aggredire i figli così, dal nulla?)
Per cercare di caratterizzare Peter mi sono riletta le parti di lui come Crosta. Ore di vita perse, così. Sto provando di tutto per cercare di dare un senso a 'sto cristiano.
Non che faccia molto, da topo, a parte mordere chi ruba il cibo a Ron e dimagrire quando è sotto stress. Dorme la maggior parte del tempo, almeno fino al terzo anno. E ci credo.


*Sirius Black, nei libri, non sopporta chi si salva le chiappe a scapito degli altri o chi non prende posizione (sempre per preservare se stesso). Odia Peter anche per questo, lo ribadisce più volte. Sirius è quel tipo che preferirebbe rischiare agendo o morire piuttosto che pararsi il culo (e odia chi lo fa).


*H.P. e l'Ordine della Fenice, pag. 183: Ron e Hermione dicono a Harry che non possono cercare uno scompartimento sul treno con lui perché: “Noi... be'...io e Ron dovremmo andare nella carrozza dei Prefetti. Le lettere dicevano che dobbiamo ricevere le istruzioni dai Capiscuola e poi sorvegliare i corridoi ogni tanto”.


Al ritorno, Hermione spiega a Harry che nello scompartimento insieme a loro c'erano due Prefetti del quinto anno per Casa, fammine e maschi. Ho quindi immaginato che i Capiscuola diano le istruzioni ai Prefetti divisi anno per anno, a turni di tre (dato che ci sono Prefetti del quinto, sesto e settimo anno come Lucius Malfoy, prefetto al suo settimo anno e primo dei Malandrini nel ricordo di Piton).
Per me i Capiscuola erano due in tutta la scuola. Non avrebbe senso se ce ne fossero due di ogni Casa (a che servono i Prefetti del settimo anno, altrimenti?) e poi nel treno Hermione incontra i Capiscuola con i Prefetti delle altre Case del suo stesso anno (Malfoy, Goldstein, Abbott). Se ci fossero Capiscuola di ogni Casa credo che sarebbero loro a dare istruzioni ai propri compagni di Casa Prefetti.
Hermione avrebbe nominatio i prefetti Grifondoro di sesto e settimo anno (Malfoy, per esempio, sarebbe stato con i Capiscuola Serpeverde).

Il ruolo di Caposcuola nei libri sembra avere molto prestigio, di sicuro più di quello da Prefetto (anche perché è una gerarchia) e non avrebbe senso vedere otto Capiscuola in giro, come se fossero altri Prefetti del settimo anno.
Rileggendo i libri mi sono accorta che le ronde dei Prefetti non esitevano. Pattugliano esclusivamente i corridoi in treno durante il viaggio.
Durante il quinto e sesto anno, Ron e Hermione non fanno ronde notturne, Percy lo stesso al primo e secondo anno.
I Prefetti aiutano i bambini del primo anno a raggiungere i dormitori, controllano gli studenti durante il giorno nei corridoi e nelle Sale Comuni, togliendo punti o dando punizioni come far scrivere più volte una frase; aiutano ad addobbare il castello per le feste e quando c'è un'emergenza o un pericolo fanno la guardia agli ingressi o riportano gli studenti in Sala Comune.
I Prefetti possono fare rapporto ai Capiscuola o ai direttori della Casa della persona da segnalare (compreso un altro Prefetto dato che Hermione minaccia di fare rapporto per il comportamento ingiusto di Draco, prefetto anche lui).
I Capiscuola dirigono i Prefetti e sono a stretto contatto col preside in situazioni di emergenza, da quello che ci fa capire Percy nel terzo libro (l'unico Caposcuola che si vede in sei libri di scuola). Non so se facciano le ronde (qui sì) ma presumo possano togliere punti ai Prefetti. Da quel che ho capito, i Capiscuola hanno la responsabilità sui Prefetti e se i Prefetti possono togliere punti agli studenti normali, i Capiscuola dovrebbero poterli togliere ai prefetti (ma non possono tiglierseli a vicenda, tra Capiscuola). Dovrebbe essere una sorta di gerarchia, come nei college britannici.




*Ogni tanto rileggo l'intera saga da capo e mi accorgo di ''cose''. Ho appena finito di rileggere il settimo libro e, di nuovo, mi sono accorta di dettagli che mi erano sfuggiti. Tipo Mary che avvisa Lily della presenza di Piton fuori dalla torre dei Grifondoro la notte, dopo la lite. Lily esce in vestaglia a parlare con lui, quindi non dovrebbe essere subito dopo cena (oppure dopo la Lite non aveva troppa voglia di stare in mezzo a tutti in Sala Comune). Mi sono chiesta come avesse fatto Mary a vedere o sentire Piton fuori dal ritratto della Signora Grassa. Piton ha bussato o chiamato? Oppure Mary era in giro con il coprifuoco? Un giro da ribelle o di ritorno da una riunione con i Capiscuola?
Non so rispondere al mistero, mi ha messo parecchi dubbi alimentati dal fatto che Lily, nel peggior ricordo di Piton, non toglie punti a James e Sirius.
Se Lily è stata davvero Prefetto non credo perdesse tempo togliendo punti a James e Sirius (non ce li vedo come tipi attenti ai punti Casa o alle punizioni). Lily non era stupida e piuttosto che togliere punti a cascata, punendo più i Grifondoro in generale che James e Sirius, preferiva le parole e forse anche la bacchetta se la situazione poteva sfuggirle di mano (come vediamo nel peggior ricordo di Piton). Non so se Piton è stato un Prefetto (di certo non aveva voti bassi. Harry durante i G.U.F.O. del 1976 lo vede scrivere trenta centimetri in più rispetto ai suoi vicini di banco), ma se fossi stata attaccata in quel modo pesante non avrei nemmeno pensato a togliere punti al mio aggressore, l'avrei direttamente attaccato come fa poi Piton.
Nel peggior ricordo di Piton, Lily non toglie punti a nessuno e tira fuori la bacchetta minacciando di usarla se non la smettono. James e Sirius la guardano con ansia, come se non fosse la prima volta. O non era un Prefetto o sapeva benissimo che con loro la carica di prefetto non aveva "potere" (esattamente come per Fred e George, ricordate?).
In generale, nella saga, quasi nessuno dei Prefetti toglie punti in continuazione (forse vediamo Percy farlo, una volta al primo anno), si limitano a minacciare di farlo (a parte Malfoy che se ne approfitta, contro le altre Case).
Non ho mai immaginato Lily come Percy o Hermione (adesso che ci penso non ho mai visto Hermione togliere punti, sequestrava solo oggetti proibiti), la vedo molto più simile a Ginny anche per via della bacchetta tirata fuori.


*La descrizione del distintivo da Prefetto di Remus è la stessa che Harry fa di quello di Ron, nel quinto libro (pag. 162).


*Per essere nominati Caposcuola senza essere stati Prefetti (la signora Weasley nel terzo libro a pag. 67 al "E l'ultimo" di Fred riferito a Percy come secondo Caposcuola in famiglia, risponde: "Non ne dubito, voi due non siete diventati Prefetti, a quanto ne so") forse, oltre ad essere studenti brillanti, bisogna essere Capitani di una squadra di Quidditch (come James). Essere Capitano della squadra di Quidditch porta allo stesso livello dei Prefetti. Lo dice Hermione nel sesto libro quando Harry avrà il suo distintivo da Capitano. Lei dice chiaramente "Puoi usare il nostro bagno e tutto il resto". James, quindi, potrebbe essere stato un Capitano (e direi di sì, dato che tutti nei libri lo descrivono un fenomeno con la scopa e il Quidditch) e allo stesso livello dei Prefetti.
La Rowling mi fa dannare con tutte queste informazioni celate e disseminate nei vari libri, aiuto!

*Raptor: in questa storia nel 1977 è al suo primo anno. Non sappiamo l’anno di nascita, sappiamo solo che è nato il 26 settembre (è entrato quindi a Hogwarts un anno dopo il suo undicesimo compleanno come Hermione, Sirius, Tom Riddle). Il suo anno di nascita per me quindi risulta il 1965.
Ho deciso d'inserirlo nella storia perché alla fine del primo libro dice a Harry, a proposito di Piton: “Ci puoi giurare che ti odia. Era a Hogwarts con tuo padre, non lo sapevi? Si detestavano reciprocamente”. Ho immaginato che Raptor dovesse averli visti a scuola (al settimo anno James continua a rispondere alle maledizoni di Piton quando non aveva Lily attorno).
La Rowling ci dice che era un Corvonero, un fragile ragazzino molto timido e sensibile, preso di mira dagli altri, molto intelligente e con l’hobby della pressatura di fiori selvatici. Proprio per il suo essere vittima di bullismo, sentendosi inadeguato e desideroso di mettersi alla prova, si interessò alle Arti Oscure in modo esclusivamente teorico (in segreto, i viaggi che ha fatto dopo erano per approfondire questa branca della magia). Magari vedendo Piton che nonostante fosse vittima di James riusciva comunque a rispondere ed attaccare lui stesso, anche per primo (come dice Sirius quando parla del loro settimo anno). Piton era famoso tra gli studenti per essere un esperto di Arti Oscure.
Entrando a scuola nel 1977 prenderà i suoi M.A.G.O. nel 1984, l'anno in cui compie 19 anni. Così ha tutto il tempo di (come ci fa sapere la Rowling): diventare insegnante di Babbanologia per più di un anno (se per insegnare i presidi vogliono far passare ''qualche anno'' dai diciotto, come dice Dippet a Tom Ridlle, facendo passare due anni dal diploma Raptor potrebbe aver chiesto la cattedra di babbanologia a 21 anni).
Insegna per due anni (più di uno, come dice la Rowling) e si prende un anno di congedo per viaggiare (1990-1991) prima di ritornare dall'Albania a Hogwarts nell'estate del 1991 (con Voldemort, insospettendo Silente e Piton che lo vedono cambiare atteggiamento, come fa sapere Hagrid) per diventare professore di Difesa di Harry all’età di 26 anni.
Nel primo libro Piton sembra conoscerlo piuttosto bene, compreso il suo amore per i suoi ''abracadabra". Potrebbe benissimo conoscerlo perchè per due anni sono stati colleghi (pozioni e babbanologia) oppure perché ai tempi di scuola Piton ha notato qualcosa. Vedrete più avanti qualcosa a riguardo. Raptor da ragazzino non ha mai praticato magia oscura, il suo interesse era solo teorico.

Tutti nel 1991 descrivono Raptor come “giovanotto pallido”, nessun’altro professore è mai stato descritto come giovanotto, nemmeno Allock. Voldemort stesso dice che quando l’ha incontrato in Albania era un “giovane mago”. Era sicuramente più piccolo di Allock che in questa storia è al sesto anno e che dopo i M.A.G.O. ha passato molti più anni di Raptor in viaggio (almeno dieci, dice la Rowling).

Lei ci fa sapere soltanto che Allock è nato il 26 gennaio, per me del 1961 come Regulus perché su Pottermore c’è scritto che quando è entrato a Hogwarts si aspettava la popolarità che le aveva promesso la madre, quella che invece non ebbe e che soltanto circa due decenni dopo avrà Harry nel 1991.
Se Allock è nato nel 1961, entra a Hogwarts nel 1972 a undici anni (i Malandrini sono al loro secondo anno) e dal 1972 al 1991 sono circa vent’anni, ventuno per la precisione. Per far tornare tondo il conto a 20 anni precisi dovrebbe avere la stessa età dei Malandrini, ma non può essere, l’avremmo saputo, quindi per me aveva soltanto un anno in meno.
Non ce la vedo, poi, Molly infatuata di un ragazzo di ventisette anni nel 1992. Allock doveva essere più grande di Raptor, non di poco. Deve anche avere il tempo di pubblicare i libri delle ''sue avventure in giro per il mondo", farsi pubblicità, firmare autografi, scrivere un libro per casalinghe, ottenere premi di ogni genere.


*La maledizone della cattedra di Difesa non ha mai ucciso nessuno a parte Raptor. Raptor è l'unico morto (tra l'altro, aveva Voldemort dentro di sè ed è morto dopo che lui ha abbandonato il suo corpo).
Allock ha perso la memoria (con lo stesso incantesimo che l'ha reso famoso) e la fama.
Remus si è autolicenziato per via del suo segreto di Lupo Mannaro svelato a tutto il mondo magico.
Barty Crouch finto Moody è rimasto senza più un'anima col bacio dei Dissennatori che ad Azkaban l'avevano fatto quasi impazzire durante l'anno di detenzione. Il bacio è peggio della morte, ma non è effetivamente morto.
La Umbridge è stata rapita dagli ibridi che odiava e di cui aveva molta paura.
Piton si è ritrovato ad uccidere (costretto) l'unica persona che gli era davvero amica, che conosceva la sua vera essenza innocente, che credeva in lui; ed è scappato facendo vedere a tutti di essere dalla parte di Voldemort.
Amycus Carrow è svenuto dopo la Maledizione Cruciatus di Harry nella Sala Comune dei Corvonero, sicuramente finito ad Azkaban dopo la battaglia.
Direi che la Maledizione di Voldemort mirasse a distruggere in un anno le vite dei professori con le loro più grandi paure o ambizioni. La fine peggiore la fanno i praticanti delle Arti Oscure (Raptor, Barty, Amycus e Piton), proprio il colmo.
Ho sempre pensato che se ci fosse stata un'alta percentuale di morti alla fine di ogni anno scolastico, Silente non avrebbe mai chiamnato a scuola Remus e Moody (suo fidato amico tanto da richiamarlo come membro del secondo Ordine dandogli anche del potere nelle missioni, come se fosse suo vice).


*H.P. e L'Ordine della Fenice, Pag. 204/5/6: Il Cappello parlante stupisce Harry e tutta la Sala Grande quando inizia la sua tradizionale filastrocca di inizio anno che non si limita alla descrizione delle case. Hermione chiede se per caso è successo altre volte e il fantasma dei Grifondoro risponde di sì, più precisamente:  "Sì, sicuro. Il Cappello si sente tenuto a dare alla scuola necessari consigli tutte le volte che avverte..." "Il Cappello l'ha già fatto, sempre quando ha avvertito periodi di enorme pericolo per la scuola. E naturalmente il suo consiglio è sempre lo stesso: restate uniti, siate forti dall'interno".

Presumo che il Cappello l'abbia detto perchè nel settembre del 1995 Voldemort era tornato. Mi sono chiesta quindi se il Cappello nel 1977, periodo in cui Voldemort è quasi al culmine della sua ascesa al potere, ha sentito lo stesso pericolo.






   
 
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