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Autore: Kary91    05/01/2016    3 recensioni
[Mini-Long | Post-Epilogo | Sequel de "The Miner Saw a Comet"e "La Cometa del Distretto 12 | Gale&Katniss]
Sono passati quindici anni dall'ultima volta che Katniss e Gale si sono parlati; molte cose sono cambiate da allora.
Katniss vive con Peeta e i loro due bambini. Gale si è trasferito nel Distretto 2, ma non ha mai dimenticato il proprio passato. Lo dimostra suo figlio, il piccolo Joel Jr., che porta il nome del nonno. E lo dimostra anche il suo ritorno improvviso nel Distretto 12 assieme al figlioletto, per assistere al passaggio di una cometa. La cometa di Halley - quasi come Haley, il nome della piccola Mellark; la stessa cometa avvistata da suo nonno e dal nonno di Katniss ormai 76 prima. Halley come la cometa che Katniss e Gale si erano ripromessi di veder passare assieme quando erano ragazzini, in onore dei loro padri.
Questa è la storia in cui si parla del ritorno di quella cometa. è la storia di un'amicizia rimasta in sospeso per anni, di un legame sfilacciato che tuttavia resiste ancora. E a ricucirne i lembi sdruciti di quel legame saranno due bimbi e una vecchia storia.

O, forse, solo il destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Famiglia Hawthorne, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We Might Fall - La Cometa di Halley.'
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Il ritorno della cometa

 

One | Friends will be friends Strangers

 

 

Katniss percorse lentamente la decina di metri che ancora la separava dalla bocca delle miniere. Di fronte a lei sua figlia saltellava irrequieta, voltandosi di tanto in tanto per chiedere ai due genitori di accelerare. In un altro momento, probabilmente, l’impazienza della bambina l’avrebbe fatta sorridere. Quella sera, tuttavia, la tensione era tale da renderle faticoso perfino guardarsi attorno: non voleva frugare con lo sguardo il gruppetto di presenti appostato di fronte alle miniere cercando qualcuno che, in fondo, non era nemmeno sicura di voler vedere. Né sperava di imbattersi all’improvviso nelle due persone che sua figlia era così impaziente di incontrare.

Attraversò comunque il prato che distanziava lei e la sua famiglia dal resto dei presenti, stringendo più forte la mano del piccolo Rowan. Non metteva piede in quella zona del Distretto da anni: dopo la rivolta le miniere erano state chiuse e non le avevano più riaperte. Tuttavia, si era ripromessa che avrebbe aspettato la cometa di Halley lì, dove suo nonno Michael e Samuel Hawthorne l’avevano avvistata per la prima volta. Un’ombra di malinconia velò il suo sguardo, mentre la donna ripensava all’entusiasmo con cui suo padre raccontava quella storia a lei e a Prim quando erano piccole.

 

“Che storia è?” domandò Katniss.

“La storia di una cometa“ rispose il padre con un sorriso enigmatico. “Si chiama cometa di Halley’”.

“Tu l’hai mai vista, papà?”

“Non ancora. Ma tuo nonno Michael sì, ed è sua la storia che voglio raccontarti.”[1]

 

“Katniss?”

La voce di Peeta la distolse da quei pensieri; sbatté le palpebre e si convinse a guardarsi attorno: Haley si era già staccata da loro e stava correndo verso le miniere. Anche Rowan aveva incominciato a camminare più in fretta, deciso a raggiungere la sorella.

“Sto bene” mormorò infine la donna, incrociando lo sguardo del marito.

Esitò, prima di lasciare la mano del secondogenito. Il bambino le rivolse un sorriso luminoso, dopodiché si lanciò all’inseguimento di Haley. I due fratelli si avviarono spediti verso un capannello di ragazzini. A Katniss bastò una rapida occhiata in quella direzione per intuire che fossero tutti degli Hawthorne: si somigliavano molto gli uni con gli altri. Riconobbe facilmente i tre figli di Vick: i due gemellini, che coinvolsero subito Rowan nel loro gioco, e la bambina, June, che invece si precipitò a raggiungere Haley. La piccola Mellark, tuttavia, sembrava distratta: ricambiò frettolosamente l’abbraccio dell’amica e riprese a guardarsi attorno.

“È là” mormorò a quel punto Peeta, indicando a Katniss tre persone sedute su una roccia.

D’istinto, la donna s’irrigidì, ma la tensione venne meno, quando riconobbe Posy e il suo fidanzato, Dru, intenti a chiacchierare con un ragazzino seduto in mezzo a loro: Joel Hawthorne Jr. sorrideva alla zia con espressione vivace, facendo spallucce di tanto in tanto. Le somiglianze fra il bambino e i suoi cugini erano innegabili, eppure c’era qualcosa nel suo sguardo maturo, nel suo atteggiamento così controllato, che lo rendeva diverso dai coetanei. Aveva un che di antico, che la riportava con la mente al passato: alla polvere di carbone che le sporcava i vestiti da piccola, grigia come gli occhi della gente del Giacimento; occhi come i suoi e come quelli del bambino. Occhi come quelli di Gale, che era presente in suo figlio tanto quanto Rowan ricordava Peeta.

Katniss si convinse a distogliere lo sguardo dal ragazzino per guardarsi attorno. Le dita di Peeta s’intrecciarono alle sue e la donna si aggrappò a quella presa per trarne conforto.

La piccola folla sparpagliata di fronte alle miniere era composta quasi interamente dai membri della famiglia Hawthorne: avvicinandosi, Katniss incontrò lo sguardo di Vick, che le sorrise, mentre sua moglie Danielle salutava lei e Peeta con la mano. Vick era stato, fra i tre fratelli di Gale, quello con cui la donna era riuscita a mantenere un rapporto migliore: continuava a essere il giovane dalla personalità mite e gentile che era stato da ragazzino, sempre pronto a tendere la mano verso gli altri e a sorridere anche quando le cose faticavano ad andare per il verso giusto. Anche con Posy aveva un buon rapporto, ma a costruirlo c’era voluto del tempo: la piccola di casa Hawthorne era per Katniss il promemoria costante di ciò che aveva perso. In lei e nel fortino di legno azzurro che Peeta aveva aiutato a costruire quando era bambina, la donna rivedeva l’innocenza di Prim, il suo amore per il cielo e i pomeriggi trascorsi dalle due bambine a farsi il solletico nel prato di fronte a casa Everdeen. Posy tuttavia alla fine era cresciuta, proprio come i suoi fratelli. Era diventata una giovane donna vispa e combattiva, testarda come solo gli Hawthorne potevano essere, ma incapace di portare rancore troppo a lungo.

Katniss esaminò il gruppetto di persone, individuando anche Hazelle e la moglie di Rory, Eileen. Anche in lei non c’era più molto della ragazzina timida, ma sempre sorridente, che per anni era stata una delle migliori amiche di Prim. Incrociò il suo sguardo e rispose al suo saluto con un lieve cenno della mano, prima di venire distratta dalla voce squillante di Haley. Era di nuovo vicino a lei, ma l’attenzione della bambina era completamente rapita dal ragazzino che stava correndo loro incontro.

“C’è Joel!” annunciò, tirando con forza la mano del padre, prima di raggiungere il compagno di giochi. Il suo sorriso riuscì a cancellare almeno per un istante la tensione di Katniss.

“Ehi, Halley!” esclamò il bambino, fermandosi per riprendere fiato. “Sei venuta!”

“Certo che sì!” ribatté la ragazzina, mettendosi le mani sui fianchi. “Mica potevo stare a casa, se stanotte passa una cometa che si chiama come me!”

Joel sorrise, mettendo le mani in tasca. Spostò poi la sua attenzione verso i genitori della bambina.

“Salve, signori Mellark” aggiunse, tendendo il braccio verso di Peeta.

L’uomo ricambiò il sorriso e la stretta di mano nella stessa maniera rilassata con cui l’aveva fatto il giorno precedente, in panetteria.

Uno dei capi-famiglia Hawthorne, che aveva assistito alla scena da poco distante, li raggiunse e circondò il collo di Joel con un braccio. Ancora una volta Katniss non poté fare a meno di irrigidirsi nell’incrociare i familiari occhi grigi dell’uomo, prima di realizzare che si trattava di Rory e non del maggiore dei fratelli.

“Come siamo educati!” scherzò il nuovo arrivato, arruffando i capelli del nipotino. “Che direbbe Johanna, se ti sentisse parlare così?”

Le parole di Rory riuscirono a turbare Katniss, più per la sorpresa che provò nel sentirle che non per il loro contenuto. Una fitta di malessere le stuzzicò il petto, mentre un dubbio incominciava a farsi strada fra i suoi pensieri: era di Johanna Mason che Rory stava parlando? Che cosa c’entrava lei con quel bambino?

Joel arrossì.

“Direbbe…” incominciò, prima di abbozzare un sorrisetto malandrino. “…Direbbe: vedi di parlare come un marmocchio della tua età, Hawthorne!” esclamò infine, scimmiottando un tono di voce brusco.

Lo zio si mise a ridere e perfino Peeta abbozzò un sorriso. Katniss non ci riuscì: l’imitazione del ragazzino aveva accentuato il suo presentimento e le bastò ricambiare lo sguardo di Rory per intuire che la provocazione fosse dovuta. Che il riferimento a Johanna fosse stato inserito nella sua frase per assicurarsi che Katniss capisse, che venisse colta dal dubbio, per istigarla a domandarsi quale relazione ci fosse fra la Mason e il padre del bambino. Voleva pungerla sul vivo, e a farle più male in quel momento fu la sorpresa nel realizzare che ci fosse riuscito.

Distolse lo sguardo da Rory, decisa a ignorare le sue provocazioni; il suo rapporto con lui si era sgretolato sempre di più dopo la fine della Rivolta; ne erano una prova la freddezza con cui Rory era solito rivolgersi a lei o a Peeta. Inizialmente Katniss aveva provato rabbia nei confronti di quel suo nuovo modo di fare, ma con il tempo aveva imparato a comprenderlo: era il suo modo di dimostrare che lui, al contrario di Vick, o di Posy, la riteneva responsabile almeno in parte per la dipartita di Gale. Ed era anche la sua maniera di prendersi cura della famiglia, ora che aveva smesso di giocare a fare il grande per diventare a tutti gli effetti l’uomo di casa. Ora che, secondo il suo punto di vista, toccava a lui prendersi cura del fratello maggiore, invertendo i ruoli che avevano avuto in passato.

Katniss tornò a guardare Haley, che stava salutando Rory con la mano: nonostante il distacco esistente fra l’uomo e i coniugi Mellark, la ragazzina aveva sempre provato simpatia nei suoi confronti, probabilmente perché andava molto d’accordo con sua figlia, di poco più piccola di lei.

“Ciao, papà di Prim!” esclamò allegra, rivolgendogli un sorriso birichino.

Il nodo in gola di Katniss si intensificò e la stretta di mano di Peeta si fece più salda. Rory fece l’occhiolino alla piccola Mellark e scompigliò i capelli del nipote, prima di allontanarsi a mani in tasca verso il resto della sua famiglia.

Fu in quel momento che Katniss lo vide: appoggiato alla parete rocciosa che un tempo indicava l’ingresso delle miniere. Se ne stava in disparte con il cappello calcato sugli occhi e le braccia conserte, dettagli che sottolineavano la distanza che intendeva mantenere con ciò che lo circondava. Hazelle era al suo fianco e gli stava parlando, ma la preoccupazione che velava i suoi occhi tradiva il lieve sorriso che le incurvava le labbra.

Katniss distolse lo sguardo, ignorando il proprio battito accelerato. Tuttavia, poco dopo non poté fare a meno di voltarsi nuovamente verso Gale; l’attenzione dell’uomo, adesso, era rivolta a una bambina dai capelli biondi e lo sguardo timido, che lo stava fissando semi-nascosta dietro una delle rocce. Era lì da un po’, ma Katniss non le aveva fatto veramente caso fino a quel momento. La riconobbe subito e, nel farlo, il nodo alla gola che già avvertiva si strinse ulteriormente: era la figlia di Rory, l’unica fra i nipoti di Hazelle a non aver ereditato i capelli scuri tipici degli Hawthorne.

Gale indicò la bambina alla madre con il capo, prima di arrendersi a un lieve sorriso. Era il primo che Katniss vedeva sul suo volto da quando era tornato e sembrava quasi fuori luogo, se accostato alla sua espressione spenta e distante.

“Mi stai seguendo?” chiese a quel punto Gale, chinandosi per essere all’altezza della nipotina. La bimba gli sorrise, ma fece un passo indietro per nascondere il volto nella maglietta del padre, che li aveva appena raggiunti.

“Fa la timidona, ma credo che voglia dirti qualcosa” commentò Rory, accarezzando i capelli della figlia. “Vero, amore?”

La bambina annuì, tornando a sorridere in direzione di Gale: lo zio della piccola aveva lo sguardo conteso fra la tenerezza e qualcosa di terribilmente simile al disagio. A Katniss stranì vederlo così impacciato: se l’era sempre cavata bene con i suoi fratelli, quando erano piccoli. Immaginò che il nome della ragazzina dovesse pesare su di lui tanto quanto accadeva con lei.

“Domani tu e Joel potete venire di nuovo a casa nostra?” chiese a quel punto la bambina, giocherellando con la mano del padre. Gale le sorrise una seconda volta, ma la tristezza tornò a premere sul suo sguardo.

“Purtroppo no: io e Joel partiamo domani mattina presto. Lui deve tornare a scuola e io ho il lavoro, non possiamo fermarci più a lungo” spiegò, accarezzandole i capelli.

La ragazzina guardò speranzosa il padre, come se pensasse che lui avrebbe saputo fargli cambiare idea, ma Rory di si limitò a darle un bacio sulla testa. Indirizzò poi una rapida occhiata in direzione di Katniss, che distolse subito lo sguardo.

“Ma poi torni?” domandò ancora la bimba, rivolta allo zio.

Gale non le rispose. Il suo sguardo vagò in direzione del figlio, che stava giocando in compagnia di Haley e June.

“Sei contenta di vedere la cometa, biondina?” chiese, tornando a rivolgersi alla nipote. La ragazzina annuì.

“Sì, ma però perché mi chiami sempre biondina?” lo interrogò poi, incuriosita. “Io sono Prim, è questo il mio nome!”

Quella frase riuscì a spegnere il sorriso che si era arrampicato a fatica sulle labbra di Gale. L’uomo si allontanò dalla nipotina e, per un istante, il suo sguardo incontrò quello di Katniss. La donna s’irrigidì, colta di sorpresa, ma non fece nemmeno in tempo a guardare altrove che Gale le stava già dando le spalle.

 “Lo zio Gale è arrabbiato con me?” chiese impensierita la bambina, indirizzando un’occhiata apprensiva alla nonna. Sia Hazelle che Rory si affrettarono a scuotere la testa.

“Certo che no” spiegò la donna, abbozzando un sorriso. “Tuo zio è solo un po’ stanco; ha fatto un viaggio molto lungo per venire a trovarci.”

“E ha guidato lui, sai?” le venne in aiuto Rory, accovacciandosi di fronte alla figlioletta. “Zio Gale è un pilota come quelli dei film: scommetto che, se glielo chiedi, la prossima volta che andiamo a trovarlo ti porta con sé a volare.”

L’espressione della bambina tornò serena.

“Davvero?” esclamò, cercando Gale con lo sguardo.

In quel momento, anche la piccola sembrò accorgersi di Katniss: incrociò il suo sguardo e le rivolse uno dei suoi soliti sorrisi timidi. La sua indole pacata e i capelli biondi che le incorniciavano il viso esile concordavano con il nome della bambina al punto tale da ferire la donna ogni volta che la osservava. Quando Katniss aveva scoperto che Rory ed Eileen avevano chiamato la figlia come la loro migliore amica d’infanzia, aveva provato rabbia; e dolore, al pensiero di essere costretta a sentir nominare il nome di sua sorella così spesso. Si era infastidita, perché nessuno, nemmeno Rory, aveva il diritto di piangere o commemorare sua sorella quanto lei. Con il tempo, tuttavia, aveva imparato ad accettarlo. Primrose era stata amata da molti, e lei e sua madre non erano state le uniche a dover incassare il lutto. Condividere il dolore della perdita con chi aveva voluto bene a sua sorella le aveva fatti bene: l’aveva aiutata a lenire, almeno in parte, il bisogno di piangerla quotidianamente.

Le sue dita strinsero con più forza quella di Peeta, cercandolo istintivamente. La cometa non era ancora passata, eppure Katniss stava già incominciando a pensare che quella situazione fosse troppo pesante da sostenere. Il marito le sorrise rassicurante; fece scorrere il pollice lungo il dorso della sua mano e quel semplice gesto l’aiutò a sentire un po’ della tensione scivolare via. Bastò quella carezza per aiutarla a sentirsi meno atterrita e per farla tornare, almeno per un istante, a casa. Lei che tutto a un tratto, in mezzo a coloro che un tempo considerava una seconda famiglia, si sentiva smarrita.

Si voltò verso i bambini, perché guardare loro e dare le spalle al passato era un po’ meno doloroso. Joel e Haley si stavano sfidando a una gara di velocità e June li inseguiva schiamazzando.

Nel veder i due compagni di gioco ridere a quel modo, la tenerezza di Katniss venne graffiata da una punta di fastidio: c’era qualcosa nel modo in cui sua figlia cercava Joel, nella vivacità con cui lo guardava, che le faceva male. Perché, anche se Haley era sempre stata una bambina solare, nulla le aveva mai fatto brillare gli occhi in quella maniera, quasi avesse appena ritrovato un pezzo di sé che nemmeno sapeva di aver perso. Non avrebbe saputo dire se quel tassello di puzzle risiedesse nel piccolo Hawthorne, oppure nell’attesa del passaggio di una cometa. L’unica cosa che le pareva evidente era che tutto riconducesse a lui: alla sua presenza nel Distretto 12; al suo ritorno, dopo tutti quegli anni.

Avrebbe voluto sentirsi felice, condividere lo stesso entusiasmo della sua bambina. Tuttavia, quei dieci metri di prato che la separavano dal suo passato – da Gale - in quel momento glielo impedivano; perché facevano male almeno quanto i dieci Distretti che li avevano tenuti lontani nel corso degli ultimi anni.

Forse in quel momento anche lui venne folgorato dallo stesso pensiero, perché per un istante incrociò lo sguardo della donna. Katniss sbarrò gli occhi, incapace di interrompere quel contatto. Lo sentì indugiare a lungo su di sé come se la stesse sondando, in cerca di qualcosa. Lo vide esaminare anche Peeta e poi le loro dita intrecciate, con espressione indecifrabile.

Infine, proprio nel momento in cui sembrava sul punto di arretrare, l’uomo si mosse in avanti. Incominciò a camminare, le mani in tasca e la schiena dritta, a metà fra il ragazzo che era stato e il militare che era diventato in seguito. I suoi erano passi lenti e calcolati, ma decisi: i passi di un soldato in missione, di un cacciatore appostato dietro la preda. Passi diretti verso di lei.

Katniss rimase immobile, contesa tra l’impulso di fuggire e quello di condividere il suo sforzo di avvicinarla, di raggiungerla. Il suo sguardo teso continuò a sostenere quello di Gale, così come non riusciva a fare andandogli incontro.

La distanza fra di loro si era ormai dimezzata, quando la voce eccitata di Haley costrinse entrambi a interrompere il gioco di sguardi.

“Eccola, eccola!” stava gridando la ragazzina, l’indice puntato verso il cielo.

 

Note Finali.

Ed ecco qui il primo capitolo di questo racconto; ecco che finalmente vengono introdotti anche i membri della famiglia Hawthorne ormai cresciuti e, in particolare, i loro bimbetti. I cugini Prim, June e Joel Jr. Ma anche Haley e il suo fratellino Rowan, sono stati già introdotti e approfonditi in altre storie  (specialmente S.O.S. Hawthorne e Un Barattolo di Cielo per quanto riguarda Joel e le tre femminucce), ma erano necessari anche qui per completare il quadro che collega passato, presente e futuro. Prim Junior porta questo nome per via di una serie di motivi che sono stati raccontati nella storia E.Y.E.S. O.P.E.N., incentrata sul rapporto fra Rory e Prim (Everdeen). Per quanto riguarda Joel e Halley… beh, la loro intesa era già stata accennata ne “La Cometa del Distretto 12”, dove si sono conosciuti, e qui ho cercato di approfondirla almeno in parte, nonostante la storia sia incentrata sulle riflessioni di Katniss. Nel prossimo capitolo assisteremo finalmente al passaggio della cometa e ci sarà anche un breve cambio di prospettiva con un frammento di storia raccontato dal punto di vista di Gale.

Spero tanto che questa prima parte possa esservi piaciuta – nonostante la sua spropositata lunghezza/lentezza!

Un abbraccio e buona befana in anticipo! *manda Sae la Zozza a lanciare  in giro caramelle e carbone – quello di certo saprà dove trovarlo!*
Laura



[1] Il passaggio in corsivo è un paragrafo tratto dalla prima storia di questa serie: The Miner Saw a Comet.

   
 
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