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Autore: Ice_DP    11/01/2016    4 recensioni
Spin-off di Oblivion che svela alcuni retroscena chiave della storia.
Da quegli Ace e Aki che si credono solo amici.
Alla fatidica discussione di Rufy e Nami.
Alla nascita dell'odio reciproco tra Sanji e Zoro.
E tanti altri episodi che aiuteranno a capire il perché di tante cose. O forse le complicheranno ancora di più?
[Lettura di Oblivion consigliata]
[Il rating potrebbe essere soggetto -quasi sicuramente- a cambiamenti]
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace | Coppie: Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Abyss'
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SMALL STEPS INTO OBLIVION

 

Alto tradimento

 

 

Era una festa come tante di quelle che avevano sempre fatto da quando si conoscevano. C’era Ace che faceva il solito cascamorto con chiunque gli capitasse a tiro, senza ben distinguere se fosse un uomo o una donna; Aki che ogni tanto lo andava a tirar via, più ubriaca di una spugna; Sanji correva dietro alle sottane di tutte le esponenti di sesso femminile che trovava sul suo cammino, con una predilezione per Robin; Franky difendeva a spada tratta la sua dolce metà che se la rideva sommessamente; Usopp, Brook e Rufy cantavano tutti insieme dondolando a ritmo di musica mentre Nami scuoteva la testa irritata, e Zoro..beh Zoro dormiva.

Insomma, uno dei tanti teatrini simpatici cui tutti erano abituati ormai. Non che non fosse divertente, anzi.

Quella sera però, qualcosa galleggiava maligno nell’aria, e qualcuno doveva essersene accorto; peccato che fosse la persona sbagliata.

Non si sapeva bene chi avesse invitato tutta quella gente a casa di Rufy e compagnia bella, fatto sta che quell’appartamento sembrava scoppiare. Tra quelle persone spiccava di sicuro la bella Boa Hancock, che non aveva mancato una sola occasione per stare appiccicata al padrone di casa durante tutta la serata; adesso era in ginocchio, in sua palese adorazione mentre quello strillava frasi senza senso con un tono che avrebbe rotto persino un vetro più spesso di un prosciutto. Naturalmente il ragazzo non la degnava di uno sguardo, troppo occupato a consumarsi la voce con i suoi fidati amici, ma qualcuno lo faceva per lui: dall’altra parte della stanza, con un’aria furente e tutto meno che amichevole, c’era Nami, indecisa se agire e spaccare subito la faccia a quella smorfiosa o starsene tranquilla lì dov’era. Era decisamente più propensa per la prima ipotesi.

Continuava a ripetersi che tanto il suo ragazzo non avrebbe mai potuto fare nulla di male, ma una vocina cattiva continuava a darle il tormento, dicendole che sarebbe accaduto di sicuro qualcosa di sbagliato; ma dopotutto era di Rufy che si stava parlando, la persona più ingenua e genuina che avesse mai avuto modo di conoscere. Ad arrivare in suo soccorso fu Robin che espresse i pensieri della rossa.

“Stai tranquilla, non succederà nulla” le aveva detto, e lei ci vedeva sempre giusto in queste cose. E infatti Nami si rilassò, lasciando che la tensione che aveva accumulato sulle spalle scivolasse via e le permettesse di godersi una birra in tutta tranquillità. Diede le spalle alla scena stomachevole che aveva osservato fino ad un istante prima, e raggiunse Robin che nel frattempo si era seduta sul comodo divano.

 

Due occhi grigi e magnetici avevano osservato attentamente tutto lo svolgersi della vicenda con un certo interesse, e contemporaneamente delle labbra si erano increspate in un sorriso malefico, che faceva venire i brividi.

 

“I BELIEVE I CAN FLYYYYYYYYYYYY!!”

Urla sovraumane e senza apparente senso arrivavano dal coretto che i tre moschettieri, visibilmente ubriachi e con ancora meno neuroni del solito, avevano intonato da qualche secondo. Erano ancora più ridicoli perché si tenevano per le spalle, con gli occhi chiusi e la bocca vibrante e spalancata peggio di quella di una balena anoressica che cercava disperatamente cibo.

“Bravo!!” si sentiva cinguettare, in mezzo a imprecazioni e oggetti che volavano nella direzione dei cantanti improvvisati; non erano stati apprezzati come avrebbero dovuto.

Un’adorante Boa Hancock stava saltellando davanti a Rufy, che la guardava senza realmente capire che cosa stesse facendo. Per lui quella donna era qualcosa che andava oltre la sua infantile comprensione.

“Bravo amore mio, sei un cantante favoloso!!” urlava lei, arrossendo e facendo gli occhi languidi in direzione del ragazzo davanti a lei.

“Lo sho…shono un grande cantante io!!” si gonfiava Rufy, che da vantarsi aveva ben poco, ma avendo trovato almeno un appoggio al suo splendido karaoke improvvisato, non poteva fare altrimenti.

“E noi??” si lagnavano all’unisono Usopp e Brook, indignati per non aver ricevuto anche loro le attenzioni e i complimenti che meritavano. O almeno erano convinti di meritare. In fondo erano un trio, che diamine!

“Rufy amore!” si scioglieva ancora la donna prosperosa non dando minimamente loro ascolto, avendo occhi solo per Rufy; le altre persone non apparivano nemmeno al suo sguardo innamorato. C’era posto solo ed esclusivamente per il ragazzo dai capelli corvini e nient’altro.

“Abbiamo capito, togliamo il disturbo!” fece un offeso Usopp che, barcollando, si incamminò da qualche altra parte sorreggendosi ad un Brook che di stabile non aveva nemmeno i capelli afro.

Così Boa fu finalmente da sola con il suo amato, che la guardava con due occhi simili a quelli di una triglia lessa. Non stava veramente capendo niente.

“Shono bravisshimo!” si glorificava, alzando un braccio in aria e sbattendosi l’altra mano sul petto con fare molto macho.

Tutto questo, ovviamente, non fece che aumentare di più la libido di Boa, che non ci pensò due volte nel lanciarglisi tra le braccia.

“Oh mio eroe, sei il migliore!” starnazzò, stringendosi il capo di Rufy tra i suoi seni e rischiando di soffocarlo. Da quell’ammasso morbido provenivano rumori di dissenso e di aiuto, ma lei pareva non farci caso.

Dopo quelli che parevano interminabili secondi, Boa liberò il ragazzo da quella morsa assassina e soffocante, per portarlo a pochi centimetri dal suo viso, prendendolo delicatamente per le guance.

“Oh amore mio…” disse sensualmente, guardandolo negli occhi. Quello respirò rumorosamente, ringraziando il cielo di poter di nuovo respirare della preziosa aria.

Era evidente che Rufy non stava capendo nulla di quello che gli stava accadendo il quel momento, altrimenti ci avrebbe pensato due volte prima di cadere in quel tranello e scatenare l’inferno.

In un batter di ciglia Boa, che aveva sfruttato a pieno l’occasione ghiotta, se lo portò sempre più vicino alle labbra, rubandogli un bacio che non venne mai ricambiato. Rimase addosso alle labbra di Rufy per tutto il tempo che le serviva per bearsi di quel contatto; ma fu anche abbastanza perché Nami potesse vedere quella scena con i suoi stessi occhi, dato che si era appena voltata come se avesse intuito qualcosa.

Rufy rimase con gli occhi aperti, stupito e anche leggermente stordito da quella situazione che non riusciva a comprendere, complice l’alcool che aveva in corpo. Li strizzò solo dopo qualche secondo, indeciso se scagliare lontano quella donna che gli pareva una sanguisuga. Optò proprio per questa scelta, ma nell’agire non si rese conto che posò le mani proprio sul seno prosperoso di Boa, scatenando in lei mugolii di assenso. La donna si staccò dalle sue labbra con fare teatrale, non dandogli nemmeno il tempo di reagire e staccarla da sé; reclinò la testa all’indietro e gemette talmente forte da attirare l’attenzione di tutti i presenti.

Nami osservava la scena come impietrita.

Vedere il suo ragazzo con gli occhi spalancati, che si fissava le mani posate sul decolleté di quella vipera con la testa all’indietro e l’espressione goduta, le faceva venire il sangue al cervello. Ma non un suo muscolo si mosse.

Ci volle un po’ prima che Rufy riuscisse a liberarsi da Boa, la quale si accasciò sul divano più vicino in preda all’estasi più totale, non rendendosi nemmeno conto che quasi l’aveva scagliata lontano. Ma Nami già se n’era andata.

La cercò per la casa, trovandola nel bagno che piangeva; non appena lo vide sulla soglia cercò di darsi un contegno davanti a quell’imbecille. Se solo pensava quanto tempo ci avevano messo per arrivare a quel punto con tutti gli ostacoli che avevano affrontato, quanto tempo ci aveva messo per fidarsi di lui e considerarlo finalmente poi come suo ragazzo; se anche solo pensava a tutto quello che aveva fatto Rufy per riuscire a conquistarla, a quante cose avesse rinunciato e forse a quanto si era potuto umiliare con i suoi amici pur di entrare nel suo cuore. L’aveva quasi ossessionata con tutte le sue attenzioni, e adesso i suoi tentativi durati dei mesi –perché Nami non era persona da cedere immediatamente, senza far soffrire l’altra parte per testarla per bene, e per potersi fidare per davvero – e adesso buttava tutto all’aria così.

Le sue convinzioni erano cadute tutte quante, inesorabilmente, come un castello di carte al primo alito di vento.

“Nami…”

“Vattene, non ti voglio vedere”

“Nami, io…”

“Ho detto di andartene!!”

Di lì a poco, si sentirono solo più delle grida che avrebbero fatto accapponare la pelle anche a chi la pelle non l’aveva. Nessuno osò intervenire.

Lui e Nami faccia a faccia che si urlavano a pochi centimetri l'uno dall'altra. In realtà ad urlare era solo lei, accusandolo di essere un maiale che non ha il minimo rispetto per la sua persona. Volavano insulti rivolti al ragazzo come “stronzo, non sei capace di essere una persona affidabile, mi fai schifo!”. Insulti ai quali Rufy aveva risposto l'unica cosa che non doveva dire, e che non pensava nemmeno, ma che gli sembrava l’unica cosa di senso compiuto pur di farla smettere di urlare così; mai mossa fu più sbagliata.
Io e te mica stiamo insieme”
L'aveva detto con tranquillità e senza scheggiature, né nell'espressione e né nella voce. La più grande cazzata della sua vita.
Qualcosa in Nami però si era rotto, irrimediabilmente spezzato, forse per sempre.

Benissimo.”
Si era voltata e se n'era andata, lasciandolo da solo nel bagno.

Rufy non seppe per quanto tempo rimase lì, in piedi e immobile; capì che ad un certo punto Ace era arrivato e l’aveva portato a letto. Non aveva una bella espressione sul viso, ma non gli chiese nulla, si limitò a seguirlo e a tornare tra le lenzuola.

Il suo cervello era ancora troppo annebbiato dall’alcool per poter fare chiarezza su ciò che era appena successo.

 

Trafalgar Law, ragazzo noto per essere stranamente silenzioso e inquietante, si era appostato vicino al bagno in cui aveva visto Nami entrare poco prima. Assistette a tutta la scenata che derivò quando Rufy la raggiunse, ma non intervenne tra loro. Stette al suo posto, godendosi ogni parola, ogni insulto e ghignando in modo perfido.

Quando la ragazza uscì, senza che si accorgesse di lui, si leccò le labbra e scattò in avanti per artigliarle il braccio esile.

 

“Lasciami!” aveva esordito lei con ancora tutta la rabbia che le girava in corpo; ma lui non le aveva dato retta.

“Puoi vendicarti se vuoi” le aveva sussurrato all’orecchio, tirandosela addosso, mentre lei cercava di divincolarsi.

I loro corpi aderivano perfettamente l’uno con l’altro, e Nami si era presto accorta che la sua presenza faceva un immenso piacere a Law; non poteva dire altrettanto.

Tutti sapevano che quel ragazzo aveva un debole per lei, ma Nami lo trovava inquietante e poco raccomandabile, oltre che con un pessimo gusto per quanto riguardava il vestire.

Era bello, e questo non poteva affatto negarlo; aveva due occhi che attiravano anche a centinaia di metri di distanza. Aveva qualcosa di estremamente pericoloso nella sua figura, eppure questo lo rendeva tremendamente interessante.

“Lasciami ti ho detto…” ma il suo ordine non suonava affatto come tale.

“Sai che non lo farò” continuava a sussurrarle, leccandole il lobo dell’orecchio.

La ragazza soppesò per un attimo le parole di Law, collegando il fatto che avesse usato proprio la parola vendetta; era perfettamente consapevole del fatto che lui stava usando questa situazione per un tornaconto personale, ma anche lei poteva sfruttarla nel migliore dei modi.

E fu allora che Nami perdette la propria coscienza. Ancora accecata dalla rabbia per quanto visto fare poco prima dal suo ragazzo, si gettò sulle labbra di Law proprio come Rufy aveva fatto con Boa.

Il ragazzo sorrise malignamente dentro a quel bacio che di passionale e sincero aveva ben poco, ma a lui non importava poi molto; aveva ottenuto quello che voleva, ma non era ancora completamente soddisfatto.

Avrebbe avuto di più, e aveva la certezza che Nami non si sarebbe tirata indietro.

Con un gesto rapido artigliò le gambe della rossa fino a portarsela in braccio, mentre lei gli si avvinghiava addosso con tutte le sue forze, quasi avesse paura di cadere.

Trovò una stanza da letto libera, ci entrò e chiuse la porta a chiave, onde evitare spiacevoli inconvenienti.

Buttò la ragazza sul letto e prese a toglierle con lentezza estenuante i vestiti; quando fu il suo turno, Nami prese quelli che considerava quattro stracci, glieli strappò di dosso con foga e li fece sparire in un punto lontano e non precisato della camera.

Law la guardò per un attimo dall’alto, scrutandola e imprimendosi nella mente tutti i particolari di quel corpo perfetto che era sotto di lui. Era da un po’ che quella ragazza veniva a fargli visita durante la notte, nei suoi sogni; ma stesa lì su quelle lenzuola, reale, era ancora meglio di come mai aveva osato immaginarsela.

“Vuoi piantarla di guardarmi?” ringhiò infastidita; non era abituata che qualcuno la guardasse così tanto a lungo quando era così vulnerabile.

“Non osare darmi ordini. Io faccio quello che mi pare” e si leccò le labbra, famelico.

Rimase a rimirarla ancora un po’, facendola cuocere nell’impazienza. Poi le si buttò addosso, facendola sua.

Nami non seppe bene che cosa provò quella notte, ma non volle pensarci per troppo tempo. Decise di godersi quel ragazzo che, a quanto pare, ci sapeva parecchio fare con certe cose. Spense il cervello e accese i sensi.

Ma non aveva fatto i conti su come si sarebbe svegliata la mattina dopo.

 

ANGOLO DELLA DEMENZA


Hola miei prodi! Non sono morta, ho solo avuto un sacco di problemi col computer che è tornato oggi! *tristità assoluta* Avevo scritto questo capitolo, ma mi si è fritto l’hard disk e ho perso tutto, ma proprio tutto…quindi l’ho riscritto da capo, ed è uscita una versione diversissima dalla prima; ma devo dire che ha più senso. Se mai riuscirò a riaverla, posterò anche quella. Spero che possiate apprezzare questa scorcio di Oblivion, davvero.

Ho voluto mettere in risalto il fatto che Rufy non l’abbia assolutamente fatto con cattiveria, e di come Nami si sia vendicata perché si è sentita tradita dopo tutto il lavoro che hanno fatto per arrivare fino a lì. E di come Law sia un approfittatore spudorato ahahahahah

Spero che ci sia ancora qualcuno di buon cuore a seguire questa raccolta! Presto, spero, arriverà anche il nuovo capitolo di Oblivion!

Grazie a chi ha recensito e solo letto il capitolo precedente, e chi ha inserito la storia nelle preferite, seguite e ricordate!

A presto!

Peace & Love!

   
 
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