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Autore: Mary40    13/01/2016    0 recensioni
In un mondo parallelo, fate e vampiri si fronteggiano da secoli per ritrovare Esilea, dea della libertà, che, secondo un'antica leggenda stabilirebbe la supremazia di una delle due razze sull'altra. Serena, ancella della figlia della regina delle fate e fata della luce, vive ormai da anni come Leganda da quando i suoi genitori sono morti quando lei aveva tre anni. Quando però Arcturus, capo degli Evgeni, una delle tribù più antiche dei vampiri, cerca di rapire la principessa delle fate; Serena prende il suo posto, divenendo sua schiava. Peccato che il sangue delle Luxe, fate della luce, sia nocivo per i vampiri...
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passai la notte in bianco. Avvolta in una pesante coperta sul divano, passai ore ed ore a pensare a cosa sarebbe successo quando lui sarebbe tornato. Le fate venivano considerate adulte una volta compiuti i 20 anni. Ed era allora che venivamo completamente istruite in materia sessuale: prima non ci era permesso avere rapporti e le poche che lo facevano, e venivano scoperte, venivano considerate quasi come delle criminali. E io di anni ne avevo solo 16. Quando le prime luci dell'alba cominciarono a sorgere, mi alzai e rinchiudendomi nel bagno cominciai a lavarmi. Impiegai più di mezz'ora a pettinarmi i capelli e avevo profonde occhiaie. Ero pallidissima e le mie labbra, di solito tendenti al rosso, ora sembravano quasi viola. Ritornando nella stanza trovai un grosso sacco di stoffa attaccato alla maniglia della porta. Lo afferrai e appoggiandolo sul letto, lo aprii. Un lungo vestito bianco ne uscì, rivelandosi in tutto il suo splendore. La stoffa era trasparente e tempestata di ricami floreali lungo tutta la sua lunghezza. Era bellissimo ma mi ricordò di quello che ormai ero diventata. Una schiava. Scacciando le lacrime me lo infilai. Imdossandolo, uscii dalla porta per avventurarmi nella residenza. Ogni tanto incontravo qualche cameriera che, interrompendo il suo lavoro, si fermava a guardarmi. Imbarazzata cercavo di coprirmi con le braccia ma era tutto inutile. Girai per ore ed ore nel castello, curiosando in ogni stanza, prima di arrivare alla biblioteca che era sicuramente la più grande che avessi mai visto. Libri su libri erano impilati negli scaffali che ricoprivano tutte le pareti e al centro della stanza vi era un grandissimo tappeto circolare. Cominciai a correre da uno scaffale all'altro finché una voce, proveniente dalla porta, mi fece girare. "Eccoti qui" disse quella che doveva essere Becka, la mia cameriera"non potevi aspettarmi prima di uscire". Afferrandomi per un braccio cominciò a camminare. Aveva i capelli biondi legati a crocchia e indossava la stessa divisa del giorno prima. Aveva il viso stanco e le mani callose. Il suo lavoro la doveva prendere molto. Mi trainó fino alla cucina dove in tutta fretta afferrò un carrello. Tutte le persone nella stanza cominciarono a guardarmi. Incrociando le braccia sulla pancia abbassati gli occhi mentre Becka intimava a tutti di riprendere il lavoro. Mi accompagnò fino alla mia camera dove mi servì sul tavolino vicino al caminetto. Lei, mentre mangiavo, riordinó la stanza, per poi fermarsi davanti a me quando ebbi finito. "Allora mettiamo bene in chiaro una cosa"disse appoggiando le mani sulle mie"quando ti svegli la mattina devi aspettarmi prima di uscire perché io non ho voglia di passare tre ore a cercarti qui dentro". Annuii guardandola negli occhi. Lei si alzò e dandomi un buffetto sulla testa mi rivolse un sorriso. "Pranzeremo tra un'oretta. Tu che vorresti fare intanto? " Becka che aveva cinque anni in più di me era la figlia di un nobile umano che però, impoverendosi a causa delle sue manie riguardanti l'alcol e il gioco, si era ritrovato costretto a vendere la figlia in cambio di qualche scellino. Scoprì di avere molte cose in comune con lei e ci divertiamo molto insieme. Passiamo il pomeriggio a chiacchierare mentre le mi acconciava i capelli con dei fiori e dei nastri. Poi all'ora di cena mi fece compagnia mentre mangiavo, cercando di calmare il violento attacco di panico che mi stava assalendo. Mi aveva detto che Arcturus era uscito a cacciare e che sarebbe tornato alle nove. Mi aveva poi aiutato a lavarmi e a pettinarmi i capelli. Io non ci riuscivo perché tremanvo talmente forte che non riuscivo a tenere niente in mano. Mi aveva detto di aspettarlo, vestita al centro della stanza e poi aveva passato il resto del tempo a coccolarmi e tranquillozarmi. Quando suonarono le nove mi diede un forte abbraccio e poi uscì dalla stanza. Rimasi quasi mezz'ora ad aspettare in ansia che lui tornasse e pregai con tutta me stessa gli Dei affinché mi aiutassero in questo momento di difficoltà. Poi la maniglia della porta della porta si abbassò e lui entrò, più bello che mai. Aveva il cappuccio abbassato e in mano portava ancora il suo bastone che però, ora, era imbrattato di sangue. Lasciando cadere il mantello per terra si avvicinò a me mentre una gocciolina d'acqua gli scese sulla fronte. Cingendomi la vita con un braccio mi catturó le labbra in un bacio, staccandosi subito dopo. "Dei! "Aveva esclamato facendo un passo indietro "Sei bellissima". Mi bació di nuovo aprendomi la bocca e infilandoci la lingua. Le sue mani, una nei capelli, una sulla schiena, mi stringevano al suo petto con forza. Una sua mano salì a slacciare i bottoni del vestito mentre l'altra mi teneva ferma la testa. Mi sfilò l'abito lasciandolo cadere per terra. Guardò il mio corpo nudo per qualche secondo prima di prendermi in braccio abbassandomi lentamente sul letto. Si sfilò la camicia e la cintura dei pantaloni per poi sdraiarsi su di me, baciandomi lo stomaco. Mi strinse con le mani i seni mentre leccava il mio ombelico. Il suo respiro mi sollevava la pelle e il mio corpo cominciò ad eccitarsi. Io distolsi gli occhi quando lui alzò i suoi a guardarmi. E poi arrivó il panico. Mentre lui si slacciava i pantaloni il mio cuore cominciò a battere fortissimo e fiotti di lacrime mi uscirono dagli occhi. Il mio respiro si fece pesante e affannato mentre stringevo le coperte con le mani tanto da farmi venire le nocche bianche. Nel momento in cui le sue mani mi toccarono i fianchi cominciai ad urlare raggomitolandomi su me stessa come un riccio. Lui rimase qualche secondo a guardarmi prima di abbracciarmi. Mi accarezzó la schiena e i capelli mentre mi asciugava le lacrime con la sua camicia. Si allontanò un attimo ed entrò nel bagno. Ritornò poi a letto con un bicchiere d'acqua fresca in mano e appoggiandomi la testa nell'incavo del gomito mi aiutò a bere. Dopo qualche minuto si sfilò i pantaloni entrando poi nel letto. Mi appoggiò delicatamente la testa sulla sua spalla e mi strinse a sé con entrambe le braccia. Poi dopo avermi augurato "Buonanotte" si addormentó. Io no. Non pensate per un attimo che adesso cominceranno a comportarsi in modo puccioso perché si stanno formulando tante idee nella mia mente contorta. Ho già iniziato l'altro capitolo ma penso di pubblicarlo domani pomeriggio. Notte XXX
   
 
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