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Autore: Stephanie86    17/01/2016    6 recensioni
Tutti vogliono salvare Emma.
Tutti vogliono trovare un modo per liberarla dall'oscurità prima che la divori.
Ben presto, però, Regina - e gli altri - si rende conto che per raggiungerla e aiutarla avrà bisogno di aiuto. E non di un aiuto qualsiasi.
Lily è sempre stata legata ad Emma, fin dal principio. Ha sempre dovuto lottare contro il potenziale oscuro che gli Azzurri e l'Apprendista hanno trasferito in lei. Cosa accadrà quando la sua oscurità incontrerà quella della nuova Emma? Dove la condurrà il filo rosso che la unisce al nuovo Signore Oscuro?
Regina diventerà davvero la Salvatrice?
[Spoiler! per chi non segue la messa in onda americana | Pairing: principalmente Swan Queen e Swan Star]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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5

 

 

 

Camelot. Sei settimane prima della maledizione.

 

 La sala in cui si era svolto il ballo si era svuotata di colpo e Lily era stata portata in un’altra stanza . Era una stanza piccola, in cima ad una rampa di scale, ma le sembrò affollata perché entrarono tutti: Emma, Regina, Uncino, Robin, sua madre, i genitori di Emma... come se fossero stati attori o comparse, in attesa della battuta. Le sembravano tutti senza uno scopo.

Lily brancolava alla ricerca di se stessa, di quella parte in grazia della quale era riuscita ad abbandonare quell’area di servizio anni prima, anche se aveva appena ucciso un uomo. Quella sera, in un altro mondo, ne aveva ucciso un altro. L’aveva arso vivo. Le urla di Percival le rintronavano ancora nel cervello. La sua faccia avvolta dal fuoco che si trasformava nella faccia di Murphy...

Malefica afferrò la spada che il cavaliere voleva usare per uccidere Regina. Saggiò l’elsa, sfiorò la lunga lama con la punta delle dita. – Quest’arma è incantata.

- Incantata? – Regina la prese a sua volta. Le orecchie le fischiavano orribilmente.

“...un angelo della morte. Lei si muoveva tra le fiamme, godendosi il disastro che aveva provocato, in sella al suo cavallo...”

- Se Percival ti avesse ferita non saremmo riusciti a guarirti. Era incantata apposta per ucciderti.

“E in mezzo a quella carneficina, sapete che cosa fece lei? Gli sorrise”.

Emma lanciò una rapida occhiata alla spada. Poi di nuovo a Lily. Si avvicinò con estrema cautela. Sentì che la solita, trita domanda, come va?, le saliva alle labbra e la ricacciò subito in gola. Deglutì. – Ehi.

- Ehi...

In realtà Emma non sapeva bene da dove cominciare. Una parte di lei provava una sorta di senso di colpa perché non aveva potuto usare la magia. Se l’avesse fatto, Lily non avrebbe dovuto usare la sua... o meglio, non avrebbe perso il controllo. D’altra parte, se l’avesse fatto, si sarebbe rivelata e la sua situazione sarebbe potuta peggiorare di molto.

- Non avevo mai fatto niente di simile. Non so come sia successo – disse Lily, aprendo le mani e rivolgendo i palmi verso l’alto.

- È dentro di te, Lily – le disse Malefica.

- Non credevo di esserne capace.

Malefica prese entrambe le sue mani, stringendole nelle sue. – Non hai fatto niente che non andasse fatto. Quel... Percival voleva uccidere Regina e forse avrebbe ucciso l’uomo delle foreste.

L’uomo delle foreste non commentò il fatto che Malefica l’avesse appena chiamato così, ma comunque annuì. – Sì. Percival era forte e quella spada era incantata... mi avrebbe ucciso. E se anche non ci fosse riuscito, non sarebbe stato possibile curarmi.

Emma si disse che lei avrebbe potuto curarlo. Avrebbe potuto curare lui e anche Regina. Ma adesso era troppo concentrata su ciò che era accaduto. Ripensava al fuoco che sprizzava dalle mani di Lily. Pensava a Percival che ardeva...

Il potere di Lily.

Era dall’altra parte della sala, eppure l’aveva avvertito, giusto un attimo prima che esplodesse. La pelle aveva cominciato ad accapponarsi, in un modo tale da darle l’impressione di muoversi, quasi stesse formando delle onde lungo le sue braccia. Non era la prima volta che accadeva. La prima volta era stato quando... quando l’aveva raggiunta dopo l’inseguimento in auto. Avevano lottato. “Prova solo a toccarli e finirai male!”

“Sì? E come farai senza la tua magia, Salvatrice?”

Lily era furiosa e lo era anche lei. Emma l’aveva spintonata, Lily l’aveva colpita in faccia.

I fari del maggiolino erano esplosi con un botto fragoroso e nuvole nere si erano assiepate sopra le loro teste.

“I tuoi genitori sono dei mostri. Hanno bandito me in questo mondo e messo te in una teca. Ed eccoti qua, pronta a morire per loro! Perché sei perfetta! Sei la Salvatrice! Meritano di essere puniti. C’è solo un modo per fermarmi e tu lo sai!”

Erano lontane da Storybrooke, ma aveva avvertito chiaramente il...

- Potere, mia cara – esclamò Tremotino. O meglio... la cosa che aveva assunto le sembianze di Tremotino. Se ne stava comodamente seduto su una seggiola, con le gambe accavallate e il solito ghigno divertito stampato sul viso coccodrillesco. – Quanto ti sarebbe piaciuto usarlo questa sera, non è vero? Peccato che il giovane drago ti abbia rubato la scena.

- Che cosa vuoi? – domandò, fissandolo con rabbia.

- Swan, con chi parli? – chiese Uncino, perplesso.

- Con nessuno – rispose lei, avvicinandosi alla sedia. – Non preoccupatevi. Va tutto bene.

- Se l’Anti-Salvatrice non fosse intervenuta maldestramente, ti saresti ritrovata in una situazione molto... scomoda. Che avrebbe richiesto un prezzo. – Tremotino intrecciò le dita delle mani. – Perché tu sai... che la magia ha sempre un prezzo.

- Non l’ho usata. E anche se l’avessi fatto, avrei pagato quel prezzo, se fosse servito per salvare una vita.

- Non è così semplice, mia cara.

Da quando era arrivata nella Foresta Incantata quella voce non aveva fatto altro che tormentarla. Aveva l’aspetto del precedente Oscuro, ma non era Tremotino. Lui era a Storybrooke, in coma. E solo grazie alla rosa sotto la campana di vetro sapevano che era vivo. Quella cosa aveva preso le sembianze dell’unico Oscuro che avesse mai conosciuto. Ed era stanca. Stanca di sembrare una folle.

- Emma – intervenne Regina. Guardava nello stesso punto di Emma, eppure continuava a vedere una sedia vuota e un muro di pietra. – Con chi stai parlando? Che succede?

- E in ogni caso... l’Anti-Salvatrice potrebbe essere molto più utile di quanto pensassimo. È una vera fortuna che sia qui – continuò Tremotino.

- Smettila di chiamarla in questo modo. Si chiama Lily. E stasera ha eliminato un uomo che voleva uccidere Regina. – Si chinò in avanti, puntando i suoi occhi in quella spiritati della cosa.

Lily stava osservando con la fronte aggrottata. I suoi occhi guizzavano da Emma alla sedia vuota e poi di nuovo su Emma.

- Lilith, ma certo. Meglio non parlare di Anti Salvatrici quando la Salvatrice stessa ormai è oscura. Lilith. Proprio per questo ritengo che sia una fortuna averla tra noi. E non solo! – Sollevò il dito indice. Il suo ghigno si allargò ancora di più. – Ma col tempo lo capirai. Sua madre ritiene che non sia preoccupante un po’ di oscurità... chissà se sa davvero di che cosa parla. Malefica conosce l’oscurità, ma non questa. Tu la conosci. Perché sei tu la legittima proprietaria. Era tua.

- Sì, lo era. Credi che non lo sappia?

- Ti è piaciuto. – Tremotino emise la sua risatina stridula. – Gustosa l’oscurità, vero? Quando l’hai sentita... anche se non era il tuo potere, ti è piaciuto. Avresti voluto farlo tu, personalmente.

- Avrei fatto ciò che andava fatto.

- Se solo fosse vero...

- Emma – la chiamò di nuovo Regina.

Tremotino scomparve. Emma si voltò, trovandosi davanti a molte facce stranite. Azzurro e Neve erano seriamente preoccupati. Regina sembrava ansiosa. Uncino fece un passo verso di lei.

- Swan... – disse il pirata. – Cos’hai?

Emma si lisciò pieghe inesistenti sul vestito bianco. Si girò verso la sedia, che ora era vuota anche per lei. – Niente. Sto bene.

- Forse tutto questo è troppo per te – disse suo padre.

- Mi sento solo un po’ debole. – disse Emma. – Penso che andrò a stendermi per un po’.

 

 
“Mi sento solo un po’ debole. Penso che andrò a stendermi per un po’”

Regina capiva molto bene che non era quello il motivo per cui Emma aveva lasciato la stanza in fretta. Era turbata. Turbata da una lotta che avrebbe potuto essere la sua se la Salvatrice non avesse deciso di sacrificarsi. Vederla parlare col nulla... beh, non col nulla, certamente con uno dei suoi demoni interiori, era stato inquietante. Si chiedeva che forma avesse la cosa con cui Emma aveva discusso, si chiese se la vedeva sempre oppure solo quando era sotto pressione. Si chiese se ne fosse costantemente tormentata o se fosse un’apparizione che la coglieva alla sprovvista ogni qualvolta il suo potere si manifestava...

A manifestarsi, in quel caso, era stato il potere di Lily. La figlia di Malefica se ne stava appoggiata al tavolo, meditabonda. Si rigirava tra le dita il ciondolo che portava al collo.

- Forse dovrei andare a vedere come sta – disse Uncino, grattandosi la barba.

- No – intervenne Azzurro. – Lasciamola sola per un po’. Credo che ne abbia bisogno.

Ci fu silenzio.

La porta si aprì di nuovo e il sovrano entrò, guardandosi intorno e scrutando le facce dei suoi ospiti.

- Sire... - disse Azzurro.

- Spero che stiate tutti bene – disse Artù, sorridendo cautamente. – Quello che è accaduto questa sera... è inaccettabile. Ciò che ha fatto Percival... non ha scuse.

- Ma aveva ragione – intervenne Regina. Non aveva intenzione di nascondersi ancora. Ormai tutti dovevano aver intuito la verità. Forse spacciarsi per la Salvatrice quando il suo passato era così pesante non era stata la migliore delle idee. Robin allungò una mano per stringere la sua. – Io sono la Regina Cattiva.

“...un angelo della morte. Lei si muoveva tra le fiamme, godendosi il disastro che aveva provocato...”

“E in mezzo a quella carneficina, sapete che cosa fece lei? Gli sorrise”.

Artù non sembrò arrabbiato e nemmeno sorpreso. – Beh, Camelot è il posto delle seconde possibilità. Chi eravate non conta. Conta chi siete adesso.

Regina si sentì più sollevata.

Artù spostò lo sguardo su Lily. Lei incrociò gli occhi del re per qualche momento.

- E voi... – disse Artù. – Avete salvato la situazione. Prima avete portato qui tutte queste persone usando la bacchetta di Merlino e poi avete...

- Ucciso il vostro cavaliere – concluse Lily.

- Come ho detto, Percival non avrebbe dovuto farlo. Non conoscevo i suoi trascorsi e mi sento in parte responsabile per le azioni che ha commesso stasera. – Artù appoggiò la mano sull’elsa di Excalibur. Il pollice sfiorò la gemma rossa incastonata nel pomolo. – Se voi non foste intervenuta, avrei dovuto punirlo io.

Nessuno commentò.

A Lily parve che l’occhiata di Artù fosse molto intensa, come se stesse provando a leggerle dentro, a carpire i suoi segreti.

- Lo credo bene. Forse dovreste scegliere meglio i vostri uomini – disse Malefica, dopo qualche istante. Duramente. – E magari chiedervi chi ha incantato la spada di quel Percival.

Di nuovo, Artù non si scompose. Abbassò lo sguardo e parve riflettere. – Sì. Mi sto già dando da fare. E vi ho preparato le stanze. Immagino che per oggi abbiate avuto la vostra dose di emozioni.

Regina lasciò la mano di Robin. Non era sicura di poter dormire dopo tutto ciò che era accaduto. La storia di Percival, le fiamme, Emma e la sua battaglia contro qualcosa che nessuno poteva vedere. A volte Regina pensava che sfuggire al passato, lasciarlo indietro, fosse impossibile. Tornava sempre. In un modo o nell’altro, quando meno se l’aspettava, la mano del passato si allungava verso di lei per batterle sulle spalla. Quella sera il suo passato aveva avuto un nome: Percival. Un bambino spaventato dalla sua furia e cresciuto nella sete di vendetta.

- Siete molto gentile, grazie – rispose Neve, accettando l’offerta di Artù.

Lily lasciò la stanza prima che qualcuno potesse aggiungere qualcosa.

 

***

 

Storybrooke. Oggi.

 

- Dove siamo? – domandò Lily, quando la nuvola magica che le aveva avvolte disparve.

Il porto era sparito. Ora, al posto del mare e delle barche, c’era una strada, il maggiolino di Emma parcheggiato accanto al marciapiede, un bel prato verde e una casa dipinta con delicati colori pastello, azzurro e viola per lo più. Una casa grande ed elegante. Alcuni scalini conducevano al portico e alla porta d’ingresso, sulla quale capeggiava il numero 710.

- A casa mia. Ti piace? – domandò Emma, salendo le scale e dirigendosi verso l’ingresso.

- Da quando l’Oscuro ha bisogno di una casa?

- Ne avevo bisogno anche prima, a dire il vero. – Aprì la porta d’ingresso e la lasciò aperta, perché anche lei potesse entrare.

Lily si guardò in giro, con la fronte aggrottata. Si sentiva confusa. Se possibile, ancora più confusa della sera prima, quando Emma era apparsa nelle sue nuove vesti di Oscuro.

“Gli altri hanno fallito, Lily. Tu no. Tu non hai fallito. Né tu né Henry avete fallito”.

Seguì Emma in casa.

Il posto in sé era assolutamente normale. Persino accogliente. Non c’era nulla di elaborato e che non potesse piacere ad una persona che desiderava vivere una vita tranquilla.

Emma si diresse in cucina e si tolse la giacca, gettandola sul tavolo. Sotto portava un semplice abito lungo e nero, senza maniche, che sottolineava le curve del suo corpo tonico.

- Che cosa vuoi da bere? – domandò, aprendo il frigorifero.

- Da bere? – Lily notò una porta vicino alle scale che conduceva al piano superiore. La notò perché rispetto al resto aveva qualcosa di diverso. Era più vecchia. Stonava con i colori della casa ed era chiusa con un pesante chiavistello. – Mi stai davvero offrendo da bere?

- E perché no?

Lily osservò la porta. - Mi hai portata qui per un drink? Perché non mi parli dei miei ricordi, piuttosto?

Emma le offrì un bicchiere. – Prendi.

- Cos’è?

- Scotch. Una delle marche migliori.

Lily annusò il contenuto, incerta.

- Non essere così sospettosa. È solo scotch. Non è nel mio stile avvelenare una persona con un drink.

Probabilmente la porta conduceva in un ripostiglio o in una cantina. Non capiva nemmeno lei perché la stessa guardando.

- Conosci davvero le marche migliori di scotch? – domandò Lily, non trovando niente di meglio da dire.

- Regina le conosce. Mi è capitato di dare un’occhiata alla sua... collezione personale. – Emma sembrava divertita.

Lily sorseggiò lo scotch. Il primo sorso le bruciò la gola e lo stomaco. Era molto forte, ma forse aveva proprio bisogno di qualcosa di forte per capire cosa diavolo stesse succedendo. Frugò nella tasca della giacca.

- Me l’hai dato tu, questo? – chiese, mostrandole il giglio appassito.

Lei sorrise. – Sì. L’hai conservato, vedo.

- Non so neanche perché.

Emma lo sfiorò con la punta delle dita e il fiore recuperò il suo delicato aspetto originario, bianco con delle sfumature gialle. - Così va meglio. Aspettami qui.

Prima che Lily potesse chiederle dove stesse andando, lei svanì e ricomparve due minuti dopo. Aveva una scatola in mano. La appoggiò su una poltrona e l’aprì. Rovistò in mezzo ad un mare di oggetti, fino a quando non trovò ciò che cercava.

- Ricordi questa? – chiese, mostrandole una telecamera.

- Certo.

Le pile erano scariche, ma Emma non aveva bisogno delle pile per farla funzionare. Agitò una mano e la telecamera si accese. Lily sapeva già che cos’avrebbe visto.

Due ragazzine che si divertivano a riprendersi e ridevano, spensierate. Due ragazzine che erano appena diventate amiche, ma si sentivano legate come se si fossero già incontrate in qualche altra vita.

- L’ho trovata tempo fa. Non ricordavo di averla tenuta. – Per un momento, Emma fu di nuovo semplicemente Emma. Non l’Oscuro.

Lily prese la telecamera e guardò le due quindicenni che si mettevano in posa e si impegnavano nel fare linguacce e facce buffe. Sorrise, ripensando a quel giorno. Poi ricordò il motivo per cui si trovava lì e scosse il capo.

- Stai cercando di distrarmi?

- Sto solo cercando di fare conversazione. Non abbiamo mai parlato davvero da quando ci siamo riviste. – Emma parlava come se non ci fosse stato nulla di strano.

- Non ci provare! Non siamo qui per fare conversazione. Non questo tipo di conversazione. – l’aggredì Lily. - Che cosa significa quello che hai detto a Regina, prima? Perché le hai detto che non è una Salvatrice?

- Perché è vero.

- Sì?  – Posò la telecamera e puntò un dito contro di lei. – Perché lei sembrava convinta del contrario.

- Certo, perché non ricorda niente. - Emma si versò da bere a sua volta e sollevò il bicchiere come se volesse fare un brindisi. – A Camelot le ho affidato il pugnale. Pensavo sarebbe stata in grado di salvarmi... o di distruggermi, se fosse stato necessario.

- Quella parte me la ricordo.

- Si è definita la Salvatrice – continuò, senza badare all’interruzione. La sua espressione si era fatta di nuovo dura. – Si è definita la Salvatrice per aiutarmi. Gli uomini di Artù non dovevano scoprire chi ero.

Lily sbatté le palpebre. Cercò di figurarsi Regina che si autoproclamava Salvatrice e l’unica cosa che riuscì a mettere a fuoco fu una donna che implorava Emma di non cedere all’oscurità. Di non uccidere quella che una volta era la sua unica amica con un singolo colpo di pistola, perché avrebbe rovinato non solo la sua vita, ma quella di tutte le persone che amava.

- Ma sai una cosa? Non è servito a niente – concluse Emma, bevendo lo scotch tutto d’un fiato. Fece sparire il bicchiere con un gesto della mano.

- Che cos’è successo a Camelot?

Emma non rispose.

- Emma?

Lei rimase silenziosa per un lungo momento. Poi parve prendere una decisione. - Non posso. Non ancora.

- Non puoi? – Lily sbatté il bicchiere su un tavolino, rovesciando parte del suo contenuto. – Non prenderti gioco di me, Emma.

- Non mi sto affatto prendendo gioco di te.

- Ah, no? Ci cancelli la memoria, ci riporti tutti a Storybrooke e fai la tua entrata in scena in pieno stile Oscuro Signore. Dici di essere furiosa con tutti per qualcosa che abbiamo fatto a Camelot... mi porti qui dopo avermi detto che io non c’entro niente con questa... punizione che vuoi infliggere ai tuoi adorati genitori, a Regina e a quelli che hanno partecipato alla tua trasformazione... e ora mi dici che non puoi raccontarmi cos’è successo a Camelot?

- Sì. – La voce di Emma suonò terribilmente blanda e del tutto ermetica. Eppure Lily credette di vedere qualcosa di vivido, nel suo sguardo, qualcosa che non era per niente piacevole. Ebbe la netta impressione che quelli fossero gli occhi di Emma ma anche fossero gli occhi di qualcun altro. Ed erano occhi spiritati, pieni di tenebra. Appartenevano ad un essere molto più antico. - Sto dicendo questo.

Lily tentò di colpirla con un cazzotto, ma naturalmente Emma la fermò. Il suo pugno si schiantò sul palmo dell’Oscura, che poi glielo strinse, intrappolandola.

- Non essere così precipitosa, Lily – disse. La lasciò andare e nell’altra mano comparve il pugnale.

Lily indietreggiò di un passo, scrutandola, furiosa. Il nome Emma Swan impresso sulla lama ondulata di quell’oggetto le faceva ancora un certo effetto, nonostante l’avesse visto altre volte.

- Non sei ancora pronta per la verità. Nessuno lo è. Te lo assicuro. – riprese l’Oscura. - Ci sono delle cose che devo fare, prima. Ma voglio che tu guardi questo...

- Cosa ci dovrei vedere di diverso?

- Ce l’ho io. E nessun altro lo toccherà. Nessuno merita di farlo. Avrei dovuto prenderlo fin dal principio. – C’era rabbia, adesso. Rabbia, delusione, tristezza. La sua espressione era dura, severa, ma gli occhi verdi no. Quelli ora erano trasparenti. – Volevo che tu sapessi che non hai niente da temere da me.  

- Perché?! – gridò Lily.

- Perché tu hai cercato di aiutarmi. Tu hai fatto la cosa giusta.

 

 
- Hai visto Lily? – domandò Malefica, entrando nello studio di Regina.

Lei sollevò lo sguardo qualche istante, massaggiandosi la tempia. La testa le stava scoppiando. Re Artù aveva fatto la sua poco gradita comparsa ed era sufficientemente adirato, poiché aveva scoperto che i suoi ospiti gli avevano mentito. In più Robin aveva trovato i suoi cavalieri nella foresta. Tutti trasportati qui dalla maledizione, tutti senza ricordi, sperduti in un mondo che non conoscevano. Si era assicurata che sua sorella fosse costantemente controllata e aveva dato una strigliata sia all’infermiera che le portava il pranzo, sia alla guardia che zoppicava ancora a causa del proiettile che Zelena gli aveva piantato nella coscia. Si era rifiutata di usare la magia per curarlo.

E non riusciva a togliersi dalla mente quello che le aveva detto Emma.

Henry, così fiducioso: “Ce la puoi fare, mamma. Puoi essere la Salvatrice”.

La voce dura, persino rattristata di Emma:“Non succederà”.

“Tu non credi che io possa esserlo”.

“So che non lo sei”.

- No, non l’ho vista. Perché sarebbe dovuta venire qui? – rispose Regina, seccata. Si alzò, andando alla finestra.

“Posso proteggere questa città”.

“Stai raccontando frottole a te stessa. Perché questa maledizione è qualcosa che solo una Salvatrice può risolvere. Peccato che non ne abbiamo una”.

- Non lo so. L’ho cercata dappertutto e alla fine ho provato anche qui. – stava dicendo Malefica.

- Beh, qui non è venuta.

“Non c’è più nessuna Salvatrice in questa città”

- È adulta. Saprà cavarsela. Come se l’è cavata fino a questo momento anche senza di te. – Regina si pentì immediatamente di ciò che aveva detto, ma ormai era troppo tardi per mordersi la lingua.

Malefica le regalò un’occhiata furente, poi si girò per andarsene.

- Malefica, aspetta! – esclamò Regina, serrando le palpebre. Si appoggiò alla scrivania. – Mi dispiace. È stata... una pessima giornata.

Dopo un attimo di esitazione, Malefica richiuse la porta dello studio.

- Davvero. Questa ennesima maledizione mi rende furiosa e mi rende furiosa anche aver perso tutti i miei ricordi.

- E il tuo incontro di questa mattina non ha migliorato le cose. – concluse Malefica, avvicinandosi alla scrivania. Portava un completo di lino grigio che gli fasciava la vita e i fianchi e una camicia di un grigio più chiaro con una cravatta di seta viola. I suoi capelli erano un ordinato ammasso di onde color grano.

Regina aggrottò un sopracciglio. – Come sai dell’incontro di questa mattina?

- Ne parlavano quei due. Intendo gli Azzurri.

Levò gli occhi al cielo. - Per quale motivo ho posto questa domanda!

- Vedo con dispiacere che l’Oscura è riuscita ad instillare qualche dubbio – continuò Malefica, sfiorando il legno della scrivania con la punta delle dita.

- Si chiama Emma – precisò Regina, istantaneamente.

- Emma, certo. – Malefica le rivolse un sorriso divertito.

- Pensi che sia divertente?

- No, affatto. Penso sia sorprendente. – C’era una luce strana, negli suoi celesti. Qualcosa di indefinibile, quasi la stesse sondando. – Ci tieni molto a lei.

- Io tengo a tutta questa città. Sto facendo il possibile per...

- Ma tieni a lei in modo particolare. Diverso.

“Ci tieni molto a lei”.

“Tieni a lei in modo particolare. Diverso”.

Beh, è vero, si disse Regina, con una punta di meraviglia.

- Ha sacrificato il suo lieto fine per salvare il mio. Cosa dovrei fare? Stare a guardare mentre l’oscurità la inghiotte? – La sua voce era roca e alterata.

- Sempre che non l’abbia già inghiottita.

Regina scosse il capo. – No, sono sicura di no. Emma è ancora lì, da qualche parte. L’ho... l’ho percepita.

- Bene – disse Malefica. – Immagino che tu ne sappia qualcosa.

In realtà Regina sperava che fosse così. Non voleva soffermarsi sulla possibilità che per Emma non ci fosse alcuna via d’uscita.

- E anch’io sono sicura che Regina sia ancora lì da qualche parte – continuò Malefica. Le si accostò, appoggiandole due dita sotto il mento perché alzasse la testa. – Stai pensando a cose che non devono essere pensate, Regina. Peggio ancora, stai prendendole in considerazione.

- Stavo solo pensando ad un modo per venire fuori da questa situazione.

- No. Stai pensando a quello che ti ha detto Emma. Stai pensando di non poter essere fondamentale per questa città. L’Oscuro fa questo, Regina. Ti manipola. Ti inganna. Dovresti saperlo.

Regina la guardò negli occhi celesti. Aveva l’impressone che la situazione si fosse ribaltata. Una volta era toccato a lei riaccendere la scintilla e alimentare il fuoco di Malefica. Ora sembrava che Malefica stesse facendo lo stesso con lei. – Emma è furiosa. Per qualcosa che abbiamo fatto. Non sta solo cercando di manipolarmi. Lei vuole farmi capire che... non riuscirò a proteggere nessuno.

Malefica rimase in silenzio.

- Robin sostiene che possa farlo. Che tutti... pensino che io possa farlo. Ma non ne sono così sicura. La gente mi ha perdonata... ma perdonare non significa credere che possa farcela.

Malefica l’afferrò per il collo. La sua presa era molto salda. – Io credo che tu possa farcela.

- Lo dici per rassicurarmi?

- Non ti sto rassicurando. Lo dico perché è vero. Qualsiasi cosa sia successa a Camelot, non cambia il fatto che tu sia l’unica a poter tenere le redini di questa città. – La fissava ancora. E il suo sguardo era fermo. – So che anche dentro di te si nasconde un drago.

Regina le sorrise.

Qualsiasi cosa sia successa a Camelot.

Fece un profondo respiro, lo trattenne per qualche istante e lo lasciò andare lentamente. - Vuoi che ti aiuti a trovare Lily?

- No – rispose Malefica, allontanandosi un poco. – Me ne occupo io.

- Ti preoccupa che Emma possa farle qualcosa?

- Beh, considerando che vuole punirci... e poi sono convinta che questa storia di Emma tocchi Lily molto più di quanto lei dia a vedere.

Regina non poté fare a meno di notare che nominare Lily invariabilmente causava un cambiamento nella voce e sul viso di Malefica. Era qualcosa che addolciva i suoi lineamenti, conferendo loro qualità che prima non avevano. 

Le sovvenne il momento in cui Emma le aveva parlato per la prima volta della sua amica. Erano nella cripta. Lei era fuori di sé perché Emma aveva riportato indietro Marian, sfasando la linea temporale e causandole una marea di problemi.

Marian che non era Marian. Era Zelena.

“Sono un’idiota”.

“Finalmente una cosa su cui siamo d’accordo!”

“Vedi, io sono già stata in questa situazione”.

“Quella in cui mi disturbi? Sì, è già successo”.

“Mi è successo da piccola. Ho conosciuto una persona... e pensavo che saremmo diventate... migliori amiche. Ma quella ragazza mi ha mentito...”

Regina non aveva capito per quale motivo glielo stesse raccontando. La sua presenza la seccava, la infastidiva oltre misura. Desiderava afferrarla e prenderla pugni. Sbatterla fuori a calci... desiderava che la lasciasse in pace. Che non le imponesse la sua presenza. Tutto quello che Emma aveva fatto l’aveva colpita in un modo tale che avrebbe voluto trovare un posto in cui la Salvatrice non potesse raggiungerla. Ma la Salvatrice la raggiungeva ovunque andasse, naturalmente.

“E per colpa di una bugia io l’ho allontanata. Mi ha chiesto di perdonarla, ma non l’ho fatto. Con il tempo ho capito che era stato uno sbaglio, me ne sono pentita. Ma a quel punto... era troppo tardi. Il danno era fatto”.

Regina si era messa ad ascoltarla seriamente, interessata suo malgrado a quella storia.

“Ora non voglio fare lo stesso errore con te. Adesso vivo qui, con mio figlio e i miei genitori... e a loro voglio bene. Però non sempre riescono a capirmi. Non sanno che cosa vuol dire sentirsi incompresi e respinti. Non come lo so io. Non come lo sai tu!”

Oh, certo che lo sapeva. Lo sapeva ed era sicura che anche questo l’avesse avvicinata ad Emma. L’essere simili. L’essersi sentite incomprese. A lungo.

“E questo ci rende... non lo so... uniche! Persino speciali”.

Ed era così in contrasto con ciò che Emma le aveva detto.

“Adesso sei sola”.

“Non c’è più nessuna Salvatrice in questa città”.

La colpì un gelido senso di inquietudine e Regina si ritrovò ad abbracciare se stessa. Scacciò quella voce, rifiutandosi di ascoltarla.

La porta del suo studio si aprì e Lily fece la sua comparsa. Aveva un’aria corrucciata e pensosa, ma era tutta intera.

- Lily, si può sapere dov’eri finita? Ti ho cercata ovunque! – esclamò Malefica.

- Mi dispiace. Ero... sono stata al porto. – disse Lily.

- Al porto?

Lily annuì.

- E immagino che tu abbia visto me ed Emma – aggiunse Regina.

- È stato inevitabile, direi – ribatté la ragazza, come se fosse stata una cosa pressoché ovvia.

Regina provò un forte senso di fastidio. Non avrebbe saputo dire da dove venisse... forse dall’idea che nessun altro avrebbe dovuto assistere a quell’incontro. Era stato il suo incontro con Emma. Il suo e di Henry.

“Emma, che c’è?”

“Si trova a Lowell, in Massachusetts, che è a meno di... cinquanta chilometri da Boston, dove abitavo cinque anni fa”. Emma non riusciva a riaversi dalla sorpresa. “Siamo cresciute in Minnesota, ci siamo separate da ragazzine e siamo finite a vivere da adulte a mezz’ora l’una dall’altra”.

“Come ho detto, è destino. E il vostro vi spinge a stare insieme”.

Già allora Regina l’aveva capito. Erano connesse. Nel bene o nel male lo sarebbero sempre state. Anche adesso che Emma era oscura. C’era qualcosa, in quel legame... che la preoccupava e la faceva sentire... strana. Era destino, sì. Ma si domandava cosa significasse ora per Lily essere legata alla nuova Signora Oscura.

- Hai parlato con Emma, vero? – disse Regina.

“Perché tu hai cercato di aiutarmi. Tu hai fatto la cosa giusta”.

“Non hai niente da temere da me”.

- Sì – disse Lily. – Solo per pochi minuti.

Regina e sua madre attesero il resto.

- Non mi ha detto niente che non abbia detto anche a voi. – continuò lei, senza esitazioni.

“Tu hai cercato di aiutarmi. Tu hai fatto la cosa giusta”.

A Lily sembrò che il drago dentro di lei avesse appena socchiuso gli occhi.

- Ha cercato di farti qualcosa? – chiese Malefica.

- No. Anzi, sembrava... gentile.

Regina roteò gli occhi. – Gentile? Allora che cos’abbiamo visto ieri sera?

Nessuno rispose.

Lily scrollò le spalle. - Forse fa tutto parte del suo piano. È l’Oscuro. L’Oscuro passa il suo tempo a inventarsi nuovi modi per ottenere quello che vuole, giusto?

- Il precedente Oscuro lo faceva. – disse Malefica.

- Eppure continua a sfuggirmi qualcosa – continuò Regina. – Ed è qualcosa che sta spingendo anche Emma. Non si tratta solo di ciò che abbiamo fatto noi... è qualcosa che ha fatto lei. Qualcosa che non ha potuto fermare.

 

***

 

Camelot. Sei settimane prima della maledizione.

 

Dopo essersi occupato delle sistemazioni dei suoi ospiti, Artù non si era recato nelle sue stanze. Si era aggirato per il suo castello e infine era giunto nella grande sala che ospitava la Tavola Rotonda. Pensava a tutto quello che era successo quella sera. A quello che aveva visto.

Prese lo scudo appartenuto a Percival; era bianco e nero, decorato da una saetta. Ne saggiò la consistenza. Lo rivide mentre estraeva la sua arma incantata e affrontava uno dei suoi demoni. Regina. La Salvatrice che non era affatto la Salvatrice. La Regina Cattiva.

Non aveva mai conosciuto gli incubi di Percival. A lui interessavano unicamente le sue doti; era intelligente, coraggioso, abile con la spada e la lancia. Era un buon osservatore. Era fedele al suo re.

Ma quella sera...

Quella sera si era lasciato vincere dall’odio.

Posò lo scudo sul tavolo e poi sedette pesantemente. Prese il posto che era stato del suo defunto cavaliere. Avvertiva un’indicibile stanchezza.

Ginevra venne da lui. Aveva un’aria assorta e preoccupata. – Questi stranieri mi spaventano, Artù.

- Tu conosci la profezia di Merlino quanto me. – rispose, deciso. – È giusto che siano qui.

- Merlino ci dice che cosa succede... ma non come. – Si approssimò alla Tavola Rotonda e osservò tristemente lo scudo di Percival.

Artù strinse di più l’elsa di Excalibur.

La sua spada spezzata.

Si ricordò del giorno in cui l’aveva estratta dalla roccia, come aveva predetto Merlino. Si ricordò del momento in cui aveva sentito il potere ed era stato sicuro di essere quel re, il re che Camelot aspettava. Stringere l’elsa di Excalibur gli aveva trasmesso forza e determinazione.

Ma quando aveva estratto la spada e aveva scoperto che ne mancava una parte... era stato come vedere le sue speranze crollare. Le profezie di Merlino non erano che mezze verità. E la successiva ricerca era stata inutile...

Che tu sia maledetto, Merlino, pensò.

- Percival è morto, Artù. Quella ragazza... l’ha bruciato vivo. - Era sicura che non sarebbe riuscita a dormire quella notte, tormentata dall’immagine di Percival che urlava, avvolto dalle fiamme.

Artù alzò gli occhi su di lei.

- Come possiamo sapere che cos’altro succederà, adesso che queste persone sono qui a Camelot?

- Loro sono qui per distruggere l’Oscuro. E non sarà facile. – Lo sguardo di Artù era cupo. Era quasi uno sguardo di pietra. – Il loro aiuto è l’unica chance che mi resta per mettere le mani sul pugnale di quel mostro.

Estrasse Excalibur e appoggiò la spada sullo scudo di Percival. – Ginevra... se non rimetto insieme Excalibur, ogni nostro sforzo sarà stato vano.

La regina mise una mano sopra la sua e Artù gliela strinse. Continuò a fissare Excalibur ancora per un po’. Intorno a loro nessun rumore. Il castello era oscuro e silenzioso. La notte era tranquilla. Da una delle grandi finestre vedeva il cielo punteggiato di stelle.

- C’è qualcos’altro che ti preoccupa, vero? – disse Ginevra.

Artù rifletté qualche istante. Poi aprì la giubba dorata e infilò una mano in una tasca nascosta. Tirò fuori una pagina ingiallita e arrotolata. La dispiegò davanti alla moglie.

- Che cos’è? – domandò Ginevra.

- L’ho trovata nella Torre di Merlino, tempo fa. Non ci avevo più pensato. Ero... troppo preso dalla mia ricerca.

- Sembra una profezia.

- Un incantesimo, non una profezia. L’ha trascritto lui in uno dei suoi libri. E qualcun altro ha aggiunto... una specie di stralcio dal futuro. Le calligrafie sono diverse. Merlino ha trascritto l’incantesimo, ma non le ultime righe più sotto.

- E chi è stato dunque?

- Forse il suo Apprendista. L’ha nominato, qualche volta. Quando ero bambino e mi parlava...

La calligrafia del mago era elegante e sicura. Ogni parola era molto chiara, sebbene fosse passato parecchio tempo dal giorno in cui Merlino l’aveva riportata su quel foglio.

 

Che l’oscurità trovi la sua via

Dal grembo materno a un altro dell’inferno

 

Se vedrà la luce della vita

In una terra lontana dall’ombra infinita

 

Che la magia non le dia forma

E di tale buio non lasci orma

 

Su questo infante sia posta la norma

 

- Ma è... è magia nera – commentò Ginevra, con gli occhi sbarrati e rabbrividendo.

- No... sembra più un incantesimo di protezione contro una forza oscura. Non so spiegartelo. – rispose Artù. Continuava a stringere la mano della moglie, con forza, persino con rabbia. – Leggi il resto.

 

Quel che è fatto è fatto.

I loro destini sono intrecciati

Com’è sempre stato e come sempre sarà

Così ha detto il mio Maestro.

 

Vedo l’ombra infinita approssimarsi a Camulodunum

L’infante figlio del drago porta con sé una stella

E il suo destino s’intreccia con l’altra metà di Caledfwlch

 

- Cosa c’entra questo con noi? – domandò Ginevra, perplessa.

- Oh, c’entra – rispose Artù. Con l’indice indicò il nome Camulodunum. – Questa è Camelot. Una volta, molto tempo prima che nascessi io, il posto si chiamava così. Camulodunum. E Caledfwlch è l’altro nome di Excalibur. Ho trovato un’illustrazione. L’Apprendista di Merlino ha disegnato la spada. La mia spada.

Excalibur sembrò risplendere in modo sinistro, ancora posata sullo scudo, proprio sopra la saetta simbolo di Percival.

- E il resto? – domandò Ginevra, con la voce tremante.

- L’infante è la figlia di Malefica. Quella donna sa trasformarsi in un drago. Di conseguenza Lilith è il figlio del drago. – Poi Artù indicò il proprio polso. – Ha una stella impressa sulla pelle. Qui. L’ho vista. Sono sicuro che l’ha vista anche Percival, mentre ballavano. La terra lontana... suppongo sia il mondo da cui provengono.

Ginevra deglutì. – Siamo in pericolo?

- Forse. Ho fatto sistemare Lilith in un’altra ala del palazzo e c’è una guardia davanti alla sua porta.

- E credi che questo possa bastare? Artù, è un drago... se riesce a trasformarsi la tua guardia non potrà fare niente contro di lei.

- Non lo farà. Anche loro hanno bisogno di noi e la madre aiuterà Lilith a controllarsi. Gli Azzurri mi hanno detto che non è molto che quelle due si sono ritrovate. Lilith non controlla bene il suo potere, ma Malefica intende insegnarglielo... la terrà a bada. Se la rinchiudessi in prigione, non servirebbe a niente in ogni caso, desterei dei sospetti e non riuscirei ad ottenere ciò che voglio.

- Artù, Merlino dice anche che il suo destino è legato alla parte mancante di Excalibur. E poi che cosa vuol dire che l’ombra infinita si sta avvicinando a Camelot?

Avrebbe tanto voluto rispondere a quelle domande. Però non poteva. Non poteva perché aveva imparato che Merlino non era mai chiaro. Lo sembrava, ma le sue profezie, le sue parole nascondevano sempre dell’altro.

“Quel che è fatto è fatto”.

“I loro destini sono intrecciati”.

Avrebbe capito. Avrebbe decifrato quell’enigma e, se l’avesse ritenuto necessario, si sarebbe occupato della figlia del drago.

Lui era il re. Quello era il suo regno. Nessuno gliel’avrebbe portato via.

 

___________________

 

 

Angolo autrice:

 

Salve, lettori!

Qualche piccola precisazione:

 
Non si sa se Camulodunum  sia il primo nome di Camelot. Si tratta di una supposizione. È il nome di una fortezza legionaria della provincia romana della Britannia. Dovrebbe corrispondere alla moderna Colchester. Il nome deriva dal celtico e significa “La Rocca di Camulos”. Secondo alcuni, Camelot è una deformazione di Camulodunum.

Caledfwlch, invece, è il nome di Excalibur nella tradizione celtica.


   
 
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