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Autore: effe_95    07/02/2016    5 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 

36. Spogliatoi, Ha resistito e Collera


Gennaio

Se ripensava alla fatica dei giorni precedenti e a quella appena compiuta, Enea sapeva di dover sentire la stanchezza lambirgli tutte le membra, sentire la gola ardere e la voce venir meno. Eppure in quel momento, mentre se ne stava dietro le quinte di quel teatro che aveva consumato con i suoi passi per tutti quei mesi, a spettacolo terminato, con il pubblico che applaudiva e gridava dall’altra parte del palco, quella fatica non gli era mai sembrata così ripagata. Non gli importava di aver passato ore e ore a ripetere, a cantare, a sgolarsi, oppure a trascinare tutta la scenografia per sistemarla, riducendosi a studiare alle dieci di sera per la prova d’esame del giorno successivo, tutto quello valeva davvero poco rispetto all’emozione che aveva provato quando era entrato in scena poche ore prima.
Si sentiva svuotato e pieno allo stesso tempo, la voce del professore era un brusio piacevole nella confusione che regnava sovrana nella sua testa, una confusione fatta d’emozioni contrastanti, di stanchezza e di soddisfazione.
<< … sia proprio il caso di lasciare entrare i nostri meravigliosi protagonisti >>
Fu quella frase a risvegliarlo dal suo torpore, sentì qualcuno afferrargli delicatamente la mano e si girò per incrociare lo sguardo determinato e severo di Beatrice.
Quella sera era bellissima nel suo abito ottocentesco perfettamente inadatto per il tempo storico dell’opera, era truccata come mai l’aveva vista prima e aveva i capelli raccolti in un’acconciatura elaborata, Italia, Catena, Zoe e Fiorenza ci avevano messo ore per prepararla, utilizzando un numero improponibile di forcine e abbastanza lacca da impregnare le pareti delle quinte per quattro generazioni future.
<< Ti trovo abbastanza bene per essere uno che è morto pochi minuti fa >>
Lo prese in giro lei regalandogli uno dei suoi rari sorrisi, Enea sollevò le labbra in un ghigno malizioso e le strinse forte la mano, mentre osservava Romeo, Igor e Ivan ( Mercuzio, Benvolio e Tebaldo) avanzare sul palco e fare un profondo inchino, meritando l’applauso travolgente che stava inondando il teatro in quel momento.
<< Potrei dire lo stesso di te >>
Beatrice ridacchiò, poi entrambi raggiunsero gli altri attori sul palco sotto applausi scroscianti e una moltitudine di grida provenienti da ogni parte nel piccolo teatro che quella sera aveva ospitato un numero davvero ampio di spettatori.
Raggiungendo il centro per inchinarsi, Enea ripensò a quando aveva scelto di iscriversi a quel corso per un impulso, un impulso che aveva avuto guardando gli occhi di Beatrice, occhi che quel giorno non gli erano mai sembrati più impenetrabili e freddi.
Quando il sipario si chiuse definitivamente, Enea non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo, e fu a quel punto che la stanchezza lo travolse con la forza di un uragano, sentì lo stomaco contrarsi dalla fame, le braccia indolenzite, la gola secca e gli occhi bruciare.
<< E’ stato pazzesco! >> Esclamò Ivan mentre si sfilava le fastidiose calzamaglie che erano stati tutti costretti ad indossare, lo spogliatoio maschile era un vero disastro in quel momento, e lo stesso Enea vagava alla ricerca dei vestiti di ricambio che si era portato da casa, sepolti nella borsa da qualche parte.
<< Pazzesco?! Quando abbiamo duellato il pubblico ha proprio trattenuto il respiro >>
Replicò a sua volta Romeo, lasciandosi contagiare dall’euforia di Ivan, Enea fece fatica a trattenere le risate quando lo vide aggirarsi tra quel disordine con le mutande di Capitan America e con ancora il cappello piumato sulla testa, il ciuffo decolorato gli cadeva disordinato sulla fronte e aveva le guance rosse come il fuoco.
<< Per non parlare del finale, hai visto come piangevano? >>
Constatò Oscar mentre di sfilava la tunica da prete e infilava un paio di comodi jeans, Enea stava cominciando a spazientirsi, voleva trovare la sua borsa il prima possibile e togliere quelle maledette calzamaglie che non facevano altro che provocargli prurito ovunque.
<< Uhm, più che altro io ho sentito ragazze disperate gridare “ No, Enea, sei troppo bello per morire” >> Il commento ironico e provocatore di Lisandro interrupe la sua ricerca e gli fece sollevare lo sguardo, Enea era pronto a fulminare l’amico con un’occhiataccia, ma lo trovò con la sua borsa e si bloccò con la bocca spalancata e l’espressione truce a metà << Cercavi questa? >> Domandò Lisandro lanciandogli con malagrazia la sacca, Enea mancò la presa sull’oggetto che andò a schiantarsi direttamente sulla schiena di Igor, che si era appena chinato per recuperare una vecchia felpa nera.
<< Ah >>
Cadde il silenzio più totale per alcuni minuti dopo il verso strozzato uscito dalla bocca di Igor, silenzio nel quale tutti rimasero immobili come statue.
<< Mi … mi dispiace >> Balbettò poco dopo Lisandro, chinandosi verso il moro per assicurarsi che non si fosse fatto male, Igor sollevò leggermente la testa e incrociò l’espressione mortificata del compagno di classe.
<< Lisandro … potresti passarmi le scarpe? Sono proprio dietro di te >>
Nel sentire il commento di Igor ci mancò poco che Lisandro cadesse bocconi per la sorpresa, Romeo e Oscar scoppiarono a ridere senza ritegno, mentre Enea sorrise divertito e si chinò per raccogliere finalmente il suo borsone. Mentre sfilava le calzamaglie e indossava i suoi tanto amati e comodi jeans, non poté fare a meno di pensare che anche lui fosse rimasto colpito dalla reazione di Igor, aveva una costituzione talmente gracile che si faceva male facilmente, ed era anche piuttosto melodrammatico.
Si era aspettato una reazione esagerata, ma evidentemente quella sera anche Igor era troppo su di giri per curarsi di quelle cose.
<< Allora? Siete pronti o no? Ma quanto siete lenti! >>
Era ancora sovrappensiero quando sentì quella voce squillante invadere il camerino, sollevò lo sguardo accigliato e incrociò il viso a forma di cuore di Zoe, che se ne stava affacciata nella stanza con un bel sorriso stampato in volto senza un minimo di imbarazzo.
A quel punto scoppiò il caos più totale.
Ivan produsse uno strillo molto poco maschile e si buttò, letteralmente, dietro il primo sgabello a disposizione perché era ancora in mutande. Romeo scivolò sulle sue stesse calzamaglie e picchiò il fondoschiena per terra, Oscar infilò la maglietta al rovescio per la fretta, mentre Lisandro arrossì fino alla radice dei capelli.
Gli unici a restare apparentemente tranquilli furono lo stesso Enea, che si limitò ad infilare la maglietta, ed Igor, che era già vestito e stava solo allacciando le scarpe.
<< Zoe! >> Strepitò Oscar raggiungendo la porta << Ti sembra il caso di entrare senza bussare? >> Zoe si lasciò scappare una risatina e fece spallucce, come se la cosa non la turbasse affatto. << Tanto non c’è nulla da vedere qui dentro, sbrigatevi. Noi siamo già pronte da ore >> E se ne andò con la stessa naturalezza con cui era entrata, Enea scosse freneticamente la testa, allacciò le scarpe e infilò la borsa a tracolla.
<< Nulla da vedere?! >> Replicò Oscar leggermente piccato.
<< Perché, avresti voluto fargli vedere qualcosa? >> Lo provocò scherzosamente Ivan.
<< No! Certo che no … insomma, era il tono e … >>
<< Andiamo >> Lo stroncò immediatamente Igor, avviandosi con passo veloce verso la porta. Enea non ci avrebbe scommesso troppo, ma aveva come la sensazione che Igor avesse trovato piuttosto irritante il commento.
<< Comunque lo dico a Catena >>
Mentre lasciavano lo spogliatoio, Enea sentì Ivan continuare a stuzzicare Oscar.
<< E io dico ad Italia che ti sei fatto beccare in mutande, almeno io ero solo a torso nudo >>
<< Ehi, ascolta … >>
La conversazione passò in secondo piano, ma Enea si lasciò scappare un sorriso divertito.
Era stanco, aveva fame e voleva solo andare a mangiare quella piazza tanto agognata insieme a tutti i suoi amici di teatro, e insieme a Beatrice.
Non vedeva l’ora di prenderle la mano, stuzzicarla un po’ e sentirsi rimproverare da lei.
Tuttavia, la scena che gli si presentò davanti cambiò tutti i suoi programmi.
 
Gabriele si era pentito di non essere andato a vedere lo spettacolo.
Aveva ricevuto quel pomeriggio un messaggio di Aleksej che lo avvisava dell’orario e del luogo dell’appuntamento, ma l’aveva ignorato bellamente come aveva fatto con tutti quelli precedenti. Gabriele sapeva che suo cugino era un tipo insistente e petulante, ma anche Aleksej aveva un limite di pazienza, e sembrava quasi che lui non desiderasse altro che farglielo superare ad ogni costo.
Sospirò pesantemente, scostò malamente la coperta di plaid che aveva appoggiato sulle gambe, si riposizionò meglio sul divano e cercò di prestare maggiore attenzione al film che stava guardando in quel momento, ma le scene avevano cominciato a sovrapporsi e ormai non ci stava capendo più nulla …  
Probabilmente, fu in quel momento che Gabriele si rese conto di non aver capito nulla dal principio.
La testa stava cominciando a scoppiargli per tutti quei pensieri, si stropicciò più volte gli occhi, passò una mano tra i capelli arruffati e sbadigliò, lanciando uno sguardo annoiato al telecomando che giaceva solitario sul tavolino.
Allungò le dita per afferrarlo e fu in quel momento che suo padre entrò nel salotto facendo un chiasso tremendo, Gabriele sussultò dallo spavento e ci mancò poco che perdesse l’equilibrio già precario e precipitasse sul tappeto.
<< Stupido padre >>  Brontolò mettendosi seduto con una certa fatica sul divano, il plaid gli era leggermente scivolato di dosso, ma si affrettò ad aggiustarlo per coprire i piedi senza calzini intorpiditi dal freddo, in quel momento erano l’unica parte del suo corpo che sembrava non volerne sapere di prendere calore.
Nicola Rossi sembrò accorgersi di lui solamente quando lo beccò nell’atto di fulminarlo con lo sguardo, con i capelli aggrovigliati, una mano sulla guancia e il broncio.
<< Oggi sei di pessimo umore, eh? >> Domandò con voce allegra, mentre sistemava una pila di libri sul tavolo accanto alla libreria, Gabriele lo osservò con un cipiglio nervoso.
Quella sorta di libreria era sempre stata importante per i suoi genitori, occupava tutta la parete ed era talmente stracolma di libri che si era sempre chiesto come facessero i suoi ad inserire ogni anno qualche volume nuovo, poi ricordò una cosa …
Una storia che gli avevano raccontato da bambino.
Sua madre aveva rischiato di perderlo per colpa di quella libraria.
Quando era incinta di lui al settimo mese di gravidanza era caduta da una scaletta.
<< Ho davvero un carattere così tremendo?! >>
Nicola appoggiò il libro che stringeva tra le mani sul tavolo e volse lo sguardo sul profilo spigoloso del figlio, che aveva lo sguardo perso e le sopracciglia contratte.
Lui e Gabriele non andavano sempre d’accordo, avevano un carattere troppo simile, erano entrambi irascibili, impulsivi e duri di cervice, ma spesso Nicola si domandava se avesse fatto bene a crescerlo in quel modo, se avesse fatto bene a rimproverarlo, ad essere severo.
Si domandava se Gabriele avrebbe mai capito che quello era il suo modo di amarlo.
<< Non sai quanto! >> Replicò, distogliendo frettolosamente lo sguardo quando il figlio posò nuovamente lo sguardo su di lui, uscendo dal turbinio dei ricordi << Tua madre mi dice sempre che hai preso il peggio da me! >>
<< Ed è vero? >>
Gabriele stiracchiò pesantemente le braccia e si apprestò a chiudere la televisione.
<< Non sai quanto >> Nicola si lasciò sfuggire un sorriso amaro e mesto quando rispose, e Gabriele non poté fare a meno di notare quanto si assomigliassero, mentre lo osservava posare meticolosamente ogni libro nello spazio giusto.
Avevano gli stessi occhi, la stessa forma del naso e lo stesso fisico, solo i capelli e le labbra erano diversi, perché quelli li aveva ereditati da sua madre.
<< Non sei uscito con Aleksej stasera? Non c’era tipo … uno spettacolo o qualcosa del genere? >> Al commento distratto di Nicola, Gabriele scostò definitivamente lo sguardo e si tirò in piedi lasciando cadere il plaid a terra, stiracchiò rumorosamente la schiena e cercò di svegliare il suo corpo intorpidito dai sensi di colpa.
<< Non mi andava … >> Si limitò a commentare, mentre raccoglieva con svogliatezza il panno che aveva lasciato cadere a terra, a contatto con le dita la stoffa gli pizzicò la pelle.
<< Tua sorella ci è andata >>
Gabriele alzò gli occhi al cielo, ripiegò malamente il plaid e poi lo gettò sul divano scomposto che aveva ancora la sua forma impressa sui cuscini vecchi, quel gesto stizzito lo mandò ancora più in depressione, mettendolo in atto aveva disfatto di nuovo la coperta.
<< Alessandra fa quello che le pare. Io me ne vado in camera >>
<< A studiare? >>
Quando pronunciò quelle parole Nicola non lo stava guardando, ma Gabriele lanciò uno sguardo imbarazzato alle pantofole che aveva appena indossato, si passò una mano tra i capelli scombinati e aggiustò il bordo della tuta che era salito quasi fin sotto le ascelle.
Gabriele ricordava ancora con amarezza la litigata che aveva avuto con suo padre quando era stato bocciato l’anno precedente, all’epoca se ne erano detti di tutti i colori, e lui aveva esagerato …  Aveva alzato la voce, aveva detto cose che non doveva dire ed era finito in punizione per mesi, con il senno di poi … se n’era vergognato.
Si era vergognato di averlo guardato con disprezzo,
Nicola Rossi era stato abbandonato da suo padre all’età di undici anni, quando avevano scoperto che l’uomo aveva avuto altri figli con un’altra donna, era stato abbandonato dall’uomo che aveva sempre visto come il suo punto di riferimento … e si era ritrovato tutto sulle spalle. Una madre distrutta dal dolore, una sorella di sei anni da crescere …
Nicola non era mai stato un adolescente, non era mai stato un bambino.
Era diventato adulto all’età di undici anni e Gabriele non poteva guardarlo con disprezzo.
Non avrebbe dovuto farlo mai.
<< Si … vado a ripetere matematica, domani ho un compito in classe >>
Nicola annuì distrattamente, Gabriele sospirò pesantemente e mosse i primi passi verso la porta del salotto, ma quando raggiunse il pomello la mano si bloccò a metà strada.
<< Papà … >> Lo richiamò quasi con un filo di voce, Nicola spostò lo sguardo dal lavoro che stava facendo e aggrottò le sopracciglia quando notò l’espressione sofferente sul viso del primogenito << … papà, ma tu e la mamma … come avete fatto ad innamorarvi di nuovo dopo tutti quegli anni? Insomma … siete stati insieme per un po’ quando avevate diciassette anni,  poi vi siete lasciati e dopo … l’hai incontrata di nuovo quando avevi ventitre anni, giusto? >>
Nicola contrasse leggermente le sopracciglia, poggiò il libro sul tavolo e fece un passo verso Gabriele quando lo vide con lo sguardo imbarazzato che si passava una mano dietro la nuca.
<< Ehi … tutto bene? >>
Gabriele si lasciò scappare una risata imbarazzata quando si accorse dello sguardo accigliato del padre, ma che cosa gli era passato per la testa? Scosse frettolosamente il capo e fece un passo all’indietro, posando le mani davanti come se volesse difendersi.
<< Si … era … era solo una curiosità, una stupidaggine. Io vado! >>
Girò la schiena al padre e fece uno scattò felino verso la porta, rosso in viso dalla vergogna.
<< C’era ancora >> Gabriele si bloccò di botto quando sentì quelle parole << L’amore che avevamo provato … c’era ancora, nascosto da qualche parte. Abbiamo solo dovuto trovarlo sotto tutte quelle macerie, un po’ ammaccato e dolorante … ma dopotutto ha resistito >>
Gabriele strinse forte la stretta sul metallo freddo e cambiò posizione delle gambe a disagio.
<< Ohi … di chi sei innamorato? >>
Gabriele non seppe mai spiegarsi cosa gli prese in quel preciso momento.
Non seppe spiegarselo, eppure … quando sentì quella parola fuoriuscire dalle labbra di suo padre fu come se tutto il peso fosse salito a galla senza permesso, come un tappo spinto da una pressione troppo fronte, inarrestabile.
Non era sollievo, non era il piacere di rendersi conto che nonostante tutto suo padre se ne fosse accorto senza che lui aprisse bocca.
Era il senso di impotenza, era la mancanza, la rabbia che provava per se stesso.
Gli cedettero le gambe e si ritrovò inginocchiato per terra, con la mano ormai bianca stretta ancora intorno al pomello della porta, la testa china e le lacrime che scendevano ovunque.
<< Gabriele … >>  Nicola avanzò velocemente verso il figlio, si inginocchiò al suo fianco e gli posò una mano sulla nuca, in un gesto fermo e risoluto, un gesto che non aveva mai fatto prima << Papà … >> Singhiozzò Gabriele stringendo i denti << Resisterà? Resisterà anche il mio? Tra qualche anno … quando sarò più grande, quando sarò meno stupido, meno egoista, meno me stesso … potrò tornare da lei? >> Gabriele sollevò gli occhi arrossati dal pianto e li incastrò in quelli dello stesso colore del padre, che lo osservava con aria greve ma fiera allo stesso tempo, e non gli importò poi molto di farsi vedere in quello stato << Potrò tornare da lei, mettermi in ginocchio, chiedere perdono? >>
Nicola scostò la mano dalla testa del figlio e gliela poggiò sulla spalla, per attirarlo contro il suo petto in un abbraccio rigido e impacciato.
<< Certo che potrai … >>
E pregherò perché lei non ti stia dando le spalle, perché non sia troppo tardi.
Quel pensiero Nicola lo tenne per se, si limitò a stringere il figlio tra le braccia per un tempo che non aveva tempo, e fu in quel momento che lo sguardo gli ricadde su uno strano braccialetto che Gabriele portava al polso … un braccialetto che aveva già visto su qualcun altro non troppo tempo prima, un braccialetto femminile con una scritta in latino …
Un braccialetto che indossava una ragazza con i capelli biondi come l’oro.
 
Enea era fuori di se dalla collera.
Aveva sempre creduto che l’espressione: “ Non ci vedo più dalla rabbia” fosse esagerata, ma in quel momento aveva davvero lo sguardo appannato e il respiro affannoso, gli sembrava quasi di star completamente perdendo il controllo della ragione e del suo corpo.
<< Bea, Bea, Bea, mi sei diventata ancora più bella in questi otto mesi! >>
Enea aveva già visto il tipo che in quel momento stava stringendo Beatrice per le braccia, l’aveva visto in una vecchia fotografia strappata a metà, e doveva costatare che non era cambiato per niente.
Aveva i capelli corti e biondi come il miele tendenti al rossiccio, il fisico era prestante sotto la felpa scura, le labbra sottili erano piegate in un ghigno irritante e gli occhi scuri  osservavano avidamente Beatrice, esaminando ogni centimetro del suo volto spaventato.
Enea osservò con sguardo disgustato il tentativo stentato di Beatrice di liberarsi da quella stretta e rispondergli per le rime, sembrava terrorizzata, annichilita, sembrava aver perso completamente il controllo di se stessa ed Enea non poteva tollerarlo.
Non poteva proprio vederla in quello stato per colpa di quell’essere
<< Giù le mani! >> Si fece avanti senza pensarci nemmeno una volta, scansò malamente la mano di Lisandro, che aveva tentato di trattenerlo, e afferrò saldamente Beatrice per le spalle allontanandola. Enea non aveva capito cosa stesse succedendo, ma dallo sguardo preoccupato di Italia, Catena, Fiorenza e Zoe la situazione non doveva essere stata piacevole nemmeno un po’, trasse un respiro profondo per controllarsi e fece per aprire la bocca e dirne di tutti i colori, quando Beatrice si strine convulsamente alla sua maglietta e nascose il viso nell’incavo del suo braccio, nascondendosi come una bambina.
Quel gesto lo lasciò talmente destabilizzato che le parole gli morirono in gola.
<< Oh! >> L’esclamazione divertita del biondo attirò nuovamente la sua attenzione, Enea fu costretto con una certa fatica a spostare lo sguardo da Beatrice e riportarlo sull’altro, ghignante e con un’espressione talmente soddisfatta che gli fece montare solo ancora più rabbia e ribrezzo << Tu non sei quello che recitava con lei? Sei il suo ragazzo! >>
Quando pronunciò quelle ultime parole schioccò le dita e batté un pugno sul palmo della mano gongolante di felicità, come se arrivare alla risposta gli avesse fatto guadagnare tantissimi punti in un gioco piuttosto divertente.
I muscoli di Enea si contrassero involontariamente.
<< Tu invece chi diavolo sei? >> Si intromise rudemente Oscar, facendo un passo avanti.
<< Io? Ma come Bea, non gli hai parlato di me? Che delusione … >> Il biondo ridacchiò divertito incrociando le braccia al petto << Mi chiamo Mirko, e sono quello che se l’è scopata per un po’ >>
Enea non ci vide più dalla rabbia, gettò senza troppi complimenti Beatrice tra le braccia di Catena ed Italia e si scagliò contro Mirko, aveva tutte le intenzioni, come minimo, di spaccargli il naso, tanto per cominciare … ma prima che potesse raggiungerlo Ivan e Romeo lo afferrarono per le braccia.
<< Che cazzo fate?! Io ti spacco la faccia, hai capito pezzo di merda!? HAI CAPITO?! >>
Sbraitò come un indemoniato strattonando prima Ivan e poi Romeo.
<< Enea, calmati! Se gli metti le mani addosso sono casini amari! >>
Ivan pronunciò quelle parole con una certa fatica, mentre tentava di trattenerlo con tutte le sue forze, ma Enea non voleva essere fermato, non voleva affatto, non gli importava delle conseguenze, voleva solamente spaccargli la faccia  …
<< Che tipo violento >> Commentò distrattamente Mirko, camminando avanti e indietro come se la cosa non l’avesse affatto turbato << Te lo sei scelto proprio male devo dire. Senza contare che ti sei nascosta proprio per bene! Ti ho cercato dappertutto >>
<< Che cazzo mi hai cercata a fare, eh?! >> Beatrice inveì talmente all’improvviso che Mirko indietreggiò sorpreso << Cosa cazzo vuoi da me?! Ti ho mandato a quel paese parecchio tempo fa mi pare! >> A Beatrice tremavano le mani, Enea riusciva a vederlo da quella distanza, le tremavano le mani e nonostante stesse cercando di sembrare ferma e dura aveva paura, una paura che lui non riusciva ancora a capire …
<< Beatrice, levati di mezzo! >> Sbraitò facendo ancora pressione per liberarsi.
<< Ma che domande sono principessa, ti ho cercato perché mi mancavi. Tanto lo so che provi ancora qualcosa per me, l’ultima volta ti sei arrabbiata, è vero, ma ragiona … alla fine torni sempre da me >> Enea si dimenò ancora di più quando sentì quelle parole, lanciò uno sguardo omicida a Ivan e digrignò tra i denti, minacciandolo delle più atroci sofferenze.
<< A me non sembra proprio >> L’intervento di Lisandro lasciò spiazzati tutti, fu talmente inaspettato che anche Enea stesso smise per un momento di agitarsi << Non mi sembra che Beatrice sia tornata da te. Otto mesi hai detto? Caspita, devi avere davvero un grande ego per pensarla in questo modo. Vedi … nessuno di noi ha sentito mai parlare di te, forse perché … forse perché a Beatrice non interessava poi tanto che noi sapessimo >>
Quelle parole erano una bugia bella e buona, Enea lo sapeva benissimo, eppure ebbero l’effetto sperato, il sorriso fastidioso scomparve dalle labbra di Mirko, che spostò uno sguardo carico di disgustato in direzione di Beatrice, ancora attorniata da Catena e Italia, entrambe con le mani poggiate in maniera protettiva sulle sue spalle, aveva un’espressione combattiva, quell’espressione che lui amava tanto.
<< O forse … >> Cominciò a parlare Mirko, sollevando gli angoli delle labbra in un sorriso crudele << O forse di vergognava di come mi correva dietro scodinzolando come un cagnolino, no? Si vergognava di raccontare di tutte le volte che ha aperto le ga… >>
<< Vai! >>
Prima che Mirko riuscisse a terminare la frase successero tre cose contemporaneamente, Beatrice si portò le mani sulle orecchie e strizzò gli occhi tremando da capo a piedi, Ivan e Romeo lasciarono andare Enea di comune accordo e Igor annuì incoraggiante con un certo piacere nello sguardo. 
Enea non ci pensò due volte a mollare un pugno talmente violento a Mirko che nella foga si ritrovarono entrambi a terra, gli era seduto sopra a cavalcioni e non faceva altro che riempirlo di pugni, mentre Mirko cercava inutilmente di fare leva sulle gambe e ricambiare le botte.
<< Oh, aiutatemi a fermarli! >>
Esclamò Lisandro dopo un po’, facendo un passo avanti, la situazione stava talmente degenerando che anche gli altri cominciarono ad agitarsi, anche Igor, Romeo ed Ivan che avevano lasciato che Enea intervenisse. Si avvicinarono per afferrare l’amico e scostarlo, ma l’unica cosa che ottennero fu una gomitata nello stomaco di Lisandro e una bella spinta.
<< Enea, smettila! Stai sanguinando per l’amore del cielo, e non credere a tutto quello che dice quel deficiente! >>
L’intervento inaspettato di Beatrice fece ammutolire tutti, Lisandro smise di massaggiarsi lo stomaco, Enea la guardò con il labbro spaccato, un ematoma sulla guancia e gli occhi sorpresi. Lei lo raggiunse e lo tirò leggermente per la manica, cercando di incitarlo a tirarsi in piedi, e sorprendentemente Enea la ascoltò, lasciò andare il colletto della maglietta di Mirko e si tirò in piedi barcollando, la vista un po’ appannata e la rabbia completamente svanita.
<< Ragazzi, noi andiamo via >> Commentò Beatrice stringendosi al suo petto << Avvisate voi Alessandro ? >> Italia annuì frettolosamente ancora ammutolita, Enea lanciò un ultimo sguardo disgustato a Mirko, che ricambiò ancora steso sul pavimento.
A Beatrice tremavano le mani, ma prima che lasciassero definitivamente l’atrio deserto Enea gliele strinse per darle coraggio, perché ormai sapevano bene entrambi che era arrivato quel momento.
Il momento che il passato venisse finalmente a galla.

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Effe_95 

Buonasera, ebbene si, sono viva!
Allora, questo capitolo l'avrò riscritto almeno tre volte da quando l'ho cominciato.
Ogni volta non mi andava bene, e ancora non ne sono del tutto convinta, ma ho pensato che siccome questo è un periodo stressante anche a causa degli esami mi conveniva posarlo lo stesso e non farvi aspettare oltre. L'ultima parte, quella su Enea e Beatrice mi ha fatto proprio buttare il sangue, come si suol dire xD Spero che sia venuta bene, spero che il bilanciamento tra il comico e il tragico della prima e terza parte sia stato efficace e sia venuto bene come contrasto.
Nel prossimo capitolo scopriremo finalmente cosa è successo a Bea, anche se qualcosa forse lo si può già intuire dalle poche spiacevoli battute di Mirko.
Chiedo scusa se dovessero esserci degli errori, ma questa volta ho riletto con più fretta del solito.
Grazie mille come sempre per il vostro sostegno e supporto, risponderò il prima possibile alle vostre bellissime recensioni, che mi trasmettono sempre la motivazione di andare avanti :)
Grazie mille ancora e alla prossima.
 

 
  
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