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Autore: _Gia    16/02/2016    3 recensioni
''Sarebbe venuto a prendermi, a salvarmi.
E questa, era una consapevolezza che neanche la più deviata delle menti avrebbe mai potuto eliminare. ''
[ Capitolo I ]
'' Mi sentivo in trappola, come un orso finito in una tagliola, come una tigre dietro il vetro di uno zoo.
Ma forse, dopo tutto quello che mi era stato fatto, la similitudine che più mi si addiceva era quella con un variopinto pappagallino, privato dei suoi sgargianti colori, dell’allegria che essi gli conferivano. ''
[ Capitolo 2 ]
'' Avevo quasi dimenticato la sensazione di inettitudine che si provava dinanzi alla paura.
Era tutto così disonorevole, che a morire mi sarei vergognata di meno. ''
[ Capitolo 3 ]
Raccolta | Drabbles | During Mockingjay
Brevi pensieri di chi, per amore della Rivoluzione, ha sofferto e subito le più atroci sofferenze: quelle del cuore.
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Johanna Mason, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lentamente, il mondo intorno a me riacquistava vigore, concretezza, abbandonando il precario equilibrio mentale che giornalmente mi veniva scombussolato.
Al termine di tutto, l’unica cosa che la mia mente era in grado di elaborare era il desiderio, il più puro e semplice desiderio, di una normale esistenza, fatta di poverà ma di ricche certezze.
L’odore del pane appena sfornato sostituiva l’odore pungente di dolore e candeggina che impestava la cella, mentre nella mia mente si apriva uno scenario di umile felicità, ora così innarrivabile da farmi provar disgusto di tutte quelle volte in cui l’avevo stupidamente ripudiata, disdegnata.
Il lavoro al Forno era una tangibile certezza, certezza che avrei rivoluto indietro e che era stata tale fino al giorno della Settantaquattresima Mietitura, fino all’arrivo di Katniss Everdeen, la quale, con la sua arroganza, aveva portato via ogni cosa di ciò che la mia vita aveva di normale. E di bello.
In un attimo sentì dolore, sordo dolore in tutto il corpo, partendo dal cervello.
Avvertivo il bisogno di urlare,  e lo feci, così forte da farlo rimbombare il tutto il piano. Lacrime di odio mi inumidivano gli occhi, rendendomi la vista completamente appannata, distorta. Tutto intorno a me era praticamente irriconoscibile, se non l’odio che provavo per Katniss.
Un’ ulteriore voce, oltre le mie urla rotte dal pianto, fendettero l’aria, distraendomi da tutto quell’astio, quella follia. Era una voce più dura, ferma, ma con una nota di bonarietà che mi fece ammutolire e sgranare gli occhi, quando mi accorsi che era stata solo un’invenzione della mia mente malata.
La risentii, ancora, mentre iniziava a spiegare la corretta cottura del pane, un procedimento che io avevo già appreso, un discorso che mi era già stato fatto.
Chiusi gli occhi, riappoggiando la schiena al pavimento, accorgendomi solo in quel momento di averla alzata durante il corso della crisi, sentendomi di nuovo padrone del mio corpo, della mia mente, nonostante il dolore persistesse, nonostante le premurose parole di mio padre avrebbero voluto fargli da medicina.
Fu con l’odore delle mie prime pagnotte di pane appena sfornate, con i dolci complimenti da parte di mio padre e con il ricordo della mia felicità, che caddi nel più profondo e terribile degli incubi: un sonno senza sogni.


 
   
 
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